Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi
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Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi

Guido Tavassi

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Storia dell'animazione giapponese è il primo saggio che analizza in prospettiva storica tutto il complesso universo dell'animazione giapponese, comprendendo sia gli aspetti commerciali e industriali che quelli indipendenti e artistici.Ricco di dati aggiornati, il volume è nato con l'obiettivo di offrire a tutti - dai semplici appassionati d'animazione agli studiosi della materia - una fonte concentrata di informazioni corrette e verificate a vantaggio della futura letteratura scientifica e del dibattito critico sull'argomento.Con un saggio di Marco Pellitteri e la splendida cover illustrata da LRNZ

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Información

Editorial
Tunué
Año
2013
ISBN
9788867900640

VI/1.
Dai super robot all’anime boom
1971-1983

Gli anni Sessanta videro manifestarsi il miracolo economico giapponese in tutta la sua enormità e il 1970 fu un anno emblematico della trasformazione del paese. L’inaugurazione dell’Expo mondiale di Osaka sancì definitivamente l’era del consumismo di massa e le ideologie del passato, dopo lo sfaldamento della sinistra seguito alla sconfitta del movimento studentesco dello Zengakuren – che aveva lottato invano contro il rinnovo del trattato di sicurezza con gli Stati Uniti – e la conseguente nascita di settarie formazioni terroristiche come la Nihon sekigun (Armata rossa giapponese),1 consumarono materialmente il loro ultimo atto il 25 novembre, con il seppuku (suicidio rituale dei samurai) in diretta televisiva dell’intellettuale nazionalista di destra Yukio Mishima (1925-1970).2
Negli anni Settanta la superpotenza economica giapponese diede ulteriormente prova della sua forza, fronteggiando con grande efficacia sia la gravissima crisi petrolifera del 1973, sia una serie di colpi bassi sferrati dal governo americano guidato dal presidente Richard Nixon, artefice di un repentino raffreddamento delle relazioni economiche e diplomatiche tra USA e Giappone, che peraltro non impedì l’ingresso di quest’ultimo nel prototipo del cosiddetto G7 nel 1975, con il beneplacito dell’Europa.3 In particolare, proprio per ridurre la dipendenza della nazione dal petrolio mediorientale, la politica governativa optò per una riconversione dell’industria pesante in manifattura leggera a basso consumo energetico votata all’hi-tech, facendo così del Giappone un paese all’avanguardia nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie meccaniche, elettriche ed elettroniche.4 Tali cambiamenti, peraltro, non tardarono a riflettersi nelle tematiche degli anime televisivi, che, come presto si vedrà, in questo decennio tornarono a occuparsi in misura prevalente di fantascienza.

VI/1.1 Nel segno della fantascienza: super robot e variazioni sul tema

All’inizio degli anni Settanta anche il mondo dell’animazione entrò in una fase di grande fermento. Le vicende della Tôei appaiono in questo senso ancora una volta emblematiche. Al culmine delle tensioni sindacali sviluppatesi durante gli anni Sessanta e a causa delle incertezze sul futuro della divisione animazione, generate anche dall’impegno crescente del gruppo nella produzione di telefilm tokusatsu,5 tra il 1970 e il 1971 una parte degli animatori lasciò la Tôei Dôga. Tra questi Kazuo Komatsubara (1943-2000), Yasuo Ôtsuka e in ultimo Hayao Miyazaki e Isao Takahata, che si ritrovarono con Ôtsuka nello studio A Production (dal 1976 noto come Shin’Ei Dôga), commissionario della major Tôkyô Movie, venendo chiamati dapprima a succedere a Masaaki Osumi nella regia degli episodi di Lupin sansei (Lupin III; id. ),6 una breve serie televisiva che avrebbe lasciato il segno nella storia degli anime, e poi alla realizzazione dei due cortometraggi di Panda kopanda (‘Panda piccolo panda’), scritti da Miyazaki, diretti da Takahata e animati da Ôtsuka.

VI/1.1.1 L’immaginario fantascientifico di Gô Nagai

Alla Tôei Dôga, frattanto, dopo la diaspora di animatori l’azienda procedette a una radicale riorganizzazione del personale, effettuando decine di licenziamenti e riassunzioni a cottimo, e a una profonda ristrutturazione della produzione finalizzata ad abbassare i costi. Le scelte della dirigenza non furono però accettate passivamente e il 1972 fu un anno di nuove, durissime contestazioni sindacali, che portarono addirittura al blocco totale della produzione per ben tre mesi, dal 3 ottobre al 26 dicembre.7 Ciò nonostante lo studio, ricorrendo per la prima volta anche all’appalto di alcune lavorazioni all’estero, riuscì comunque a fare uscire due serie determinanti per il suo rilancio. Il primo frutto del nuovo corso fu la serie Devilman, nel luglio 1972, i cui 39 episodi furono realizzati in gran parte proprio da animatori andati via poco prima della riorganizzazione, tra i quali spiccò il citato Kazuo Komatsubara, che con la sua commissionaria Oh! Production si occupò del character design. L’anime, un thriller fantastico per bambini in cui l’umanità è minacciata dalla primordiale stirpe dei demoni, fu concepito per dare nuovo slancio all’animazione televisiva introducendo proprio le caratteristiche di maggior successo dei concorrenti tokusatsu8 e segnò anche l’inizio di una lunga e proficua collaborazione dell’azienda con il mangaka Gô Nagai (pseudonimo di Kiyoshi Nagai, n. 1945), a suo tempo già assistente di Shôtarô Ishinomori, e il suo studio Dynamic Kikaku.
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Mazinger Z, © 1972 Dynamic Kikaku/Tôei Animation.
La seconda serie prodotta dalla Tôei nel 1972 fu quindi la fantascientifica Mazinger Z (Mazinga Z), tratta ancora da un manga di Nagai; trasmessa a partire da dicembre, essa avrebbe avuto un impatto nel mondo dell’animazione giapponese del tutto inaspettato. Il canovaccio di un robot gigante pilotato dall’interno e dotato di fantasiose armi ipertecnologiche, un super robot baluardo a difesa di un Giappone e di un’umanità minacciati da un nemico terribile, sarebbe diventato, infatti, un vero e proprio archetipo continuamente ripreso negli anni a venire. In realtà, l’idea di un robot gigante alla base di un anime non era nuova, se si pensa alla già citata serie Tetsujin 28-gô del 1963, o ad Astroganger (Astroganga), prodotta senza troppa convinzione dalla Knack Production su un soggetto di Tetsuhisa Suzukawa e messa in onda appena due mesi prima dalla Nippon TV; tuttavia, in entrambi i casi il mezzo era disarmato e non era pilotato dall’interno, in quanto si trattava nel primo caso di un robot radiocomandato e nel secondo di un automa senziente che assorbiva letteralmente il suo piccolo pilota umano. Essere quindi un robot pilotato come un’automobile,9 dotato di armi potenti e – in piena crisi petrolifera – alimentato da un’energia pulita e praticamente inesauribile, fece evidentemente la differenza, visto che la serie durò per ben 92 episodi settimanali, con ascolti medi elevatissimi, e alimentò per la prima volta un redditizio merchandising di modellini, i cosiddetti chôgokin.10
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Da sinistra: Gô Nagai, Kazuo Komatsubara, Shingô Araki. © degli aventi diritto.
In effetti, fu proprio l’idea di evocare la simbiosi tra uomo e macchina, mettendo letteralmente l’uomo all’interno del corpo meccanico, che tanta eco avrebbe avuto in seguito.11 Mazinger Z fu la prima serie di una celebre trilogia formata con le successive Great Mazinger (Grande Mazinga) del 1974 e UFO Robot Grendizer (Atlas UFO Robot, in seguito anche UFO Robot Goldrake) del 1975, alla quale si affiancarono altri super robot anime di grande successo, quali Getter Robot (Space Robot) nel 1973, Getter Robot G (Jet Robot) nel 1975 e Kotetsu Jeeg (‘Jeeg d’acciaio’; Jeeg robot uomo d’acciaio) ancora nel 1975, tutti ideati da Gô Nagai e prodotti dalla Tôei.
Per le serie robotiche create con Nagai la Tôei mise a punto una perfetta strategia di marketing che coinvolse sia la carta stampata che il cinema. Se, da un lato, il manga di Mazinger Z ebbe scarso successo, tramite la rivista Terebi Magazine vennero d’altra parte gettate le basi del futuro fan service,12 con l’indizione di concorsi e il lancio di sondaggi tra i giovani lettori, chiamati di volta in volta a inventare i nomi dei vari mostri meccanici nemici (mecharobot),13 oppure a indicare le caratteristiche che avrebbero voluto vedere nel loro beniamino, come per esempio la capacità di volare, introdotta proprio a seguito di un sondaggio e presentata in anteprima nel mediometraggio cinematografico Mazinger Z tai Devilman (Mazinga Z contro Devilman), proiettato nell’ambito del manga matsuri dell’estate del 1973.
Proprio i cross-over cinematografici furono l’altro asso nella manica della Tôei, che tra il 1973 e il 1976 ne produsse circa una decina, tutti presentati nelle sue «feste dei manga» e caratterizzati da un’animazione semipiena di buon livello.14 Del resto gli anime scaturiti dalla collaborazione tra la Tôei e la Dynamic videro tutti la partecipazione di grandi professionisti quali, oltre al già citato Kazuo Komatsubara, i character designer e animatori Kazuo Nakamura e Shingô Araki, registi come Tomoharu Katsumata (n. 1938) e Masayuki Akihi (n. 1937) e i compositori Shunsuke Kikuchi (n. 1931) e Michiaki Watanabe (n. 1925).

VI/1.1.2 Non solo robot giganti: supereroi e astronavi

Sempre di genere fantascientifico, anche se con caratteristiche completamente diverse, fu un’altra apprezzata serie realizzata dalla Tôei in questo periodo, intitolata Miracle shôjo Limit-chan (‘Limit, la ragazza miracolosa’; Cybernella). Composta di 25 episodi, fu diretta nel 1973 da Takeshi Tamiya e Masayuki Akehi, su un soggetto originale di Shinji Nagashima e con i disegni e le animazioni sempre di Kazuo Komatsubara. Limit è un robot con le sembianze di una ragazzina di undici anni in cui il Dottor Nishiyama è riuscito a far rivivere la coscienza della figlioletta, morta in un incidente aereo, alla quale il robot è peraltro identico; lo scienziato dota, inoltre, Limit di particolari poteri sovrumani, come una smisurata forza e un’incredibile velocità, oltre alla possibilità di trasformare il suo aspetto in quello di una donna adulta; tuttavia, il robot non può abusarne per non esaurire anzitempo il suo già limitato ciclo vitale. La serie, il cui canovaccio iniziale è chiaramente mutuato da quello del tezukiano Astroboy, ma che introdusse per la prima volta l’archetipo dell’automa femminile (ginoide) e per di più con un termine vitale, fu anche una delle prime a essere realizzata con l’apporto di uno studio sudcoreano, in questo caso la Toki Pro, per far fronte, come detto, alla carenza di personale e per contenere i costi.
Il genere fantascientifico, soprattutto nella forma di quel vero e proprio sottogenere cosiddetto robotto creato da Gô Nagai, fu senz’altro preponderante nella produzione di animazione degli anni Settanta, dato che anche altri studi e autori si lanciarono con sempre maggiore convinzione nella realizzazione di serie caratterizzate da tecnologie e scenari futuribili, riprendendo, d’altro canto, ciò che stava avvenendo effettivamente nella realtà produttiva del paese.
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Time bokan, © 1975 Tatsunoko Production.
Tra gli altri la Tatsunoko, con autori come Tatsuo Yoshida e il fratello Ippei Kuri (pseudonimo di Toyoharu Yoshida, n. 1940), ebbe senz’altro un ruolo di grande rilievo, soprattutto in virtù di un’interpretazione assolutamente originale del genere, in qualche modo alternativa alla maniera del binomio Nagai/Tôei, che molta critica dell’epoca peraltro mal digeriva, in quanto ritenuta vuota, ripetitiva e priva di un vero spessore narrativo. Innanzitutto, la fantascienza della Tatsunoko prescindeva dall’elemento robotico puro per rifarsi direttamente al concetto di cyborg, un essere umano potenziato con parti biomeccaniche, già visto in animazione nella saga Cyborg 009 iniziata nel 1966 dalla stessa Tôei Dôga sfruttando un’idea di Shôtarô Ishinomori; in secondo luogo, il registro era senza dubbio drammatico, lasciando poco o nessuno spazio all’umorismo e alle gag, che invece caratterizzarono altre produzioni coeve della casa, a cominciare dalle fortunate serie del ciclo Time bokan (‘Macchine del tempo’), la prima delle quali, intitolata appunto Time bokan (La macchina del tempo), vide la luce nel 1975;15 infine venne introdotto, seppure sullo sfondo, il tema dell’ecologia e dell’inquinamento industriale, all’epoca già molto sentito in Giappone.16 Serie come Kagaku ninjatai Gatchaman (‘La squadra scientifica ninja Gatchaman’; La battaglia dei pianeti) del 1972 e la cosiddetta chôjin sanbusaku (‘trilogia dei superuomini’), formata dalle serie Shinzô ningen Casshern (‘Il nuovo uomo Casshern’; Kyashan, il ragazzo...

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