EUROAL - L'alterità nella dinamica delle culture antiche e medievali: interferenze linguistiche e storiche nel processo della formazione dell'Europa
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Information

Giuseppe Zecchini, Università Cattolica, Milano
Gli attualissimi temi della multiculturalità e della multietnicità, dell’identità da preservare e, insieme, dell’integrazione da favorire trovano nell’ambito della storia antica il più antico ‘luogo’, in cui porsi all’attenzione degli studiosi. Non a caso essi sono stati al centro di importanti convegni internazionali, tra cui quello su Identità e valori: fattori di aggregazione e fattori di crisi nell’esperienza politica antica in onore di J.P. Callu tenutosi a Bergamo presso il Centro N. Rezzara il 16-18 dicembre 1998 e quello su Integrazione, mescolanza, rifiuto promosso dalla Fondazione N. Canussio a Cividale il 21-23 settembre 2000 (gli Atti di entrambi sono stati editi dall’Erma di Bretschneider nel corso del 2001).
In questa sede la ricca problematica dell’integrazione interetnica nella civiltà antica è stata affrontata, a livello di sintesi, ma con indubbio vigore, da due antichisti, M. Sordi e E. Lo Cascio, e da un medievista, G. Andenna.
M. Sordi contrappone la concezione greca dell’unità di sangue a quella romana dell’unità etica e giuridica, indifferente al fattore genetico: in nome della prima le città greche non ampliarono la propria cittadinanza né ai liberti, né agli stranieri per non contaminarla e così anche l’uguaglianza della democrazia rimase un privilegio di pochi, selezionati, in ultima analisi, in base a fattori razzistici; in nome della seconda Roma fu generosa nella concessione della cittadinanza ai liberti (che la ricevevano all’atto dell’affrancamento) e nel coinvolgimento dei notabili provinciali nel governo dell’impero (già cent’anni dopo la conquista di Cesare esponenti della Gallia Comata furono accolti in senato). Battute d’arresto e fasi di resistenza a questo processo di assimilazione ci furono, ma sempre dettate da esigenze etiche (i nuovi cittadini dovevano avere costumi e mentalità compatibili coi valori e i costumi tradizionali di Roma) e peraltro ampiamente compensate da momenti di intensa accelerazione dei processi integrativi, in particolare nelle due fasi (sotto la monarchia dei Tarquini nel VI sec. a.C.; nel trentennio postgallico del 386-356 a.C.) di feconda osmosi con gli Etruschi. Da Livio all’imperatore Claudio e fino a S. Ambrogio emerge nel pensiero romano la tenace consapevolezza di costituire un popolo misto sin dalle origini (come provava il mito dell’incontro fra Troiani e Latini celebrato da Virgilio), aperto al ‘nuovo’, ai contributi provenienti da altre genti e, proprio per questo, fedele alle sue radici.
E. Lo Cascio volge la sua attenzione all’impero romano: già gli antichi lo sentirono sia come la fusione consensuale di genti diverse, attratte dalle sue garanzie di giustizia e di libertà, sia come un dominio ineluttabile, ma magnanimo coi sudditi, sia infine come l’ipocrita maschera di una spietata tirannide. In ogni caso, sotto Roma il mondo si romanizzò: fu questo un processo coatto o spontaneo, una autoromanizzazione dal basso? Comunque si risponda a questa alternativa, l’esito fu un multiculturalismo, che potrebbe essere frutto o della volontà del governo centrale, rispettoso di autonomie e identità locali, oppure dell’incapacità di controllare le diverse ‘periferie’ del proprio dominio. Fanno propendere per la prima ipotesi alcuni fattori di omologazione, che i Romani promossero consapevolmente: il primo è la pratica della manomissione, che riempie l’Italia di liberti, il secondo è l’emigrazione dall’Italia nelle province dell’elemento militare, il terzo è la concessione della cittadinanza, estesa a tutti i provinciali nel 212 d.C., laddove è chiaro che il criterio valido di appartenenza alla comunità politica dell’impero non è quello genetico, ma quello giuridico. Parallela è però la richiesta di omologazione che viene dal basso, la spontanea adozione delle leggi, della moneta e soprattutto della lingua di Roma, che peraltro non impedisce la conservazione di usanze locali, bensì convive con la loro persistenza. L’esperienza imperiale romana ci appare allora come la sapiente, equilibrata sintesi delle esigenze di un organismo unitario e di quelle degli œqnh, nella duplice accezione di ‘popoli’ e ‘province’...

Table of contents

  1. INDICE
  2. PROGRAMMA
  3. PROLUSIONE DEL MAGNIFICO RETTORE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
  4. NOTE INTRODUTTIVE ALLA SEZIONE LINGUISTICA
  5. OSSERVAZIONI PRELIMINARI
  6. IL SEME DELLA DIFFERENZA, TRA NATURA E STORIA
  7. I MODELLI ROMANO E CONSTANTINOPOLITANO NELLA FORMAZIONE DELL’EUROPA LINGUISTICA MEDIEVALE E MODERNA[*]
  8. «LA TUA LOQUELA TI FA MANIFESTO»:LINGUE ED IDENTITÀ NELLA LETTERATURA MEDIEVALE
  9. PRESENTAZIONE DELLA SEZIONE STORICA
  10. HER. VIII, 144, 3 – SALL. CAT. VI, 2: UNITÀ E ALTERITÀ ETNICA NEL MODELLO GRECO E NEL MODELLO ROMANO
  11. L’INTEGRAZIONE DELL’ALTRO: OMOLOGAZIONE E PERSISTENZA DELLA DIVERSITÀ NELLA DINAMICA DELLA ROMANIZZAZIONE
  12. UNITÀ E ALTERITÀ DI POPOLI E DI CULTURE IN OCCIDENTE NELL’ALTO MEDIOEVO
  13. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE