IV
Nei giorni che seguirono, Salvatore iniziò a darsi da fare.
Pensò di riprendere i rapporti con i tanti amici che si trovavano a Roma, crearne di nuovi per integrarsi meglio nella città e trovare un lavoro. Questo era l’obbiettivo principale. Così aveva accettato di buon grado l’invito di Alessandro.
«Oh Salvatore, che fai domani sera? Ci vediamo a casa mia. Preparo qualcosa e ci facciamo una bella rimpatriata con tutti gli amici del paese».
«A che ora vuoi che venga?» gli chiese Salvatore.
«Io ho detto a tutti per le otto. Ma se vuoi darmi una mano a preparare, puoi venire anche alle sei e mezzo. Così stiamo un po’ insieme».
Alessandro era un punto di riferimento per Salvatore. I due erano legati da un’amicizia sincera, resa inossidabile da un’empatia che si proiettavano l’uno verso l’altro. Avevano vissuto insieme una stagione molto intensa e viva giù al paese, che era finita quando Alessandro aveva sentito il bisogno di allargare i confini e gli orizzonti della sua esistenza. Per questo motivo se n’era andato dal paese. Lavorava qualche ora in un call center e alcune sere in un pub. Gli stimoli di una città come Roma gli davano grande vitalità e una bella forma spirituale. Alessandro era molto protettivo nei confronti dei suoi veri amici. Per questo le prime cose che disse, appena Salvatore arrivò, furono: «Qualcosa devi pur dirla in merito alla fine del rapporto tra te e il gruppo! Non tanto per te, ma per gli amici e per la tua famiglia giù al paese. Salvatò, io so tutto. Abbiamo vissuto insieme tutta l’evoluzione di questa storia e ho avuto modo di vedere, di sapere e giudicare personalmente il modo meschino con cui Michele si è comportato in questa faccenda. Ma tante persone non immaginano cosa sia successo nel gruppo».
«E allora?» rispose Salvatore «Devono saperlo per forza?»
«No, ma non è giusto che conoscano una storia falsa, in cui tu sei il meschino, il traditore, l’approfittatore o il seme della discordia, come in un’altra occasione ti hanno definito?».
«Il seme della discordia? Il traditore?» chiese Salvatore, con un sorriso che non riusciva a nascondere una grande sofferenza «E chi parla di me in questi termini?»
«Indovina?»
Salvatore sentì una pugnalata alle spalle, per la seconda volta. Provò una profonda delusione ed ebbe più che mai la certezza di aver fallito nel suo progetto.
«Credo che nella nostra terra, la gente, i ragazzi che hanno seguito i Sonamò abbiano tutto il diritto di sapere cosa ha decretato la tua uscita di scena. A loro, tu e i Sonamò dovete tanto, gli dovete almeno la verità».
Salvatore capiva perfettamente quello che Alessandro voleva dire. Il rapporto tra i Sonamò e il loro pubblico non era il classico rapporto tra cantanti e fans. Salvatore aveva saputo creare con il pubblico un rapporto di attiva condivisione non solo della musica in sé, quanto dei concetti sociali, politici e culturali. Salvatore aveva concepito il concetto di Sonamò non tanto come un gruppo o un sodalizio tra musicisti, ma come uno spazio libero al di qua ed al di là del palco.
Se il pubblico era per Salvatore una parte importante del suo progetto, se il pubblico aveva reso possibile con il suo entusiasmo e la partecipazione questo spazio libero, allora aveva almeno il diritto di conoscere cosa fosse successo. Perché Salvatore Galati, uno dei fondatori storici, usciva di scena.
In Calabria e nei circuiti in cui il gruppo si muoveva, in particolare in paese, il fatto che i Sonamò avessero deciso di continuare il viaggio scaricando Salvatore aveva destato forti ...