Da un idea dei fratelli Calvin Orgasmo
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Chefzen J. Calvin

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Chefzen J. Calvin

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In questo libro l'autore presenta una serie di punti di vista inerenti un argomento, tanto scottante quanto amorevole, ma di importanza rilevante.
Tutti protagonisti, ognuno con la propria visione e il proprio vissuto.
Del nostro piacere non è un peccato parlare, anzi, oggigiorno, dopo tanta pornografia, è indispensabile cercare chiarezza nel magico mondo del piacere sessuale.
Allora J. Calvin, questa volta, è andato oltre le usuali idee riguardanti la sfera dell'amore umano, fino a giocare con riflessioni che vorticano nell'Amore Divino.

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Información

Editorial
Youcanprint
Año
2020
ISBN
9788831683685

IL PANETTONE

Lu­do­vi­co il Mo­ro in una vi­gi­lia di na­ta­le si fe­ce pre­pa­ra­re il suo des­sert pre­fe­ri­to ma il cuo­co de­gli Sfor­za bru­ciò il dol­ce, al­lo­ra ven­ne in soc­cor­so To­ni il gar­zo­ne che in qual­che ma­nie­ra creò il pan de To­ni = pa­net­to­ne il qua­le fu mol­to ap­prez­za­to.
Ora che ab­bia­mo chia­ri­to al­cu­ni aspet­ti dell’ana­to­mia sot­ti­le all’in­ter­no del no­stro cor­po fi­si­co non dob­bia­mo di­men­ti­car­ci di da­re un in­fa­ri­na­tu­ra, ov­via­men­te non raf­fi­na­ta, del­la ra­gio­ne per la qua­le tut­to l’ap­pa­ra­to fi­si­co, ov­ve­ro il cor­po, vi­ve qui su que­sta ter­ra e per­ché dob­bia­mo ne­ces­sa­ria­men­te evol­ve­re o mi­glio­ra­re.
Per chi de­ve an­co­ra leg­ge­re il pri­mo li­bro è fon­da­men­ta­le una de­lu­ci­da­zio­ne, e chi me­glio può far­lo di co­lui che lo ha scrit­to!?
Eb­be­ne tut­ta la mia scien­za si rias­su­me in po­che sil­la­be: ogni av­ve­ni­men­to che ci ac­ca­de nel­la no­stra esi­sten­za non è ca­sua­le per­ché il ca­so non può esi­ste­re per cui da quan­do apria­mo gli oc­chi ogni mat­ti­na a quan­do an­dia­mo a dor­mi­re la se­ra,
tut­to quel che è suc­ces­so ha del­le pre­ci­se ra­gio­ni, sem­pre fi­na­liz­za­te al­la com­pren­sio­ne di noi stes­si e del­la vi­ta.
Se poi si cre­des­se che il ca­so esi­stes­se, la co­sa mi­glio­re da fa­re ur­gen­te­men­te, co­me se ci fos­se un fal­so vi­rus in cir­co­la­zio­ne, è quel­la di so­spen­de­re que­sta me­ra­vi­glio­sa let­tu­ra e cer­ca­re di com­pren­de­re per­so­nal­men­te co­me può il ca­so non esi­ste­re.
Sen­za di que­sto pas­so il pro­se­guo dei con­cet­ti ri­mar­reb­be­ro dub­bi ed in­cer­ti per cui ti con­si­glio vi­va­men­te lo stu­dio di te­sti od au­to­ri che ti pos­sa­no aiu­ta­re nell’im­pre­sa. Per quan­to mi ri­guar­da, nel­la mia ri­cer­ca, so­no sta­to aiu­ta­to dai li­bri del cer­chio Fi­ren­ze 77 ma ci so­no nel­le bi­blio­te­che o in com­mer­cio di­ver­si au­to­ri i qua­li han­no sa­pien­te­men­te di­pa­na­to un co­sì im­por­tan­te dub­bio. Al­tri lo han­no per­pe­tra­to.
Be­ne, ar­ri­va­ti a que­sto pun­to ed aven­do ca­pi­to che tut­to è un per­fet­to mo­sai­co co­smi­co nel qua­le l’ar­mo­nia re­gna da re­gi­na e do­ve an­che l’im­per­fe­zio­ne tro­va la pro­pria equi­li­bra­ta ra­gio­ne d’es­se­re, pos­sia­mo pro­se­gui­re tor­nan­do sul­la que­stio­ne prin­ci­pa­le per la qua­le il sem­pli­ce ascol­to del­la pa­ro­la “or­ga­smo” smuo­ve cer­te ener­gie nel no­stro cor­po le qua­li si pre­di­spon­go­no all’av­ven­to di un pia­ce­re vul­ca­ni­co, uni­co nel suo ge­ne­re, e la do­man­da è:
per­ché sem­bra co­sì dif­fi­ci­le ot­te­ne­re que­sti pia­ce­ri nel­la vi­ta di tut­ti i gior­ni?
Per­ché nel­la raz­za uma­na il ma­schio vi­ve una spe­cie di com­pul­sio­ne per la cac­cia del ge­ne­re fem­mi­ni­le spes­so sen­za l’in­gre­dien­te del ri­spet­to e del ve­ro amo­re?
In­som­ma, co­sa si può o co­sa si de­ve fa­re od es­se­re per sco­pri­re quan­to più pos­si­bi­le su que­sta for­ma di im­po­ten­za ri­guar­do noi stes­si?
Eb­be­ne, qual­cu­no di voi sa già che un cuo­co non ha le car­te in re­go­la se vo­les­se da­re un con­tri­bu­to ad una si­mi­le espe­rien­za in­tel­let­tua­le per cui de­vo ram­men­ta­re a chi lo aves­se di­men­ti­ca­to e de­vo in­for­ma­re chi an­cor non lo ha sa­pu­to che so­no “ uno chef Zen” e no­no­stan­te ciò non si­gni­fi­ca che quan­to stai leg­gen­do sia la ve­ri­tà.
Sem­pli­ce­men­te i pen­sie­ri flui­sco­no con­sa­pe­vol­men­te lun­go la ri­cer­ca di se stes­si e que­sta è la pri­ma mos­sa di chi ini­zia a sve­gliar­si dal­la pro­fon­da apa­tia im­po­sta nel pen­sie­ro do­mi­nan­te.
Sem­pli­ce­men­te pen­sa­re per i fat­ti pro­pri im­pa­ran­do a di­ri­ge­re i pen­sie­ri lun­go ri­fles­sio­ni o in­da­gi­ni pro­mos­se da noi stes­si, ine­ren­ti il su­pe­ra­men­to dei pro­pri li­mi­ti. Ri­pe­to que­sto è il pri­mo sin­to­mo del ri­sve­glio. Da quel mo­men­to in poi sei en­tra­ta, sei en­tra­to nel re­gno de­gli evo­lu­ti il qua­le, ci ten­go a dir­lo, non è an­co­ra il fa­ti­di­co re­gno dei cie­li ma si co­min­cia ad in­tra­ve­der­lo.
In­fat­ti nel pri­mo li­bro di que­sta se­rie, ho spie­ga­to di co­me gli es­se­ri uma­ni evol­va­no gra­dual­men­te lun­go una se­rie di gra­di di con­sa­pe­vo­lez­za di­vi­den­do­li in tre prin­ci­pa­li sca­glio­ni: i no­vi­zi, gli evo­lu­ti ed i pu­ri.
Chi ini­zia a re­spon­sa­bi­liz­zar­si ri­guar­do le pro­prie idee, gli in­son­da­bi­li mi­ste­ri dell’esi­sten­za e la ve­ra, eter­na, pro­pria fe­li­ci­tà, è giun­ta si­no a me. Nel mio mon­do e di quel­lo del­le mie so­rel­le e fra­tel­li in evo­lu­zio­ne.
Chi in­ve­ce non è an­co­ra sbar­ca­to nel por­to in­can­ta­to de­gli evo­lu­ti, aiu­ta­to da in­fi­ni­te op­por­tu­ni­tà, pri­ma o poi lo fa­rà.
Ma tor­nia­mo all’or­ga­smo e spe­ci­fi­chia­mo che non so­no tut­ti ugua­li: Ci so­no dif­fe­ren­ze tra un or­ga­smo ma­schi­le ed uno fem­mi­ni­le; e non so­no ugua­li nel­la me­de­si­ma per­so­na per­ché en­tra­no in cam­po fat­to­ri dif­fe­ren­ti.
Per esem­pio il sem­pli­ce or­ga­smo au­to­pro­dot­to non è ugua­le a quel­lo con il part­ner con il qua­le si in­tes­so­no sen­ti­men­ti amo­ro­si, e qui ci ten­go a pre­ci­sa­re che il ve­ro or­ga­smo a cui si ri­fe­ri­va Ali­ce non è un sem­pli­ce sfo­go fi­si­co.
Stia­mo par­lan­do di un pia­ce­re che ci tra­spor­ta nel­la di­men­sio­ne del­la non men­te, nel­la qua­le tut­ti i pen­sie­ri si spen­go­no, e la se­re­ni­tà d’es­se­re as­sa­le ogni cel­lu­la del cor­po.
Un luo­go non luo­go del pro­prio es­se­re do­ve il tem­po ha ces­sa­to d’esi­ste­re; un si­to in cui l’ani­ma ha in­vi­ta­to l’uma­ni­tà a fe­steg­gia­re con l’in­te­ro uni­ver­so.
L’uni­ca ano­ma­lia dell’or­ga­smo in se è la bre­vi­tà dell’even­to, du­ra po­co, se­con­di, per cui al­cu­ni es­se­ri uma­ni han­no pen­sa­to di cer­ca­re quel­lo sta­to in­te­rio­re con al­tre vie, cer­can­do­lo me­dian­te i ce­le­ber­ri­mi sen­tie­ri spi­ri­tua­li, at­tra­ver­so espe­ri­men­ti scien­ti­fi­ci quan­ti­sti­ci o l’uti­liz­zo di dro­ghe. Da sem­pre l’uo­mo non ha smes­so di cer­ca­re si­no a sco­pri­re che, in ul­ti­ma ana­li­si, nel me­de­si­mo cer­ca­to­re ri­sie­de il ta­ber­na­co­lo del pia­ce­re: la ghian­do­la pi­nea­le!
Ci sia­mo spin­ti si­no al­la te­sta, tra gli emi­sfe­ri ce­re­bra­li e pos­sia­mo an­da­re ad­di­rit­tu­ra ol­tre poi­ché ci so­no luo­ghi di noi stes­si da sco­pri­re che l’at­tua­le scien­za non può an­co­ra evi­den­zia­re per­ché sen­za la con­sa­pe­vo­lez­za ne­ces­sa­ria non vi è ac­ces­so ad ul­te­rio­ri pro­gres­si.
Tut­to è gra­dua­le in­tor­no a noi e, co­me una don­na de­ve tro­va­re la pa­zien­za in se du­ran­te una gra­vi­dan­za, co­sì l’uma­ni­tà de­ve far­lo con la co­no­scen­za.
La co­sa cer­ta in tut­to ciò, per quel po­co che si­no ad ora ho scrit­to, è che l’or­ga­smo è uno dei mi­ra­co­li del cor­po uma­no.
Tut­ta­via per es­so si riem­pio­no li­bri e li­bri di sto­ria per­ché es­sen­do il pia­ce­re più in­ten­so e ri­cer­ca­to spes­so non si tie­ne in con­to il sur­plus del no­stro egoi­smo di­strug­gen­do o cal­pe­stan­do i di­rit­ti del pros­si­mo. Al­lo­ra, for­se la co­sa da fa­re in­nan­zi­tut­to è quel­la di ca­pi­re, pri­ma in­tel­let­tual­men­te poi den­tro di se, co­me ot­te­ne­re quel pia­ce­re in for­ma con­ti­nua ma sen­za fa­re del ma­le agli al­tri an­che per­ché sap­pia­mo be­ne or­mai di co­me gli ef­fet­ti del­le cau­se che muo­via­mo pri­ma di tut­to ri­ca­do­no su di noi, per cui pen­so in tut­ta sem­pli­ci­tà che sia da per­cor­re­re una ri­cer­ca in­di­vi­dua­le se si vuo­le sco­pri­re co­me vi­ve­re una vi­ta fe­li­ce e di pia­ce­re evi­tan­do di ri­chia­ma­re su di se un in­fi­ni­tà di con­se­guen­ze ne­ga­ti­ve.
Ca­pi­sci co­me la co­sa si fa com­pli­ca­ta?
Non c’è sem­pli­ce­men­te la ri­cer­ca del pia­ce­re in se. Ci so­no pu­re gli osta­co­li per ar­ri­va­re a sod­di­sfa­re si­mi­li de­si­de­ri. En­tra­no in gio­co mol­tis­si­mi fat­to­ri dei qua­li al­cu­ni in­de­si­de­ra­ti per cui di­ce­vo tut­to si com­pli­ca e al­lo­ra ci ca­do­no le brac­cia e af­fis­sia­mo la ban­die­ra bian­ca.
Vo­glio di­re che in mol­ti ca­si ad­di­rit­tu­ra si par­te ma­le, na­scen­do per esem­pio stor­pi od in­ca­pa­ci di pro­va­re or­ga­smi ed es­se­re fri­gi­de; vo­glio di­re che non è tut­to oro quel che luc­ci­ca per­ché sap­pia­mo be­ne di co­me la vi­ta non sia poi co­sì per­fet­ta nel sen­so che ognu­no di noi sin­go­lar­men­te vor­reb­be in­ten­de­re, quin­di for­se pri­ma di ca­ta­lo­ga­re tut­te le tec­ni­che per in­dur­re un or­ga­smo per­fet­to la co­sa idea­le da fa­re è quel­la di com­pren­de­re co­me sia pos­si­bi­le che, per esem­pio un vi­rus ci ven­ga a tro­va­re, ci in­fet­ti e man­di all’aria tut­ti i no­stri pia­ni del gior­no, o che no­stro ma­ri­to o no­stra mo­glie non sia quel gior­no di­spo­ni­bi­le ad amo­reg­gia­re con noi, e chis­sà in quan­te al­tre cir­co­stan­ze il kar­ma ci met­te lo zam­pi­no!
Quin­di ri­pe­to, pri­ma di aspet­tar­ci che tut­to si al­li­nei co­me se vi­ves­si­mo in un ha­rem, e qui ra­sen­tia­mo il ma­schi­li­smo, sa­reb­be me­glio ren­der­si con­to se il de­si­de­rio stes­so non sia la cau­sa di tut­ti i no­stri guai. E qui co­min­cia il ca­si­no! Per­ché co­me si può met­te­re in di­scus­sio­ne il de­si­de­rio stes­so? E’ inam­mis­si­bi­le! In­som­ma, in­ti­to­li il tuo li­bro or­ga­smo e poi met­ti al pa­ti­bo­lo il mo­to­re che lo ani­ma! Il de­si­de­rio!
Non so ma pri­ma o poi sa­rei do­vu­to ar­ri­va­re a que­sto sco­glio e tro­ve­rò il mo­do per ve­nir­ne fuo­ri di­sin­ca­glian­do­mi.
Pri­ma pe­rò vo­glio ap­pro­fon­di­re la que­stio­ne. Do­po­tut­to nel Bud­di­smo, nel Cri­stia­ne­si­mo del­le ori­gi­ni e nel­le al­tre for­me di pen­sie­ro re­li­gio­so si pre­me mol­to sul fat­to che la cau­sa di tut­ti i no­stri ma­li sia pro­prio il de­si­de­rio ed al­lo­ra an­dia­mo un at­ti­mo a ve­der­ne il per­ché.
Sen­za en­tra­re di­ret­ta­men­te nel­le va­rie scrit­tu­re si po­treb­be de­su­me­re che, in ul­ti­ma ana­li­si, il mon­do nel qua­le sa­re­mo im­mer­si do­po tut­ta la scarr­rel­la­ta di espe­rien­ze qui sul­la ter­ra, rein­car­nan­do­ci o me­no, è fat­to di as­sen­za di de­si­de­ri, di pen­sie­ri, di spa­zio­tem­po, di per­so­na­li­tà ecc. per cui se vo­les­si­mo rag­giun­ger­lo dob­bia­mo smet­te­re di pen­sa­re, de­si­de­ra­re, es­se­re del­le per­so­ne e quin­di vi­ve­re del­la no­stra pie­na con­sa­pe­vo­lez­za as­so­lu­ta nel­la fe­li­ci­tà in­fi­ni­ta. Al­lo­ra se quel­le so­no le co­se da sa­cri­fi­ca­re on­de ot­te­ne­re la no­stra ve­ra na­tu­ra; vo­glio di­re se le co­se ef­fet­ti­va­men­te stan­no co­sì qual è il pro­ble­ma!? Mi sem­bra un buon scam­bio!
Ep­pu­re non è co­sì fa­ci­le co­me sem­bra ed ho l’im­pres­sio­ne che per la mag­gior par­te del­le “per­so­ne” ci si do­vrà ac­con­ten­ta­re dell’or­ga­smo uma­no. An­che per­ché non tut­ti pos­so­no ren­der­si con­to del­le lo­ro ef­fet­ti­ve po­ten­zia­li­tà.
I più si­cu­ra­men­te tro­ve­ran­no il mo­do di au­to com­mi­se­rar­si o di cre­der­si del­le vit­ti­me ri­sve­glian­do sen­si di col­pa an­ce­stra­li e co­mun­que, co­me non puoi con­vin­ce­re un leo­ne a non sbra­na­re una gaz­zel­la, al­lo stes­so mo­do non pos­sia­mo aspet­tar­ci dai no­vi­zi, al­le pri­me espe­rien­ze in cor­pi uma­noi­di, che si com­por­ti­no da evo­lu­ti. Ogni co­sa a suo tem­po.
In­som­ma! E’ pro­prio una que­stio­ne di gra­di di com­pren­sio­ne per cui è giu­sto che la vi­ta, nel suo in­sie­me, si evol­va at­tra­ver­so una se­rie di sta­ti di com­pren­sio­ne in­di­vi­dua­le al fi­ne di ot­te­ne­re una col­let­ti­vi­tà più con­sa­pe­vo­le di se stes­sa. Quin­di non so quan­to sia uti­le co­mu­ni­ca­re ad un bam­bi­no del­le scuo­le pri­ma­rie le no­zio­ni che so­lo all’uni­ver­si­tà si pos­so­no ca­pi­re, ed an­che se la no­stra na­tu­ra, il Dio in noi, non è ana­liz­za­bi­le per­ché a quel li­vel­lo non ci so­no con­cet­ti, e vi­sto che il pen­sie­ro non può var­ca­re quel­la so­glia, pos­sia­mo co­mun­que vi­ve­re la no­stra con­di­zio­ne, quel­lo che noi sen­tia­mo es­se­re la real­tà, pro­ce­den­do con una pre­di­spo­si­zio­ne all’ac­co­glien­za di nuo­vi oriz­zon­ti e nuo­ve ve­ri­tà.
Ades­so fac­cia­mo una pau­sa e ri­las­sia­mo­ci con un dol­ce, il Crè­me Ca­ra­mel o lat­te al­la por­to­ghe­se, e os­ser­via­mo­lo nel­la sua sto­ria per­ché i dol­ci, una vol­ta so­sti­tui­te le fa­ri­ne e gli zuc­che­ri raf­fi­na­ti con in­gre­dien­ti più con­so­ni all’ali­men­ta­zio­ne uma­na, so­no ve­ra­men­te de­li­zio­si e non so­lo al pa­la­to ma qual­che vol­te pu­re all’ani­ma.
Sem­bra che già a Ro­ma, due­mi­la an­ni or­so­no, si co­no­sces­se un dol­ce si­mi­le ma la con­te­sa odier­na di chi sia l’ar­te­fi­ce si di­spu­ta tra il Por­to­gal­lo e la Spa­gna. C’è chi poi fa ri­sa­li­re quel dol­ce pre­li­ba­to al­la fa­mi­glia De’me­di­ci ma chi lo sa! Bi­so­gne­reb­be tro­va­re una ma­ga che sap­pia leg­ge­re la sfe­ra di cri­stal­lo, tut­ta­via, co­me per le ori­gi­ni del dol­ce an­ch’es­sa dif­fi­cil­men­te sa­rà rin­trac­cia­bi­le.
Eb­be­ne, a mio pa­re­re la pri­ma vol­ta che fe­ce no­ti­zia un dol­ce co­sì buo­no fu in una co­mu­ni­tà del sud Ame­ri­ca al tem­po chia­ma­ta Le­mu­ria. Mol­tis­si­mi an­ni ad­die­tro, ma è una mia ipo­te­si.
Eb­be­ne, vi­sto che ab­bia­mo ac­cen­na­to di an­ti­che raz­ze e ci­vil­tà e vi­sto che l’ar­go­men­to di que­sto li­bro è l’or­ga­smo c’è da chie­der­si co­me fos­se il pia­ce­re di quel tem­po o co­me fa­ce­va­no l’amo­re gli Atlan­ti­dei; co­me con­si­de­ras­se­ro l’or­ga­smo i pri­mi es­se­ri uma­ni, ma an­cor più in­te­res­san­te è ve­ni­re a sa­pe­re di co­sa pen­sa­no le ci­vil­tà su­pe­rio­ri al­la no­stra, spar­se nel­la ga­las­sia. E’ or­mai ov­vio che non sia­mo so­li nell’uni­ver­so. Pe­rò è stra­no il fat­to che no­no­stan­te i me­dia si stia­no gra­dual­men­te apren­do ri­guar­do gli ex­tra­ter­re­stri e stia­no fa­cen­do tra­pe­la­re no­ti­zie ve­ro­si­mi­li ine­ren­ti l’esi­sten­za di ci­vil­tà ol­tre la no­stra, i dor­mi­glio­ni es­se­ri uma­ni non sem­bra­no aver ca­pi­to.
Be! Non c’è da sor­pren­der­si se le co­se non stia­no cam­bian­do nel­la men­ta­li­tà so­cia­le. Tut­ta­via ci so­no spe­ran­ze!
Co­mun­que, se non sa­ran­no le pa­ro­le di uno chef Zen ad ispi­ra­re il cam­bia­men­to ci pen­se­rà il de­sti­no a far­lo. Più vol­te è in­ter­ve­nu­to.
Be­ne, ora af­fron­tia­mo gli or­ga­smi de­via­ti, quel­li aber­ra­ti o ca­ver­ni­co­li. For­se non ci si pen­sa a que­sto fat­to ma met­tia­mo ca­so che tu sia un estre­mi­sta di qual­sia­si cre­do po­li­ti­co o re­li­gio­so e, per esem­pio, ti pia­ce ri­sol­ve­re i pro­ble­mi prio­ri­ta­ria­men­te con la vio­len­za, per cui ap­pog­gi fa­cil­men­te l’uso del­le ar­mi e per te le don­ne o gli uo­mi­ni so­no sem­pli­ci og­get­ti con i qua­li sfo­ga­re le pro­prie ani­ma­li­tà ; eb­be­ne, il ti­po di pia­ce­re du­ran­te un or­ga­smo pro­va­to da un si­mi­le in­di­vi­duo, e ri­pe­to so­no la mag­gior par­te de­gli es­se­ri uma­ni di que­sta no­stra ci­vil­tà, sa­rà si­cu­ra­men­te si­mi­le a quel­lo de­gli ani­ma­li. Ne più e ne me­no di quel­lo dei ca­ni, non vo­len­do man­ca­re di ri­spet­to a que­sti ul­ti­mi.
Ec­co! Que­sto ti­po di es­se­ri uma­ni quan­do ven­go­no se­le­zio­na­ti da scal­tre e de­mo­nia­che men­ti per far­li sa­li­re al po­te­re di na­zio­ni, poi, co­me è suc­ces­so nel ca­so del­la Ger­ma­nia o del­la Rus­sia, non ci si può aspet­ta­re un mon­do mi­glio­re. Per cui non sia­te trop­po cat­ti­vi nel pun­ta­re il di­to su que­ste sto­ri­che per­so­na­li­tà per­ché se fos­si­mo sta­ti noi al po­sto di co­sto­ro non sap­pia­mo che co­sa ne sa­reb­be ve­nu­to fuo­ri. Sem­pli­ce­men­te le co­se non po­te­va­no an­da­re al­tri­men­ti in ba­se ap­pun­to al li­vel­lo di evo­...

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