1935
1. Il 15 maggio 1935 Pavese viene arrestato in quanto membro del movimento «Giustizia e Libertà», dunque condotto prima nelle carceri Nuove di Torino e poi, a giugno, nel carcere romano di Regina Coeli. Il 15 luglio viene condannato al confino, che sconta, a partire dal 4 agosto, a Brancaleone Calabro, dove si trattiene per il resto dell’anno.
2. Per le poesie composte in questo periodo cfr. Cesare Pavese, Le poesie, Einaudi, Torino 2020, pp. 69-73; 96; 104; 112; 113; 115-117; 362-364; 366.
3. Pavese richiama il primo verso del componimento (Odi, III, 30), in cui il poeta latino Orazio afferma di «aver composto un’opera memorabile», per analogia con la riflessione sulla propria poetica, che viene così paragonata a quella compiuta dall’autore antico. Cfr. Orazio, Tutte le opere, Mondadori, Milano 2007, pp. 294-295.
4. Cfr. Cesare Pavese, Le poesie, cit., pp. 7-10.
5. Per la teorizzazione dell’importanza poetica dell’“immagine” cfr. il breve scritto Il mestiere di poeta, incluso in Cesare Pavese, Le poesie, cit., pp. 119-129. Trivia è invece epiteto della dea latina Diana, corrispettivo della greca Artemide. Il riferimento è probabilmente dovuto alla lettura pavesiana, risalente già al 1933, del trattato dell’antropologo inglese James Frazer (1854-1941), Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione (1890), che si apre con una descrizione di un tempio dedicato proprio alla Diana Trivia nei pressi di Nemi, nel Lazio. Cfr. James Frazer, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Bollati Boringhieri, Torino 2012, pp. 9-18.
6. A proposito dello scrittore americano Edgar Allan Poe (1809-1849), il poeta francese Charles Baudelaire (1821-1867) scrive: «Mentre certi scrittori affrettano l’abbandono, mirando a occhi chiusi al capolavoro, pieni di fiducia nel disordine, e aspettando che le lettere dell’alfabeto lanciate al soffitto ricadano in poesie sul pavimento, Edgar Poe […] ha messo tutta la sua affettazione nel nascondere la spontaneità, nel simulare il sangue freddo e i propositi deliberati. […] Non ci sono, io dico, che i fatalisti dell’ispirazione e i fanatici del verso sciolto che possono trovare bizzarre queste minuzie. In materia d’arte non ci sono minuzie». Charles Baudelaire, Nuove note su Edgar Poe, in Id. Opere, a cura di Giovanni Raboni e Giuseppe Montesano, Mondadori, Milano 1996, pp. 811-832.
7. Capace di permeare ogni cosa.
8. L’espressione rimanda alla descrizione dello scoglio da cui salparono i Mille menzionata da Giosuè Carducci (1835-1907) nel componimento La consulta araldica (v. 25), contenuto nel primo libro di Giambi ed Epodi (1882).
9. Già nel 1931, scrivendo a proposito dello scrittore americano Sherwood Anderson (1876-1941), Pavese aveva sottolineato l’importanza che la letteratura americana poteva avere per quella piemontese: «Noi piemontesi, pensiamoci, […] non abbiamo mai avuto quell’uomo e quell’opera che, oltre ad essere carissimi a noi, raggiungessero davvero quell’universalità e quella freschezza che si fanno comprendere a tutti gli uomini e non solo ai conterranei. Questo è il nostro bisogno non ancora soddisfatto. Mentre, al rispettivo bisogno, nella loro terra e nella loro provincia, sono appunto bastati i romanzieri americani di cui parlo. Da questi noi, dunque, dobbiamo imparare». Cesare Pavese, Sherwood Anderson, in Id., Saggi letterari, Einaudi, Torino 1968, pp. 35-49, p. 36.
10. Cfr. Cesare Pavese, Le poesie, cit., p. 115.
11. L’espressione, che rimanda a Procuste, personaggio della mitologia greca, significa trovarsi intrappolato in limiti troppo angusti o, più in generale, in una situazione poco piacevole dovuta all’imposizione di una legge esterna.
12. Si riferisce a quanto composto in gioventù con l’amico pittore Mario Sturani, insieme al quale Pavese compose quella Pornoteca che nel menzionato Il mestiere di poeta ricorda come «un corpo di ballate, tragedie, canzoni, poemi in ottave, il tutto vigorosamente sotadico, e questo poco importa ora, ma anche, ciò che importa, vigorosamente immaginato, narrato, goduto nell’espressione, diretto a un pubblico, che mi pare da supporsi quasi un concime alla radice di ogni vigorosa vegetazione artistica». Cfr. Cesare Pavese, Le poesie, cit., pp. 121-122.
13. La citazione proviene dal De rerum natura (V, 813-814), composto dal poeta latino Lucrezio: «… a quel modo / che adesso colma di dolce latte si fa la puerpera…». Cfr. Tito Lucrezio Caro, La natura, Rizzoli, Milano 1976, p. 363.
14. Il passo è tratto nuovamente dal poema (I, 251) di Lucrezio: «Rovescia / etere, il padre, alla madre terra la pioggia nel grembo». Cfr. Tito Lucrezio Caro, La natura, cit., pp. 60-61.
15. Allude all’etimologia del termine, che proviene dall’aggettivo latino viridis, ovvero «verde» ma anche «robusto». Il termine rimanda a sua volta al sostantivo vis, traducibile con «energia» e «vigore».
16. Ulteriore notazione etimologica: approdare deriva dal latino a-prora, cioè un movimento verso la riva (proda).
17. Espressione che indica una cattiva disposizione dell’animo, richiamata simbolicamente dal cattivo alito conseguente al mangiar le noci.
18. Rimanda ancora a Il mestiere di poeta, per cui cfr. Cesare Pavese, Le poesie, cit., pp. 119-121.
19. Si riferisce a I fiori del male, la più famosa raccolta di liriche di Baudelaire, menzionato ne Il mestiere di poeta insieme al poeta americano Walt Whitman (1819-1892) come esempi di costruzione poetica di un canzoniere, a partire da singoli componimenti.
20. Cioè un’elaborazione successiva, frutto di un’ulteriore sistematizzazione.
21. Tra le poesie che ritraggono qualcuno che scappa da casa, cfr. Cesare Pavese, Le poesie, cit., pp. 54; 66-68.
24. Ivi, pp. 7-10; 78-79.
25. Il riferimento polemico è probabilmente da intendersi rivolto alla poetica dell’ermetismo e alla sua ricerca di assoluto attraverso il culto della parola, da cui la definizione pavesiana di...