Ciao a te, papà
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Ciao a te, papà

La tua storia e l'Alzheimer

Paola Colombini, Graziano Mirichigni, Silvia Pallini, Mnamon Editore

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La tua storia e l'Alzheimer

Paola Colombini, Graziano Mirichigni, Silvia Pallini, Mnamon Editore

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La malattia Demenza/Alzheimer nel racconto della figlia del malato. La seconda parte è meno personale e si snoda nei consigli e nelle considerazioni sulla realtà sociale dei malati di Demenza e Alzheimer e delle loro famiglie.

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Information

Year
2021
ISBN
9788869492464

DEMENZA/ALZHEIMER: CHE FARE?

Dicembre 2017
Ho scritto queste righe per ritrovarti, papà, ma soprattutto perché ho qualcosa da dire.
Per lanciare un appello.
E quindi: qualcuno deve fare qualcosa.
Chi ne ha il potere, la competenza, la facoltà, per favore, intervenga.
Agisca in qualche modo, di fronte ad una malattia così grave, devastante e drammatica, che si sta diffondendo sempre più, nel mondo e tra la popolazione italiana. Che costa veramente troppo, a chi ne è affetto, ai “Caregivers”, alle famiglie ed alla società.

Ho voluto raccontare la storia di mio padre e la nostra esperienza diretta, nella speranza che ciò potesse in qualche modo servire a richiamare l’attenzione, a scuotere ed a far riflettere, su questa tragica realtà.
Lettori, mi auguro di cuore che mi abbiate seguita fin qui e di essere riuscita nel mio intento, permettendo di ritrovarsi a chi, come noi, ha vissuto o sta vivendo la stessa esperienza e trasmettendo anche, a coloro che se ne occupano o che ne sapevano poco o nulla, tutto il dolore da essa generato.

Avviandomi verso la conclusione, riprendo il discorso sulla malattia, approfondendola da un punto di vista più scientifico e fornendo quindi informazioni rispetto alle ricerche, alle conoscenze, agli aspetti clinici.
Desidero poi condividere alcune osservazioni su quello che ritengo essere uno dei problemi principali, ovvero l’assistenza all’ammalato.

Dunque, per capire bene l’entità del problema, partiamo da alcuni dati.
Le fonti principali sono: l’Alzheimer’s Disease International (ADI), cioè la Federazione Internazionale delle Associazioni Alzheimer nel mondo, ilWorld Alzheimer Report 2016, una recente ricerca sull’evoluzione del fenomeno negli ultimi anni condotta dal CENSIS, Centro Studi Investimenti Sociali, in collaborazione con l’AIMA, Associazione Italiana Malattia di Alzheimer e con il contributo di Lilly.

Dati statistici

Persone affette da una qualche forma di Demenza:
  • Nel mondo: 47 milioni
  • In Italia: oltre 1 milione e 200.000
Soggetti globalmente interessati ogni anno:
  • 10 milioni, ovvero 1 ogni 3 secondi

Si tratta di cifre destinate a crescere sempre di più, a causa dell’allungamento della vita media e dell’ invecchiamento della popolazione, fino a raggiungere i 75 milioni nel 2030 e i 131-135 milioni nel 2050.

In particolare, per quanto riguarda la Malattia di Alzheimer e l’Italia, le persone affette risultano essere oltre 600.000. È anche questa una cifra in progressivo aumento.

AMMALATI DI ALZHEIMER:
Età media: 78,8 anni, cresciuta rispetto al passato
Situazione lavorativa: il 72% sono pensionati
COSTI IN ITALIA:
  • Costi diretti: oltre 11 miliardi di Euro, di cui il 73% a carico delle famiglie
CAREGIVERS:
  • Età media: 59 anni, anch’essa aumentata rispetto al passato
  • Sono prevalentemente i figli dei malati, in particolare per le pazienti femmine (64%)
  • Aumentati però negli ultimi anni anche i partner (37% nel 2015), soprattutto se il paziente è maschio
  • Il 40% non lavora, pur essendo in età lavorativa
  • Il 10% è disoccupato
  • Il 59% segnala cambiamenti nella vita lavorativa, soprattutto le assenze ripetute
  • Il 27% delle donne occupate ha richiesto un part time, più frequentemente rispetto al passato
ASSISTENZA:
Ore al giorno dedicate dai Caregivers all’ammalato:
  • 4,4 per l’assistenza diretta
  • 10,8 per la sorveglianza
Oltre che sulla sfera lavorativa, tale impegno ha delle comprensibili e significative conseguenze anche sullo stato di salute dei Caregivers.
In particolare tra le donne, vengono infatti frequentemente riportati stanchezza, carenza di sonno, sintomi depressivi, tendenza ad ammalarsi.

Sono in aumento gli ammalati che vivono a casa propria e che sono assistiti dalla badante (38%).
Nel caso in cui il malato usufruisca della badante e di uno o più servizi (ad esempio di Centri Diurni o di Assistenza Domiciliare Integrata), il tempo libero dei Caregivers viene segnalato come in aumento del 77%.

Mi sembra evidente quanto la questione sia grave e quanto necessiti di un immediato e mirato intervento risolutivo.
Come emerge chiaramente dai dati esposti, il fenomeno è sempre più in crescita, soprattutto in Paesi quali l’Italia, che è il più longevo d’Europa.
Come ho voluto evidenziare raccontando anche la storia di mio padre, ha inoltre delle ricadute molto serie, in termini economici, lavorativi, di tempo, di qualità della vita e di salute psicofisica, non solo per gli ammalati ma anche per i familiari, inevitabilmente coinvolti.
Quindi, considerando sia quanto emerso in occasione della Alzheimer's Association International Conference (AAIC), tenutasi nel 2016 a Toronto, in Canada e nel 2017 a Londra, sia quanto portato all’attenzione più volte dalle varie agenzie che si occupano della questione, tra cui la Federazione Alzheimer Italia e l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, sia la nostra personale esperienza, nonché i casi di tanti compagni di sventura di mio padre, delle loro famiglie e di diversi altri parenti e conoscenti affetti dalla stessa patologia, credo sia assolutamente necessario investire sempre di più su questo enorme problema, in termini di tempo, di attenzione, di risorse economiche, sanitarie ed assistenziali.
Come raccomandato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per approfondire, accrescere, potenziare ed ottimizzare la conoscenza, l’evitamento e le modalità di gestione della malattia, credo che le priorità da porsi siano essenzialmente:
- la prevenzione e la riduzione del rischio
- un elevato livello di assistenza.
Certo, in questo senso, molto è stato fatto, negli ultimi anni.

Cause della malattia

Rispetto al passato, sono stati ad esempio individuati con più precisione i meccanismi neurofisiologici e le cause, alla base della patologia.
Per quanto riguarda la Malattia di Alzheimer, da alcune ricerche è emerso che la distruzione dei neuroni è causata da due proteine, la Beta Amiloide e la Tau-Anomala, il cui metabolismo diviene alterato, con conseguente soffocamento delle cellule nervose, riduzione (atrofia) del tessuto corticale, “placche senili ed ammassi neurofibrillari”, perdita di connessioni neurali.
Gli studi hanno preso in considerazione anche le aree del cervello in cui sembra avere inizio il deterioramento delle cellule nervose ed i neurotrasmettitori implicati.
Da alcune ricerche condotte, una di tali aree sembrerebbe essere l’Ippocampo, che è la sede della nostra memoria.
È stata inoltre rilevata una diminuzione nella produzione di Acetilcolina, sostanza fondamentale per il funzionamento dei neuroni che, a questo punto, non riescono più a comunicare normalmente.
Da una recente scoperta effettuata presso l’Università Campus Bio-medico di Roma, la parte del cervello in cui ha origine la degenerazione dei neuroni sembra invece essere l’Area Tegmentale Ventrale, dove viene prodotta la Dopamina, il neurotrasmettitore che regola il tono dell’umore.
La morte dei neuroni in quest’area causerebbe il mancato apporto di Dopamina anche nell’Ippocampo e sarebbe quindi tale processo a favorire la perdita della memoria.
Ma l’aspetto fondamentale proprio della recente scoperta italiana, è rappresentato dal legame che, a questo punto, sembrerebbe esservi tra i Disturbi dell’Umore e l’Alzheimer: la diminuzione di Dopamina genera infatti Depressione e quindi, tale patologia appare essere una delle cause all’origine della malattia.
Per altri tipi di Demenza, come presumibilmente lo è stata quella di mio padre, sono stati individuati in problemi vascolari i principali responsabili dei danni cerebrali e del decadimento cognitivo.
In alcuni casi, la malattia di Alzheimer e la Demenza Vascolare possono anche coesistere.
Si è giunti comunque a definire le alterazioni neurofisiologiche che si verificano e la conseguente patologia neurodegenerativa come “multifattoriale”, ovvero causata da un insieme di più fattori.
Essi sembrano essere principalmente:
- l’età: può esservi un esordio precoce, anche dopo i trent’anni anni, ma il rischio aumenta superati i sessantacinque
- gli aspetti legati all’invecchiamento, quali le variazioni del DNA e delle cellule nervose, la pressione alta, una maggiore esposizione allo sviluppo di malattie cardiache, l'indebolimento dei naturali sistemi di riparazione dell’organismo
- alcune mutazioni genetiche
- lo stile di vita, in termini di alimentazione, fumo, attività fisica e relazioni interpersonali
- lo stress e gli eventi traumatici
Sono in atto anche ricerche finalizzate a verificare se altri fattori, quali ad esempio il sesso (le donne, a causa delle alterazioni ormonali dovute alla menopausa, sembrerebbero più a rischio degli uomini), siano effettivamente rilevanti.
Ulteriori studi hanno preso in considerazione altri aspetti, tra cui i traumi cranici ed il livello socio-culturale.
In occasione della già citata International Alzheimer Association Conference, tenutasi nel 2017 a Londra, è stato presentato uno studio pubblicato sulla rivista britannica “The Lancet”, in cui si pongono in evidenza, tra i principali fattori di rischio, l’ipertensione, l’obesità, il Diabete di tipo 2, la perdita dell’udito ed il basso livello d’istruzione.
Quest’ultimo aspetto, come scrivevo prima, almeno per quanto riguarda la nostra esperienza, non sembrava caratterizzare il campione di cui facevano parte mio padre ed i suoi compagni di sventura dell’RSA.

Trattamento e prevenzione

Un aspetto di cui ultimamente si è sottolineata l’importanza, è la diagnosi precoce.
A tale proposito, sul territorio italiano sono state ad esempio attivate le Unità di Valutazione Alzheimer o CDCD, Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze.
Per quanto riguarda il trattamento, sono stati individuati farmaci, terapie e programmi riabilitativi, finalizzati, se non alla guarigione, purtroppo non possibile allo stato attuale delle conoscenze, quantomeno ad agire a livello sintomatico, rallentando il deterioramento cognitivo, mantenendo le funzioni residue, permettendo di contenere e di gestire più adeguatamente le alterazioni comportamentali come il vagabondaggio, l’impulsività e l’aggressività, migliorando così la qualità della vita degli ammalati e dei Caregivers.
Ad esempio, è diffusa ed utilizzata anche in Italia la “Terapia Occupazionale”.
Si tratta di un programma inizialmente sperimentato in altri paesi europei, quali Francia, Olanda, Germania ed Inghilterra, che risulta particolarmente efficace se applicato a domicilio e nelle fasi iniziali della malattia. Il programma aiuta a mantenere il più possibile l’autonomia dell’ammalato ed a ridurre le alterazioni comportamentali, attraverso il coinvolgimento anche del Caregiver nell’ottimizzazione delle attività di vita quotidiana, quali l’igiene personale, la cura di sé, l’abbigliamento, l’alimentazione, gli orari in cui svegliarsi ed andare a letto, l’arredo, gli oggetti e la sicurezza della casa, la modulazione dei tempi e delle azioni in base alle capacità ed alle esigenze del paziente, lo sviluppo di consapevolezza rispetto a ciò che accade.
Ultimamente, si parla anche della possibilità di un vaccino. La rivista scientifica “Nature” ha pubblicato a tale proposito uno studio della Flinders University di Adelaide, Australia, condotto in collaborazione con l’Institute of Molecular Medicine e l’University of California, USA. I risultati di tale studio mostrano che il vaccino, agendo sulle proteine Beta-Amiloidi degradate che bloccano e danneggiano i neuroni, interverrebbe nello stadio iniziale della malattia. I primi test sull’essere umano sono previsti entro il 2018.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha adottato il Piano Globale di Azione sulla Risposta di Salute Pubblica alla Demenza 2017-2025, invitando attraverso esso i governi ad impegnarsi per una maggiore consapevolezza rispetto alla malattia, alla ricerca, alla riduzione del rischio, alla diagnosi, all’assistenza ed al supporto alle famiglie.
Il mese di settembre è da diversi anni universalmente dedicato alla patologia e si tiene nel corso di esso la Giornata Mondiale Alzheimer.
L’ Airalzh Onlus, Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, da qualche anno promuove la ricerca, attraverso bandi rivolti a giovani ricercatori italiani.
Si sta cercando anche di attivare sempre più mirate strategie di gestione dell’ammalato e di supporto alle famiglie, attraverso i Centri Diurni, l’Assistenza Domicil...

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