Cesare Lombroso e la scoperta dell'uomo delinquente
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Pierluigi Baima Bollone

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Padre dell'antropologia criminale e pioniere degli studi sulla criminologiaFondatore della polizia scientificaCreatore della tipologia del moderno istituto di medicina legaleLe sue teorie psichiatriche furono talmente apprezzate che ritardarono la penetrazione del freudismo in Italia; Freud stesso conosceva e apprezzava molti aspetti delle sue teorieLe sue tecniche di identificazione preventiva del delinquente sono state utilizzate dalle polizie di tutto il mondoCesare Lombroso e la scoperta dell'uomo delinquente delinea, a un secolo dalla scomparsa dell'illustre personaggio avvenuta nel 1909, le tappe che lo portarono a formulare la teoria dell'atavismo. Secondo questa concezione, alterazioni dello sviluppo cerebrale provocano la nascita di soggetti in cui riemergono, caratteri psicofisici ancestrali e soprattutto la spinta alla violenza del selvaggio che ne fa il delinquente.Il percorso di Lombroso parte dall'attività storico-letteraria giovanile che gli consente di impadronirsi della cultura classica. Studente in Medicina a Pavia, a Padova e infine a Vienna dove gli insegnamenti degli organicisti tedeschi contribuiranno a formare in lui un indirizzo positivista. Ufficiale medico, primario di Psichiatria a Pesaro, professore di Malattie mentali a Pavia e infine di Medicina legale a Torino. Qui diventerà anche titolare di Psichiatria e infine di Antropologia criminale, unica cattedra della materia in Italia.L'Uomo delinquente, pubblicato nel 1876, è l'opera più nota. Cesare Lombroso sostiene che il fattore inibente l'armonico sviluppo encefalico sia l'epilessia. Nelle successive edizioni ampliate dell' Uomo delinquente Lombroso, riconobbe che, oltre all'atavismo, altre cause potessero innescare la criminogenesi.Altre tematiche furono affrontate dal Maestro: l'Uomo bianco e l'Uomo di colore, le statistiche sanitarie e il Genio, il cretinismo, la pellagra, il sonno, l'influenza dei fattori meteorologici sulla criminalità, l'ipnotismo, lo spiritismo, il laboratorio di polizia scientifica e altri argomenti minori.Cesare Lombroso resta un colosso della scienza italiana conosciuto nel mondo intero.

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NELLA SANITÀ MILITARE, INSEGNANTE A PAVIA, PRIMARIO A PESARO E PROFESSORE A TORINO
Dopo la laurea in Medicina, conseguita il 3 marzo 1858 nell’ateneo ticinese, Lombroso lascia Pavia e rientra a casa a Verona, da dove compie frequenti puntate in Lombardia, indispensabili per poter concludere le ricerche sul cretinismo che abbiamo visto al cap. 2.
L’atmosfera nella città scaligera, controllata da un regime poliziesco capillare, è opprimente.
La politica di Cavour tesa allo scontro con l’Austria è palese. Si percepiscono venti di guerra ed anzi l’inizio delle ostilità appare ormai prossimo se l’esercito sardo-piemontese arruola volontari provenienti da tutta Italia.
Nella primavera del 1859 Lombroso si reca a Milano, nel frattempo occupata dai franco-piemontesi, ove presenta domanda di ammissione nel servizio sanitario militare dell’esercito sardo-piemontese. Questo Corpo è stato riorganizzato nel 1855. Si è fatto onore nella guerra di Crimea del 1855 e si segnalerà per efficienza e abnegazione nelle campagne risorgimentali. Nell’imminenza delle ostilità e durante il conflitto vengono aggregati i medici degli altri eserciti pre-unitari, smembrati dalla progressiva unificazione nazionale, e sono arruolati anche i neolaureati di regioni non ancora annesse al regno, come è per Lombroso1.
Il 15 maggio 1859 Cesare spedisce questa lettera all’amico Ettore Righi:
«Ti scrivo poche righe in fretta come me lo permette la torpidezza aggravata dalla recente convalescenza e dalle tristi notizie nostre. Sento con piacere che tu stai bene e desidero notizie lunghe di quella tua figlia e nostra madre comune, il cui nome ora mi pare quasi un aroma (perché le era stato dato il nome di Italia Libera). Saluta i miei amici, offri i miei omaggi alla tua gentil signora. Vorrei dirti arrivederci, ma temo dirti una bugia»2.
Il 21 maggio viene ammesso nel Corpo Sanitario Militare ed è assegnato all’Ospedale Divisionale di Torino. Il 27 maggio è nominato medico aggiunto per il solo tempo di guerra. Il 28 giugno è trasferito all’Ospedale Militare di Milano. Poiché gli ufficiali medici devono essere laureati in Medicina e Chirurgia ed egli lo è soltanto in Medicina, perché tale è il titolo del diploma conseguito a Pavia, si deve laureare anche in Chirurgia, il che avviene a Genova il 19 luglio 19593.
Con la divisa da ufficiale medico, Lombroso incontra una realtà ben diversa e più drammatica di quella sino ad allora offertagli dalla vita civile. Si trova a combattere epidemie di tifo e di colera e deve, soprattutto, occuparsi di un grandissimo numero di lesioni traumatiche belliche, con le relative conseguenze infettive.
Sul campo del conflitto del 1859 si trova, come tutti i medici militari, a trattare lesioni da scoppio, da proiettile e da arma bianca, ad amputare, a combattere le infezioni e le altre «malattie d’ospedale» che seguono a interventi eseguiti in condizioni spesso disperate, in condizioni igieniche spaventose, senza farmaci, né materiali puliti utilizzando come consuetudine gli stracci strappati e sfilacciati, le «filacce» appunto, per la compressione diretta delle ferite.
Lombroso, che per questa sua tecnica può essere considerato un vero e proprio precursore dell’antisepsi in Italia, elimina le filacce e cura le ferite con impacchi di alcol, ottenendo grandi successi.
La seconda guerra di indipendenza è breve ma gli scontri sono vivaci e, soprattutto, cruenti. Lombroso presta la propria opera con impegno e scrupolo senza risparmiarsi. Alla fine della campagna ha conquistato due medaglie al valor militare. Gli alti gradi dell’esercito notano questo giovane ufficiale così impegnato e lo promuovono medico di battaglione di seconda classe. Vorrebbe congedarsi ma gli chiedono di rimanere in servizio. Lombroso cede, anche perché è persuaso, come d’altronde tutti, che la guerra riprenderà assai presto e che la pace di Villafranca sia semplicemente un armistizio. D’altronde Lombroso è tutt’altro che inadatto alla carriera militare, sia per la resistenza alla fatica e ai disagi sia per il carattere introverso.
La vita militare è una preziosa e insostituibile miniera di osservazioni, in primo luogo antropologiche. In un’epoca in cui i caratteri etnici delle diverse regioni sono ancora ben definiti, Lombroso acquisisce una grande esperienza in merito alle caratteristiche fisiche regionali e si crea la base di future ricerche e pubblicazioni di natura psichiatrica e psicologica. La figlia biografa Gina riferisce che diventa noto per giudizi e previsioni antropologiche «che presto gli formarono una misteriosa fama di mago, restatagli anche in seguito: celebre rimase fra i commilitoni la predizione a Francesco Siacci. Stava Lombroso cercando un Romano, fu in tale qualità che si presentò a lui il futuro gran matematico allora giovane ufficiale. Come il Lombroso lo guardò, «è la più bella testa che io abbia visto» esclamò, e gli predisse che sarebbe diventato un grand’uomo il che in effetti ben presto avviene.
Se corrisponde alla realtà dei fatti l’episodio ricorda quello precedente del freniatra F. J. Gall, che nei primi anni dell’Ottocento, visitato un minore in un carcere britannico, gli predice la carriera criminale che effettivamente questi percorrerà4.
In questo periodo compie osservazioni davvero singolari:
«Pochi mesi or sono io passava a Casale con altri pensieri pel capo che non di mattie letterarie ma non potei fare a meno di raccogliere un opuscolo che faceva strano contrasto in mezzo alla ambulanza e alle minacciose batterie di guerra. Portava questi titolo: A.S.M. Napoleone II vero proteggitore degli oppressi un piemontese che da più anni gemeva vittima dell’oppressore. Indovinate di chi è vittima costui? Dell’Accademia di Torino a cui ha presentato le sue scoperte sulla quadratura del circolo!»5.
Alla fine delle ostilità Lombroso è trasferito a Genova, sede del 3° reggimento di fanteria della Brigata Piemonte cui appartiene. Qui condensa nel libro Sulle ferita d’arma da fuoco le proprie esperienze sul campo. Segnala che negli Ospedali Militari è meglio assumere un atteggiamento di attesa piuttosto che operare subito le ferite settiche; che tuttavia l’intervento riesce meglio se eseguito subito sotto la tenda, piuttosto che in un secondo tempo negli ospedali da campo; che la reazione dei soldati al trattamento è assai diversa a seconda della loro razza e della loro regione.
Queste le conlusioni: «Si deve in genere amputare nelle prime 24 ore; conservare, passate queste, il più possibile. Nei casi singoli si devono applicare i singoli metodi (conservazione, amputazione, disarticolazione, resezione) senza esclusione di nessuno». A questa affermazione fa seguire le direttive di intervento per i vari segmenti dalla spalla e dall’anca, alle dita di mano e di piede e con grande prudenza aggiunge: «In questa breve esposizione in cui cercai di attenermi ai dati fornitici dalla statistica, ma più ancora a quelli dell’esperienza e dal buon senso, si avrà avuto campo ad osservare: che ciascuno dei metodi accennati, niuno escluso, può avere il suo campo d’utilità e d’applicazione nei singoli casi».
Il testo è pubblicato nel Giornale di Medicina Militare che ne stampa anche un estratto. L’opera è apprezzata dalle gerarchie militari e l’8 settembre 1861 Lombroso si vede nuovamente promosso medico di battaglione di prima classe, che equivale a tenente. Intanto il lavoro è presentato al premio Riberi dell’Accademia di Medicina di Torino e Lombroso lo vince.
Nello scritto Frammenti medico-psicologici6 sono raccolti casi pratici, rilievi e pensieri di questo periodo, soprattutto di ordine psicologico, sul sonno e sui sogni.
Scrive che:
«L’idea è una piccola immagine, una miniaturetta dell’oggetto che ne destò la sensazione. Ma quando siamo svegli, essa è così impallidita questa immagine, dalla viva serie dei fenomeni sensori, che l’un l’altro si seguono, si accavallano, che non ci accorgiamo abbastanza chiaramente della sua natura. Ma appena tacciono i fenomeni sensori più importanti, la vista e l’udito, come succede nel sonno o nell’astrazione, o nella pazzia, allora s’incarna l’idea veramente, e ne appare tale e quale è, un’immagine».
Lombroso rileva in particolare l’estrema rapidità delle esperienze oniriche rispetto al normale fluire del tempo nella realtà, come scrive nel seguente pezzo, chiaramente connesso alle esperienze di guerra:
«Dormiva una sera… il gentile giovinetto ed amico mio Viaroli. – Io mi trovava nella stanza con un compagno e lo toccai sul margine dei denti e fra le labbra semichiuse col dorso d’un porta-monete d’acciaio. – Si riscosse egli con aria di subito spavento, e da noi interrogato, raccontò che ei sognava, che un soldato (austriaco, s’intende) s’affisse con ghigno sprezzante sul fratello suo: – questi adontatosene lo provocava; il bravaccio tirava fuori una sua larga bajonetta, e ne sfiorava a sghembo le labbra e i denti del poverino. Egli a quella vista inorridito e fremente accorreva a salvarlo, ed in quella si svegliò. – Tutta questa sequela di idee, e noi ne fummo testimoni, si successe in quel solo brevissimo tratto di tempo che corse dal tocco alla percezione di quell’oggetto d’acciaio».
Il desiderio e i tentativi, in realtà piuttosto tiepidi, di abbandonare l’esercito sono principalmente motivati dal fatto che la vita militare tiene il giovane ufficiale distante dalla ricerca scientifica e dalla carriera accademica nell’Università. Alcuni conoscenti e amici, in particolare quelli che hanno evitato di indossare la divisa, hanno intanto bruciato le tappe e sono diventati professori universitari di ruolo.
Il pensiero corre soprattutto all’amico Paolo Mantegazza, di soli quattro anni più anziano di lui, che dopo aver fatto una esperienza medica e antropologica in Argentina, nel 1859 vince la cattedra di Patologia generale di Pavia.
Negli ultimi mesi del 1860 Lombroso decide di uscire allo scoperto. Scrive a Massarani, presidente della Società di Scienze e Lettere di Milano, proponendo di tenere delle conferenze su uno di questi temi: «Il delitto e il genio studiato in un manicomio», «Sulle molteplicità delle razze umane e sulle razze Italiche».
Il primo tema è suggerito dall’esperienza iniziata a Vienna e maturata negli anni successivi; gli argomenti delle razze sono legati alle nozioni che ha acquisito e che continua ad accumulare come medico dell’esercito. Massarani diplomaticamente nicchia e finisce per rispondere affermativamente ma in ritardo e in termini sostanzialmente evasivi, rinviando le conferenze a epoca da stabilirsi. Lombroso si vede costretto a rivolgersi a Bartolomeo Panizza perché intervenga presso Massarani in maniera da fissare un’epoca precisa.
Panizza, l’abbiamo visto, all’epoca è rettore dell’Università di Pavia e risponde a Lombroso con una proposta ben diversa. Gli offre di tenere, nell’anno accademico 1862-63, un corso libero di psichiatria nell’ateneo, dove non esiste l’insegnamento ufficiale della materia. Lombroso comprende che si può trattare dell’inizio della carriera universitaria, non lascia perdere l’occasione e accetta.
Intanto viene trasferito col suo battaglione per tre mesi in Calabria, a partecipare alla repressione contro il banditismo. Ha l’opportunità di ampliare le proprie conoscenze e gli studi antropologici, di procedere a osservazioni sulla natura e i caratteri delle popolazioni calabresi, sui loro linguaggi e sul folklore. Viene soprattutto colpito dalla spaventosa situazione igienica della regione. Presa coscienza del pericolo che questa rappresenta, con grande coerenza esamina molti villaggi, affronta il problema delle cure più opportune e prende posizione in due lavori che compaiono nel 1862 rispettivamente sulla rivista Igea e su Il Giornale di Medicina Militare.
Ne primi mesi del 1863 il battaglione viene fatto rientrare a Genova e Lombroso riprende a coltivare i suoi interessi scientifici. Approfitta della presenza nella città ligure di Giulio Gaiter, oculista veronese in esilio, esperto omeopata, per interessarsi di questa disciplina. Curiosamente Gaiter è originario di Caprino, lo stesso paese del precettore Giulio Sandri.
I suoi interessi sono polarizzati alla psichiatria. La disciplina, gemmata dalla freniatria, ha ancora contorni imprecisi, le malattie mentali sono mal definite, mancano le basi diagnostiche e non vi sono precise direttive terapeutiche. A quell’epoca Lombroso si è già formato un’idea ben chiara di quella che definisce «nuova psichiatria esperimentale»: quella che si giova del compasso, della bilancia, del crogiuolo e del microscopio, rivelando nei visceri dell’alienato, profonde alterazioni di tessuto, e anomalie nelle sue secrezioni e del peso del corpo, determinando sotto quali condizioni barometriche e termometriche ne succedano le recidive, i parossismi e le guarigioni; e aprendosi così una nuova strada per curare quelle terribili malattie, che bene potevano credersi inattaccabili da mezzi materiali, poiché si credevano che immateriali fosero le alterazioni d’onde provenivano»7. Ritiene che i farmaci e le altre strategie terapeutiche utilizzate siano grossolane, spesso pericolose e se quasi sempre inefficaci «inutili affatto poi nelle malattie mentali, nelle quali i pazienti presentano la quasi totale indifferenza alle dosi più alte, anche mortali, delle droghe ordinarie»8.
Il 20 aprile 1863 Lombroso riesce a farsi trasferire all’Ospedale Militare Divisionario di Pavia, che gli può offrire la base logistica per iniziare il corso di psichiatria di cui ha ricevuto l’incarico. Tuttavia l’ingresso nel mondo accademico non è facile, i professori della facoltà medica pavese contestano che non è consentito tenere un corso senza malati, ma la difficoltà viene superata grazie alla generosa concessione di un piccolo reparto da parte del dott. Giovanni Zanini (1822-1869), direttore e amministratore dell’Ospedale di Pavia al quale dedica tutte le energie. Alla fine del 1863 Lombroso deve però ritornare a Genova al suo battaglione; chiede dunque e ottiene un anno di aspettativa. Al termine, è nuovamente destinato all’Ospedale Divisionario di Pavia. Nel 1864-65 Zanini è temporaneamente incaricato dell’insegnamento della Medicina legale ma al momento decisivo del concorso gli viene preferito Giovanni Gandolfi (1806-1875)9. Alla fine di quell’ anno accademico 1864-65 Lombroso è costretto a rientrare definitivamente al proprio battaglione, sempre di stanza a Genova.
Intanto, proprio allora, giunge il momento della scelta: rimanere definitivamente nelle file dell’esercito e seguire la carriera militare, oppure riprendere i corsi a Pavia. La contemporanea gestione del servizio nell’esercito e di quello universitario è formalmente incompatibile e ...

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