La vita rubata
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La vita rubata

Storia di Giuseppe Uva. Morto. Ma nessuno lo ha ucciso

Fulvio Mazza, Luigi Manconi

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Storia di Giuseppe Uva. Morto. Ma nessuno lo ha ucciso

Fulvio Mazza, Luigi Manconi

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La sera del 13 giugno 2008 due amici guardano una partita di calcio in tv; poi escono, bevono, schiamazzano per la strada. Vengono prelevati e portati in caserma dai carabinieri. La mattina dopo uno di loro, Giuseppe Uva, è in ospedale, morto. Ciò che è successo durante quella notte è diventato materia di un processo durato quasi dodici anni, al termine del quale la Corte di Cassazione ha deciso di assolvere gli imputati da tutte le accuse. Per la morte di Uva non c'è nessun responsabile.
Tra le migliaia di pagine di atti giudiziari, vengono pubblicate in quest'opera quelle attraverso cui la storia di Uva emerge nel modo più chiaro e attendibile. Ci sono, quasi come in un romanzo, i fatti successi per la strada, in caserma, in ospedale. Ci sono i personaggi: vittime, imputati, avvocati, magistrati. E ci sono la dignità, la vita e la morte del cittadino Giuseppe Uva.
"Una vita presa, strappata, buttata via, quella di Giuseppe Uva, rubata come fosse cosa di poco conto e di nessun valore, come il furto di un'autoradio o un qualunque altro reato ormai endemico nella vita notturna di una città". (Luigi Manconi e Valentina Calderone)
"Da questo testo, basato su atti giudiziari, emerge la storia di una donna tenace e coraggiosa: Lucia Uva. Che ha restituito l'onore al fratello Giuseppe". (Riccardo Noury)
Con il patrocinio di Amnesty International.

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Información

Una storia diversa

La procuratrice della Repubblica di Varese alla fine del processo ha chiesto l’assoluzione di tutti gli imputati, concordando con la difesa.
In fondo si è rivelata coerente con chi per otto anni l’ha preceduta nel trattare questa vicenda.
Ma un altro pubblico ministero, della Procura Generale di Milano, pensa che si debba fare chiarezza, che quella sentenza non possa essere accettata.
Non è quindi Varese ma Milano a proporre appello contro l’assoluzione degli otto uomini chiusi nella stanza con Giuseppe, quella notte.
Il pubblico ministero di Milano affida il suo pensiero anche a una nota scritta, contenuta negli atti del processo, che ripercorre tutta la vicenda.
È uno scritto stringente, denso di fatti, denso di precise citazioni giuridiche. Sembrerebbe scaturirne una storia diversa rispetto a quella che il Tribunale di Varese ha scritto.
Molte sono le affermazioni riprese dagli atti processuali, comprese le parole di Giuseppe, quasi le ultime prima di perdere conoscenza, quando in ospedale aveva cercato l’aiuto di una dottoressa del pronto soccorso: «Assassini, mi avete picchiato».
Qui di seguito il documento processuale del pubblico ministero di Milano 1 .





Note di udienza nel procedimento penale n. 56/16
CORTE ASSISE APPELLO C/ […] + 7




1. PREMESSA
Il mio ufficio ha proposto appello avverso la sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di Varese perché un fatto oggettivamente grave, come la morte di un uomo trattenuto non si sa a quale titolo presso una caserma dei Carabinieri, dopo avere ricevuto un accertamento appagante sotto il profilo dell’esclusione di un’eventuale colpa medica, non risulta accertato adeguatamente sotto il profilo del comportamento tenuto dalle forze dell’ordine.
Questo accertamento è stato carente in primo luogo per l’atteggiamento dei PM titolari del fascicolo – peraltro sanzionati disciplinarmente dal CSM ‒ quale si evince dalle videoregistrazioni delle sommarie informazioni rese ai PM ABATE e ARDUINI da BIGIOGGERO Alberto e […], che invito la Corte a visionare. Come pure invito la Corte a leggere la sentenza con la quale il Tribunale di Varese ha assolto […] dall’accusa di omicidio colposo in danno di UVA Giuseppe, nella quale alle pagg. 31 e segg. si dà atto della condotta intimidatoria del PM nei confronti del collegio peritale FERRARA-THIENE-DE MORI, per avere escluso ogni colpa medica nel decesso di UVA; addirittura il PM, oltre a denigrare il prof. FERRARA in relazione a un procedimento penale a suo carico definito con assoluzione piena, pretendeva di ricusare il prof. THIENE – inammissibilmente dopo che aveva espresso il suo parere preliminare – solo perché era stato consulente della parte civile nel noto processo ALDROVANDI.
Andando avanti, nell’istruttoria dibattimentale il Presidente della Corte ha consentito ai difensori degli imputati di massacrare letteralmente i tre testi fondamentali dell’accusa; in particolare, oltre ovviamente a BIGIOGGERO, anche le testimoni […] e […] sono state controinterrogate per diverse ore sulle pochissime circostanze rilevanti – alcune brevi frasi dette da UVA e dagli imputati – rispondendo a ogni domanda decine di volte fino allo sfinimento.
Infine la sentenza risulta talmente poco motivata da essere criticata perfino dalle difese degli imputati assolti, oltre a cadere in evidenti errori di diritto nelle pochissime pagine attinenti a questo processo. Come vedremo più analiticamente in seguito, nella sentenza i fatti vengono accertati così come riferiti dagli imputati, i quali non sono obbligati a dire la verità, anche nelle parti in cui divergono dalle dichiarazioni dell’unico testimone oculare BIGIOGGERO, il quale viene apoditticamente ritenuto inattendibile, come pure le testimoni di riscontro […] e […].




2. LE CAUSE DEL DECESSO DI GIUSEPPE UVA
Partiamo da un dato certo, perché accertato scientificamente dalla perizia espletata dal collegio THIENE-FERRARA-DE MORI nel procedimento penale a carico del medico […] acquisita agli atti, e cioè le cause del decesso di Giuseppe UVA. Tale perizia prevale pacificamente su ogni altro parere consulenziale in ragione della terzietà dei periti, delle numerose analisi sulle quali si basa, e per avere superato brillantemente il vaglio del contraddittorio dibattimentale.
I predetti periti, sentiti in questo processo come testi, dopo avere motivatamente escluso con certezza che i farmaci usati in pronto soccorso abbiano potuto avere un ruolo, anche minimale – e tale esclusione risulta confermata da sentenza passata in giudicato – hanno rilevato un preesistente grave quadro morboso cardiaco aritmogeno che però necessitava di un fattore scatenante capace di innescare l’aritmia letale.
A pag. 194 della perizia leggiamo che la morte è stata causata da una fibrillazione ventricolare instauratasi per il concomitante intervento dei fattori fisiopatologici descritti di seguito. Preesistente substrato aritmogeno identificato in prolasso mitralico con fibrosi dei muscoli papillari. Fattore scatenante o “trigger”, identificato in risposta neuro-ormonale da stress con elevata probabilità indotta da: stato di intossicazione etilica acuta; misure di contenzione fisica; lesioni traumatiche auto e/o etero prodotte. Pertanto sono stati identificati una patologia cardiaca acuta (fibrillazione ventricolare) ed uno stato di stress. Quest’ultimo ha svolto un ruolo causale nel determinismo della medesima patologia cardiaca acuta.
Nella sentenza […] si legge altresì che l’arresto cardiaco si è verificato durante il ricovero in psichiatria, quando il paziente era in uno stato di tranquillità/sedazione lieve. L’esperienza sulla morte improvvisa giovanile e negli atleti dimostra che molti decessi si verificano nella fase di recupero, quando si instaura uno squilibrio fra influenza simpatica e vagale, con prevalenza di quest’ultima in grado di aumentare l’automatismo ventricolare. Nel caso di specie, pertanto, l’evento aritmico fatale è insorto nella fase di risoluzione della tempesta emotiva, ovvero in corrispondenza della fase di recupero sopra descritta.
La causa della morte di Giuseppe Uva deve ritenersi certa nei termini richiesti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità medica. Infatti i periti parlano di elevata probabilità-quasi certezza in una materia, come la medicina legale, dove non esiste la certezza che caratterizza la matematica e la fisica.
A nulla rileva l’impossibilità di accertare l’efficacia causale di ciascuno dei fattori che compongono il trigger o fattore scatenante dell’aritmia letale (tempesta emotiva, traumi, intossicazione etilica), alla stregua del principio di equivalenza delle cause.
I periti hanno precisato in sede di esame dibattimentale nel contraddittorio dalle parti, prima nel processo […] e poi dinanzi alla Corte d’Assise di Varese, che:
1) dei tre fattori che hanno determinato il trigger, l’alcol ha avuto un ruolo trascurabile rispetto agli altri due, dal momento che secondo il perito prof. THIENE l’intossicazione… ovviamente di alto grado, non pari a questa ma molto di più, può al massimo dare una fibrillazione atriale, che non è letale; inoltre lo stesso perito riferisce che alle ore 9.15 UVA, dopo la sedazione, aveva ancora 100 bpm, dato significativo di una tempesta neurovegetativa molto violenta resistente alla sedazione;
2) per “contenzione fisica” i periti non hanno inteso la contenzione che si applica ai malati psichiatrici consistente nel legarli al letto, ma hanno inteso la locuzione in senso ampio, ricomprendendovi la privazione della libertà personale avvenuta tramite la cattura in strada, il trattenimento in caserma e il successivo trattamento sanitario obbligatorio.
Occorre pertanto ricostruire nei limiti del possibile la condotta degli odierni imputati nelle tre fasi successive svoltesi per strada, presso la caserma dei Carabinieri di via Saffi, e presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Circolo di Varese, per verificare se gli stessi abbiano concorso a determinare illegittimamente la tempesta emotiva che, inserendosi nel substrato morboso preesistente, determinò il decesso di UVA.


3. L’ATTENDIBILITA’ DEL TESTE BIGIOGGERO ALBERTO
La sentenza di primo grado ha escluso l’attendibilità dell’unico teste oculare BIGIOGGERO con la seguente testuale motivazione: prescindendo dalle sue condizioni personali, le contraddizioni che caratterizzano le sue dichiarazioni e l’affastellarsi di ricordi determinati non soltanto dalla sua diretta presenza ai fatti di causa ma anche dal dibattito mediatico e processuale che ne è seguito minano l’efficacia probatoria delle differenti versioni dei fatti offerte nelle diverse sedi. Non una parola di più!
Ritengo invece che il teste, nonostante i problemi psichiatrici e l’abuso di sostanze stupefacenti e di alcol, fosse perfettamente in grado di testimoniare – ferma restando la diversità tra capacità di testimoniare e attendibilità, sulla quale ci soffermeremo in seguito – come rilevato anche dal consulente della parte civile BOLLA Emilio. Quest’ultimo ha eseguito una consulenza psichiatrico-forense sulla capacità di testimoniare di BIGIOGGERO Alberto analizzando tutta la documentazione sanitaria in atti e le dichiarazioni rese nel presente procedimento penale, tenendo conto delle sue patologie psichiatriche e dell’abuso di sostanze. Viene innanzitutto confermata la diagnosi di disturbo borderline di personalità con poli-abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Tale disturbo, in assenza di degrado cognitivo o ritardo mentale di partenza, e di grave frammentazione psicotica mai rilevata nella documentazione sanitaria in atti, non influenza la percezione della realtà, ma determina esclusivamente anomalie comportamentali. BOLLA fornisce una spiegazione verosimile delle due circostanze in cui il BIGIOGGERO riferiva allucinazioni visive/uditive in assenza di altri sintomi psicotici, nell’aprile e ottobre 2013, quindi in epoca di molto successiva ai fatti per cui è processo e alle prime dichiarazioni sempre confermate. BOLLA ha motivatamente escluso ogni influenza della tendenza manipolatoria sulla capacità di testimoniare nel caso specifico, avendo rilevato nelle dichiarazioni del BIGIOGGERO l’assenza di qualsiasi forzatura e la disponibilità a riconsiderare in maniera dubitativa alcuni elementi riferiti in precedenza. Come pure ha escluso che le varie sostanze assunte da BIGIOGGERO prima dei fatti abbiano potuto alterare la sua capacità di ricordare i fatti, capacità che potrebbe essere stata acuita dallo spavento causato dall’intervento delle forze dell’ordine. Il consulente ha quindi evidenziato la tenuta psicologica del BIGIOGGERO sottoposto a oltre 3 ore e mezza di interrogatorio da parte di due PM evidentemente ostili e a due intere udienze di esame dibattimentale.
Le difese degli imputati non hanno efficacemente contraddetto il giudizio finale del consulente.
Sotto il diverso ma collegato profilo dell’attendibilità, la Corte potrà rilevare direttamente, leggendo i verbali e vedendo le videoregistrazioni in atti, che nel corso delle sue plurime, lunghissime e defatiganti dichiarazioni il teste BIGIOGGERO ha sempre mantenuto fermo il nucleo fondamentale della sua deposizione. Infatti le contraddizioni evidenziate dalla difesa nell’appello incidentale – che verranno analiticamente considerate nella ricostruzione del fatto – sono assolutamente marginali, ininfluenti e facilmente spiegabili con le modalità degradanti con le quali è stato interrogato dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari e dalla difesa degli imputati in sede dibattimentale.
Faccio mie le parole con le quali il GUP Giuseppe BATTARINO nell’ordinanza di imputazione coatta in data 11.3.2014 (non acquisita agli atti, ma la Corte potrà direttamente verificare, visionando la videoregistrazione delle SIT rese ai PM che il GUP non esagera affatto) ha così descritto e stigmatizzato l’interrogatorio di BIGIOGGERO Alberto in sede di indagini suppletive: nel corso dell’esame di Alberto BIGIOGGERO non vengono mosse contestazioni ma vi sono piuttosto affermazioni degli interlocutori che non servono al testimone a precisare o a integrare le sue precedenti dichiarazioni ma che portano all’effetto che egli le ritratti… La minaccia di incriminazione se non rende dichiarazioni conformi alle attese degli interlocutori è reiterata… Dopo quasi quattro ore di questa situazione Alberto BIGIOGGERO, un testimone di fondamentale importanza, che avrebbe potuto rendere dichiarazioni utili alle indagini suppletive, sarà ridotto a un relitto improduttivo… Alberto BIGIOGGERO, che è un soggetto palesemente vulnerabile, socialmente deprivato, semplice nelle espressioni, è stato sottoposto a un trattamento il cui elemento qualificante è la ricorrente modalità di vittimizzazione secondaria di un cittadino che ha ritenuto di denunciare dei comportamenti che riteneva illegali, a cui aveva personalmente assistito… la compromissione delle possibilità informative… deriva dall’averlo messo di fronte e cinque o più persone, trattenendolo per cinque ore e interrogandolo per quasi quattro con modalità che hanno prodotto la regressione, infantilizzazione del soggetto, mediante l’uso di espressioni che costantemente e se del caso con ciclicità ravvicinata ne ponevano in dubbio l’attendibilità su singoli elementi, l’attendibilità generale, la dignità personale; ciononostante in tutti i passaggi di siffatto esame, Alberto BIGIOGGERO, prima di arrendersi al trattamento, ribadisce gli elementi essenziali contenuti nella sua originaria denuncia.
Ritengo che queste modalità di interrogatorio, direttamente valutabili dalla Corte, integrino violazione dell’art. 188 c.p.p. che vieta metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. Per “metodi” si intendono i comportamenti tenuti da chi assume la prova, nel caso di specie sanzionati in sede disciplinare. La norma vuole tutelare non solo la dignità della persona, ma anche la sua attendibilità certamente pregiudicata dalle predette modalità di esame adottate nei confronti di un soggetto debole. Conseguenza di tale violazione non può essere che l’inutilizzabilità assoluta ai fini delle contestazioni dibattimentali, trattandosi di prova assunta in violazione di divieto stabilito dalla legge.
L’esame dibattimentale è durato per quasi due udienze. Non esprimo alcun giudizio sulle modalità con le quali BIGIOGGERO è stato esaminato dal PM, ma invito la Corte a leggere i verbali dibattimentali per verificare se il PM di udienza volesse davvero accertare la verità dei fatti. Per non parlare dei difensori degli imputati, che hanno potuto infierire senza alcun freno da parte del Presidente, il quale ha completamente perso il controllo del dibattimento assistendo impotente a frequentissimi battibecchi tra i difensori degli imputati e delle parti civili.
Il povero BIGIOGGERO dopo il trattamento subito dai dott. ABATE e ARDUINI appare quasi reticente, nel tentativo di districarsi tra le infinite contestazioni puramente defatigatorie su fatti del tutto irrilevanti (a titolo meramente esemplificativo, dove aveva dormito UVA nei giorni precedenti, i rapporti con i parenti, se, dove, da quanto lavorava, quanto guadagnava, gli orari della partita che avevano visto prima di uscire), su valutazioni non demandabili al teste, su contraddizioni solo apparenti perché derivanti da improprietà linguistiche del teste sulle quali i difensori hanno speculato in piena mala fede.
L’unico pregresso esame di BIGIOGGERO utile a ricostruire davvero i fatti è quello reso in sede di udienza preliminare al GUP SALA, unico soggetto terzo animato dalla volontà di accertare i fatti, dove il controesame era filtrato dal giudicante che poneva le domande proposte dalle parti.
Ebbene, nonostante tutto, le dichiarazioni di Alberto BIGIOGGERO sono rimaste, nel corso degli anni, sempre coerenti nel loro nucleo essenziale. Le discrasie rinvenibili tra l’una o l’altra occasione in cui egli è stato sentito – facilmente spiegabili con le modalità barbare con le quali è stato esaminato – riguardano dettagli circostanziali marginali, del tutto irrilevanti ai fini del giudizio di attendibilità di una testimonianza. Egli ha sempre descritto nella stessa maniera i fatti occorsi in strada, così come quanto da lui percepito in caserma (le urla di Uva, il comportamento di carabinieri e poliziotti). Le sue dichiarazioni hanno ricevuto decisivi riscontri esterni sui quali ci soffermeremo in seguito (le dichiarazioni della dr.ssa […], quelle di suo padre Ferruccio BIGIOGGERO, la registrazione della telefonata al 118, la denuncia-querela, etc.). Tutto ciò non può che comportare un giudizio di piena attendibilità delle sue dichiarazioni, anticipando comunque fin d’ora che la responsabilità degli imputati rimarrebbe pienamente provata anche senza tenerne conto.




4. LA CONDOTTA DELLE FORZE DELL’ORDINE IN STRADA
Nella ricostruzione del fatto mi limiterò alle circostanze effettivamente rilevanti, tralasciando quelle irrilevanti o già pacificamente accertate non bisognevoli di ulteriore approfondimento.
Contrariamente all’operato dalla Corte d’Assise, il fatto deve essere ricostruito sulla scorta della deposizione dei testimoni, e non delle dichiarazioni degli imputati i quali non hanno l’obbligo di dire la verità.
E partiamo da una circostanza fondamentale perché da essa si desume con assoluta certezza che gli imputati […] e […], appena riconosciuto Giuseppe UVA, decisero di dargli una lezione. In particolare l’imputato […], sempre descritto da BIGIOGGERO come quello più grosso, alto e con pochi capelli trasportato sulla gazzella, chiamò UVA e gli disse: UVA pro...

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