BREVE STORIA DELLE MAFIE IN PUGLIA
di Antonio Nicola Pezzuto18
Scorrendo lâelenco delle vittime di mafia emergono nomi e storie di uomini e donne, morti per non essersi piegati a chi voleva sopraffarli. Il tributo della Puglia è stato versato per opera di diverse organizzazioni di stampo mafioso, la cui distribuzione geografica varia a seconda delle province. A partire dal Salento, in cui è attiva la Sacra Corona Unita, soprattutto nelle province di Lecce e Brindisi; alcune propaggini lambiscono la provincia di Taranto, nella sola zona di Manduria. Salendo nel barese diversi clan mafiosi, legati a territori e quartieri, si spartiscono la gestione di traffici e affari illeciti. Infine nella Capitanata si distinguono la SocietĂ foggiana e la mafia garganica.
La Sacra Corona Unita
Genesi, struttura e distribuzione territoriale
La Sacra Corona Unita (Scu) è stata fondata da Giuseppe Rogoli â con lâaiuto di âcompari dirittiâ19 â il 1° maggio 1983 nel carcere di Bari dovâera detenuto, come risulta da unâagenda trovata in suo possesso. Originariamente questâorganizzazione criminale aveva i suoi interessi in tutta la regione ed era stata creata per arginare lâavanzata delle altre mafie sul territorio, soprattutto della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.
Il Rogoli, vicino ai boss della âNdrangheta Umberto Bellocco e Carmine Alvaro, aveva subito assunto il ruolo di leader del sodalizio criminale, dotato di leggi interne molto rigide che prevedevano dure punizioni per gli affiliati che le avessero trasgredite.
Contemporaneamente, Salvatore Rizzo, altro personaggio di spicco nel panorama criminale salentino, fondava la Famiglia Salentina Libera sempre allo scopo di âproteggereâ il territorio dallâingerenza di organizzazioni criminali provenienti da altre regioni.
La mafiositĂ di queste due consorterie criminali non venne riconosciuta subito dai giudici che le processarono. Fu cosĂŹ che pericolosi criminali ebbero modo di riorganizzarsi sul territorio mentre la Famiglia Salentina Libera fu inglobata nella piĂš forte Scu.
La svolta giudiziaria avvenne il 23 maggio 1991, nel processo âDe Tommasi + 133â20, quando la Corte dâAssise di Lecce riconobbe la Sacra Corona Unita come associazione di stampo mafioso. Negli anni che precedettero questa sentenza la Scu mostrò tutta la sua efferatezza, macchiando il Salento con il sangue di numerose vittime e rendendosi protagonista di attentati dinamitardi di inaudita gravitĂ . Solo per puro caso non accadde il peggio e si evitarono vere e proprie stragi. Furono quattro gli episodi eclatanti.
Il primo si verificò il 7 luglio 1990, poco prima delle 2.00, quando una bomba esplose allâinterno dellâedificio che ospitava la scuola media âIX nucleoâ di Lecce. I responsabili dellâattentato erano entrati nella scuola scavalcando un muro di cinta e avevano collocato lâordigno allâinterno del fabbricato. Lâesplosione causò un grosso buco nel pavimento e danneggiò gravemente gli infissi e il soffitto dellâaula. Fu subito chiaro che lâattentato era finalizzato a ostacolare i lavori di ristrutturazione della palestra della scuola, situata nella zona retrostante lâedificio e destinata a diventare la famosa aula bunker del primo maxi-processo alla Sacra Corona Unita.
Il secondo atto intimidatorio ebbe luogo la notte del 20 novembre 1991 alle 0.40. Nellâoccasione fu fatto esplodere un ordigno collocato lungo il perimetro del Palazzo di Giustizia di Lecce. Lo scoppio provocò gravi danni alle strutture portanti degli uffici giudiziari, la rottura di vetri e infissi, il danneggiamento degli impianti idrici ed elettrici nonchĂŠ di alcune autovetture di servizio che si trovavano parcheggiate nel garage dellâedificio. Anche lâadiacente Palazzo Parlangeli, sede di alcuni istituti dellâUniversitĂ di Lecce, fu coinvolto nellâeffetto detonante. Il giorno precedente, alla segreteria del consiglio dellâOrdine degli avvocati di Lecce, situata proprio allâinterno del tribunale, era arrivata una telefonata che preannunciava la presenza di una bomba, ma i controlli delle forze dellâordine non avevano sortito alcun risultato.
Dieci giorni dopo, verso le 2.00 dellâ1 dicembre 1991, fu preso di mira ancora una volta il Palazzo di Giustizia dove esplose una seconda bomba. Questa volta lâordigno era di maggiori dimensioni rispetto al primo. La deflagrazione causò lo scardinamento di unâinferriata di metallo, il danneggiamento di finestre, strutture murarie, diverse autovetture e di alcuni edifici circostanti.
Ma lâepisodio piĂš grave si verificò alle 21.04 del 5 gennaio 1992 quando fu fatta esplodere una bomba collocata sotto la rotaia sinistra del binario ferroviario che collega la stazione di Lecce a quella di Brindisi, nei pressi di Surbo, esattamente in corrispondenza di un cavalcavia che consente lâintersezione tra la strada ferrata e la statale 16.
La deflagrazione produsse un cratere di circa un metro di diametro e la rottura di quattro traversine in cemento; un pezzo di quella rotaia della lunghezza di quasi un metro fu tranciato di netto determinando una soluzione di continuitĂ nel percorso. Pochi minuti dopo, lungo quel binario, transitò il treno n. 388 â composto da un locomotore e da dodici veicoli trainati â partito da Lecce e diretto a Zurigo e Stoccarda, sul quale viaggiavano circa mille passeggeri (la gran parte emigrati che, concluso il periodo delle feste natalizie, stavano tornando nei posti di lavoro). Il treno era partito da Lecce con circa tre minuti di ritardo rispetto allâora prevista delle 21.00 e passò dal luogo dellâesplosione alle 21.08/21.10: sicchĂŠ fu facilmente intuibile che gli autori dellâattentato avevano previsto che lo scoppio potesse avvenire proprio mentre il treno stava transitando in quel posto21.
Questo è quanto scrissero i giudici nella sentenza del secondo maxi-processo. Questo è il racconto di una scena che sarebbe potuta diventare apocalittica, di una strage evitata per puro caso.
La Sacra Corona Unita, sin dalle sue origini, è stata molto attiva nei vari settori dellâeconomia criminale: traffico di sostanze stupefacenti, gioco dâazzardo, rapine, estorsioni, contrabbando rimpinguavano le casse dellâorganizzazione criminale e contribuivano al mantenimento degli affiliati detenuti.
Da quel lontano 1° maggio 1983, giorno in cui Pino Rogoli fondò la Scu, tanto tempo è passato. Lâincisiva azione della magistratura e delle forze dellâordine ha assestato duri colpi a questa organizzazione mafiosa che, negli anni, ha cambiato pelle e struttura. Nella relazione della Direzione Nazionale Antimafia datata 2015 si evidenzia la sua progressiva trasformazione
da organizzazione tendenzialmente verticistica â come era almeno nelle aspirazioni originarie dei suoi fondatori e come per qualche tempo si è mantenuta â ad organizzazione reticolare, nella quale sono frequenti, soprattutto per effetto dellâazione di contrasto efficacemente posta in essere dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e dalle Forze di Polizia operanti sul territorio, i passaggi da un gruppo ad un altro e le riorganizzazioni dei gruppi, essenzialmente finalizzate a conservare il controllo delle attivitĂ criminose sul territorio22.
Attualmente, in linea di massima, la Scu adotta una strategia di basso profilo, finalizzata a concludere affari in silenzio, senza attirare lâattenzione degli inquirenti, cercando il consenso della popolazione. I contrasti tra i vari clan vengono tendenzialmente risolti in modo incruento, sebbene alcuni recenti episodi fanno pensare che la pax mafiosa viva di equilibri precari.
Le indagini e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito di inquadrare con una certa precisione la distribuzione geografica dei gruppi appartenenti alla galassia in cui orbita la Sacra Corona Unita.
Nella città di Lecce il clan di Roberto Nisi è stato gradualmente assorbito in quello di Pasquale Briganti, detto Maurizio, attualmente dominante sul territorio leccese e nel sodalizio capeggiato dalla famiglia De Matteis.
Nelle zone a nord-ovest di Lecce, come in tutta la provincia, si registra lâevoluzione dellâoriginaria struttura unitaria della Sacra Corona Unita in una rete orizzontale di clan mafiosi riconducibili a Sergio Notaro e Gianni De Tommasi (Campi Salentina), ai fratelli Pellegrino e a Marino Manca (Squinzano), âtutti esponenti storici dellâassociazione che, con le loro azioni criminali, ne hanno caratterizzato la storia e le vicende fin dal suo nascereâ23.
Lâindagine âBaia verdeâ del 2014, che ha avuto come epicentro il territorio di Gallipoli, ha evidenziato lâascesa nel panorama criminale di Angelo Padovano, figlio del defunto boss Salvatore, che sta riorganizzando il gruppo storicamente capeggiato dalla sua famiglia.
A Matino, Parabita e nelle vicine Casarano, Taurisano, Ugento e Acquarica del Capo è attivo un gruppo criminale guidato da Tommaso Montedoro. Lâaltro leader del sodalizio, Augustino Potenza, è stato assassinato la sera del 26 ottobre 2016. Montedoro riconosce una specie di autonomia operativa al clan di Marco Giannelli, figlio di Luigi, da sempre operativo nei territori di Parabita e Matino proprio in virtĂš del ârispettoâ dovuto a un esponente âstoricoâ della Sacra Corona Unita come Luigi Giannelli.
Di rilievo gli scossoni che si sono registrati negli ultimi anni a Monteroni e nelle zone limitrofe dove è egemone il clan capeggiato da Mario Tornese e da suo fratello Angelo, storici esponenti della Scu. Lâassetto unitario di questo sodalizio sembra vacillare a causa del cambiamento dei rapporti con il gruppo dei fratelli Politi ritenuti vicini al clan Tornese. Lo dimostrano due fatti accaduti nellâestate del 2015. Ad agosto, a Leverano, territorio controllato dai Tornese, venivano affissi manifesti pubblici annuncianti âla prematura scomparsa del finanziere Davide Caraccioloâ e si sottolineava che âla comunitĂ intera rende grazie a Dio per il lieto eventoâ24. Davide Caracciolo, cognato di Mario Tornese, è ritenuto confidente della Guardia di Finanza. A distanza di pochi giorni viene incendiata la macchina di sua moglie, Antonella Caracciolo. I due episodi sono evidentemente legati tra loro e sembrano un chiaro avvertimento proveniente dal clan Tornese, a dimostrazione del graduale cambiamento in atto allâinterno della struttura del gruppo dove âun assetto a rete si va sostituendo allâoriginaria struttura verticisticaâ25.
Sin dal lontano 1998, nella provincia di Brindisi, la Sacra Corona Unita è âsaldamente strutturataâ intorno a due gruppi: la consorteria mesagnese capeggiata da Antonio Vitale, Massimo Pasimeni, Daniele Vicientino e quella tuturanese âche si rifĂ allo storico fondatore Giuseppe Rogoli, a Salvatore Buccarella e a Francesco Campana, attuale capo indiscussoâ26. In questi due sodalizi sono ormai confluiti anche quei clan che ancora usufruivano di una certa indipendenza in seno alla Scu, come il gruppo della famiglia Bruno di Torre Santa Susanna e quello dei fratelli Brandi di Brindisi, duramente colpiti da condanne irrevocabili che ne hanno compromesso lâautonomia.
Anche nella zona di Brindisi i due clan egemoni hanno deposto le armi per non suscitar...