Capitolo 1
Dal palinsesto al podcast
Che cosa intendiamo quando parliamo di podcast
Da tempo, il termine “podcast” ricorre con frequenza sempre maggiore sia sul web sia sulla carta stampata, spesso senza che ne venga chiarito il significato. Pertanto, prima di ogni altra considerazione, è importante definire in maniera chiara cosa indica.
La nascita della parola si attribuisce a Ben Hammersley1. Il giornalista del “Guardian”, in un articolo del febbraio 2004 dedicato all’evoluzione della radio in seguito all’introduzione sul mercato dell’iPod nel 2001 (e allo sviluppo della distribuzione dei file audio in modalità RSS feed), provò infatti a immaginare un nome per questi format futuribili, mai come prima facilmente realizzabili e fruibili: “audioblogging, podcasting, guerrillamedia?”.
Tra i tre ebbe la meglio “podcasting”, creato dall’unione della parola “pod” (baccello), riferita al lettore MP3 di Apple che nello stesso anno aveva sbaragliato il mercato facendo diventare il pod “il” mezzo per antonomasia per la fruizione dell’audio, e del verbo “cast”, che significa “lanciare”, mutuato dal termine radiofonico “broadcast”, che indica la distribuzione massiva di una trasmissione radio.
Al di là della denominazione, che descrive di fatto una funzione, una buona definizione di podcast, presa dalla Treccani2, è la seguente: “File audio digitale distribuito attraverso Internet e fruibile su un computer o su un lettore MP3”.
Il podcast si distingue tecnicamente e formalmente da altri contenuti audio per le seguenti caratteristiche:
è asincrono: cioè fruibile in maniera indipendente da un flusso preordinato di trasmissione come può essere quello della radio;
è on demand: sono gli ascoltatori a decidere quale podcast ascoltare e quando;
è offline: il file audio può essere scaricato e ascoltato nel proprio dispositivo (computer, app, cellulare, lettore multimediale ecc.);
è nomadico: il podcast può essere ascoltato ovunque, anche in mobilità e facendo contemporaneamente altre cose.
Fin dalla sua origine, quindi, si configura come un contenuto fortemente legato alla scelta volontaria degli ascoltatori, che si occupano di cercarlo e scaricarlo, o che si iscrivono ai servizi di ricezione automatica dei podcast preferiti tramite RSS.
Questo fattore di volontarietà è un elemento chiave nella lettura del fenomeno, come anche dello sviluppo di un piano di marketing a esso collegato, che vedremo nei prossimi capitoli.
Podcast vs radio
Una delle questioni da chiarire fin da subito riguarda una certa confusione che regna nel rapporto tra due strumenti profondamente differenti: il podcast non coincide con una trasmissione radiofonica resa disponibile online, sganciata dal palinsesto.
La convinzione del contrario, ancora piuttosto radicata, deriva probabilmente dal fatto che inizialmente, sia negli Stati Uniti sia in Italia, i podcaster venivano spesso dal mondo della radio. Inoltre, nel momento in cui c’è stata una massiccia digitalizzazione delle radio, la conseguente possibilità di rimettere in circolo i contenuti anche dopo la trasmissione in diretta sulle proprie piattaforme ha creato un proliferare di podcast “radiofonici”.
Durante l’edizione 2019 dell’annuale convegno di settore United States of Podcast, tenutosi a Milano il 21 novembre, hanno però ben chiarito le differenze gli interventi di Rossana De Michele (Storie libere) e Alessandra Scaglioni (Radio24).
Il podcast radiofonico:
si caratterizza per una perdita dei riferimenti spazio-temporali, che sono legati al “qui e ora” nel caso di una trasmissione live;
presenta un focus sulla richiesta prima di attenzione e poi di interesse;
utilizza un linguaggio che guida l’ascoltatore, spesso anche attraverso la presenza di un conduttore;
prevede l’inserimento in nicchie narrative molto ampie o
mainstream per arrivare al grande pubblico;
è suddiviso in puntate quotidiane e di durata omogenea;
è pensato in ogni puntata come la tessera di uno sviluppo narrativo attraverso un tempo molto ampio, anche di mesi.
Il podcast invece:
fa entrare l’ascoltatore in un tempo diverso da quello della quotidianità;
è organizzato in puntate, che non sono necessariamente quotidiane ma che creano una serie chiusa;
può essere suddiviso in episodi di diversa durata;
si inserisce in nicchie narrative molto specifiche e verticali dedicate a pubblici ristretti ma affezionati; presenta un focus sull’interesse, perché l’attenzione è già conquistata a monte;
utilizza un linguaggio che va in profondità sui singoli dettagli.
In conclusione, e a detta anche dei principali player del settore in Italia, possono essere davvero considerati “podcast” i contenuti audio progettati e realizzati fin dal principio con le caratteristiche sopra elencate, e quindi con una spiccata attitudine narrativa legata a temi settoriali, e alle specifiche della fruizione audio.
Ipsos li definisce come “contenuti audio inediti, disponibili via Internet che possono essere sia ascoltati in streaming sia archiviati e ascoltati in ...