Due caffè al banco, uno per Tizio che passa dopo, due cornetti.
Quanto ci vuole alla cassa per una operazione del genere? 30 secondi, 40?
E no, cari miei, troppo facile.
Il vecchio buffo sta di fronte alla cassa, e la blocca. Dopo estenuanti moine con la sua ospite, pago io, no pago io, lascia fare pago io, ecco che parte il teatro dell'assurdo.
Allora, io pago due caffè che abbiamo preso io e questa splendida signora che è mia ospite...hai visto si che alla fine ho pagato io...poi devo pagà un caffè che non consumiamo subito, perchè poi passa il Dottor Tizio, sa quello coi baffi...non ha i baffi, come si chiama quello coi baffi? Caio? No, Caio non passa, passa Tizio, che me pare che cià la barba rossa. Rossa, ve? Bionda, dici? Vabbe, comunque cià la barba, sto dottore, che quanno passa te dice "Che Romolo ha lasciato er caffè pagato?", Romolo so io, signora bella, e proprio glielo voglio pagà sto caffè ar dottore, che è tanto bravo, si è preso cura così bene de me e de buonanima de mi moje, pora stella che sta lassù...Dunque allora so du caffè ar banco e uno per Dottor Tizio, amo detto, poi pago anche du pastarelle, quelle li, si sono cornetti, uno però ciaveva a marmellata, che costa de più? No? Costa uguale? Ah ecco, che bello, no perchè io pensavo che costava de più...
A questo punto il vecchio assurdo mette la mano in tasca, tira fuori una saccocciata di moneta spiccia e la versa sul banco. Ecco, signò, facci lei...E sparisce improvvisamente. Dove è finito? Ma certo, si è chinato per raccogliere un centesimo che è scivolato in terra. Ansima, è diventato tutto rosso, con le dita insegue la monetina che si muove come se fosse viva. Torna su, si gira, mi guarda e dice: Ecco, eh, avemo finito, n'attimo solo....
Comincia a contare le monetine: sono tutte da dieci centesimi. Arriva alla cifra finale, le piglia tutte in mano, e ricomincia a contarle una per una.
La cassiera, impassibile, continua a masticare la sua gomma americana. La fila alla cassa si incrocia con quella al banco del caffè. E' un piccolo bar, il chiosco di un ospedale. L'unico in giacca e cravatta, che scalpita e freme, sono io. Gli altri sono tutti anziani signori (anzi no, anziano sono io, questi sono proprio vecchi) tutti in vestaglia e pantofole, scappati dalle loro corsie per una pausa caffè. La percezione del tempo e del suo scorrere, evidentemente è diversa. Sicuramente la mia non è la loro, non quella del vecchio signore che trionfalmente finisce dicendo "...ecco qua, 4 euro e 80 centesimi". Poi fa un gesto sbagliato, si appoggia alla cassa, perde l'equilibrio e fa cadere in terra tutte le monetine. Si china ancora una volta: e io ne approfitto per appoggiare il mio euro sulla cassa: Pago un caffè, signora.
La cassiera prende la moneta, batte lo scontrino, me lo dà: non ha smesso di masticare la sua gomma americana.
Da sotto il banco il vecchio sbuffa, raccoglie due monete e ne fa cascare tre. Non ho tempo per sapere come andrà a finire. La fila alla cassa e la fila al bancone sono ormai un nodo indissolubile.