
eBook - ePub
Rivista di Politica 4/2018
Rappresentare e/o governare. Ascesa e declino della 'Seconda Repubblica'
- English
- ePUB (mobile friendly)
- Available on iOS & Android
eBook - ePub
Rivista di Politica 4/2018
Rappresentare e/o governare. Ascesa e declino della 'Seconda Repubblica'
About this book
Conflitti di memoria e contese geopolitiche: le ragioni dello scontro tra Grecia e MacedoniaMarta OttavianiCronaca (costituzionale) di un fallimento storico: le riforme elettorali nell'Italia della 'Seconda Repubblica'Claudio MartinelliTrump, i democratici e la sfida per la Casa BiancaAlia K. NardiniStato, libertà, democrazia: Salvatore Valitutti e la tradizione italiana di pensiero politicoAlessandro CampiLa democrazia nello specchio della rivoluzione: il mito della Rivoluzione d'Ottobre e la crisi della politica contemporaneaGaspare NevolaArte, cultura e politica: 'socialità' e 'rivoluzione' negli anni del fascismo-regimeMichele DantiniDa comunisti a democratici: le metamorfosi politicopartitiche della sinistra italianaRoberto Segatori
Frequently asked questions
Yes, you can cancel anytime from the Subscription tab in your account settings on the Perlego website. Your subscription will stay active until the end of your current billing period. Learn how to cancel your subscription.
No, books cannot be downloaded as external files, such as PDFs, for use outside of Perlego. However, you can download books within the Perlego app for offline reading on mobile or tablet. Learn more here.
Perlego offers two plans: Essential and Complete
- Essential is ideal for learners and professionals who enjoy exploring a wide range of subjects. Access the Essential Library with 800,000+ trusted titles and best-sellers across business, personal growth, and the humanities. Includes unlimited reading time and Standard Read Aloud voice.
- Complete: Perfect for advanced learners and researchers needing full, unrestricted access. Unlock 1.4M+ books across hundreds of subjects, including academic and specialized titles. The Complete Plan also includes advanced features like Premium Read Aloud and Research Assistant.
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Yes! You can use the Perlego app on both iOS or Android devices to read anytime, anywhere — even offline. Perfect for commutes or when you’re on the go.
Please note we cannot support devices running on iOS 13 and Android 7 or earlier. Learn more about using the app.
Please note we cannot support devices running on iOS 13 and Android 7 or earlier. Learn more about using the app.
Yes, you can access Rivista di Politica 4/2018 by AA.VV. in PDF and/or ePUB format. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.
Information
Publisher
Rubbettino EditoreYear
2019eBook ISBN
9788849858013
CONGETTURE E CONFUTAZIONI
Macedonia vs Grecia: un contenzioso tra storia, memoria e geopolitica
Una disputa che dura da decenni e che potrebbe finalmente trovare una soluzione. Vecchi conflitti che si rinnovano, aiutati dai venti del nazionalismo. Tutto questo in un territorio, i Balcani, che è ancora teatro di fratture e scontro fra il blocco occidentale e la Russia di Vladimir Putin e dove l’adesione alla Nato e all’Unione Europea viene considerata strategica da chi governa, ma non dalle popolazioni che abitano queste terre che, al contrario, sono sempre più polarizzate dal nazionalismo e da un passato storico non ancora archiviato. La lezione per Bruxelles arriva da una repubblica della ex Jugoslavia, conosciuta nella vulgata comune come Macedonia. Insieme con l’Albania, dovrebbe entrare a fare parte della sempre più allargata famiglia europea nei prossimi anni. Un matrimonio più di interesse per entrambi che di amore e i risultati si vedono dalle tensioni che questo processo sta provocando nel Paese e nella regione ancora prima di iniziare. Ma andiamo con ordine e partiamo dal motivo della disputa, ossia il diritto, reclamato come esclusivo dalla Grecia, di utilizzare il toponimo ‘Macedonia’.
Il peso del passato
Vista dall’esterno, la questione sul nome di questa piccola ex repubblica jugoslava, potrebbe apparire una questione di semplice toponomastica. Non è così per i presupposti storici da cui parte e le conseguenze a livello geopolitico che la sua soluzione implica. L’origine della disputa affonda le sue radici nella fine del XIX secolo, quando per l’Impero Ottomano iniziò, nei Balcani e altrove, quel processo di indebolimento che portò alla sua caduta dopo la Prima guerra mondiale. In seno al “Grande malato d’Europa” iniziarono a sorgere numerosi movimenti nazionalisti, più o meno strutturati e omogenei. E qui conviene subito porre una considerazione molto importante: fino al 1914, di Macedonia come regione indipendente all’interno dei Balcani non aveva mai sentito parlare nessuno. E anche dal punto di vista etnico, linguistico e religioso, è molto difficile riconoscere delle linee guida che possano portare all’individuazione di una minoranza macedone da collegare a questo territorio. Se si eccettua la componente albanese della popolazione, circa il 30%, il resto è composto da greci, bulgari e slavi. Quindi, se i movimenti indipendentisti di quel periodo, nelle attuali Grecia, Bulgaria e Serbia, hanno connotati ben precisi, in quella terra rivendicata come ‘Macedonia’ non esistono. Non per nulla, la regione che in quel periodo era individuata come ‘Macedonia’, oggi è assorbita in parte dai tre stati menzionati sopra, solo una piccola parte coincide con l’autoproclamata Repubblica del 1991. Non solo: dal 1870 fino alla fine della Seconda guerra mondiale, Atene e Sofia si sono contese a lungo l’influenza sull’area, con la seconda che ha iniziato ad appropriarsi di alcune figure tipiche della tradizione culturale e religiosa greca, come i Santi Cirillo e Metodio o Alessandro Magno.
Il 1944 rappresenta un punto di svolta e anche di non ritorno. Josip Broz Tito crea la Repubblica Socialista di Macedonia, il cui governo e la cui popolazione accettano di entrare a far parte del progetto della Grande Yugoslavia. Il suo territorio si amplia nel 1948, quando Sofia esce sconfitta da un braccio di ferro fra il Partito comunista bulgaro e quello yugoslavo. Uno Stato, quindi, che è nato solo in funzione di un preciso piano politico e non per accordare un riconoscimento basato su caratteristiche etniche e culturali reali. Anche perché, trovare i presupposti per farlo, sarebbe stato piuttosto complicato. Le popolazioni che hanno abitato quell’area nel corso dei secoli, non hanno mai avuto omogeneità di alcun tipo, al contrario, come abbiamo visto, sono sempre state presenti almeno quattro componenti diverse. Anche dal punto di vista linguistico, è difficile trovare un denominatore comune. Della cosiddetta ‘lingua macedone’, fino alla fine della Seconda guerra mondiale, si ignorava l’esistenza e altro non è se non un dialetto derivato dall’idioma bulgaro. Nel corso dei secoli, poi, la lingua parlata ha subito numerose influenze greche, albanesi e slave. Ma il tentativo più curioso di trovare una giustificazione alla creazione della Repubblica Socialista di Macedonia è quello che passa per la religione. La Chiesa Ortodossa di Macedonia è nata solo nel 1967, ma non è mai stata riconosciuta né dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il cui Patriarca detiene un primato morale sugli altri, né dal Patriarcato di Serbia. Infatti si definisce una chiesa autonoma e non autocefala, definizione che spetta a tutte le altre 14 che costituiscono l’Ecumene ortodossa. L’aspetto più singolare è che il maresciallo Tito, comunista, e quindi non esattamente dotato di una naturale tensione alla fede, si sforzò in tutti i modi per convincere il Patriarca di Serbia a riconoscere la Chiesa ortodossa macedone. Ma quello non solo si rifiutò, l’accusò anche di attività irregolari e di essere “un’organizzazione religiosa scismatica”. Parallelamente a questi tentativi maldestri di dare una struttura concreta all’identità della neonata repubblica socialista di Macedonia, la macchina del regime e della propaganda ha seguito anche altre strade, ben più efficienti. Nel 1948, è nato l’Istituto nazionale di Storia del popolo macedone, che ha ricostruito ex post come si è formata la repubblica e le cui tesi sono alla base dello scontro con la Grecia che dura da 27 anni.
Il braccio di ferro con Atene
Il ‘caso’ Macedonia è esploso nella sua complessità con la morte di Tito. Con il disgregarsi della Yugoslavia, nel 1991 anche Skopje reclamò la sua indipendenza, autoproclamandosi Repubblica di Macedonia e dando vita al contenzioso decennale con Atene, che attribuisce alla scelta del toponimo implicazioni regionali e internazionali, che ci riportano, ancora una volta, indietro nel tempo. La Grecia muove due distinti ordini di considerazioni. Il primo è quello storico e culturale. Il termine ‘Macedonia’, è greco, si riferisce al regno e alla cultura degli antichi macedoni, che è indiscutibilmente ellenica. Le scelte di Skopje, quindi, vengono viste come un inaccettabile tentativo di appropriazione di una eredità culturale. Atene accusa la piccola repubblica di aver falsificato le origini storiche della nazione, spiegando che l’unico territorio che può oggi chiamarsi Macedonia è quello delimitato dai confini ellenici e che si estende nella parte settentrionale della Grecia. Gli storici dell’ex stato yugoslavo confutano questa tesi, fornendo la loro versione: i movimenti indipendentisti macedoni sono sempre esistiti, ma non avevano le capacità economiche dei greci o dei serbi per imporsi. Si tratta di una teoria ampiamente osteggiata dalla storiografia ufficiale, che, fino alla Prima guerra mondiale, non aveva mai sentito parlare di una minoranza autenticamente macedone e che ha sempre visto in Skopje il tentativo di aver creato un’identità nazionale artificiale a determinati fini politici. Ma il problema rimane, almeno fino all’accettazione definitiva dell’accordo di Prespa, di cui si parlerà fra poco, e non si tratta solo di una questione di toponomastica o culturale. Atene, e questo è il secondo ordine di considerazioni, teme che, senza un’adeguata difesa del principio che esiste solo una regione che può portare il nome di Macedonia, un giorno Skopje potrebbe reclamare come appartenenti al suo territorio aree a tutti gli effetti parte dello stato greco. Tensioni che riflettono un passato, nemmeno troppo remoto, fatto di divisioni, conflitti, dove il motivo nazionalista è stato rafforzato dalle unioni forzate, come la creazione della Yugoslavia.
Sta di fatto che per la Grecia, il nuovo nome dell’ex Repubblica socialista di Macedonia è un problema reale e per questo ha deciso di portare la questione davanti all’Onu. Il tema è oggetto di due risoluzioni, rispettivamente la 817 e la 845, entrambe del 1993. Sempre nello stesso anno, le Nazioni Unite hanno deciso di riconoscere la piccola repubblica balcanica con l’acronimo di Fyrom, ossia Former Yugoslav Republic of Macedonia. Nel 1995, è stato firmato un codice di condotta fra Atene e Skopje, propedeutico all’avvio dei negoziati per trovare una soluzione definitiva. Purtroppo, da quel momento, ci sono stati più motivi di tensione che di speranza, soprattutto a causa delle provocazioni da parte macedone, con Skopje che ha iniziato a usare simboli che la Grecia considera esclusiva del suo patrimonio storico e culturale. L’appropriazione più evidente è quella del Ήλιος της Βεργίνας, il Sole di Verghina, risalente all’età classica e presente nella bandiera nazionale macedone, oltre al richiamo, sempre più insistente, alle figure di Alessandro Magno e Filippo il Macedone. Il risultato è stata una lunga e snervante battaglia legale e burocratica, finita sui tavoli del tribunale internazionale de L’Aja e su quelli del Consiglio Europeo. Nel 2008 Atene ha posto il veto all’ingresso di Skopje nella Nato e nel 2012 Bruxelles ha posto l’accordo sul nome dell’ex Repubblica Jugoslava come conditio sine qua non per il suo ingresso in Unione Europea.
Verso una soluzione
Nel giugno 2018 a Prespa, una località posta sull’omonimo lago, al confine fra le due nazioni, il premier macedone Zoran Zaev e quello greco Alexis Tsipras hanno raggiunto un accordo per chiudere questa disputa storica da cui dipende in parte anche il destino dei Balcani. Stando al testo, la Macedonia deve accettare di cambiare il suo nome in Repubblica di Macedonia del Nord, ottenendo in cambio il via libera ai negoziati per l’adesione alla Nato e all’Unione Europea. Nel successivo mese di settembre nell’ex stato jugoslavo c’è stato un referendum storico per accettare l’accordo. Il risultato non era vincolante, l’ultima parola spetta comunque al parlamento, ma si è rivelato un flop se si considera che si è recato alle urne appena il 35% degli aventi diritto. Un colpo politico duro per Zaev, su cui pesa anche l’ombra del Cremlino. La campagna referendaria per l’astensione ha ricevuto l’apporto determinante dei social network. Le piattaforme sono state letteralmente invase da un movimento chiamato #bojkotiram, letteralmente ‘io boicotto’, caratterizzato da un forte antieuropeismo e nazionalismo, che nel giro di poche settimane ha avuto una diffusione capillare nell’opinione pubblica, influenzandone gli orientamenti. Un’organizzazione senza una gerarchia precisa dotata di una propria capacità economica e dietro la quale si sospetta ci possa essere Mosca, per cui la Macedonia rappresenta una base importante nei Balcani, che rischia di perdere con l’adesione alla Nato da parte dell’ex repubblica jugoslava. Il cammino in parlamento è iniziato in modo molto difficoltoso e all’inizio la strada verso le elezioni anticipate sembrava l’unica possibile. Zaev è riuscito solo all’ultimo ad assicurarsi i voti del partito di opposizione di Vmro Dpmme necessari per ottenere la maggioranza dei due terzi. Il cammino delle riforme costituzionali obbligatorie per cambiare il nome del Paese durerà almeno tre mesi. Il primo ministro sta stringendo accordi politici per garantirsi la maggioranza prevista dalla legge a ogni votazione. Ma, anche se il processo di adesione a Nato e Ue dovesse partire, la stabilità interna e della regione rimane a rischio. Le forze nazionaliste contrarie all’accordo sono determinate a rendere il processo lungo e difficile. Non bisogna poi dimenticare le forze che si celano dietro questa che è una vera e propria lotta per consolidare la propria influenza nei Balcani. Da una parte l’Europa, soprattutto la Germania di Angela Merkel, e gli Stati Uniti e la Russia dall’altra. Nelle settimane successive al referendum ci sono stati scambi di accusa reciproci fra Mosca e Washington di aver fatto di tutto per condizionare le scelte ora degli elettori, ora dei parlamentari. Per una contesa che sembra destinata a chiudersi, rimane la questione dell’allargamento Ue nei Balcani, dove da tempo altre potenze stanno esercitando un’influenza crescente. Non solo la Russia, ma anche la Cina e la Turchia.
Visegrád e il futuro dell’Unione europea. La nostalgia dell’impero sovranazionale e il neosovranismo populista balcanico
[…] …la cancellazione dei fatti storici
porta solo a che un giorno si venga
travolti da essi…[…].
porta solo a che un giorno si venga
travolti da essi…[…].
Otto von Habsburg
Ci sono due spettri che si susseguono nel continente europeo. Il primo, rappresentato dal dubbio sull’esistenza o meno di una comune volontà nel condividere valori democratici ritenuti non negoziabili per poter dare senso, e speranza in particolare, ad un percorso di integrazione sovranazionale. Il secondo, dal timore che una divisione in due dell’Unione europea si possa concretizzare di nuovo e nello stesso spazio in cui si dissolsero le speranze del Novecento gettandolo nella tragedia della Grande Guerra prima e della Guerra Fredda poi: l’Europa orientale.
Vi è poi un terzo elemento di preoccupazione rappresentato dal fatto che il sogno comunitario possa franare, drammaticamente, attraverso nuove crisi che si manifesterebbero all’interno dei popoli europei s...
Table of contents
- Rivista di Politica Ottobre-Dicembre 2018
- Colophon
- Indice
- Numero 4 Ottobre-Dicembre 2018