La visione della vita
Limitazioni della sapienza
Mi sono proposto di ricercare ed esplorare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. Questa è un’occupazione gravosa che [Dio] ha dato agli uomini, perché vi si affatichino.
Qo 1,13
Ho considerato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino.
Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine.
Qo 3,10-11
A tutto questo mi sono dedicato, ed ecco tutto ciò che ho verificato: i giusti e i sapienti e le loro fatiche sono nelle mani di Dio, anche l’amore e l’odio; l’uomo non conosce nulla di ciò che gli sta di fronte.
Qo 9,1
Come tu non conosci la via del soffio vitale né come si formino le membra nel grembo d’una donna incinta, così ignori l’opera di Dio che fa tutto.
Qo 11,5
Ignoramus et (semper) ignorabimus. Questo famoso detto potrebbe benissimo essere stato ispirato dal Qohelet. Se gli altri libri sapienziali affermano che sapienza e saggezza sono a nostra disposizione, stilano le lodi del sapiente e del saggio e tessono l’elogio dell’intelligenza, il Qohelet non è certo di questo avviso.
Anche questo autore pensa che la sapienza sia preferibile all’ignoranza, e lo afferma. Però Dio ha volutamente posto un limite a quanto noi possiamo capire.
Dio ha dato all’uomo una intelligenza che gli permette solo di comprendere che tutto ciò che avviene è superiore alla sua possibilità di intendere, e quindi la sua curiosità, la sua sete di sapere, i suoi tentativi di interpretare la realtà temporale, resteranno insoddisfatti.
Il sapiente è comunque certamente meglio di uno zoticone analfabeta perché si rende conto di quale piccola cosa egli sia, ed a quale esistenza sia destinato,
Chi è come il saggio?
Chi conosce la spiegazione delle cose?
La sapienza dell’uomo rischiara il suo volto, ne cambia la durezza del viso.
Qo 8,1
Però questa sua sapienza, in ultima analisi gli serve solo a soffrire di più, perché si rende pienamente conto di quali siano i suoi limiti invalicabili, di quale sia il destino ultimo cui è chiamato: la morte.
Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento.
Qo 1,17
Pensavo e dicevo fra me: «Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza». Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo
è un inseguire il vento, perché molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere, aumenta il dolore.
Qo 1,16-18
Soffre di più perché si rende conto che non può piegare Dio alla sua volontà tramite comportamento, voti o preghiere, che tutti gli sforzi che egli può fare per migliorare la sua esistenza non gli serviranno a nulla, in quanto il suo destino è già stato scritto, da Dio o dal caso, ed egli non può né togliere né aggiungere nulla a quella pagina, a lui ignota, che determina ogni avvenimento della sua vita.
Osserva l’opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo?
Qo 7,13
Nel giorno lieto sta’ allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l’uno quanto l’altro, cosicché l’uomo non riesce a scoprire ciò che verrà dopo di lui.
Qo 7,14
L’uomo può decidere di sperimentare sia la saggezza sia l’insipienza, e ciò gli permette di scoprire che entrambe sono vanità:
Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento.
Qo 1,17
L’ossessione della morte
Se dopo la nostra morte non vi è più nulla, è naturale che la morte incombente su di noi possa diventare un vero incubo.
Il saggio ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio. Ma so anche che un’unica sorte è riservata a tutt’e due.
Allora ho pensato: «Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Allora perché ho cercato d’esser saggio? Dov’è il vantaggio?». E ho concluso:
«Anche questo è vanità». Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.
Qo 2,14-16
Certo, finché si resta uniti alla società dei viventi c’è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto. I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c’è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce.
Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole. [....]
Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare.
Ho visto anche sotto il sole che non è degli agili la corsa, né dei forti la guerra e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza e nemmeno degli intelligenti il favore, perché il tempo e il caso raggiungono tutti. Infatti l’uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l’uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui.
Qo 9,4-6.10.12
Poi riguardo ai figli dell’uomo mi son detto: Dio vuol provarli e mostrare che essi di per sé sono come bestie. Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere.
Qo 3,18-20
Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi […] e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.
Qo 12,1.7
Nessun uomo è padrone del suo soffio vitale tanto da trattenerlo, né alcuno ha potere sul giorno della morte. Non c’è scampo dalla lotta e neppure la malvagità può salvare colui che...