Dinamica delle strutture e ingegneria sismica
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Dinamica delle strutture e ingegneria sismica

Principi e applicazioni

Iunio Iervolino

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Dinamica delle strutture e ingegneria sismica

Principi e applicazioni

Iunio Iervolino

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Obiettivo del manuale è quello di fornire un punto di riferimento sui fondamenti delle discipline necessarie per affrontare la progettazione e l'analisi della prestazione delle costruzioni sottoposte a sollecitazione sismica, secondo lo stato dell'arte della pratica e della ricerca internazionale.A tal fine il volume è strutturato in modo da offrire una trattazione che muova dai concetti fondamentali della meccanica dei terremoti, di particolare interesse per le applicazioni di ingegneria strutturale, e giunga alla valutazione probabilistica del rischio sismico delle costruzioni, senza tralasciare l'approfondimento dei concetti essenziali di dinamica delle strutture a masse concentrate e diffuse.Gli argomenti affrontati sono accompagnati da applicazioni, che ne mostrano i risvolti nella pratica dell'ingegneria sismica e che sono anche funzionali alla didattica della materia. Le appendici forniscono, infine, sia elementi di base per affrontare al meglio gli argomenti dei capitoli sia spunti di approfondimento su temi specifici di particolare rilevanza.Frutto della consolidata esperienza didattica e di ricerca dell'autore, il testo si rivolge non solo agli studenti universitari dei corsi di laurea di ingegneria, delle classi civile ed edile, ma anche ai professionisti che operano nell'ambito dell'ingegneria sismica.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2021
ISBN
9788836004492

1Nozioni di ingegneria sismologica

1.1Il rischio sismico: dalla singola struttura alla scala mondiale

I terremoti sono, tra gli eventi naturali, quelli che causano la maggior parte delle perdite in termini di vittime a livello mondiale, come mostrato in Fig. 1.1 (destra), relativa al ventennio 1998-2017. Per quanto riguarda le perdite in termini economici, le perdite conseguenza dei terremoti sono superate solo da quelle derivanti da tempeste (Fig. 1.1, sinistra). I terremoti provocano perdite prevalentemente attraverso gli effetti che producono sulle opere civili. Per questo la progettazione sismica è, spesso, quella determinante nell’ingegneria strutturale.
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Figura 1.1Importanza relativa dei terremoti tra gli eventi naturali nel ventennio 1998-2017 per quanto riguarda le perdite economiche in miliardi di dollari americani (sinistra) e vittime (destra) [1].
In questa sezione si definiscono qualitativamente i concetti e la terminologia alla base dello studio del rischio a cui sono esposte le opere di ingegneria civile, a causa della loro dinamica, quando sollecitate da terremoti. Prima di fare ciò è però utile ricordare che, dal punto di vista quantitativo, il rischio sismico è la probabilità1 di osservare, in un intervallo di tempo determinato, perdite (intese come una misura di conseguenze indesiderate) che eccedono un determinato valore per effetto dei terremoti sulla struttura e/o infrastruttura di interesse. Per esempio, una misura del rischio è la probabilità che, durante la vita di servizio di un certo edificio in un certo sito, i costi per i danni sismici superino i profitti attesi dovuti all’esercizio delle attività che nell’edificio hanno luogo. Più in generale, si può considerare, quale metrica del rischio, una funzione che a qualunque valore della possibile perdita associ la probabilità che essa sia superata in un dato intervallo di tempo.
Come si vedrà nel Cap. 3, è conveniente, per valutare il rischio, scomporlo in tre termini di valutazione più semplice, collegati gli uni agli altri, ma che possono essere studiati (quasi) separatamente e che richiedono competenze specifiche: la pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione. Si può dire in termini qualitativi, cioè senza ulteriori specificazioni, che dunque il rischio è funzione, f (·), di questi tre fattori:
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La pericolosità sismica, qualitativamente, è la propensione – più o meno grande – del sito in cui si trova l’opera, a essere colpito da terremoti capaci di provocare le perdite. Come tale, la pericolosità sismica si considera un fattore esogeno (cioè non controllabile2 direttamente, se non attraverso la rilocalizzazione dell’opera civile in questione). In questa logica, un sito risulta più pericoloso di un altro se, in esso, terremoti di una certa intensità (la cui definizione non è univoca e sarà approfondita nel seguito) sono osservati e/o previsti con frequenza maggiore rispetto all’altro. La valutazione della pericolosità sismica compete all’ingegneria sismologica che, a sua volta, utilizza nozioni e dati geologici e geofisici.
La vulnerabilità, d’altra parte, è la propensione – più o meno grande – dell’opera di interesse a subire danni per effetto di terremoti che occorrano al sito e che abbiano una data intensità. Un’opera civile, quindi, risulta più vulnerabile sismicamente di un’altra se, a parità di intensità del terremoto al sito in cui si trova, i danni attesi su di essa sono maggiori che sull’altra.[3] È chiaro che la valutazione e il controllo della vulnerabilità, per esempio attraverso la progettazione sismica (cioè che tenga conto delle sollecitazioni sismiche), è competenza dell’ingegneria sismica che è una delle declinazioni dell’ingegneria strutturale.
Si noti che la vulnerabilità non minaccia solo coloro i quali frequentano le strutture, ma spesso e nei paesi più industrializzati soprattutto, le attività che in esse hanno sede. Infatti, i danni sismici possono essere spesso trascurabili dal punto di vista della struttura di per sé, mentre essere talmente grandi per gli impianti, gli elementi non-strutturali (tramezzi, controsoffitti) e i contenuti (arredi, materiale industriale, materiale tecnologico ecc.), da rendere la struttura inservibile. A riprova di ciò, in Fig. 1.2 sono schematicamente riportate le proporzioni delle perdite economiche dovute alla struttura (l’edificio vero e proprio), alle componenti non strutturali (impianti e accessori) e al contenuto (macchinari, computer, arredi, riserve di magazzino) in California. In paesi fortemente industrializzati, in realtà, sono spesso le perdite economiche dominanti rispetto alle vite umane.
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Figura 1.2Suddivisione percentuale delle perdite in edifici a varia destinazione in California [2].
Infine, l’esposizione è una misura delle conseguenze (perdite) della vulnerabilità. A parità di tutte le altre condizioni, due strutture, l’una adibita a magazzino merci e una adibita a scuola, difficilmente saranno caratterizzate dalla stessa esposizione ai fini della valutazione del rischio sismico. Si intuisce quindi, che l’esposizione dipende dalla funzione che l’opera esplica e dai beni eventualmente in essa contenuti. La valorizzazione dell’esposizione compete a chi gestisce l’opera, sebbene la modellazione analitica per la valutazione del rischio richieda ancora esercizio di competenze di ingegneria sismica. Anche l’esposizione è un fattore strettamente antropico e quindi, almeno in linea di principio, controllabile.
Sebbene l’oggetto di questo volume sia la singola opera strutturale e a questa sola si farà riferimento nel seguito, ai fini di questo capitolo è opportuno ricordare che, per estensione, il rischio sismico si può riferire ad un insieme di opere, come un comparto urbano, una città o addirittura una nazione. In questo caso, il rischio fa riferimento alle perdite prodotte dai terremoti complessivamente su tutte le opere che fanno parte del sistema infrastrutturale di interesse e delle comunità che se ne servono. A questa scala, proseguendo qualitativamente, è comune ritenere che il rischio sismico di una paese quale l’Italia sia elevato, non già per effetto della pericolosità sismica, generalmente moderata rispetto per esempio a Giappone e California, ma per l’elevata vulnerabilità dell’ambiente costruito, per lo più formato da edilizia storica non progettata sismicamente oppure con criteri ormai obsoleti, e per l’elevata esposizione dovuta all’alta densità abitativa e al valore dei beni e delle attività a rischio tipiche di un paese industrializzato, senza contare l’esposizione dovuta alla concentrazione e al valore (talmente grande da trascendere i confini nazionali) del patrimonio artistico e monumentale. Nei menzionati paesi, invece, il ciclo di vita delle costruzioni si ritiene spesso più breve e l’elevata pericolosità è in qualche modo bilanciata da una ridotta vulnerabilità di strutture più recenti e quindi progettate sismicamente secondo lo stato dell’arte; d’altro canto, anche in tali paesi l’esposizione è molto alta, soprattutto per il valore delle attività che i terremoti possono interrompere e/o danneggiare. Per avere una idea di questo ragionamento è opportuno fare riferimento alla Tab. 1.1, dove si riportano i dati di perdite sismiche in due terremoti di paragonabile energia rilasciata alla sorgente misurata attraverso la magnitudo (si veda il Par. 1.5), ed entrambi occorsi in prossimità di due grandi città, ma in due paesi dalle caratteristiche diverse. Si vede che nel caso di Haiti le perdite in termini di vittime sono state di due ordini di grandezza maggiori rispetto al caso giapponese, mentre l’opposto sembra essere avvenuto per le perdite economiche (per il calcolo delle quali, di solito, non si attribuisce un valore alla vita umana). A parità di scenario di pericolosità, si potrebbe essere portati a pensare, quindi, che le enormi conseguenze ad Haiti in termini di vittime siano dovute alla grande vulnerabilità del costruito, mentre quelle economiche in Giappone alla grande esposizione. Osservando il caso...

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