L'esplorazione delle comete
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L'esplorazione delle comete

Da Halley a Rosetta

Cesare Guaita

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L'esplorazione delle comete

Da Halley a Rosetta

Cesare Guaita

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Tra il 2014 e il 2015 la sonda europea Rosetta è riuscita nell'impresa impossibile di immettersi in orbita attorno alla cometa 67P/CG e di far scendere una capsula piena di strumenti sulla sua superficie. Se le immagini ravvicinate della cometa, un mostro a due teste pieno di enigmi geologici, hanno emozionato il mondo intero, le analisi dirette dei materiali superficiali hanno rafforzato negli scienziati l'idea che siano state le comete a trasportare sulla Terra le molecole basilari per la nascita della vita. Un'impresa come quella di Rosetta è nata da lontano, dai tempi del ritorno nel 1986 di Halley, la più famosa delle comete. In una notte da leggenda (quella del 13 marzo) la sonda Giotto scrutò il cuore di Halley scoprendovi una superficie scura ricoperta da materiali carboniosi. Fu uno shock per gli scienziati, che negli anni seguenti allestirono molte missioni in preparazione di Rosetta: in una (Stardust, 2004) vennero catturati e portati a Terra piccoli pezzi di cometa; in un'altra (Deep Impact, 2005) una cometa venne addirittura bombardata e riattivata con un missile. Oggi come in passato il fascino delle grandi comete e delle piogge di meteore ad esse collegate rimane assolutamente irresistibile.

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Información

Editorial
Hoepli
Año
2015
ISBN
9788820371258

Capitolo
1

UN SECOLO DI GRANDI COMETE

Il XX secolo ha visto il passaggio di una decina di grandi comete, tra cui due volte la Halley. Grandi comete non sono mancate nel passato, ma l’ultimo secolo, con l’avvento di tecnologie astronomiche sempre più sofisticate, ha permesso per la prima volta di cominciare a capire l’origine e la dinamica evolutiva di questi astri leggendari. Con un evento assolutamente fondamentale: la prima osservazione diretta di un nucleo cometario (Halley, marzo 1986) da parte della sonda europea Giotto.

Le comete nella storia

Il famoso astrofilo-astronomo americano David Levy (scopritore fino al 2015 di 23 comete) soleva dire che «le comete sono come i gatti: entrambi hanno la coda e un comportamento assolutamente imprevedibile». Al giorno d’oggi come nell’antichità, con la differenza che in passato, non essendoci ancora teorie fisiche corrette su questi astri, la loro presenza divenne fonte di miti, fantasie, superstizioni, paure.
Una cosa però è certa: questi “astri con la coda” hanno sempre esercitato un fascino profondo e diabolico.
Non è chiaro a chi risalgano le prime osservazioni documentate di astri chiomati. Alcuni archeologi concordano sul fatto che alcuni dipinti rupestri preistorici, trovati in vari siti in tutto il mondo, possano ritrarre delle comete.
Una delle prime incisioni rupestri che ricordano le comete è stata trovata in Val Camonica e risale alla tarda Età del Ferro (700 a.C.). All’interno della Riserva naturale delle Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo compare la cosiddetta “cometa”, sulla roccia 35 dell’Area di Foppe a Nadro di Ceto (BS) (Fig. 1.1). Il nome di “cometa” è stato assegnato a un insieme di coppelle (incavi emisferici), una di grandi dimensioni (6 cm circa di diametro) seguita da altre disposte su due file in forma semilunata, che complessivamente ricordano la forma di una cometa.
Presso il British Museum è conservata una tavoletta di argilla con scrittura cuneiforme con indicata la registrazione del passaggio della cometa di Halley tra l’11 e il 28 settembre del 164 a.C.
Le prime osservazioni sistematiche del cielo e delle comete risalgono ai Caldei, popolo dell’antica Babilonia, ovvero del moderno Iraq, nell’Età del Bronzo (3000 a.C.). Resta testimonianza delle loro osservazioni su un gran numero di tavolette d’argilla.
Per gli astronomi dell’antichità le comete rappresentavano un vero e proprio enigma: apparivano e scomparivano improvvisamente, non si muovevano, come i pianeti, lungo la fascia zodiacale, ed erano seguite da una coda luminosa di dimensioni variabili: fu inevitabile che questi oggetti così fatui e bizzarri incutessero timore e fossero utilizzati come indicatori di eventi futuri, sia favorevoli sia nefasti.
FIGURA 1.1 La cosiddetta “cometa”, presente sulla roccia 35 dell’Area di Foppe a Nadro di Ceto. L’immagine compare sul sito di presentazione della missione Rosetta: http://blogs.esa.int/rosetta/2014/07/30/chasing-comets-across-history/.
FIGURA 1.2 Vari disegni di comete riportate nel Mawangdui, il più antico catalogo illustrato di comete.
Gli astronomi cinesi vennero fortemente attratti dalle comete e ne catalogarono fedelmente movimenti e aspetto fin dall’XI secolo a.C.: sono note più di 600 osservazioni, una casistica più che sufficiente per far sì che loro, per primi, intuissero che la coda delle comete punta sempre in direzione opposta al Sole. Il testo cinese Mawangdui, libro su seta del IV secolo a.C., è il più antico catalogo illustrato conosciuto sulle comete (Fig. 1.2). Questo libro documenta una varietà di comete in grande dettaglio, commentando l’aspetto, il percorso e le proprietà peculiari, compreso il numero di code. I Cinesi chiamavano le comete “stelle scopa” non soltanto per la loro forma ma anche perché si pensava che spazzassero via il vecchio per portare il nuovo.
Furono i Greci, grazie a numerose scuole filosofiche nate e sviluppatesi con lo scopo primario di cercare spiegazioni razionali ai fenomeni naturali, a proporre le prime teorie cometarie.
La scuola pitagorica (fondata a Crotone da Pitagora nel 530 a.C.) riteneva che gli astri chiomati fossero pianeti con una coda causata da qualche fenomeno ottico. Anassagora (496-428 a.C.) e Democrito (460-360 a.C.) teorizzarono invece che la formazione delle comete potesse essere data dalla congiunzione tra due pianeti. Entrambe queste ipotesi, accomunate dal fatto che le comete venivano poste nel mondo celeste, furono prese in esame e confutate da Aristotele (IV secolo a.C.) nella sua Meteorologia. In questa visione le comete altro non erano che esalazioni terrestri emesse dai terremoti che, sollevandosi verso gli strati alti dell’atmosfera, finivano per incendiarsi e spostarsi assieme all’aria calda che incontravano.
In un sistema cosmologico come quello di Aristotele, le comete, bizzarre e imprevedibili, non potevano certo trovare posto nel perfetto mondo celeste: quindi Aristotele le pose in quello terrestre, considerandole semplicemente come una conseguenza di certi eventi meteorologici. E poiché si riteneva che le condizioni meteorologiche influissero direttamente sulla salute degli uomini e sulla fertilità dei campi, ben presto le apparizioni delle comete furono associate a eventi catastrofici, quali le epidemie, le carestie e i terremoti. A prova di tutto ciò si adduceva quanto era successo nel 373 a.C., quando una forte scossa sismica distrusse le città di Beris e di Elice, nel golfo di Corinto: nei giorni della catastrofe splendeva in cielo una grande cometa, definita da Diodoro “trave infiammata”… Secondo il sistema fisico di Aristotele, in quell’occasione la terra si sarebbe spaccata provocando un terremoto da cui uscirono dei gas che raggiunsero la sfera del fuoco accendendosi fino a diventare cometa.
Questa relazione fra comete e fenomeni atmosferici si impose in maniera quasi granitica per oltre duemila anni; in sostanza risultò talmente convincente che nessuno si dedicò più allo studio delle comete, poiché si riteneva che tutto fosse ormai noto sulla loro natura.
Uno dei pochi oppositori di Aristotele fu Seneca (I secolo d.C.) che nell’ultimo capitolo delle Naturales Quaestiones spiega il suo pensiero in modo razionale, scientifico e per nulla dogmatico.
Innanzitutto Seneca afferma che una cometa non è un fuoco che si accende all’improvviso, ma un’opera eterna della natura. Non è un fenomeno atmosferico perché questi sono instabili e variano rapidamente, ma un corpo celeste non dissimile da un pianeta. Naturalmente egli si domanda perché il percorso delle comete in cielo non si collochi in genere sull’eclittica come quello dei pianeti. La sua risposta è che le comete appaiono raramente e non sono mai state osservate bene a lungo.
Una delle comete più celebri dell’antichità apparve per 7 giorni durante le celebrazioni in onore di Venere Genitrice nel luglio del 44 a.C. Il popolo non ebbe dubbi nel ritenerla prova dell’assunzione fra gli dei dell’anima di Giulio Cesare, assassinato 4 mesi prima. Per celebrare l’avvenimento, Ottaviano (figlio adottivo di Cesare) fece coniare numerose monete rappresentanti l’effigie di Cesare o di Augusto insieme al profilo di una cometa o di una stella. Anche la morte di Augusto nel 14 d.C. venne accompagnata dall’apparizione di una cometa: molto probabilmente si trattava della stessa cometa vista dai Cinesi nel novembre e nel dicembre del 13 d.C. Infine la morte del predecessore di Nerone, nonché padre adottivo, Claudio venne annunciata da una cometa, visibile per un mese a partire da giugno nel 54 d.C. Il nesso tra la cometa e la morte di Claudio alla fine fu trovato: l’imperatore era assai goloso di funghi e il 13 ottobre morì avvelenato da una scorpacciata di funghi resi velenosi da quella cattiva cometa.
Secondo Giuseppe Flavio, nell’anno 69 d.C. vi furono molti prodigi che annunciarono la fine di Gerusalemme. Tra gli altri presagi fu vista sopra la città, per un anno intero, una cometa la cui coda sembrava la “lama di una spada”.
Lo storico Socrate racconta che nel 400 d.C. una cometa a forma di spada si dispiegò sopra Costantinopoli, fin quasi a toccarla. In quell’anno la città attraversò grandi sventure a causa dei Goti.
Nell’anno 728 d.C. ancora a Costantinopoli ci fu una grande pestilenza, che tolse la vita a decine di migliaia di persone. Apparvero due grandi comete, l’una la mattina prima del sorgere del Sole, l’altra alla sera dopo il tramonto.
Nell’anno 984 apparve una grande cometa e in Italia fame e peste causarono la morte di 300 mila persone. A Genova un cavallo si mise a parlare, a Pisa nacquero uomini col volto da cavallo. Nelle Fiandre si videro serpenti volare.
Nell’anno 1000, anno di grandi paure in attesa della fine del mondo, apparve (naturalmente…) una cometa. Il suo splendore fu tale da spaventare non solamente quelli che erano nelle campagne, ma anche coloro che erano chiusi nelle case. Mentre questa luce celeste si attenuava lentamente, si vide la figura di un drago i cui piedi erano blu, e la cui testa sembrava diventare sempre più grande.
Nel mese di giugno dell’anno 1019, sotto l’impero di Ottone III, si vide nel cielo una cometa che assomigliava a un serpente luminoso e che produsse un forte terremoto. Ottone, spaventato, ordinò che si facessero elezioni, piuttosto che lasciare la successione al figlio.
Nel 1066 una grande cometa brillò nel cielo preannunciando la morte di Aroldo II d’Inghilterra nella battaglia di Hastings, quella che permise a Guglielmo duca di Normandia di farsi incoronare re d’Inghilterra a Westminster. Si trattava, come vedremo anche nel Cap. 2, di una delle più belle apparizioni della cometa di Halley e Odone, vescovo di Bayeux, fece tessere un prezioso arazzo in cui la cometa ha una posizione dominante.
Nell’anno 1316 a Costantinopoli si videro addirittura tre comete e tre Lune e, contestualmente, la fame e la peste fecero gravi danni in molti paesi.
La cometa del giugno 1456 (era ancora la Halley) fu segno di grande sventura per la cristianità. Era grande e terribile e solcava un terzo del cielo, ondeggiando come una fiamma. Alla gente di allora apparve come un’immensa scimitarra turca. Il papa Callisto III si dice abbia scomunicato la grande cometa apparsa in quell’anno, invitando tutti a pregare perché se ne andasse al più presto, impedendo ai Turchi che avevano invaso l’Europa di conquistare Belgrado.
La cometa del 1472 venne ad annunciare la morte del fratello di Luigi XI e apparve veramente spaventosa: fu considerata un messaggio divino rivolto ai governanti per incutere loro timore e giustizia.
Fu una cometa terribile anche quella apparsa nel 1527. Era l’anno in cui i Lanzichenecchi luterani invasero l’Italia, mettendo a sacco Roma e obbligando Papa Clemente VII a rifugiarsi in Castel Sant’Angelo. Fu una cometa color sangue, che fece malati e morti.
A una cometa apparsa nel 1665 venne ascritta la morte di Filippo IV, re di Spagna. La comparsa dell’astro venne presa molto sul serio anche da Alfonso IV, re del Portogallo il cui trono era in quel momento piuttosto traballante. Collerico e terrorizzato Alfonso pensò bene di farsi g...

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