Atto primo
Tettoja tra la casa colonica e il magazzino, la stalla e il palmento della zia Croce Azzara. Infondo, campagna con ceppi di fichidindia, mandorli e olivi saraceni. Sul lato destro, sotto la tettoja, la porta della casa colonica, un rozzo sedile di pietra e poi il forno monumentale. Sul lato sinistro, la porta del magazzino, la finestra del palmento e un’altra finestra ferrata. Anelli a muro per legarvi le bestie. È di settembre, e si schiacciano le mandorle.
Su due panche ad angolo stanno sedute Tuzza, Mita, comare GESA, Càrmina la Moscardino, Luzza, Ciuzza e Nela. Schiacciano, picchiando con una pietra la mandorla su un’altra pietra che tengono sul ginocchio. Zio Simone le sorveglia, seduto su un grosso cofano capovolto. La zia Croce va e viene. Per terra, sacchi, ceste, cofani e gusciaglia. Al levarsi della tela le donne, schiacciando, cantano la «Passione».
CORO: E Maria dietro le porte
nel sentir le scurïate:
«Non gli date così forte,
sono carni delicate!»
ZIA CROCE: (Venendo dalla porta del magazzino con una cesta di mandorle): Su su, ragazze, siamo alle ultime! Con l’ajuto di Dio, per quest’anno, abbiamo finito di schiacciare.
CIUZZA: Qua a me, zia Croce!
LUZZA: Dia qua!
NELA: Dia qua!
ZIA CROCE: Se vi sbrigate, farete a tempo per l’ultima messa.
CIUZZA: Eh sì! Che messa più!
NELA: Prima d’arrivare al paese...
LUZZA: E poi il tempo per vestirci...
GESA: Eh già, avete bisogno di pararvi per sentirvi la santa messa?
NELA: Vorrebbe che andassimo in chiesa come alla stalla?
CIUZZA: Io, se posso, ci scappo anche così.
ZIA CROCE: Brave, perdete intanto altro tempo a chiacchierare!
LUZZA: Sù, cantiamo, cantiamo!
E ripigliano a battere e a cantare.
CORO: «A lui portami, Giovanni!»
«Camminar non puoi, Maria!»
ZIO SIMONE: (Interrompendo il coro). E finitela una buona volta con questa «Passione»! State a rompermi la testa da questa mattina. Schiacciate senza cantare!
LUZZA: Oh! È uso, sa lei, cantare mentre si schiaccia.
NELA: Che vecchio brontolone!
GESA: Dovrebbe farsi coscienza del peccato che stiamo commettendo per lei a lavorare la santa domenica.
ZIO SIMONE: Per me? Per zia Croce, volete dire.
ZIA CROCE: Ah sì? Che faccia! Non mi dà requie da tre giorni per queste mandorle che vuol vendere! Chi sa che cosa mi pareva gli dovesse accadere, se non gliele davo subito schiacciate!
ZIO SIMONE: (Brontolando, ironico) Saranno la mia ricchezza, difatti.
LA MOSCARDINA: Oh, zio Simone, si rammenti che ci ha promesso di darci da bere, com’avremo finito.
ZIA CROCE: Promesso? È patto! State tranquille.
ZIO SIMONE: Ma no, che patto e patto, cugina! Per quattro gusci, dite sul serio?
ZIA CROCE: Ah, vi tirate indietro? dopo che m’avete fatto chiamar le donne a schiacciare di domenica? No no, cugino: queste cose con me non si fanno.
Rivolgendosi a Mita.
Sù, Mita, corri, corri a prendere una bella mezzina di vino per darla a bere qua alla salute e prosperità di tuo marito!
Approvazioni e battimani delle donne, «sì, viva! viva!».
ZIO SIMONE: Grazie, cugina! Vedo che siete davvero di buon cuore!
ZIA CROCE: (A Mita) Non ti muovi?
MITA: Eh, se non me lo comanda lui...
ZIA CROCE: Hai bisogno che te lo comandi lui? Non sei padrona anche tu?
MITA: No, zia Croce, il padrone è lui.
ZIO SIMONE: E vi so dire che se l’anno venturo ho un’altra volta la tentazione di comprar frutto in erba, questi occhi – guardate – me li faccio prima cavare!
CIUZZA: Pensa all’anno venturo, adesso!
LUZZA: Come...