L'Italia è bella dentro
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Storie di resilienza, innovazione e ritorno nelle aree interne

Luca Martinelli

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Storie di resilienza, innovazione e ritorno nelle aree interne

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Questo libro racconta l’Italia del “margine” e spiega come restituire valore ai territori e alle comunità. Le storie del ritorno e le iniziative contro l’abbandono e le disuguaglianze territoriali.
La favola vera di un Paese inaspettato: è l’Italia interna, lontana dalla grande città; marginale, spesso fragile ma allo stesso tempo sorprendentemente viva e innovativa, che trova risorse dove in apparenza c’è solo abbandono.
Questo libro restituisce parola e valore ai territori dove vivono ancora 12 milioni di persone, raccontando le forme di resistenza (o “restanza”) e di ritorno -sia pur frammentario- in montagna e nelle aree interne. Ritorni senza i quali sono impensabili la cura e la tutela del patrimonio rurale, del paesaggio, delle “infrastrutture verdi” come i boschi, oltre che la salvaguardia dei saperi tradizionali. Ma per scongiurare l’abbandono e favorire queste sacche di resistenza è necessario attrezzare i paesi minimi e i territori marginali con i servizi essenziali, come presidi sanitari, scuole, trasporti e altre funzioni “comunitarie”.
È la missione -ad esempio- della Strategia nazionale aree interne e di altri progetti, come AttivAree o le Associazioni fondiarie, di cui il libro rende conto. Le storie di chi ritorna, non eroiche ma spesso esemplari: scelte di persone normali che esplorano nuovi stili di vita, trasformando le tradizioni in mestieri dell’oggi, in primis un’agricoltura che ritrova l’alleanza fra uomo e natura. Un dialogo sull’Italia con illustri contributi, tra cui Fabrizio Barca e Franco Arminio.
Le disuguaglianze territoriali si combattono applicando l’articolo 3 della Costituzione “Perché torni la voglia ai giovani e ai meno giovani che stanno mostrando desiderio di restare in questi luoghi, gli si deve fornire una ragione per rimanere. Prima di tutto ridurre la loro esclusione sociale: da una scuola di qualità, da una salute dignitosa, dalla copertura con la banda larga, da un trasporto rigido fatto di grandi bus inutili in questi territori, dal credito (…). Ed esclusione, infine, anche dalla terra, resa inaccessibile ai potenziali giovani agricoltori. Che cosa fare allora? C’è da attuare l’articolo 3 della Costituzione, rimuovere questi ostacoli e ridurre così le disuguaglianze (…) permettendo che – anziché andarsene – chi vive in questi territori manifesti le proprie idee imprenditoriali” (Fabrizio Barca, coordinatore Forum disuguaglianze diversità)
Con la bella prefazione di Alessio Maurizi, giornalista di Radio 24 e un’intensa conversazione con il poeta e paesologo Franco Arminio. Con la collaborazione di Silvia Passerini e Massimo Acanfora.
Copertina dell’illustratrice Elisa Talentino (https://www.elisatalentino.it/)

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Information

Publisher
Altreconomia
Year
2020
ISBN
9788865163696

Capitolo 1. Cittadini dentro: la Strategia nazionale aree interne

LA STRATEGIA NAZIONALE AREE INTERNE
In Italia e in tutto il mondo occidentale l’accessibilità a servizi essenziali - cioè sanità, istruzione e mobilità - rappresenta la precondizione per un effettivo godimento dei diritti di cittadinanza. Non a caso i territori rurali meno facilmente accessibili, storicamente caratterizzati da una limitata offerta di tali servizi, sono stati protagonisti - dal secondo Dopoguerra - di un lungo e progressivo abbandono in favore delle aree urbane come luogo di vita e di lavoro. L’intera società italiana ha pagato per questo processo un costo elevato, in termini ad esempio di dissesto idrogeologico, degrado e consumo del suolo, e ha dovuto registrare un ulteriore indebolimento dei servizi alla persona. In queste stesse aree - tuttavia - risiede un grande capitale fatto di risorse naturali, culturali, umane che si può a buon diritto ritenere strategico per il rilancio e la crescita del sistema-Paese.
Lo Stato italiano in un dato momento storico - nell’anno 2013, su impulso dell’allora ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca - ha quindi ritenuto importante intervenire per tutelare, recuperare e rivitalizzare le “aree interne” caratterizzate da processi di spopolamento e degrado, e provare a liberare il loro potenziale inespresso. Lo ha fatto grazie a una Strategia nazionale per le aree interne (d’ora in poi SNAI), al cui centro ci sono la qualità della vita delle persone - l’aumento del benessere e dell’inclusione sociale di chi vive in quelle aree - e l’inversione e il miglioramento delle tendenze demografiche - con un progressivo incremento della domanda di lavoro e dell’utilizzo del capitale territoriale -.
La SNAI ha portato tre innovazioni principali: il coinvolgimento - nella prima fase sperimentale - di un numero limitato di aree, il carattere nazionale della Strategia, e due linee di azione convergenti, l’una rivolta a promuovere lo sviluppo attraverso progetti finanziati dai diversi Fondi strutturali e d’investimento europei disponibili, l’altra diretta ad assicurare a queste stesse aree livelli adeguati di “cittadinanza” nei servizi essenziali (salute, istruzione e mobilità), con uno stretto e aperto monitoraggio degli esiti.

LA DEFINIZIONE DELLE “AREE INTERNE”
Che cosa sono le “aree interne”? Sono i territori significativamente lontani dai centri di offerta dei servizi essenziali: nei prodromi della Strategia il territorio italiano è stato così “letto” come una “rete” di Comuni (centri di offerta di servizi) attorno ai quali gravitano aree caratterizzate da diversi livelli di perifericità spaziale.
Una volta identificati i cosiddetti “Poli” e “Poli Intercomunali” - secondo il criterio di capacità di offerta di servizi essenziali (intera offerta scolastica secondaria, almeno un ospedale classificato come DEA di primo livello, almeno una stazione ferroviaria di categoria Silver 1 per definire le aree si è calcolata la distanza in minuti di percorrenza di ogni singolo Comune rispetto al polo ad esso più prossimo. 2
Sono classificati come aree interne oltre 4mila Comuni, che coprono circa il 60% del territorio italiano. Ci vivono circa 13 milioni e 376mila persone, il 22% della popolazione italiana (dato al 2016).

LA SELEZIONE DELLE AREE
All’interno di questa “geografia” è poi avvenuta un’ulteriore selezione di 72 “aree-progetto”, in cui abitano oltre due milioni di abitanti. I dati sono in evoluzione (per la progressive fusioni) ma all’inizio del 2020 sono coinvolti nella SNAI oltre 1.050 Comuni (più del 13% di quelli italiani), con un numero medio di abitanti pari a poco più di 1.900, il cui totale corrisponde al 3,5% della popolazione italiana.
Le “aree progetto” SNAI coprono il 16,7% del territorio nazionale, dal Parco Nazionale del Gran Paradiso al Tarvisio, dalla Val Chiavenna alla punta del Sud Salento, dalle regioni montuose del Gennargentu-Mandrolisai al centro della Sardegna al Delta del Po.
Le aree hanno una dimensione media di 29mila abitanti e di 15 Comuni. Tutte presentano una forte perdita demografica e un marcato invecchiamento della popolazione, e sono composte prevalentemente da Comuni “periferici” e “ultra periferici”: la “caduta media della popolazione” tra il 2001 e il 2011 (gli ultimi due censimenti) è stata del 4,2%.

COME FUNZIONA LA SNAI?
All’interno dell’Agenzia per la Coesione Territoriale 3, il Comitato Tecnico Aree Interne (CTAI) è il “contenitore istituzionale” di SNAI (durante i governi Monti e Letta era stato il ministero della Coesione territoriale, poi non confermato). Fino alla primavera del 2019 è stato coordinato da Sabrina Lucatelli.
Ogni ministero coinvolto - lo sono Salute, Istruzione, Trasporti, Agricoltura, Lavoro e Politiche Sociali, Beni culturali - ha un referente che si occupa, tra l’altro, di aree interne. Del comitato fa parte anche ANCI, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani. Il cuore operativo di SNAI è un gruppo di consulenti esterni - contrattualizzati - che svolgono la maggior parte del lavoro. Ne fanno parte progettisti territoriali ed esperti di quattro ambiti tematici: scuola, salute, mobilità e turismo.
Il loro compito principale è quello di affiancare i territori nell’attività di co-progettazione sulle aree, ma anche di seguire la fase di scouting e di costruzione vera e propria della strategia d’area, oltre che di far funzionare la governance multilivello prevista con la partecipazione delle Regioni e dei ministeri.
Le risorse finanziarie per intervenire provengono al momento da tutti i fondi comunitari disponibili per gli anni 2014-2020 (FESR, FSE, FEASR, FEAMP) gestiti dalle Regioni e da risorse espressamente destinate dalle Leggi di Stabilità – il cosiddetto Fondo di Rotazione 14, che contiene le risorse per il cofinanziamento dei fondi comunitari - e sono finalizzate al riequilibrio dell’offerta dei servizi di cittadinanza che è alla base della strategia.
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LA DISEGUAGLIANZA DA COMBATTERE
La situazione di disparità delle aree interne ha un evidente rilievo sociale e politico. Fabrizio Barca, economista ed ex ministro per la Coesione territoriale del governo promotore della Strategia Nazionale Aree Interne, oggi impegnato all’interno del Forum Disuguaglianza Diversità, ci spiega perché l’essenza della SNAI si possa tradurre in una lotta alle disuguaglianze: “La Strategia Nazionale Aree Interne ha preso di petto, anticipandone l’esplosione, la ‘faglia’ tra città e campagna che è diventata politicamente sempre più manifesta nel mondo occidentale con la Brexit e le ultime elezioni politiche in Usa, Francia, Austria... Questa scissione - che si vedeva arrivare da lontano - era una delle conseguenze di politiche economiche e di sviluppo sbagliate e si stava manifestando con il distacco di vaste popolazione delle aree rurali italiane più lontane e di difficile raggiungimento - quelle che io chiamo ‘rugose’ -, lontane cioè dai grandi processi decisionali ed escluse dai vantaggi della globalizzazione. Questa non è una fatalità, ma il portato di politiche errate che hanno dato per scontata la marginalizzazione di questi luoghi, che non gli hanno dato voce e che - nel ridisegnare i servizi per la scuola, la salute e la mobilità - hanno sempre avuto in mente le grandi città, adottando un modello one size fits all, ‘va bene per tutti’”.

Quando una premessa è chiara come questa diventa poi immediato che cosa si deve fare.
Prosegue Barca: “Perché torni la voglia - ai giovani e ai meno giovani che stanno mostrando desiderio di restare in questi luoghi - gli si deve fornire una ragione per rimanere. Prima di tutto ridurre la loro esclusione sociale: da una scuola di qualità, da una salute dignitosa, dalla copertura con la banda larga, da un trasporto rigido fatto di grandi bus inutili in questi territori, dal credito - così legato al patrimonio posseduto -. Ed esclusione, infine, anche dalla terra, resa inaccessibile ai potenziali giovani agricoltori. Che cosa fare allora? C’è da attuare l’articolo 3 della Costituzione, rimuovere questi ostacoli e ridurre così le disuguaglianze, aumentando ‘l’efficienza capitalistica’, permettendo che - anziché andarsene - chi vive in questi territori manifesti le proprie idee imprenditoriali. La SNAI ha l’obiettivo di far maturare - attraverso un confronto molto serrato e aperto a tutte le voci - i punti di cambiamento, di rottura, territorio per territorio. Perché gli ostacoli sono diversi e anche le soluzioni, legate come sono a territori terribilmente diversi. Una volta emerse le soluzioni c’è una visione ‘a 20 anni’. I progetti vengono solo dopo, come strumenti per raggiungere questa visione, che si articola concretamente in risultati attesi, poi misurabili e misurati. Così si verifica se si è ridotta la mortalità legata al numero di minuti di ritardo dell’ambulanza, se è migliorata la socializzazione dei ragazzi perché i plessi scolatici sono cresciuti di dimensione, se gli autobus viaggiano con le persone dentro e il trasporto pubblico non si valuta solo in base al totale di chilometri fatti. Cose molto semplici: il vantaggio di lavorare territorio per territorio, facendo parlare le persone, è proprio che emergono soluzioni semplici che i ‘tecnici’ sono poi perfettamente in grado di disegnare. Questa è la ricetta di ‘aree interne’”. Ad ottobre 2019 in 22 aree pilota seguite dalla SNAI si è raggiunto lo stato dell’attuazione, per un valore complessivo degli Accordi di programma quadro sottoscritti al 25 ottobre 2019 di oltre 460 milioni di euro.

UN RACCONTO COLLETTIVO
Il basso grado di accessibilità ai beni di base - (sanità, istruzione, mobilità, cui oggi si deve aggiungere la connettività virtuale, accesso ad internet), che identificano il diritto di cittadinanza, riducono dunque il benessere della popolazione residente nelle aree interne. Ma come si declina la SNAI nel dettaglio?
Ne abbiamo parlato con Giovanni Carrosio, docente all’Università di Trieste, a lungo membro del coordinamento del team di supporto tecnico al Comitato Nazionale Aree interne, Filippo Tantillo, già coordinatore scientifico del team tecnico di supporto al Comitato Nazionale Aree Interne, e con Daniela Luisi, che ha fatto parte del coordinamento del team di supporto tecnico ed è stata consulente progettista della Strategia Nazionale Aree Interne.

“Diciamo prima di tutto che il tema centrale dei servizi di cittadinanza - spiega Daniela Luisi - è strettamente legato e integrato a quello dello sviluppo locale e l’ambizione di SNAI - in ciascuna strategia d’area - è di non separare le due dimensioni. Questo vuol dire non solo individuare un problema che concerne la scuola, ad esempio una carenza nell’offerta formativa o nella qualità dell’istruzione, ma al tempo stesso pensare anche a soluzioni innovative o comunque fare delle scelte coraggiose, che non si limitino alle prassi amministrative ma accolgano anche una visione di sviluppo locale. Se c’è una carenza di qualità nell’offerta formativa, si cercherà così di tenere insieme questa dimensione con la prospettiva dello sviluppo di un’economia territoriale: un’area che vuole specializzarsi su una tematica ambientale o di tutela della biodiversità potrà declinare, calibrare, modellare il miglioramento della qualità dell’offerta formativa per i bambini del primo ciclo, per esempio, attraverso l’educazione cosmica di stampo montessoriano, l’educazione al paesaggio o il bio-monitoraggio. Spesso la soluzione viene proprio dal coinvolgimento di docenti, gruppi ed associazioni locali. Un’altra scelta che distingue SNAI nel metodo è l’attività di co-progettazione. Questo metodo, che abbiamo adottato nel ‘montare’ le strategie di area, ci ha infatti permesso di far emergere alcuni legami tra le precondizioni e i successivi fattori di sviluppo. Per restare in ambito scolastico, l’attività di co-progettazione ci ha permesso di incontrare, nel percorso di scouting e di progettazione, il docente impegnato, il dirigente scolastico illuminato, l’associazione con un’impronta montessoriana o quella con una visione militante”.

“Il processo di selezione delle prime aree interne su cui lavorare - spiega Giovanni Carrosio - è avvenuto tra febbraio 2014 e maggio 2017 (includendo le aree colpite dal sisma dell’agosto e dell’ottobre 2016), attraverso una procedura di ‘istruttoria pubblica’ a cui hanno partecipano le amministrazioni centrali (raccolte nel Comitato Tecnico Aree Interne) e le Regioni (o le Provincie autonome) interessate. Il processo di istruttoria per ogni area ha prima previsto una fase ‘desk’ di raccolta dati e di studio condiviso tra Regioni e Comitato, poi una missione sul campo con focus group su scuola, sanità, mobilità e sviluppo locale, e un rapporto finale di istruttoria del CTAI che ha sancito la candidabilità dell’area alla Strategia (e talvolta ne ha modificato i confini di partenza). Sulla base di questa istruttoria la Regione (o la Provincia autonoma) - ove sia maturata una convergenza di valutazioni - procede a una decisione formale e a un impegno attraverso una delibera di Giunta. È importante notare che le aree sono state individuate attraverso un criterio di ‘pianificazione’ invece che con la solita messa a bando. Soltanto alcune Regioni (Lombardia e Toscana), in disaccordo con il Comitato, hanno spinto per individuare le aree attraverso bandi competitivi ai quali potevano partecipare aggregati di Comuni. La posizione del CTAI sul tema è dettata dalla volontà di non mettere le aree in competizione tra loro e di evitare aggregati di Comuni che si formino più per avere chance di “vincere” che per ragioni di omogeneità sociale, politica, morfologica e identitaria. Il criterio della pianificazione consente inoltre alle autorità regionali e centrali di scegliere le aree secondo i criteri più consoni al disegno strategico nazionale. Il processo di istruttoria nella maggior parte delle Regioni ha perciò privilegiato criteri oggettivi, come la classificazione dei Comuni secondo il metodo aree interne, i dati provenienti da un kit di indicatori e criteri qualitativi quali la presenza di una leadership politica locale, la volontà degli amministratori di lavorare sull’associazionismo, la capacità progettuale e una propensione all’innovazione sociale”.

LE PERSONE E LE ISTITUZIONI
Le singole strategie sono il frutto del lavoro che il Comitato Tecnico Aree Interne ha fatto insieme ai diversi attori del territorio. Come avvenga tale confronto e quali realtà - tra istituzioni, organizzazioni, cittadini - stia coinvolgendo ce lo racconta Filippo Tantillo: “C’è’ un doppio livello. SNAI è un’azione pubblica e dello Stato e quindi esiste necessariamente un rapporto con le istituzioni. Ma noi cerchiamo di lavorare con le persone dentro le istituzioni. È un tentativo anche di cambiare certe dinamiche che sono da tempo ‘inceppate’ e per fare questo c’è bisogno di un po’ di passione per il cambiamento, del resto più diffusa tra i sindaci e gli amministratori di quanto non si creda. Siamo convinti che prendere come referenti solo enti e istituzioni non sia un atteggiamento fertile: dobbiamo parlare con le persone, soprattutto nelle aree interne; se poi parliamo di paesi con 300 (o anche 80) abitanti, non scordiamo che il 5 o il 10 per cento dei cittadini sono amministratori”.
Il livello istituzionale riguarda quindi Stato, Regioni e Comuni: “Ai Comuni che fanno parte di SNAI viene richiesto di aggregarsi per far parte di questa sfida. Questa è un’azione molto importante e non solo per dar loro una forza ‘sindacale’ che oggi non hanno, per poter rivendicare, per fare arrivare la loro voce. Ma perché essere un territorio poco popolato significa contare poco dal punto di vista elettorale. Pensiamo a certe valli lombarde che producono energia idroelettrica - ad esempio - e vedono le royalties rimanere a Milano... D’altra parte i confini istituzionali sono stati tracciati quando la gente nasceva, viveva, lavorava e moriva all’interno delle comunità. Oggi ci si muove molto di più, si fanno 40 chilometri per andare a lavorare. È il momento di ripensare a questi confini e di ‘destrutturarli’. Per questo chiediamo ai Comuni di ‘pensarsi’ insieme”.
Il livello istituzionale non è necessariamente formale, continua Tantillo: “C’è un regolamento europeo sul partenariato locale che ci permette - a differenza di quello che è stato fatto finora - di ragionare anche con altri soggetti ‘rilevanti’ del territorio, con un margine di discrezionalità che consente di portare al tavolo dei soggetti che non solo sono rappresentativi ma anche ‘dinamici’: la parola è importante perché il nostro obiettivo è cogliere le ‘dinamiche’ locali e dare loro ulteriore abbrivio, là dove già si muove qualcosa. Per intenderci, non siamo in grado di ‘innescare’ da zero un progetto di sviluppo. Non possiamo trasformare un contadino in un albergatore, dobbiamo cogliere chi si sta già muovendo... Quindi - mi ripeto - il livello istituzionale è comunque costituito da relazioni personali, favorito dal fatto che sono territori piccoli e quindi si cercano, si trovano e e si consultano le cinque persone che ‘fanno cose’, senza che nessuno si offenda. Anzi, le persone si indicano a vicenda. In generale si sceglie con un filo di spregiudicatezza, ma con grande trasparenza, senza escludere nessuno”.
In sintesi la prassi che coinvolge il territorio è questa. Una volta compiuta - di comune accordo con la Regione - la scelta delle aree, le singole aree mandano una prima bozza di strategia di poche pagine, corredata da un minimo ragionamento in cui si immagina che cosa fare. “Questo documento - spiega Tantillo - ci fa capire chi abbiamo davanti, qual è la loro capacità di progettare, di sperimentare su specifici tematiche, e qual è la capacità del territorio di concentrarsi su temi comuni. Poi cominciamo - con l’assistenza tecnica della Regione e dei Comuni - a fare scouting sul territorio per costruire insieme un ‘preliminare di strategia’. Non esistono, in questo senso, scelte a priori da parte della SNAI ma un’alleanza sul campo, un confronto intenso, grazie alla quale gli innovatori vengono abilitati a partecipare alla definizione della strategia di ogni area progetto e rafforzati nella propria capacità di interloquire e di contaminare le istituzioni locali. Ai tavoli di progettazione tematici, si raccolgono quindi i ‘soggetti istituzionali’ e i ‘soggetti innovatori’ che portiamo noi, dal maestro di scuola all’assistente sociale. Scegliamo persone che stanno già facendo o sperimentando delle attività. Insieme a noi, questi tavoli producono un testo, che costituirà parte del cosiddetto ‘preliminare di strategia’, nel gergo della metodologia aree interne il ‘documento di intenti della compagine territoriale’. Un documento che definisce, in pratica, qual è lo spirito con cui si faranno le cose e quali sono le cose che andremo a fare. Poi questa bozza ‘ingegnerizzata’ dai nostri tecnici - regionali e comunali -, per completare quella che sarà la vera e propria strategia d’area, dove c’è scritto che questa cosa si fa così, costa tanto, si paga con questi fondi” ..

LE PRECONDIZIONI ALLO SVILUPPO
I principali fattori di sviluppo locale sono stati identificati nella creazione di un “mercato” e di posti di lavoro. “Ma in questo fare di SNAI - ribadisce Filippo Tantillo - forse sono ancora più rilevanti i servizi di cittadinanza. Per citare Amartya Sen, queste sono le ‘precondizioni’ allo sviluppo. Se non ci sono, se non esiste una per quanto minima sicurezza economica è difficile parlare di sviluppo locale. Lo sviluppo che intendiamo noi - infatti - non è soltanto aumento del prodotto interno lordo procapite, che nelle aree interne è generalmente inferiore alla media nazionale (la differenza tra la media delle 72 aree e progetto e il dato italiano è di circa 5mila euro, ndr): al centro della nostra riflessione ci sono le persone e, sempre per rimanere a Sen, la loro libertà. Il tema dei servizi è quindi un tema primario. Intanto perché è la prima volta che si fa una riflessione sulla mancanza dei servizi. Forse non è poi tanto vero - come pensava John Kenneth Galbraith - che costruire le possibilità di lavoro in una determinata area traini poi la crescita dei...

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