Rapporto della BEI sugli investimenti 2020/2021 - Risultati principali
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Rapporto della BEI sugli investimenti 2020/2021 - Risultati principali

"Per un'Europa smart e green ai tempi del coronavirus"

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Rapporto della BEI sugli investimenti 2020/2021 - Risultati principali

"Per un'Europa smart e green ai tempi del coronavirus"

About this book

L'enorme sforzo di ricostruzione post pandemia dell'Unione europea rappresenta un'opportunità unica per trasformare l'economia del continente in senso verde e digitale, sostanzialmente anche al fine di renderla più competitiva. Il Rapporto sugli investimenti 2020-2021 esamina il tributo che le imprese europee hanno dovuto pagare in termini di investimenti e piani per il futuro a seguito della pandemia di coronavirus nonché gli sforzi profusi dagli imprenditori per far fronte alle esigenze dettate dai cambiamenti climatici e dalla rivoluzione digitale. L'analisi del Rapporto è fondata su una combinazione unica di informazioni derivanti da diverse banche dati e dai risultati di un'indagine condotta nell'estate del 2020, quindi in piena crisi COVID, su 12 500 imprese. Oltre a fornire un'istantanea del pesante tributo pagato alla pandemia da alcune forme di investimento, il Rapporto offre un segnale di speranza mettendo in luce le aree economiche in cui l'Europa ha mantenuto la propria posizione di forza, ad esempio il settore delle tecnologie che combinano innovazione verde e digitale.La pubblicazione "Risultati principali" rappresenta una sintesi di facile consultazione del contenuto del Rapporto integrale.

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Information

Investimenti nella transizione climatica

Nel 2019 gli investimenti europei nella mitigazione dei cambiamenti climatici hanno evidenziato un progressivo aumento. Nell’UE a 27 tali investimenti sono aumentati del 2,7% rispetto all’anno precedente raggiungendo i 175 miliardi di euro. L’incremento più consistente si è registrato nella produzione di energie rinnovabili, mentre gli investimenti nell’efficienza energetica sono sostanzialmente fermi.
Gli investimenti europei nella mitigazione dei cambiamenti climatici si situano ben al di sotto di quelli della Cina ma ad un livello comunque superiore rispetto a quello degli Stati Uniti; va tuttavia rilevato che i singoli contesti sono molto diversi l’uno dall’altro. Infatti la Cina ha sì investito il 2,7% del prodotto interno lordo (PIL) in progetti riguardanti i cambiamenti climatici, quindi più dell’Unione europea con l’1,3% e degli Stati Uniti con lo 0,8%, ma la riduzione delle emissioni per unità di PIL dell’UE è di gran lunga più avanzata. In altre parole, l’Europa ha già conseguito gran parte delle riduzioni «a portata di mano» e adesso deve invece concentrare i propri sforzi in misura crescente sulle emissioni più difficili da ridurre.
Investimenti nella mitigazione dei cambiamenti climatici nell’UE - Ripartizione per settore (a sinistra: miliardi di €; a destra: % del PIL)
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Fonte: Agenzia internazionale per l’energia (AIE), Bloomberg New Energy Finance (BNEF) e stime della BEI.
ll divario tra gli obiettivi climatici dell’Europa e gli investimenti realizzati in tale ambito si sta ampliando. Gli investimenti nella mitigazione dei cambiamenti climatici evidenziano un calo marginale in rapporto al PIL e agli investimenti complessivi fin dal 2016, e la tendenza sarà probabilmente confermata per il 2021. Secondo l’ultima valutazione di impatto della Commissione, gli investimenti nel sistema energetico del continente, che per l’ultimo decennio sono stati mediamente pari all’1,3% del PIL su base annua, dovrebbero passare al 2,8% del PIL nei prossimi dieci anni se l’Unione europea intende raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. Aggiungendo gli investimenti nei trasporti il totale per il prossimo decennio sale al 3,7% del PIL su base annua. Gli investimenti europei nella mitigazione dei cambiamenti climatici sono tuttora insufficienti.
Nei prossimi dieci anni l’attenzione dovrà spostarsi dagli investimenti dei produttori a quelli dei consumatori di energia, incluse le imprese, le famiglie e le amministrazioni comunali. Una percentuale compresa tra il 65% e il 75% degli investimenti aggiuntivi necessari nel prossimo decennio dovrebbe essere dedicata a un migliore isolamento degli edifici, alla modernizzazione dei processi industriali, all’acquisto di attrezzature più efficienti e alle spese nelle nuove tecnologie di trasporto.
Spese annuali per investimenti in campo energetico (livelli storici 2011-2020) e stima degli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi strategici per il 2030 (a sinistra: miliardi di €; a destra: % del PIL)
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Fonte: Commissione europea, 2020.
L’Indagine della BEI sugli investimenti (EIBIS) offre una panoramica delle spese per investimenti affrontate dagli imprenditori europei in relazione al clima.
• Contro una corrispondente percentuale degli Stati Uniti pari al 14%, il 23% delle imprese europee afferma che i cambiamenti climatici e i fenomeni meteorologici che ne derivano hanno già manifestato un impatto rilevante sulle rispettive attività. Un ulteriore 35% delle imprese europee dichiara che gli effetti dei cambiamenti climatici, seppur presenti, sono secondari.
• Sono poco più della metà le imprese dell’UE secondo cui la transizione verso un’economia a zero emissioni nette non avrà alcuna ripercussione sulle rispettive attività nei prossimi cinque anni; quelle che invece si attendono ripercussioni vedono la transizione come un’opportunità. In particolare ritengono che possa stimolare la domanda e avere effetti positivi sulla reputazione. Le imprese tendono tuttavia a prevedere un impatto negativo sulla catena di approvvigionamento e, nei settori ad alta intensità energetica, prevale una più generale visione negativa dei possibili effetti.
• Le imprese dell’UE che hanno investito in misure di mitigazione dei cambiamenti climatici o di adattamento agli stessi sono il 45% (contro il 32% degli Stati Uniti), ma la percentuale scende se si guarda agli imprenditori che intendono effettuare simili investimenti nei prossimi tre anni. Il dato sugli investimenti varia dal 50% dell’Europa occidentale e settentrionale al 32% dell’Europa centrale e orientale. La percentuale di imprese europee che intendono investire in misure legate al clima nei prossimi tre anni è invece leggermente più bassa (40%). Una maggioranza di imprese europee pari al 75% afferma che l’incertezza sul contesto normativo e fiscale costituisce un ostacolo agli investimenti in ambito climatico.
• La percentuale di imprese dell’UE che dichiarano di aver effettuato investimenti in misure di efficienza energetica è salita al 47%, con un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2019. La quota media di investimenti dedicati all’efficienza energetica è aumentata passando dal 10% al 12%; le imprese maggiormente propense a investire in questo ambito sono quelle manifatturiere e di grandi dimensioni.
Percentuale di imprese che dichiarano di aver già subito gli effetti dei cosiddetti «rischi fisici» legati ai cambiamenti climatici e di aver realizzato appositi investimenti per contrastare i rischi determinati da tali cambiamenti
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Fonte: EIBIS 2020.
Se da un lato oltre metà dei comuni ha incrementato gli investimenti nella mitigazione dei cambiamenti climatici negli ultimi tre anni, dall’altro i due terzi ritengono tuttora inadeguati i livelli di investimento. L’edizione 2020 dell’Indagine della BEI sui comuni rivela che il 56% delle amministrazioni comunali ha incrementato gli investimenti nel clima, ma che il 66% delle stesse ritiene inadeguate le spese effettuate negli ultimi tre anni. Per quanto riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici, i comuni che hanno incrementato gli investimenti sono il 44%, mentre quelli che ritengono la spesa tuttora inadeguata sono il 70%. In base a tali dati è lecito pensare che gli investimenti nell’adattamento ai cambiamenti climatici possano rivestire un carattere di maggiore urgenza in futuro.

Investimenti nella trasformazione digitale

La prosperità dell’Europa negli anni a venire dipenderà dalla sua capacità di guidare la prossima rivoluzione industriale: la digitalizzazione. La svolta digitale ha già portato alla trasformazione dell’industria, dei processi di produzione, degli stili di vita e dei modi di lavorare, ma in molti casi il cambiamento è solo agli inizi. Come per le precedenti ondate tecnologiche, porsi alla guida del processo fin dalle prime fasi può rivelarsi un’arma fondamentale per assicurarsi una competitività duratura. Tuttavia, poiché nel campo dell’innovazione e della tecnologia gli scenari globali cambiano rapidamente, in termini di digitalizzazione l’Europa rischia di rimanere intrappolata nel proprio ruolo di eterna inseguitrice.
Gli effetti della digitalizzazione finora emersi sono in gran parte positivi. Le ondate tecnologiche portano con sé, fin dalla prima rivoluzione industriale, un radicale cambiamento del modo di lavorare, del luogo di lavoro e delle competenze necessarie. La digitalizzazione ha già portato a uno spostamento dell’asse verso l’occupazione altamente qualificata, con una tendenza alla concentrazione dei posti di lavoro nelle aree urbane maggiormente sviluppate, soprattutto alla periferia delle capitali. Un’interessante riprova di tale constatazione è offerta dall’Indagine EIBIS. Le imprese che hanno introdotto tecnologie digitali tendono ad evidenziare una produttività e un’innovatività maggiori nonché una più spiccata propensione all’esportazione. Inoltre esse creano più posti di lavoro rispetto alle imprese non digitali e con retribuzioni mediamente più alte. La digitalizzazione ha esercitato una funzione stabilizzatrice assolutamente rilevante durante la crisi provocata dall’epidemia di COVID-19.
Tuttavia le imprese e le aree rimaste indietro dovranno superare un processo di riadattamento che non sarà indolore. Si profila una tendenza alla polarizzazione economica e geografica in cui alla leadership digitale di determinate imprese e macroaree si contrappone la lentezza dei progressi di altre. Negli ultimi anni l’aumento dell’occupazione è in gran parte riconducibile ai posti di lavoro altamente qualificati. Nel prossimo futuro una più rapida perdita di posti di lavoro meno qualificati (livello medio-basso) a causa dell’automazione potrebbe far aumentare notevolmente le esigenze di riqualificazione professionale.
Sono sempre più numerose le imprese dell’UE che adottano tecnologie digitali, ma il divario con gli Stati Uniti persiste. Nel 2020 la percentuale di imprese europee ancora del tutto sprovviste di nuove tecnologie digitali è stata del 37%, contro il 27% degli Stati Uniti. Il dato è incoraggiante se si tiene conto del fatto che la quota di imprese digitali nell’Unione europea è aumentata di quasi 5 punti percentuali rispetto ai livelli del 2019, ma in realtà l’aumento è stato analogo anche negli Stati Uniti. Il divario con gli USA in termini di adozione tecnologica è particolarmente evidente per quanto riguarda i settori delle costruzioni e dei servizi nonché in relazione alle tecnologie IOT (Internet delle cose).
Adozione di tecnologie digitali (% di imprese)
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Fonte: EIBIS 2019, 2020.
Le dimensioni dell’impresa e la frammentazione del marcato sembrano essere i fattori che frenano l’adozione di tecnologie digitali in Europa. Tenuto conto degli elevati costi fissi e delle difficoltà di finanziamento per l’acquisizione di attivi immateriali, gli investimenti nelle tecnologie digitali spesso risultano più agevoli per le imprese di grandi dimensioni. Il fatto che i tassi di adozione da parte delle micro e piccole imprese siano molto più bassi su entrambe le sponde dell’Atlantico ne è una dimostrazione. Le imprese europee sono però mediamente più piccole (un dato che di per sé riflette in parte il carattere di frammentazione a livello nazionale tuttora prevalente nei mercati europei, anche per quanto riguarda i servizi digitali) ed è quindi lecito pensare che anche le dimensioni aziendali influiscano negativamente sui tassi di adozione del digitale del continente.
Tassi di adozione del digitale da parte di imprese e comuni (%)
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Fonte: EIBIS 2019, 2020; Indagine della BEI sui comuni (2020).
Gli investimenti dei comuni nelle infrastrutture digitali stanno facendo passi in avanti ma non in maniera uniforme, con conseguente rischio di ulteriore polarizzazione. Negli ultimi tre anni il 70% dei comuni europei ha incrementato i propri inve...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Titolo
  3. Contenuti
  4. Introduzione
  5. Investimenti nella transizione climatica
  6. Investimenti nella trasformazione digitale
  7. Diritto d’autore