CAPITOLO PRIMO
CRITICAL RACE THEORY : TEMI E PROBLEMI DEGLI STUDI CRITICI SULLA âRAZZAâ*
Gianfrancesco Zanetti
Sommario
1. Introduzione â 2. La Critical Race Theory (CRT) â 3. âRazzaâ va scritto fra virgolette â 4. âCieco rispetto al coloreâ â 5. CRT ed eguaglianza â 6. Astrologia e razze â 7. CRT e militanza
1. Introduzione
I tentativi di mettere a tema il ânoiâ politico sono stati (e sono) moltissimi, e sono avvenuti a diversi livelli di consapevolezza. Lâelemento che storicamente si presenta come âpiĂč densoâ, piĂč oggettivo, piĂč empirico, piĂč materiale e piĂč corporeo, Ăš senzâaltro la razza, cioĂš il sangue, che proverbialmente ânon Ăš acquaâ.
Da un lato, il sangue Ăš un elemento fisico, concreto, che ha a che fare con la indisputabile esistenza della nostra vita biologica; Ăš un fatto che viene facilmente percepito come primario, e che quindi si presta molto bene alla costruzione di un ânoiâ robusto e, appunto, âsanguignoâ â si condivide la stirpe, si condividono gli avi ancestrali, si condividono i tratti somatici, le apparenze fisiche; si condivide il DNA, la naturale generazione che trasmette un patrimonio genetico condiviso.
Dâaltra parte, il sangue Ăš qualcosa che Ăš sottratto alla nostra scelta, del tutto: non ci si puĂČ scegliere i propri genitori. âO lo sei o non lo seiâ, e al bianco liberal che pretende di essersi volontariamente avvicinato alla vita black di New York il protagonista di Invisible Man chiede con sarcasmo se lo ha fatto per injection o per immersion1. Il sangue si presta bene (ma non si impone) a costrutti giuridici come quella one drop law che trasforma una categoria scalare per eccellenza (la relativa e comparabile divergenza genetica) in una categoria di range (in/out): cosa questa non priva di conseguenze giuridiche.
In Europa il dibattito su ârazza e dirittoâ ha avuto sullo sfondo la shoah. Negli Stati Uniti, a partire dalla metĂ degli anni Ottanta, si Ăš sviluppato invece un movimento di pensiero che risente dei Critical Legal Studies e del femminismo giuridico â e che sarebbe riduttivo interpretare come nullâaltro che un riapparire di quel fiume carsico che Ăš la tradizione del realismo giuridico americano. Le ârazzeâ alle quali si fa riferimento in questo dibattito sono i grandi gruppi minoritari della societĂ americana: gli Afro-Americani, i Latinos, gli Asian, ecc.
2. La Critical Race Theory (CRT)
Il dibattito statunitense al quale si vuole fare riferimento in questa sede Ăš appunto quello innescato dalla, o concettualmente contiguo alla, Critical Race Theory (CRT), la âteoria critica della razzaâ, una costellazione di pensiero cosiddetta âpostmodernaâ2 che, seppur tardivamente, Ăš stata discussa anche in alcuni ambiti del dibattito giusfilosofico e filosofico-politico italiano3.
Ora, e in primo luogo, alcuni aspetti importanti della jurisprudence CRT sono di alto interesse in se stessi. In altri termini, le elaborazioni CRT non sono ridondanti rispetto alle tradizionali strategie liberal. In realtĂ esse non sono ridondanti in generale. Per esempio, uno degli argomenti piĂč tradizionali e accademici della filosofia del diritto occidentale, ora senzâaltro un poco passĂ©, Ăš lo scontro fra giusnaturalismo e positivismo giuridico. In questo contesto sorge quasi spontaneo ricordare la figura del reverendo Martin Luther King Jr., che fece uso della nozione di diritto naturale nella sua Letter from Birmingham Jail4, citando SantâAgostino di Ippona e San Tommaso dâAquino.
Una nozione di diritto naturale ben si prestava, infatti, a provvedere di una base di principio i primi argomenti a favore dellâeguaglianza razziale, come avvenne per lâanalogo ricorso al diritto naturale negli argomenti contro la schiavitĂč degli abolizionisti5. Ă dunque particolarmente interessante notare come la CRT, molti anni piĂč tardi, sembra aver sviluppato un atteggiamento di cautela e sospetto crescenti verso questo tipo di impostazione argomentativa6.
Per gli studiosi e le studiose CRT questo atteggiamento di cautela sorge fondamentalmente da esperienze pratiche: nonostante si presumesse che la Costituzione degli Stati Uniti di America potesse essere concepita come una manifestazione del diritto naturale e del valore dellâeguaglianza, Ăš un fatto che al tempo della sua adozione ben pochi dubitassero che questâeguaglianza doveva escludere le donne e i neri, e si reputava senza patemi dâanimo che perfino permettesse la schiavitĂč7.
La CRT Ăš dunque in grado di configurare un approccio specifico rispetto alle categorie-chiave della riflessione giusfilosofica, generando contributi che si distaccano radicalmente dallâapproccio piĂč consolidato. La riflessione elaborata entro la CRT si presenta, inoltre, del tutto indipendente da ogni sfondo religioso8, e questa distanza concettuale sembra coerente con lâelaborazione di una specifica jurisprudence (in questo caso: non venata da giusnaturalismo).
3. âRazzaâ va scritto fra virgolette
Si puĂČ partire dalle piĂč ovvie predicazioni di omogeneitĂ in termini di razza, ovvero le elaborazioni razziste in senso tecnico. Sono cose ben note anche in Italia. Per esempio, i punti 8 e 10 del Manifesto degli Scienziati Razzisti pubblicato sul primo fascicolo della rivista «La Difesa della Razza» (5 agosto 1938)9 stabiliscono che Ăš necessario distinguere la popolazione mediterranea dellâEuropa dellâOvest dalle popolazioni dellâEuropa dellâEst e da quelle Africane, e che le caratteristiche fisiche e psicologiche puramente Europee degli Italiani non dovevano essere alterate.
8. Ă necessario fare una distinzione fra i mediterranei dâEuropa occidentale da una parte, gli orientali e gli africani dallâaltra;
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana;
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo10.
Anche al di fuori di un discorso apertamente razzista, e dunque in ogni caso, usare la nozione di ârazzaâ per comprendere lâidentitĂ di un gruppo non Ăš perĂČ unâoperazione priva di rischi. Ed Ăš stata proprio la CRT a mostrare come una nozione naĂŻve di razza puĂČ generare conseguenze giuridiche estremamente controverse.
A questo proposito, il caso Mashpee Tribe v. Town of Mashpee11 costituisce un ottimo esempio. La tribĂč dei Massachusetts Mashpee intentĂČ causa invocando lâIndian Non-Intercourse Act del 197012. Il convenuto, la cittĂ di Mashpee, negĂČ che la gente Mashpee potesse considerarsi una tribĂč, e dare causa come tale costituendosi come attore. Il popolo Mashpee fu allora costretto a provare il proprio status tribale. Alla fine, la Corte decise di basare i propri criteri su quelli stabiliti dalla Corte Suprema al principio del secolo in Montoya versus United States. Ivi la Corte aveva affermato che:
By a tribe we understand a body of Indians of the same or similar race, united in a community under one leadership or government, and inhabiting a particular though sometimes ill-defined territory [âŠ]13.
Per essere riconosciuti come una tribĂč, il popolo Mashpee doveva adeguare questi criteri e, poichĂ© non potĂš farlo, i Mashpee non furono accettati come tali.
I Mashpee sostenevano che la diluizione dellâelemento razziale non diluisce lo status tribale. Essi affermarono che i membri della loro tribĂč non definivano la propria identitĂ attraverso tipi razziali, bensĂŹ attraverso lâappartenenza alla comunitĂ . Coloni bianchi avevano sposato donne Mashpee, e molte di tali donne erano fra lâaltro vedove di guerrieri che avevano combattuto contro i soldati britannici. Anche gli schiavi fuggitivi avevano trovato riparo presso i Mashpee, e avevano sposato anchâessi membri della tribĂč. In effetti, lâapertura nei confronti degli stranieri che desideravano diventare parte della comunitĂ era parte integrante dei valori tribali Mashpee che costituivano la loro identitĂ come tribĂč.
I Mashpee furono dunque penalizzati in tribunale perchĂ© non si conformavano alla prevalente definizione razziale di comunitĂ e societĂ 14. LâidentitĂ Mashpee superava una nozione meramente biologica di razza. I membri della tribĂč erano meno ossessionati dalla nozione di purezza del sangue rispetto a quei giudici bianchi che non furono capaci di comprendere la complessitĂ del problema.
Si tratta di un caso istruttivo per molte ragioni. Da un lato, la nozione di razza sembra implicare che le razze, in generale, vengono scoperte e studiate, proprio come avviene con le specie biologiche15. Da questo punto di vista, le tribĂč possono essere identificate con criteri razziali. Dallâaltro lato, la razza Ăš una categoria ascrittiva, e quindi secondo la gente Mashpeee, che non considera la mescolanza razziale come un fattore capace di diluire lo status di appartenenza tribale, il punto di vista menzionato non riflette affatto la complessitĂ del processo di formazione del gruppo.
Questo Ăš vero in generale, e anche gli studiosi europei sono, o dovrebbero essere, consapevoli di questo fatto. Sia lâideologia razziale dei nazisti sia la one drop rule si mutano in institutional devices che rinforzano lâascrizione della razza16. Entrambi tengono il requisito che giustifica lâesclusione razziale a un livello minimo. Basta una goccia di sangue non bianco per escludere un individuo da una determinata e alternativa ascrizione razziale; dal punto di vista ebraico, per essere ebrei Ăš necessario essere nati da una madre ebrea, ma occorre assai meno di ciĂČ per un nazista: e la bella signora Seidenman veniva controllata nelle orecchie, alla ricerca di qualche nascosto segno di retaggio giudaico17. Di conseguenza, entrambe le ideologie mettono in rilievo, rispettivamente, la purezza delle razze âarianaâ e âbiancaâ, e privano efficacemente l...