Come cambia la vita delle donne
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Come cambia la vita delle donne

2004 - 2014

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Come cambia la vita delle donne

2004 - 2014

About this book

Il volume presenta un quadro aggiornato della condizione delle donne in Italia ed analizza come sia mutato nell'ultimo decennio (2004-2014) il ruolo delle donne e il loro contesto di vita nella famiglia, nel mondo del lavoro e nella società.
L'ebook esce a distanza di dieci anni dalla prima pubblicazione incentrata su tali temi. La disponibilità di un nuovo e più aggiornato patrimonio informativo rispetto al passato ha consentito di rappresentare in modo più articolato l'immagine femminile, grazie all'inclusione di temi quali la povertà assoluta, la contraccezione, la violenza contro le donne, gli stereotipi di genere.
Le analisi presentate ripercorrono le diverse fasi della vita ed evidenziano la pluralità dei ruoli femminili facendo emergere i risultati conseguiti nell'istruzione, la fruizione culturale, il rapporto con le nuove tecnologie, il ruolo nel mercato del lavoro, la divisione dei ruoli, le strategie di conciliazione del lavoro e dei tempi di vita, le condizioni economiche, la salute.

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Information

1. Le generazioni nelle varie fasi di vita1
1.1 Introduzione
Le donne rappresentano una componente molto eterogenea della popolazione per la forte diversità riscontrata sulle traiettorie di vita formative, lavorative, migratorie, coniugali e riproduttive. Nel decennio preso in esame alcune fondamentali trasformazioni sono avvenute anche per effetto delle diverse esperienze di vita delle generazioni. Le donne hanno sperimentato in misura crescente periodi di autonomia dalla famiglia di origine e nuovi modi di formazione della famiglia, anche optando per modalità meno tradizionali, come l’unione libera, o ricoprendo ruoli un tempo meno diffusi, come quello monogenitoriale o sperimentando di più le separazioni. Rispetto al periodo precedente, tra i fenomeni demografici che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi 10 anni, spicca quello migratorio: in particolare, il forte incremento della presenza femminile straniera ha apportato delle conseguenze dirette sulla struttura della popolazione e indirette sui comportamenti demografici. La crescita della presenza di donne immigrate, non avviene tanto e solo per effetto dei ricongiungimenti familiari, ma anche per ricercare maggiori opportunità di inserimento nel lavoro. A ciò si accompagnano gli effetti dell’andamento della sopravvivenza, da un lato, e di quello della fecondità dall’altro, che modificano i contenuti e l’ampiezza delle varie fasi di vita di uomini e donne e delle loro famiglie ed evidenziano comportamenti differenti delle generazioni.
1.2 Tendenze demografiche e cambiamenti nei contesti di riferimento
1.2.1 Popolazione straniera in aumento: un nuovo soggetto femminile
I cittadini residenti in Italia al 1° gennaio 2014 sono 60.782.668 e, rispetto al 2004, la popolazione è cresciuta di 3.286.768 unità (Tavola 1.1). In questo intervallo temporale la dinamica della popolazione residente in Italia è stata caratterizzata dall’emergere del fenomeno dell’immigrazione, che ha avuto conseguenze dirette sulla crescita della popolazione e indirette sui comportamenti demografici, in particolare sulla ripresa della natalità e della fecondità. I cittadini stranieri residenti in Italia sono, infatti, quasi triplicati, sfiorando i 5 milioni nella data più recente; la loro incidenza sulla popolazione residente totale, è passata dal 3,2 per cento al 1° gennaio 2004 all’8,1 per cento al 1° gennaio 2014. Inoltre, se nel 2004 il peso della popolazione straniera residente sul totale della popolazione era pressoché uguale nei due generi (circa 3,3 per cento), nel 2014 il peso percentuale della componente femminile straniera è più elevato che non per quella maschile (le straniere residenti rappresentano 8,3 per cento della popolazione femminile contro il 7,9 per cento in quella maschile). La presenza straniera, sia in valore assoluto che come peso percentuale sul totale dei residenti, non è omogenea all’interno del territorio nazionale: nel 2014 gli stranieri rappresentano infatti oltre il 10 per cento del totale della popolazione residente nel Centro-nord, mentre lo stesso valore è pari a 3,6 per cento al Sud e 3,0 per cento nelle Isole.
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Nella tavola 1.2 sono riportate alcune delle principali informazioni relative alla popolazione straniera residente ed in particolare alle prime dieci cittadinanze per numerosità della presenza femminile. Nel 2004 le cinque cittadinanze più numerose per presenza femminile, che nel complesso rappresentano oltre il 40 per cento delle straniere residenti, sono l’Albania, il Marocco, la Romania, l’Ucraina e le Filippine. Inoltre il tasso di femminilizzazione, che in media segnala la presenza di 49,2 straniere ogni 100 stranieri, varia per le diverse cittadinanze. Esso è massimo per la comunità ucraina e per quella polacca e minimo per le comunità marocchina e tunisina. Il tasso di femminilizzazione è un indicatore particolarmente rilevante in quanto le comunità che presentano valori alti sono quelle per le quali le migrazioni femminili sono dovute non tanto o non solo a ricongiungimenti familiari quanto a motivi di lavoro. In altre parole in queste comunità sono molto spesso le donne che assumono il ruolo di breadwinner.
Il processo di femminilizzazione dei flussi migratori è proseguito nel tempo: nel 2014 ogni 100 stranieri residenti 53 sono donne, in crescita rispetto al 2004. Nel 2014 le comunità più numerose per presenza femminile sono Romania, Albania, Marocco, Ucraina e Cina. A fronte di un aumento consistente della numerosità della presenza femminile di queste cinque comunità, per alcune (ad esempio la Romania) aumenta il tasso di femminilizzazione mentre questo diminuisce lievemente in altre comunità, quale quella ucraina. Tuttavia non si può non sottolineare come con riferimento a quest’ultima il tasso di femminilizzazione rimanga comunque particolarmente elevato. L’incremento della popolazione straniera femminile non è più solo dovuto a ricongiungimenti familiari. Gli alti tassi di occupazione delle filippine (81,2 per cento), ucraine (70,0 per cento), cinesi (59,4 per cento) e romene (56,7 per cento), solo per segnalare le più numerose, testimoniano la presenza di un nuovo soggetto femminile inserito nel mercato del lavoro. Albanesi e marocchine presentano, invece, i tassi di occupazione più bassi (rispettivamente 34,3 e 23,0 per cento) con una divisione dei ruoli più tradizionale all’interno della famiglia.
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1.2.2 Speranza di vita in crescita
Nel periodo in esame è proseguita la positiva evoluzione della sopravvivenza. Infatti, la speranza di vita alla nascita ha continuato ad aumentare (Tavola 1.3): secondo le stime effettuate per il 2014, questa è arrivata a 84,9 anni per le donne e 80,2 per gli uomini, con valori leggermente più bassi nel Mezzogiorno (Istat, 2015). Dal 2004 al 2014 la speranza di vita alla nascita è aumentata di poco più di 2 anni per gli uomini e di 1 anno per le donne grazie ad una riduzione della mortalità che si è registrata per tutte le età, anche se sono in particolare i guadagni registrati nelle età adulte e anziane a concorrere maggiormente all’aumento della sopravvivenza registrato. L’aumento di questa è in grande misura imputabile alla riduzione della mortalità per malattie del sistema circolatorio e per tumori maligni, che insieme costituiscono oggi oltre il 70 per cento di tutti i decessi registrati in Italia (Istat, 2012).
Si va dunque sempre più dilatando l’orizzonte temporale su cui possono contare gli uomini e le donne. Attualmente un uomo di 65 anni può aspettarsi di vivere altri 18,8 anni e una donna altri 22,2. Se si mantenessero i livelli di sopravvivenza alle diverse età calcolati con riferimento al 2013, la metà della popolazione maschile potrebbe superare gli 82 anni e il 25 per cento gli 88 anni. Le donne potrebbero contare su condizioni ancora più favorevoli: nel 50 per cento dei casi potrebbero oltrepassare la soglia degli 88 anni di età e nel 25 per cento quella di 93 anni.
Pur rimanendo elevati i differenziali di genere a favore delle donne, questi si vanno via via affievolendo in quanto la crescita della speranza di vita alla nascita degli uomini è stata più sostenuta di quella delle donne. Questo fenomeno è da attribuire alla riduzione dell’eccesso di mortalità maschile, in particolare nelle età tra 45 e 75 anni, dovuta soprattutto alla diminuzione dei rischi di morte per tumori e malattie cardiovascolari. Al contrario, nelle età più avanzate della vita lo svantaggio maschile si è ulteriormente accentuato. Ciò è verosimilmente dovuto ad un effetto di generazione, le coorti nate tra i primi anni del ’900 e la metà degli anni ’30 sono “portatrici” di un eccesso di mortalità maschile che le ha accompagnate in tutte le età della vita (Aisp, 2011).
La positiva evoluzione della sopravvivenza si riscontra in tutte le ripartizioni geografiche ed anzi si può notare come nel tempo anche i differenziali territoriali tendano a diminuire.
Tra i paesi dell’Unione Europea (Eurostat, 2015) solo in Francia e in Spagna le donne sono più longeve di quelle residenti in Italia (85,6 anni e 86,1 rispettivamente nel 2013).
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1.2.3 Fecondità in calo anche per le straniere
Fino al 2008 è proseguita la fase di lenta ma continua ripresa delle nascite avviatasi ...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Indice
  4. Introduzione
  5. Capitolo 1
  6. Capitolo 2
  7. Capitolo 3
  8. Capitolo 4
  9. Capitolo 5
  10. Capitolo 6
  11. Capitolo 7
  12. APPENDICE
  13. GLOSSARIO
  14. BIBLIOGRAFIA