Il cavaliere che aveva un peso sul cuore
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Il cavaliere che aveva un peso sul cuore

Una storia indimenticabile per ritrovare la felicità e la serenità

Marcia Grad Powers

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  1. 256 páginas
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Il cavaliere che aveva un peso sul cuore

Una storia indimenticabile per ritrovare la felicità e la serenità

Marcia Grad Powers

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La vita tante volte ci sorprende, e non sempre le novità hanno i colori dell'arcobaleno. Spesso portano con sé nubi tempestose che preferiremmo di gran lunga far sparire dall'orizzonte. Duke lo sa bene. Lui che è un cavaliere amato e rispettato, e come cacciatore di draghi non ha eguali. La sua vita è perfetta e fatta solo di granitiche certezze. Ma un giorno accade qualcosa di inspiegabile e inaspettato, qualcosa che neanche con tutta la sua forza può impedire: Allie, sua moglie, lo lascia senza che lui riesca a capirne la ragione, mentre suo figlio Johnny delude ogni speranza che aveva riposto in lui. "Perché tutto questo capita proprio a me?" si chiede Duke sconsolato, incapace di accettare questi cambiamenti e frustrato dall'impossibilità di far tornare le cose come prima. Ma combattere contro ciò che è ineluttabile non fa che renderci depressi, stressati, furiosi. Il cuore si appesantisce fino a diventare una zavorra che trascina a fondo ogni energia, e il futuro si dipinge di tinte sempre più fosche. Come imparerà Duke intraprendendo il suo viaggio sulla Via della Serenità, si può essere felici anche se le cose non vanno esattamente come programmato, basta saperle guardare da un altro punto di vista, perché spesso persino le avversità nascondono doni inaspettati. E accettare ciò che non si può cambiare, per concentrarsi su quello che invece dipende dalla nostra volontà è il primo passo per ritrovare la serenità. Una favola rivelatrice, capace di regalare a ognuno di noi il segreto della vera felicità.

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Información

Año
2010
ISBN
9788858501146

1

I guai del cacciatore
di draghi

Molto tempo fa, in una terra lontana lontana, viveva un famoso cacciatore di draghi di nome Duke. Era veloce come il fulmine e forte come il tornado, e gli bastava un unico affondo di spada per sgozzare anche il più feroce dei draghi. Non c’era da stupirsi, quindi, che tra i cacciatori fosse il numero uno, esattamente come erano stati suo padre e il padre di suo padre prima di lui.
Ogni giorno lo si vedeva sfrecciare sulle strade lastricate a bordo della sua dragomobile rosso fiammante, tirata da una pariglia di magnifici cavalli bianchi. Il suo fedele compagno a quattro zampe Prince gli stava sempre accanto e abbaiava furioso ai contadini perché si facessero da parte al suo passaggio. La gente lo salutava con la mano e ammirava quel grande eroe indomito che correva come il vento. Anche quando non era in missione, Duke era sempre a bordo della dragomobile, pronto a intervenire in caso d’emergenza.
Era un eroe senza macchia e senza paura, l’uomo perfetto, il sogno di ogni fanciulla. O almeno, questo è ciò che dichiaravano le donne quando lo vedevano per la prima volta.
Se non era in servizio, il suo passatempo preferito era bighellonare all’Emporio degli Eroi per curiosare tra gli ultimi ritrovati della tecnica per sgozzare draghi, oppure tirare tardi al bancone del bar, a scambiarsi aneddoti e pettegolezzi con i colleghi eroi. Qualche volta, nei fine settimana, portava all’emporio anche suo figlio. Un sabato pomeriggio, padre e figlio si erano accomodati al bar a sorseggiare il solito mega frullato speciale accompagnato da biscottini al cacao macho, mentre accanto a loro i compagni di Duke rievocavano episodi del passato e raccontavano dei draghi che avevano sconfitto, dei contadini che avevano salvato, degli incendi domati e degli interventi di primo soccorso prestati in casi di emergenza.
Duke si avvicinò a Jonathan per una confidenza: «Ogni volta che ti porto qui, Johnny, non posso fare a meno di pensare a quanto fossi emozionato quando mi sedevo a questo stesso bancone con mio padre e con mio nonno e sentivo i racconti di straordinarie avventure, proprio come fai tu adesso».
«Lo so, papà» fece Jonathan con un sorriso forzato. «Ma ho dei compiti da finire. Non potremmo andare adesso?»
«Oh, be’, certo... se preferisci» replicò Duke, deluso da quella mancanza di entusiasmo.
Mentre uscivano, Duke indicò uno spazio vuoto vicino ai grandi ritratti che raffiguravano lui, suo padre e suo nonno in bella mostra sulla Parete della Gloria degli Eroi. «Ricordati Johnny, un giorno lì ci sarà anche il tuo ritratto» dichiarò con orgoglio.
Jonathan annuì e si diresse spedito verso l’uscita, senza neppure alzare la testa.
Duke sospirò e si voltò per lanciare un’ultima occhiata ai quadri, ricordandosi con quanta impazienza avesse atteso quel grande momento, quando suo padre, anni prima, aveva indicato il muro e aveva rivolto quelle stesse parole a lui.
“La profezia di mio padre si è avverata” pensò Duke, “e lo stesso accadrà per la mia!”
La mattina dopo, Duke sedeva al tavolo della colazione con sua moglie, intento a sfogliare il «Corriere del Regno». Sentendosi osservato, alzò gli occhi e notò in lei uno sguardo carico di aspettative.
«Cosa c’è, Allie?» chiese.
«Niente, stavo pensando...» mormorò lei.
Duke tornò a scorrere il giornale. «Pensando a cosa?»
«A come è possibile che ti ami così tanto quando in realtà ti conosco pochissimo.» La sua voce ebbe un tremito leggero.
«Oh, Allie, non ricominciare, per favore.»
«Ma se non parliamo mai!»
«Che cosa?» Duke abbassò il giornale. «A me sembra che non facciamo altro. Anche adesso stiamo parlando, no?»
«Te l’ho già detto: non parliamo mai delle cose davvero importanti. La metà delle volte che provo a dirti quello che succede qui, la tua mente è altrove e vaga in un altro mondo.»
«Ma cosa stai dicendo, Allie?» Duke sembrò spaventato. «Il mio mondo siete voi: tu e Johnny. Questo lo sai.»
«Certe volte non si direbbe. Vorrei che fossimo più vicini. Vorrei conoscere il vero Duke: quello che tieni nascosto dietro la veste del cacciatore di draghi.»
«Lo sai che non sono bravo per certe cose.» L’uomo gonfiò orgoglioso i bicipiti e le rivolse un sorriso: «Dài, Allie, toccami i muscoli come facevi da ragazza».
Allie abbassò la testa per nascondere le lacrime che le riempivano gli occhi. Duke le si avvicinò per stringerla in un abbraccio ma lei lo respinse. «Non è necessario essere sempre forti» protestò.
«Be’, ma io sono così: un eroe rude e coraggioso che uccide i draghi. Te lo sei dimenticato?»
Allie sospirò. «Sei esattamente come tuo padre: sempre convinto di sapere cosa bisogna fare!»
«E cosa c’è di male? Non mi sembra che mia madre si sia mai lamentata. E poi, non è che sono cambiato: io sono quello di sempre, lo stesso di cui ti sei innamorata. Dài Allie, lo sai anche tu che non mi vorresti in nessun altro modo!»
Allie sollevò le braccia al cielo, scoraggiata e sbottò: «Uffa, tanto non capisci!». Poi si alzò di scatto e uscì dalla stanza.
Duke balzò in piedi e le corse dietro. «È vero, Allie. Non capisco! Io sono come sono e tu non dovresti insistere per farmi diventare una persona diversa. Non è giusto!»
«Allora, se non è giusto, perché tu non fai altro che cercare di trasformare Jonathan in qualcuno che non è lui?» strillò, prima di chiudersi alle spalle la porta della camera da letto.
Duke si accasciò sulla prima sedia che trovò. «Le donne...» commentò esasperato. Suo padre aveva ragione: è più facile sgozzare un drago che capire una donna!
La distanza tra Duke e Allie si fece via via più grande finché, un giorno, lei non ne poté più: «Mi sento così sola quando sei qui che è come se tu non ci fossi. Non lo sopporto più!».
Gli disse di raccogliere tutta la sua attrezzatura da eroe, i trofei, i premi e soprattutto le sue certezze su come vadano fatte o non fatte le cose, di prendersi il cane, caricare tutto sulla sua dragomobile e andarsene a vivere le proprie avventure senza di lei.
Duke si indignò. «Ma noi due siamo una coppia perfetta, Allie» ribatté. «Lo sai anche tu. E poi lo dicono tutti!»
Eppure Allie fu irremovibile.
Il dolore lo ferì come un colpo di spada. Con rabbia impacchettò la sua roba e riempì vari bauli che trascinò uno alla volta fino alla dragomobile. Saltò a bordo, chiamò Prince con un fischio e partì. «Non dovrebbe andare così» mormorava. «Non è giusto. È orribile. È una cattiveria bella e buona. Non doveva trattarmi in questo modo.»
Correndo sulle strade acciottolate, Duke borbottava tra sé e sé. Attraversò la piazza, continuando a mugugnare. Viaggiò e protestò a lungo, finché non arrivò a un castelluccio da scapoli perfettamente ammobiliato che prese in affitto, appena fuori città.
Con Prince che gli gironzolava tra le gambe, scaricò i bagagli, recriminando senza tregua per come Allie gli stesse rovinando la vita. Perché si comportava così? Per anni non aveva fatto che proteggerla dai pericoli e dalle paure che lui doveva affrontare quotidianamente, e quello era il ringraziamento?
Quando finì, dette un’occhiata al salone ingombro delle casse che contenevano i suoi magnifici attrezzi da eroe, i suoi meritati trofei, i premi e gli altri suoi averi, tutti sparpagliati sul pavimento di un castello con il quale non c’entravano niente.
Scosse la testa. «Mi hai messo in un gran brutto pasticcio, Allie» brontolò tra sé e sé. Poi iniziò a mettere in ordine, mentre Prince entrava e usciva da ogni stanza annusando qua e là per familiarizzare con la nuova casa.
Irritato dal fatto di non aver avuto il tempo di etichettare i bauli, Duke sollevò il coperchio del primo e ci guardò dentro. In cima a tutto spiccava la fodera porpora che custodiva una spada speciale. Era quella che aveva fatto forgiare appositamente per Jonathan, come regalo per il suo tredicesimo compleanno. La prese in mano e sfilò l’arma. Sotto l’impugnatura d’avorio intagliato c’erano incise le iniziali di suo figlio. Duke guardò quell’oggetto con ammirazione: quella spada sarebbe stata l’orgoglio di qualunque cacciatore di draghi.
Pensando a suo figlio, la rabbia si trasformò in tristezza. Sentiva già nostalgia: Jonathan gli mancava tanto, anche se ultimamente stargli accanto era particolarmente esasperante. Convincerlo ad andare alle lezioni di scherma e giavellotto diventava sempre più difficile, e non gli piaceva neppure farsi un giro all’Emporio degli Eroi. Perché? Duke era perplesso. “A qualunque ragazzo della sua età quelle cose piacciono da impazzire!”
Con lo stomaco sottosopra come burro nella zangola Duke rimise a posto la spada e prese a camminare avanti e indietro, parlando a voce alta e facendo scrocchiare le dita. Si sforzava di pensare e intanto camminava e si tormentava le mani in continuazione.
Sempre entusiasta di un’opportunità di fare due salti in più, Prince lo seguiva avanti e indietro. Ovviamente il percorso non era dei più facili, perché la stanza era zeppa di bauli.
«In questo momento dovrei essere a casa mia. Quello è il mio posto» protestava Duke. «Dovrei essere là e insegnare a mio figlio a compiere il proprio destino! Come faccio a metterlo sulla strada giusta se neppure abitiamo nello stesso castello?»
I passi si facevano sempre più rapidi e la voce saliva di tono: «Qualcuno dovrà pur portare agli allenamenti quel giovane cacciatore di draghi che è ancora così inesperto e pigro. Come farò?».
All’improvviso Duke notò una strana oppressione al petto. Scelse di ignorarla, sperando che sarebbe scomparsa da sola, ma nel corso della serata, mentre disfaceva i bagagli e, di tanto in tanto, si interrompeva per camminare, scrocchiare e protestare ancora un po’, quella sensazione si fece sempre più forte.
La mattina dopo, quando all’alba si svegliò, il peso che avvertiva sul petto era così opprimente che pensò che Prince gli si fosse addormentato addosso. E invece no: il suo fedele compagno era steso accanto a lui. «Oh, perfetto!» dichiarò. «Mi ci voleva proprio una bella malattia. Ed è tutta colpa di Allie! Mi ha sbattuto fuori dal mio castello e ora mi sento male!»
Come si scoprì in seguito, il cacciatore di draghi non si era ammalato, eppure quella sensazione non se ne andava. Gli mancava suo figlio, il fatto di vederlo svegliarsi la mattina e andare a letto la sera, e, per quanto fosse arrabbiato con Allie, sentiva nostalgia anche di lei, del loro castello e della loro vita insieme.
Vivere da solo non sarebbe stato facile, ma dopo qualche tempo decise che si sarebbe sforzato di provarci.
Non passò molto tempo che Duke iniziò a uscire con Cindy, una delle cameriere bionde e dalle lunghe ciglia del bar dell’emporio, tutte ammiratrici sfegatate degli eroi. La nuova relazione riuscì ad alleggerire in parte la pesantezza che lo tormentava.
Certo che il loro rapporto stesse andando a gonfie vele, Duke rimase di stucco quando, dopo mesi di assidua frequentazione, Cindy cominciò a protestare perché lui non le parlava, non le parlava seriamente, e lei era arcistufa di tentare di capirlo.
In una tiepida serata estiva, Cindy e Duke erano andati a vedere uno spettacolo musicale dei Trovatori itineranti all’Antico teatro all’aperto, nella piazza principale della città.
Al momento dell’intervallo, Duke si rivolse alla ragazza: «Non hai aperto bocca da quando sono venuto a prenderti, e ogni volta che ti sfioro la mano la ritrai. C’è qualcosa che non va?».
Un’espressione addolorata deformò i graziosi lineamenti di Cindy: «Niente».
«Dài, Cindy» insistette Duke. «Dimmelo.»
«Non è il posto né il momento adatto» sussurrò lei. «Avevo pensato di parlartene dopo.»
«Non ho intenzione di andare avanti così tutta la sera. Dimmelo adesso.»
Le parole che Cindy tratteneva da tempo sgorgarono come un fiume in piena: «Non posso andare avanti così. Bevo più liquore di quello che servo ai clienti. A me non basta un supereroe da ammirare. Io voglio di più!».
«Credevo che ti piacessero gli eroi forti, rudi e coraggiosi» replicò Duke gonfiando per gioco i bicipiti.
«Sì, è vero, mi piacciono. Ma non mi basta.»
Lui cercò di stringerla a sé, ma Cindy con un singhiozzo si allontanò. «Tanto non capisci!»
Duke fu pervaso da una sensazione spiacevole e, purtroppo, ormai familiare. «Ascolta Cindy, io sono come sono. Non dovresti cercare di farmi diventare qualcuno che non sono. Non è giusto.»
«Be’, non è giusto neppure che io mi senta sola insieme a te esattamente come quando non ci sei. È così, Duke, grande cacciatore di draghi: fra noi è tutto finito.»
«Ma...»
«Puoi dire quello che vuoi ma non cambierò idea!» annunciò con enfasi. «E non cercarmi più all’Emporio degli Eroi. Ho bisogno di cambiare aria. Me ne andrò alla Spiaggia dei Tipi da spiaggia. Ho sentito dire che per una ragazza non esiste un posto migliore per scacciare la tristezza.»
Quindi si alzò, strinse la borsetta sotto il braccio e, scostando un ciuffo biondo con un secco movimento della testa, uscì dalla sua vita.
Quando tornò a casa, nel suo castello da scapoli, Duke iniziò a marciare con furia avanti e indietro facendo scrocchiare le dita con furore. Le parole di Cindy gli risuonavano in testa.
«Non ci posso credere!» gemette. «Non è giusto! Perché capita ancora a me? Non avrei mai dovuto fidarmi un’altra volta di una donna. Sono stato un idiota a farmi abbindolare di nuovo!»
All’improvviso udì nella propria mente le parole di Allie, così nitide che pareva che sua moglie fosse lì davanti a lui. Si tappò le orecchie cercando di far tacere le voci delle due donne, ma non funzionò. Allora si mise a gridare più forte di loro, ma era come se quelle facessero di tutto per sovrastarlo.
«Basta!» strillò. «Con le donne ho chiuso! Ti cadono ai piedi e all’improvviso – bam – vogliono cambiarti. Prima ti cercano in un modo e poi ti vogliono in un altro e, comunque sia, sei sempre tu nel torto. Ah, ma per me è finita: non ci casco più!»
Sbraitò e inveì contro Cindy e contro Allie finché ebbe un briciolo di forza in corpo. Poi si infilò a letto, con il cuore più pesante che mai.
Giorno dopo giorno quel senso di pesantezza si ingigantiva, mentre le sue energie andavano affievolendosi; allo stesso tempo si sentiva sempre più scontento. Ordinò alla tristezza di abbandonarlo, ma quella non si lasciò intimidire.
Di notte, l’oppressione al petto lo teneva sveglio e Duke si girava e rigirava per ore, preoccupato e pensoso. Durante il giorno era perennemente stanco e fu costretto a prendere l’abitudine di schiacciare un pisolino, faccenda piuttosto complicata durante le battute di caccia al drago! Provò ad andare a letto prima la sera, ma questo servì solo a far sì che restasse sveglio più a lungo a preoccuparsi.
Alla fine, stremato, il grande cacciatore di draghi si risolse a chiedere aiuto e prese un appuntamento con il medico di corte.
«Non ce la faccio più ad andare avanti!» sbottò. «Devi scoprire cos’ho e farmi bere una delle tue pozioni che mi faccia tornare come prima.»
Il medico lo visitò dalla testa ai piedi e infine sentenziò: «Hai una salute di ferro!».
«Salute di ferro? E allora cosa c’è qui sopra?» Duke si batté il petto con il pugno.
«Mi piacerebbe poterti aiutare» ribatté il dottore con gentilezza. «Ma non esiste una med...

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