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La pubblicità ai tempi di Amazon
Che cosa significa fare pubblicità in Amazon?
Per addentrarci correttamente nel tema, credo sia d’obbligo dare prima una visione d’insieme dell’ampio concetto di pubblicità. Lungi da me, naturalmente, dilungarmi sulla storia del settore o sui suoi sviluppi tecnici. La necessità, in questa sede, di dare uno sguardo al passato nasce dalla volontà di far capire quanto Amazon abbia cambiato le carte in tavola.
La pubblicità nasce e si configura come racconto del prodotto, come racconto del marchio con lo scopo di renderlo conosciuto, riconoscibile e di trasformare tale riconoscibilità in vendite. Si pensi alla cartellonistica o alle pubblicità sui giornali che hanno reso grandi i pubblicitari che oggi studiamo. In quel tempo la faceva da padrone l’abilità di copywriter e di illustratori: riuscire a trasmettere il proprio messaggio al meglio era il primo grande obiettivo di questi prodotti pubblicitari. La televisione, che ha guidato il mondo pubblicitario per lunghi anni d’oro e che ancora oggi riesce a muovere grandi investimenti, ha portato il primo grande cambiamento. Il numero di copie vendute si è trasformato nello share e via via sono spuntati nuovi parametri per poter parlare dell’impatto delle azioni pubblicitarie fatte.
Con l’avvento di Internet e la nascita di Google, il concetto di pubblicità si è legato indissolubilmente a quello di misurazione e dato analitico. Google AdWords, oggi Google Ads, ha insegnato ai pubblicitari moderni a tracciare minuziosamente moltissime informazioni diverse con lo scopo di migliorare sempre la proposta pubblicitaria e la sua resa.
Sono nati e si sono sviluppati infatti innumerevoli tipologie di annunci e targeting, sempre più precisi, sempre più dettagliati e stratificati. I social network, Facebook tra tutti, hanno rivoluzionato la capacità di utilizzo dei dati sul pubblico, fornendo ai pubblicitari che si avvalgono delle piattaforme moltissimi pubblici precisamente definiti che rappresentano, nel loro insieme, pressoché tutta la popolazione.
Misurabilità, conversione, obiettivi e parole chiave definiscono la pubblicità che ci hanno insegnato Google e Facebook tra tutti, e diventano il fondamento anche per quella in Amazon. L’offerta pubblicitaria di Amazon, in tal senso, si pone in linea di continuità con i grandi venuti prima, aggiungendo però alcuni elementi che possono essere propri solo di un colosso come il marketplace di Bezos.
Per capire il perché si possa segnare un passo avanti così significativo è preferibile partire da numeri semplici e incredibilmente chiari.
Dal 2015 al 2018 Amazon ha superato Google per il numero di ricerche di prodotto. Secondo un’analisi di Jumpshot1 i due giganti del web hanno invertito la loro tendenza di sviluppo: Amazon è cresciuto dal 46% al 54%, mentre Google è sceso proporzionalmente. Questa tendenza è confermata da una ricerca di Adeptmind2 che, a maggio 2018, conferma che circa metà degli utenti Internet in US comincia le ricerche prodotto direttamente in Amazon, a differenza del terzo di utenti che parte da Google (Figura 1.1).
Figura 1.1 – Percentuale di ricerche Amazon vs Google.
“Google è stato il primo leader nelle ricerche di prodotti, in virtù della sua posizione dominante in tutti i tipi di comportamenti di ricerca”, ha dichiarato il principale analista di eMarketer3, Andrew Lipsman. “Ma con Amazon ormai profondamente radicato nelle abitudini degli utenti di Internet, quest’ultimo è divenuto la destinazione principale per le ricerche di prodotti quando gli utenti sono alla ricerca di articoli specifici. L’ampia selezione di prodotti, il checkout facile e la presenza di feedback e recensioni creano un circolo virtuoso che incoraggia una sempre maggiore ricerca di prodotti nel tempo.”
Marchi e rivenditori che si pongono l’obiettivo di trasformare le ricerche di prodotti in vendite dovrebbero farlo tenendo presente Amazon.
Una ricerca da poco pubblicata da Feedvisor4 focalizzata sul mercato americano permette di rendere, ancora meglio e sempre in forma numerica, la crescente forza di Amazon. Il campione coinvolto nella ricerca, come detto, è americano e quindi i dati sono relativi al mercato US, caratteristica che, a mio parere, rende questa ricerca ancor più utile per usarla come riferimento per il mercato europeo poiché notoriamente e da sempre il mercato statunitense, soprattutto per il mondo Amazon, fa da precursore.
Circa il 74% degli intervistati di Feedvisor ha dichiarato di andare su Amazon quando è “pronto ad acquistare” un prodotto specifico online. Sempre nell’ambito di questo sondaggio, il 54% degli intervistati ha sostenuto di avere maggiori probabilità di acquistare prodotti da Amazon rispetto ad altri siti di ecommerce. Amazon ha infatti, dalla sua, due grandi vantaggi: è una piattaforma che negli anni si è guadagnata un’ottima reputazione tra gli utenti (dopotutto parliamo dell’azienda più customer centrica del mondo5) ed è nata come una destinazione per le ricerche di prodotto. Questi due elementi fanno sì che, in relazione agli acquisti, sia effettivamente il primo sito a cui rivolgersi.
Amazon è quindi “il” luogo per gli acquisti online. Ha, per il terzo anno consecutivo, ottenuto il primo posto nella classifica di brand di maggior valore, lasciandosi alle spalle Google e Apple6.
Fare quindi pubblicità in Amazon significa interagire con milioni di utenti propensi all’acquisto proprio nel momento in cui stanno cercando un prodotto. Due dati a corredo, da poco pubblicati da Amazon stesso, sono in primis il raggiungimento dei 150 milioni di account Prime registrati nel mondo e in secundis, ma decisamente di non minor importanza, il tasso di conversione medio che si aggira intorno al 13% (da considerare che il valore medio per gli ecommerce nel 2019 è intorno all’1%).
Riprendendo altri due dati molto interessanti della ricerca di Feedvisor, è da sottolineare che il 73% dei brand fa attività pubblicitaria in Amazon, con un incremento del 57% rispetto al 2018. Le attività pubblicitarie di questi brand sono da considerarsi consistenti e mostrano la volontà di investire nel canale Amazon in ottica di crescita e non solo di presenza. Come si evince dal grafico in Figura 1.2, la spesa mensile media si concentra in una fascia tra i 40 e i 60 mila dollari.
Figura 1.2 – Spesa mensile media con Amazon Advertising.
Comprendere l’importanza dell’offerta pubblicitaria diventa quindi fondamentale per muoversi in un terreno nel quale ogni giorno la competizione aumenta. Se i dati sinora mostrati hanno permesso di inquadrare chiaramente il panorama entro cui l’inserzionista si muove, l’importanza di essere presenti per poter far emergere il proprio prodotto e colpire il proprio pubblico, ancora non è stato presentato quello che si configura come un punto di svolta fondamentale nell’attuale orizzonte digitale. Sebbene a oggi solo il 4% delle aziende stia allocando oltre il 70% del proprio budget pubblicitario esclusivamente in Amazon, si assiste a un progressivo e sempre maggiore investimento nella piattaforma pubblicitaria (Figura 1.3).
Forrester7, dati alla mano, preannuncia un sostanziale spostamento della spesa pubblicitaria da Google e Facebook ad Amazon. Tale cambiamento è e sarà conseguente alla volontà di Amazon di trasformare la sua identità, che attualmente spinge a un tipo di advertising unicamente bottom-of-the-funnel, per diventare una piattaforma da full-funnel.
Questo manifesto interesse delle aziende per l’advertising offerto da Amazon a scapito dei consolidati Google Ads o Facebook Ads trova una sua concreta spiegazione nell’esempio qui di seguito riportato, con il quale vorrei riuscire a mettere in luce quell’aspetto rivoluzionario di cui parlavo prima.
Figura 1.3 – Allocazione del budget pubblicitario tra diversi canali (Amazon, Google, social).
Due sono gli attori protagonisti di questo esempio: un utente appassionato di sport invernali, incallito sciatore, e un brand produttore di accessori per snowboard. Con le dovute generalizzazioni del caso, l’azione pubblicitaria su Google andrà a targettizzare il pubblico per interessi, al fine di raggiungere nuovi potenziali clienti interessati. Per provare a massimizzare il ritorno sull’investimento, sicuramente si potrà optare poi per strategie di retargeting, costruendo il pubblico target su coloro che avranno interagito nei social con determinati contenuti, visitato siti affini e via dicendo. Quanto elencato finora è riassumibile dicendo che saranno in target gli utenti che avranno manifestato interesse per gli sport invernali, e magari interagito con contenuti dedicati agli snowboard.
La stessa azione pubblicitaria, in Amazon, potrebbe escludere categoricamente una buona fetta del pubblico prima identificato. Gli interessi non sono per forza completamente rappresentativi del nostro stile di vita. Una parte del pubblico prima identificato, magari, si diverte guardando le incredibili evoluzioni degli snowboarder e però prenota in montagna per una settimana bianca con ai piedi i propri sci.
Come la lista della spesa rappresenta abbastanza fedelmente le abitudini alimentari di una famiglia, parimenti la lista degli acquisti Amazon rappresenta non solo i desideri, ma anche e soprattutto i desideri che sono diventati realtà. Poter targettizzare chi ha appena comprato un nuovo paio di sci per vendere l’ultimo modello di guanti sarà incredibilmente più efficace.
Questo esempio per sottolineare questo concetto: le ricerche vengono svolte su Google per i più vari motivi: ricerca, informazione, curiosità e sicuramente anche interesse all’acquisto. Gli utenti che interagiscono con gli annunci su GAds sono quindi sicuramente persone che hanno fatto ricerche relative a quanto viene pubblicizzato, ma non necessariamente hanno una vera intenzione di comprare. In Amazon invece i dati relativi alla ricerca si sommano a quelli di acquisto creando così una sorta di doppia verifica: interesse e acquisto. La rivoluzione è nascosta qui, nel dato che Google insegue attraverso Google Shopping e il tasso di conversione.
Amazon è infatti stato un early adopter dei big data, ottimizzando il suo metodo di analisi dati sin dal lontano...