
- English
- ePUB (mobile friendly)
- Available on iOS & Android
eBook - ePub
Carmine Crocco - Autobiografia
About this book
Il brigante Carmine Crocco, flagello della monarchia sabauda, durante la sua condanna all'ergastolo presso il carcere di Portoferraio si dedicò alla stesura delle sue memorie. Avrebbe potuto essere un onesto contadino timorato di Dio, con una moglie devota e figli affezionati, ma l'invasione piemontese e la caduta del Regno delle Due Sicilie serbavano per lui un destino diverso, un destino che rivive nelle pagine di questa straordinaria testimonianza.
Frequently asked questions
Yes, you can cancel anytime from the Subscription tab in your account settings on the Perlego website. Your subscription will stay active until the end of your current billing period. Learn how to cancel your subscription.
No, books cannot be downloaded as external files, such as PDFs, for use outside of Perlego. However, you can download books within the Perlego app for offline reading on mobile or tablet. Learn more here.
Perlego offers two plans: Essential and Complete
- Essential is ideal for learners and professionals who enjoy exploring a wide range of subjects. Access the Essential Library with 800,000+ trusted titles and best-sellers across business, personal growth, and the humanities. Includes unlimited reading time and Standard Read Aloud voice.
- Complete: Perfect for advanced learners and researchers needing full, unrestricted access. Unlock 1.4M+ books across hundreds of subjects, including academic and specialized titles. The Complete Plan also includes advanced features like Premium Read Aloud and Research Assistant.
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Yes! You can use the Perlego app on both iOS or Android devices to read anytime, anywhere — even offline. Perfect for commutes or when you’re on the go.
Please note we cannot support devices running on iOS 13 and Android 7 or earlier. Learn more about using the app.
Please note we cannot support devices running on iOS 13 and Android 7 or earlier. Learn more about using the app.
Yes, you can access Carmine Crocco - Autobiografia by Carmine Crocco in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Social Sciences & Social Science Biographies. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.
Information
CAPITOLO IV – GENERALE DEI BRIGANTI
Siamo al 10 agosto dell’anno 1861; mi presento a te, cortese lettore, non più come capo riconosciuto dei moti reazionari, ma bensì come generale di formidabile banda brigantesca.
Ho il cappello piumato, la mia tunica ingallonata, un morello puro sangue, sono armato sino ai denti, e quello che più conta, esercito il comando su mille e più uomini, che muovono ed agiscono ad un mio cenno.
Sul far del giorno mi avvicino verso un paesetto, nominato Ruvo del Monte, situato sul pendio di una collinetta, ombreggiata da fronzuti castani, da ubertosi vigneti. Qua e là per l'ombreggiante terreno incontro piccole ma ridenti villette e grosse masserie. Spicca da lungi una gigantesca torre, che sovrasta sul diroccato castello feudale, e palesa l'antichità del villaggio.
Ho ai miei ordini 1200 uomini e 175 cavalli; le campane della parrocchia suonano a stormo, indizio certo che gli abitanti si preparano alla difesa delle loro vite, delle loro sostanze e del loro onore. Mi fermo ad un mezzo miglio distante dalle prime case e scrivo al Sindaco ed alla Giunta la seguente lettera: «Egregio sig. Sindaco e Signori di Ruvo del Monte.
«Sono qua in presenza vostra, non per farvi male, ma bensì per pregarvi affinchè le SS. LL. Ill.me abbiano la bontà di fornirmi per oggi il foraggio per 1200 uomini e 175 cavalli, pagando lo sconto in oro sonante.
«Fatto ciò proseguirò il mio cammino; spero che Loro nobili signori esaudiranno la mia preghiera e non mi obbligheranno ricorrere alla forza. Dò un'ora di tempo per rispondere.
Sono: Carinine Donatello Crocco»
Dopo mezz'ora ricevo la seguente risposta:
«Caro Carminuccio.
«Non possiamo assolutamente accettare la fattaci richiesta; essa non solo ci compromette col R. Governo ma tocca il cuore ed il nostro amor proprio. E siccome ci troviamo ben forniti di cartucce e vogliamo provare la nostra polvere ed il nostro coraggio, così aspettiamo che ti faccia avanti coi tuoi pastorelli che noi ti faremo il piacere di ucciderli.
«Il miglior consiglio che noi ti possiamo fare è quello che tu vada via e presto, poichè fra poco verranno forze da Rionero, da San Fele e da Calitri, ti metteranno in mezzo e sarà finita per te e tuoi.
«Sindaco Biasucci»
Dopo data lettura di questa lettera ai miei compagni, così dissi loro: «Giovanotti bisogna vendicare col sangue non solo il rifiuto, ma l'insulto, di averci chiamati pastorelli; chi ha fegato mi segua».
Disposi quattro centurie sul fronte, che avanzarono furibonde sul paese, accolto da un fuoco di moschetteria ben nutrito ma poco diretto, mentre altri 200 uomini ebbero ordine di attaccare di fianco. I cavalieri lasciai a guardia sulla strada di Rionero coll'ordine di spingersi in avanti per assicurarmi in tempo da ogni arrivo di truppe; un'altra centuria la diressi sulla strada di Calitri collo stesso mandato. I rimanenti uomini agli ordini di Ninco-Nanco lasciai indietro per la riscossa.
L'attacco fu simultaneo e terribile. In eterno onore di quei valorosi cittadini caduti, posso assicurare che disputarono palmo a palmo quella loro cittadella. Perduta la prima posizione avanzata; si appostarono sulla piazza; cacciati anche di là, presero posizione sul largo della chiesa e dopo aver sparato tutte le cartucce ingaggiarono una lotta corpo a corpo coi miei. Sopraffatti dal numero, tentarono ridursi alla torre, e trovata chiusa la via, si disposero a morire, quando le donne si buttarono piangenti tra i combattenti implorando pietà e grazia pei loro padri e pei loro mariti e figli. Sulla torre sventolò bandiera bianca, così la lotta finì, ma le vie erano seminate di cadaveri ed i miei si davano al saccheggio.
L'autorità municipale sedeva in permanenza, onde, quando entrai nel palazzo del comune, trovai i consiglieri al loro posto.
Ordinai mi fossero consegnati il ruolo della guardia nazionale, i fucili e le munizioni dei militi, cassa del comune e quella della fondiaria.
Mi si rispose che facessi terminare le stragi e l'incendio, e sarei esaudito. Così fu fatto.
Ricordando quella famosa giornata io mi domando ancora dove quei poveri cittadini avevano potuto apprendere l'arte della guerra, da esplicare tanta resistenza e tener fronte, in numero di circa 300, per diverse ore a 1000 e più uomini giovani, sitibondi di piaceri e di bottino.
Quei prodi non avevano preso parte mai nè a piccole nè a grosse manovre, anzi la ferocia del governo borbonico proibiva loro di portar il fucile, e per aver il porto d'armi bisognava pagare 5 scudi.
Oh, perchè il Borbone non seppe utilizzare tanto valore e tanto eroismo così spontaneo, nei figli di questa forte regione, cosicchè il potente esercito borbonico fu messo in fuga da un pugno di giovanotti e questi furono chiamati eroi, e vili quelli? La verità di quelle facili vittorie, la causa delle fughe, il facile sbandarsi... e chi nol sa!
Bisognava vedere un quartiere militare borbonico che cosa era; ed io lo vidi e lo conobbi. Ho visto quante infamie si commettevano, e la frusta, il bastone e le fucilazioni sommarie, e le punizioni tremende, di guisachè in noi soldati prevaleva il concetto: «Questo regno è tuo e de' tuoi sbirri, difendili da te e con i tuoi, non io morirò per la gloria tua e per conservare sul tuo capo la corona».
Ma qualcuno mi dirà, e con ragione, come mai tu che conoscevi le infamie del Borbone, dopo la caduta di questi, ti sei rimescolato nel fango ed hai messo tu ed i tuoi compagni alla mercè d'una causa, che aveva destato in te tanto orrore.
Non si parli di me, io allora mi ero già macchiato le mani di sangue, la mia persona era cercata, lottavo per vivere, ero il serpente ricordato dalla povera mia madre, morta pazza nel manicomio di Aversa.
Torniamo a Ruvo. Sul cader della sera lasciai nel pianto quel villaggio e feci la ritirata sulle colline delle Frunti a un miglio appena dai primi fabbricati. La notte da tutti i paesi limitrofi mi giunsero corrieri, coi quali mi si faceva conoscere lo scoraggiamento dei paesi o la partenza di dispacci per riunire forze contro di me, onde ne dedussi, che nel dì seguente non sarei stato disturbato. Fatto giorno organizzai una nuova compagnia di reclute che armai coi magnifici fucili di Ruvo; portai la cavalleria al numero di 190 coi 15 cavalli tolti ai Ruvesi; verso mezzogiorno venne il capo-banda Agostino Sacchitello con 162 uomini e 60 cavalli, tutti armati di splendidi fucili e di numerosi munizioni, cosicchè tutti uniti raggiungemmo la forza di 1541 uomini e 256 cavalli, i migliori delle Puglie.
Sul cadere del giornio 11 mi fu riferito che l'autorità governativa non se ne stava con le mani alla cintola. Il comando della forza era in Rionero, ove s'erano riuniti drappelli numerosi di vari distaccamenti. Se ben mi ricordo, vi era un battaglione di bersaglieri, uno del 62° fanteria, tre battaglioni di guardie mobili, due compagnie del 32° fanteria e molta guardia nazionale.
Il comando aveva deciso attaccarmi vigorosamente nella mia posizione tentando l'accerchiamento. Sapevano ch'io ero ferito, ma non pensavano che la tigre ferita fa tremare il cacciatore.
Sicuro di non essere molestato, verso il meriggio calai su Ruvo ove mi feci medicare la ferita, e verso sera colla fanfara in testa presa la via che conduce al fiume Ofanto, nella direzione di Calitri. Ognuno credeva che io mi avanzassi per occupare Calitri, invece a notte avanzata, cambiai inaspettatamente direzione e dopo tre ore di contromarcia mi fermai in una posizione che mi parve assai forte.
Questa posizione era costituita da una massa boscosa riparata di fronte e, lateralmente a destra, dalle ripide sponde di un torrente detto Vomina, mentre a tergo ed a sinistra si trovava una pianura estesa, che permetteva alla cavalleria di manovrare.
In questa posizione decisi aspettare le truppe, pronto a morire anzichè abbandonarla.
Allo spuntare del giorno successivo la truppa giunse a Ruvo, e, avuto notizie della mia partenza e della direzione presa, si pose all'inseguimento, sicura di sorprendermi nei boschi di Castiglione oppure in quelli di Monticchio.
Le mie spie, dopo accompagnate le truppe fino all'Ofanto, mi informarono che queste avevano riposato nella località Scona, da me lontana otto miglia di pessima via.
Per meglio raffozzarmi nella posizione presa, pensai far costruir una palafitta, di circa 400 metri di fronte, a forma di mezza luna. Spiegato sommariamente ai miei uomini lo scopo della difesa, ne ordinai la costruzione ed in un attimo duecento scuri cominciarono a tagliare arboscelli, così che in poche ore io avevo fatto costruire un forte riparo pei tiratori, i quali rimanevano coperti di fronte alle nude praterie presso cui passava la strada carrozzabile che da Melfi conduce a Napoli.
Verso le due del mezzogiorno, il Sottoprefetto Decio Lordi di Muro Lucano, avuto il cambio, lasciava la città di Melfi per prendere la sottoprefettura di Eboli. Scortato da una compagnia di guardia mobile e da una dozzina di gendarmi montati, se ne veniva a cavallo per la carrozzabile, quand'io informato del passaggio, lo feci assalire da' miei cavalieri.
Sorpresi da una brillante carica, i militari della guardia dovettero cedere le anni senza poter combattere, mentre il fortunato Decio si salvò a stento con due gendarmi, mercè la velocità della sua cavalcatura. In quel conflitto caddero morti tre militi e sei furono feriti.
Comandava la scorta un giovane luogotenente di San Fele e fu mercè sua se la guardia nazionale superstite, in mezzo a tanto desiderio, nei miei, di uccidere, potè tornar sana e salva in paese. Il padre di quel luogotenente aveva altra volta beneficiato mio padre, onde salvai la vita a lui ed a' suoi.
Prima che si accomiatasse pregai l'ufficiale di riverirmi il comandante piemontese posto alle mie calcagna, e di avvertirlo che lo avrei atteso alla macchia di Toppacivita, di dove non mi sarei mosso per un po' di tempo.
Ritornato in paese l'ufficiale narrò l'avventura occorsale poichè subito dopo ricevetti una lettera, concepita presso a poco in questi termini:
Rionero in Vulture, 13 agosto 1861
«Sig. Carmine Donatelli Crocco.
«Rendo grazie della libertà accordata ai miei dipendenti caduti nelle vostre mani. Una seconda volta nell’interesse del paese, di tante famiglie e nell'interesse vostro, io vi invito a deporre le armi e vi assicuro che non sarete fucilati e la causa vostra sarà rimessa alla clemenza sovrana. Dimani non verremo pel lasciarvi te...
Table of contents
- CAPITOLO I - L’INFANZIA
- CAPITOLO II - IL PRIMO DELITTO
- CAPITOLO III - BRIGANTE POLITICO
- CAPITOLO IV – GENERALE DEI BRIGANTI
- CAPITOLO V – CON BORJÈS
- CAPITOLO VI – ATTACCHI ISOLATI
- CAPITOLO VII – LA FUGA E LA PRIGIONIA
- CAPITOLO VIII – CONCLUSIONE