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Prima lezione sulla giustizia penale
Glauco Giostra
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Prima lezione sulla giustizia penale
Glauco Giostra
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Giudicare: un compito necessario e impossibile. Necessario perchÊ una società non può lasciare senza conseguenze comportamenti incompatibili con la sua ordinata sopravvivenza. Impossibile perchÊ non possiamo mai avere la certezza di riuscire a conseguire la verità . Da questa contraddizione nasce l'esigenza di stabilire un itinerario conoscitivo, il 'processo', ritenuto il metodo meno imperfetto per pronunciare una decisione giusta, che siamo disposti ad accettare pro veritate.
Una preziosa riflessione sul processo penale che ne analizza l'irrinunciabile funzione sociale, le scelte epistemologiche qualificanti, gli snodi fondamentali, le distorsioni della sua rappresentazione mediatica.
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Information
Thema
DerechoThema
JurisprudenciaIII.
Le strutture portanti
dellâattuale processo penale
1. Riflessi della scelta metodologica
sulla struttura del procedimento
Lâopzione epistemologica del contraddittorio nella formazione della prova effettuata dal codice di procedura, prima, e ribadita dalla riforma costituzionale, poi, non poteva non riflettersi in modo penetrante sulle strutture processuali e sulle prerogative funzionali dei protagonisti del processo. Se, ad esempio, nel codice Rocco del 1930 la fase iniziale del procedimento penale era significativamente denominata âistruzioneâ perchĂŠ in effetti preparava quella del giudizio, consentendone anche una sostanziale traslazione dei risultati, nellâattuale codice di rito lâomologo stadio procedimentale prende il nome di âindagine preliminareâ, ad indicarne la mera propedeuticitĂ temporale e funzionale rispetto al giudizio, che â non meno significativamente â ha il suo âcuore pulsanteâ nellâistruzione dibattimentale. Se, ad esempio, nel codice previgente esisteva la figura del giudice istruttore, che teneva le redini dellâistruzione formale riservata alle indagini piĂš complesse, nellâattuale è il p.m. ad avere il governo delle indagini e il âşgiudice per le indagini preliminari, privo di qualsiasi potere inquirente, interviene soltanto su sollecitazione delle parti. Se, ad esempio, nel codice previgente il giudice istruttore doveva compiere gli atti ÂŤnecessari per lâaccertamento della veritĂ Âť (art. 299 c.p.p. 1930), nellâattuale il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini ÂŤnecessarie per le determinazioni inerenti allâesercizio dellâazione penaleÂť (art. 326 c.p.p.). Se allora, ad esempio, il difensore dellâimputato avvicinava una persona informata sui fatti per cercare di sapere quale ricordo ne avesse, rischiava una incriminazione per subornazione del teste, oggi operando in tal modo esercita un diritto.
Insomma, una volta fissato il principio del contraddittorio âpoieticoâ, ciò che si acquisisce durante le indagini attraverso lâattivitĂ monologante dellâinquirente non ha alcun pregio probatorio, non concorre ad accertare nessuna veritĂ , ma serve soltanto allâaccusa per decidere se esercitare lâazione penale, e alla difesa per imbastire una strategia di resistenza. Nel sistema odierno tra la fase delle indagini e quella del giudizio si erge una diga (il c.d. principio di separazione delle fasi) ad impedire il riversamento delle risultanze investigative della prima nella seconda, salvo eccezionali âcateratteâ normative, che esamineremo piĂš avanti.
A tal punto il legislatore ha inteso chiarire che gli elementi di conoscenza rinvenuti nel corso delle indagini non sono assimilabili alle prove, che quando il mezzo di acquisizione dellâatto di indagine è strutturato come quello della prova (ad esempio: attivitĂ di riconoscimento da parte di un testimone oculare; interpello orale secondo lo schema âdomanda-rispostaâ; esperimento tecnico-specialistico) si è fatto carico di contrassegnarli con nomi diversi. CosĂŹ il riconoscimento effettuato durante le indagini viene denominato individuazione, quello operato in dibattimento, ricognizione; le informazioni assunte da persone che possono riferire circostanze utili, se assunte in dibattimento diventano testimonianze; gli accertamenti tecnici diventano perizie. Gli esempi tratti dallâonomastica processuale potrebbero continuare, ma qui ci interessa porre in evidenza lâattenzione riposta dal legislatore nel rimarcare, anche a livello nominalistico, il differente valore di atti strutturalmente simili: in linea generale, gli atti di indagine servono alle parti per le loro determinazioni, le prove servono al giudice per decidere.
Vedremo presto, mano a mano che il nostro âdroneâ scenderĂ sulle strutture del processo, come questa affermazione, pur corretta, abbisogni di piĂš di una messa a punto. Ma, per quante siano le deroghe alla regola aurea della formazione dialettica della prova, è importante avere piena consapevolezza del suo significato e delle sue implicazioni. Importante, per disporre della piĂš proficua chiave di lettura del sistema e per averne una prima intelligenza dâinsieme. Importante, soprattutto a livello esegetico, poichĂŠ, secondo un fondamentale canone interpretativo, le disposizioni che hanno natura eccezionale non possono essere applicate, per analogia, a casi simili. Quando è chiamato ad acquisire al processo un atto formato senza contraddittorio, il giudice deve verificare che si versi in una delle deroghe costituzionalmente ammesse (art. 111 comma 5 Cost.) e, in caso di esito negativo, escludere quellâelemento dal paniere delle prove su cui fondare la propria decisione. Ove poi una norma prevedesse una deroga al di fuori dei casi ammessi dalla Costituzione, il giudice sarebbe tenuto a sollevare una questione di legittimitĂ dinanzi alla Consulta.
2. Lâitinerario e la toponomastica processuale
Nel suo modulo ordinario, il procedimento penale si articola in tre fasi: indagini preliminari, udienza preliminare e giudizio (che a sua volta può conoscere anche un grado di appello e un grado di cassazione). Al termine di ciascuna fase il rito si trova dinanzi ad un bivio: da una parte un provvedimento con formula conclusiva, che avrĂ una stabilitĂ tanto maggiore quanto piĂš si sarĂ andati avanti nel procedimento; dallâaltra un provvedimento propulsivo che ne dispone la prosecuzione con ingresso nella fase successiva.
Prima di incamminarci per i complessi itinerari della giustizia penale, sia pure a grandi passi come si conviene a questa Prima lezione, è estremamente utile dotarsi di una mappa toponomastica. Conviene dunque attivare una sorta di ânavigatore processualeâ che ci consenta di abbracciare a colpo dâocchio le diverse vie che il procedimento può percorrere, apprendendone nomi, caratteristiche basilari, sbocchi.
Il procedimento penale prende avvio da una âşnotizia di reato, cioè da unâinformazione concernente lâaccadimento di un fatto di cui si presume la rilevanza penale, non necessariamente attribuito ad una persona determinata. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono acquisire la notitia criminis di propria iniziativa (dalla lettura di un articolo di giornale o dalla percezione diretta di indizi) ovvero ricevere atti che la veicolano (si pensi alla denuncia o alla querela). Con lâiscrizione della notizia di reato nellâapposito registro prende avvio la fase delle indagini preliminari, che ovviamente può avere una durata molto variabile a seconda della complessitĂ del caso, ma che comunque non può superare i termini previsti per legge o prorogati dal giudice per le indagini preliminari. Alla fine di questa fase si pone lâalternativa tra richiesta di archiviazione della notizia di reato oppure esercizio dellâazione penale. Questa seconda è opzione insindacabile del p.m., mentre il provvedimento di archiviazione deve essere chiesto ad un giudice, chiamato ad accertare che con simile scelta processualmente âabortivaâ il pubblico ministero non si sottragga al suo obbligo costituzionale di esercitare lâazione penale (art. 112 Cost.), nonostante la sussistenza dei presupposti.
Nel modulo processuale ordinario, la richiesta di rinvio a giudizio è lâatto con cui il pubblico ministero esercita lâazione penale, imputando un fatto ritenuto penalmente rilevante ad un soggetto determinato, che da indagato diviene appunto imputato. La richiesta di rinvio a giudizio incerniera la prima fase del procedimento, lâindagine preliminare, alla seconda fase del procedimento, lâudienza preliminare, con la quale, nella semantica del codice, prende avvio il processo in senso stretto, che si conclude sempre con una sentenza.
Lâudienza preliminare è uno stadio processuale che fa da âcuscinettoâ tra le indagini e il giudizio, funzionale alla verifica dellâeffettiva utilitĂ di questo. Può terminare con una sentenza di non luogo a procedere o con il decreto che dispone il giudizio. Questo provvedimento, che costituisce lâanello di congiunzione tra la seconda (udienza preliminare) e la terza fase (giudizio), contiene lâaccusa definitiva su cui, salvo modifiche in dibattimento, deve pronunciarsi la sentenza di merito.
In sintesi, e per definire il possibile âcompasso temporaleâ del procedimento penale: lâalfa è la notizia di reato, lâomega può essere il provvedimento di archiviazione (nel qual caso il procedimento non diviene processo), o la sentenza di non luogo a procedere (nel qual caso non si celebra il dibattimento) o la sentenza emessa a seguito del dibattimento, che dei tre è lâunico provvedimento suscettibile di passare in giudicato, una volta divenuta irrevocabile.
2.1. I procedimenti speciali. Quello brevemente tratteggiato è il modulo ordinario e, a rigore, dovrebbe essere anche lâunico: infatti, se ve ne fosse un altro in grado di consentire risparmi di tempo, di attivitĂ , di risorse strutturali ed umane, senza risultare meno affidabile dal punto di vista cognitivo, non vi sarebbe ragione per non adottarlo. Ineludibili esigenze di economia, però, hanno imposto al nostro ordinamento â come a molti altri â di prevedere procedure semplificate, perchĂŠ altrimenti il sistema imploderebbe. Sono stati quindi disciplinati procedimenti speciali, cioè percorsi processuali che omettono o la seconda fase (lâudienza preliminare) o la terza (il dibattimento), o entrambe, naturalmente in presenza di presupposti (modesta gravitĂ del presunto reato, evidenza probatoria, consenso delle parti, ecc.) che riducono plausibilmente al minimo le controindicazioni dellâamputazione prevista1. Possiamo limitarci, in questa sede, solo ad alcune essenziali notazioni.
Bypassano lâudienza preliminare, immettendo direttamente nel dibattimento, il âşgiudizio direttissimo e il âşgiudizio immediato, in genere praticabili in presenza di una evidenza probatoria della colpevolezza che depone per lâinutilitĂ del filtro operato in tale udienza avverso le accuse infondate o vistosamente malferme2.
Sono procedimenti speciali che escludono la fase dibattimentale il âşgiudizio abbreviato e quello di âşapplicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), mentre è privo anche dellâudienza preliminare il âşprocedimento per decreto penale di condanna. La rilevante particolaritĂ di questa seconda famiglia di riti speciali è costituita dal fatto che con essi si perviene ad una pronuncia di merito sulla base degli atti di indagine, vale a dire senza disporre di prove in senso proprio. La rotta di collisione con il principio costituzionale che, come sappiamo, pretende che gli elementi di convincimento per giudicare siano formati in contraddittorio, si ritiene evitata per il fatto che lâaccesso a questi riti è subordinato alla richiesta o al consenso dellâimputato, espresso anche nella forma della non opposizione. Come si ricorderĂ , il consenso dellâimputato rappresenta una delle deroghe costituzionalmente ammesse alla formazione dialettica della prova.
Tuttavia, non sfugge la differente significativitĂ , sotto il profilo epistemologico, del prestare esplicito consenso allâutilizzo con valore probatorio di un atto di indagine formato dalla controparte rispetto alla richiesta o allâaccettazione implicita di essere giudicato sullâintero compendio delle risultanze investigative senza poter discernere tra di esse. Nel primo caso, il fatto che una parte acconsenta allâuso di un atto formato dallâavversario assicura indirettamente che il contraddittorio risulti, rispetto a quel determinato atto di indagine, uno strumento cognitivamente inutile; nellâaltro, lâadesione ad uno schema processuale che comporta lâaccettazione ad essere giudicati sulla base di atti formati unilateralmente non implica, o almeno quasi mai implica, una prognosi di inutilitĂ della formazione in contraddittorio di tutte le prove, assumendo piĂš il sapore di una permuta: lâaccettazione di una procedura meno garant...