Inside Out - 1. Se fossi te
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Inside Out - 1. Se fossi te

Lisa Renée Jones

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  1. 288 páginas
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Inside Out - 1. Se fossi te

Lisa Renée Jones

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Sara McMillan, una giovane insegnante di inglese, si ritrova per caso a occuparsi di un vecchio magazzino abbandonato, dove recupera i diari segreti di una ragazza di nome Rebecca. Tremendamente incuriosita, Sara comincia a leggere, ma il contenuto di quelle righe la intriga e la sconcerta al punto da non riuscire a smettere. Si tratta infatti di diari erotici in cui Rebecca ha descritto nel dettaglio le sue performance sessuali con un uomo che la dominava. Sara è turbata ed eccitata al tempo stesso: la vicenda la sta coinvolgendo e decide che vuole sapere di più su questa sconosciuta e restituirle i diari. Si reca dunque alla galleria d'arte dove la donna lavorava, ma nessuno sa darle informazioni precise: Rebecca sembra essere scomparsa. Cosa può esserle successo? Basandosi su quanto raccontato nei diari, che però si interrompono di colpo, Sara ritiene che la donna sia in pericolo ed è determinata a portare avanti la sua ricerca ma, senza accorgersene, si trova a ripercorrere gli stessi passi della vita di Rebecca, che piano piano si sovrappone alla sua. Inizia infatti a frequentare assiduamente la galleria d'arte in cerca di qualche indizio e, senza preoccuparsi di finire nei guai, stringe amicizia con Mark, il proprietario, e con Chris, un famoso artista, entrambi molto sexy e attraenti. Quale di loro sarà l'uomo tenebroso e all'apparenza capace di tutto descritto nei diari? Riuscirà Sara a resistere al loro fascino senza perdere di vista la sua missione? Pericolo, suspense, mistero e scene erotiche infuocate sono gli ingredienti di questa storia intrigante e seducente che coinvolgerà nel profondo i lettori fino a trasformarli, inevitabilmente, in voyeur.

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Información

Editorial
Mondadori
Año
2013
ISBN
9788852043673

1

Mercoledì, 7 marzo 2012
Pericoloso.
Per mesi, nei miei sogni e incubi, ho visto la perfezione con cui lui incarna questa parola. Mondi onirici in cui avverto il suo odore mascolino, in cui sento il suo corpo possente contro il mio. Assaporo il suo gusto dolce e sensuale, come il cioccolato al latte, il morbido invito a lasciarmi andare a un altro morso ancora. E poi un altro. Tanto che ho dimenticato che c’è un prezzo da pagare se ci si lascia troppo andare. C’è un prezzo. C’è sempre un prezzo. Questa lezione di vita mi è stata ricordata sabato sera. E ora so che, per quanto lui dica, per quanto lui faccia, non posso più vederlo, e non lo rivedrò.
Con lui è iniziato tutto come una qualsiasi avventura erotica. Imprevedibile. Eccitante. Non ricordo nemmeno quando le cose si sono messe male. Quando la storia ha preso una piega così oscura.
Mi ha ordinato di spogliarmi e sedermi sul materasso, contro la testiera del letto, le gambe spalancate per non opporre ostacoli al suo sguardo. Nuda di fronte a lui, esposta, mi sentivo vulnerabile e tremavo di desiderio. Mai nella mia vita ho preso ordini da un uomo; certo non avrei mai pensato di tremare per niente e nessuno. Per lui, invece, l’ho fatto.
Sabato sera ho capito una cosa: quando sono con lui, sotto il suo incantesimo, potrebbe chiedermi qualsiasi cosa, e io obbedirei. Potrebbe spingermi fino al limite, in luoghi inauditi che mai avrei pensato di visitare. Ed è proprio per questo che non posso rivederlo mai più. Mi fa sentire posseduta, e la cosa più sconcertante di questa sensazione è che mi piace. Non me ne capacito, eppure mi fa impazzire. Quando l’ho visto in piedi accanto al letto, sabato sera, con i muscoli tesi e vigorosi, il membro proteso in avanti, non ho provato altro che desiderio.
Era uno splendore. Senza dubbio l’uomo più bello che abbia mai conosciuto. Di colpo, una voglia irresistibile mi è esplosa dentro. Volevo sentirlo vicino, volevo che mi toccasse. Volevo toccarlo. Ma ho imparato a non farlo senza il suo permesso. E ho imparato a non implorarlo di lasciarmelo fare.
È una lezione che ho tratto dai nostri incontri passati. Gli piace fin troppo la vulnerabilità di una donna che lo implora. Gli piace rifiutarmi il piacere finché il mio corpo non è quasi scosso dalle convulsioni. Finché non sono inondata di lacrime ed eccitazione. Gli piace esercitare questo potere su di me. Gli piace avere tutto sotto controllo. Dovrei odiarlo. A volte, invece, penso di amarlo.
La benda avrebbe dovuto farmi capire che stavamo andando verso un punto di non ritorno. A ripensarci, credo sia stato così. L’ha gettata sul letto come una sfida, e subito un brivido mi ha percorso la spina dorsale. L’idea di non poter vedere cosa mi succedeva avrebbe dovuto eccitarmi, e infatti mi ha eccitato. Ma per ragioni che sul momento non capivo, mi ha anche spaventato. Avevo paura, esitavo.
Questo non gli ha fatto piacere. Me l’ha comunicato, con quella sua profonda, intensa voce da baritono che mi fa tremare senza controllo. Il bisogno di compiacerlo era così travolgente che mi sono bendata gli occhi.
Sono stata ricompensata da un movimento del materasso. Lui stava venendo da me. Ho capito che presto sarei venuta anch’io. Le sue mani sono scivolate possessive sui miei polpacci, lungo le cosce. E quel maledetto si è fermato appena prima della fonte della mia voglia.
Quello che è seguito è stato un vortice oscuro di sensazioni. Mi ha fatto sdraiare. Sapevo che pochi istanti mi separavano dalla beatitudine. Presto sarebbe entrato dentro di me. Presto avrei avuto ciò di cui avevo bisogno. Invece, con mio grande disappunto, si è allontanato.
È stato allora che ho sentito una porta che si chiudeva. Mi sono alzata di colpo a sedere, e ho chiamato il suo nome, temendo che se ne fosse andato. Certa di aver fatto qualcosa di sbagliato. Poi ho provato sollievo quando la sua mano si è posata sulla mia pancia. Avevo solo immaginato lo scatto della porta. Doveva essere così. E tuttavia, non potevo non avvertire il sottile cambiamento nell’atmosfera, il desiderio violento e la minaccia che occupavano la stanza, e sembravano non appartenere a lui. Ho subito dimenticato quel pensiero quando si è messo in mezzo alle mie cosce, alzandomi le braccia sopra la testa con le sue mani forti, il fiato caldo sul mio collo, il suo corpo pesante, perfetto.
In qualche modo, una cravatta di seta mi è stata avvolta intorno ai polsi e mi sono trovata con le braccia legate alla testiera del letto. Non mi è mai passata per la testa l’idea che potesse non averlo fatto da solo. Che lui, essendo sopra di me, non potesse manipolarmi le braccia. D’altra parte, stava manipolando il mio corpo, la mia mente, e io ero una vittima consenziente.
Si è allontanato da me, e io ho iniziato a gemere perché non lo sentivo più vicino. Ancora silenzio. E il contatto leggero di una stoffa. Altri suoni strani. Sono passati alcuni secondi interminabili, e ricordo il gelo che ho sentito diffondersi in tutte le membra. La sensazione di terrore che mi ha stretto lo stomaco.
Infine, il momento che di certo ricorderò fino alla morte. Il momento in cui l’acciaio di una lama ha toccato le mie labbra. Il momento in cui lui mi ha assicurato che c’era piacere nel dolore. Il momento in cui la lama mi ha sfiorato la pelle, come prova che avrebbe mantenuto la promessa. Allora ho capito di essermi sbagliata. Non era pericoloso. Non era come il cioccolato. Era letale, una droga, e io ho avuto paura...
Un colpo alla porta del mio appartamento mi strappa alle sensuali parole del diario che sto leggendo, e per un soffio non lo getto per terra. Oppressa dal senso di colpa, lo chiudo e lo ripongo sul semplice tavolino di legno di quercia dove era stato lasciato la sera prima dalla mia vicina e intima amica Ella Ferguson. Non avevo intenzione di leggerlo. È solo che... l’ho trovato lì. Sul tavolino. L’ho aperto tanto per fare, e sono rimasta così sconvolta che stentavo a credere che fosse davvero opera della mia dolce, cara Ella. Sono andata avanti a leggere. Non riuscivo a smettere, e non sapevo perché. Era assurdo. Io, Sara McMillan, sono un’insegnante delle scuole superiori e non ho l’abitudine di violare la privacy altrui, né amo questo genere di letture. Continuo a ripetermelo mentre vado alla porta, ma non posso ignorare la sensazione di calore al basso ventre.
Prima di aprire, mi porto le mani alle guance, certa che siano in fiamme, sperando che, chiunque sia, desista. Mi riprometto che in quel caso non leggerò più il diario, ma dentro di me so che la tentazione sarà troppo forte. Dio santo, mi sento come sembrava sentirsi Ella vivendo quella scena: come se aspettassi un istante ancora più eccitante del precedente, e poi un altro. Certo, una donna di ventotto anni non dovrebbe stare troppo tempo senza fare sesso. La cosa peggiore è che ho violato l’intimità di una persona a cui voglio un gran bene.
Un altro colpo alla porta e mi rendo conto che non c’è niente da fare, il mio visitatore non se ne andrà. Mi riscuoto e abbasso il bordo del semplice vestito azzurro che indosso ancora dalla lezione di inglese di oggi, l’ultima della sessione estiva per la seconda liceo. Dopo un bel respiro, apro la porta e una raffica della tipica brezza serale di San Francisco mi scompiglia i capelli bruni sfuggiti allo chignon. Grazie al cielo raffredda anche la mia pelle febbricitante. Cosa mi sta succedendo? Come può un diario avermi scosso così nel profondo?
Senza aspettare che la inviti ad accomodarsi, Ella entra in casa in una nuvola di profumo alla vaniglia e di vaporosi ricci fulvi.
«Eccolo» dice Ella, prendendo il diario dal tavolino. «Ero sicura di averlo lasciato qui.»
Chiudo la porta, certa di avere ancora le guance paonazze al pensiero che adesso so più di quanto dovrei sulla vita sessuale di Ella. Ancora non capisco cosa mi abbia spinto ad aprire il diario, cosa mi abbia indotto a continuare a leggere. Cosa mi faccia desiderare, perfino adesso, di leggerne ancora.
«Non me n’ero accorta» dico, e vorrei ritirare la bugia nel momento stesso in cui la pronuncio. Odio dire bugie. Ho avuto la mia dose di persone abituate a dirle e so quanto possano essere deleterie. Non mi piace per niente la facilità con cui questa mi è scivolata dalle labbra. In fondo si tratta di Ella che, nell’ultimo anno, da mia vicina è diventata la mia confidente, la sorellina che non ho mai avuto. Insieme formiamo la famiglia che nessuna delle due ha o, piuttosto, sostituiamo quella che nessuna delle due ha voglia di frequentare. Imbarazzata, continuo a parlare a macchinetta, un mio brutto vizio causato, a quanto pare, dal nervosismo e dal senso di colpa. «A scuola è stata una giornata interminabile e ho avuto pile di moduli da compilare per l’estate. Sei stata fortunata a risparmiarti la solfa, quest’anno, anche se devo dire che mi sono molto affezionata ad alcuni alunni.» Chiudo la bocca consapevole di aver parlato abbastanza, ma sembra che non possa fare a meno di continuare. «Sono appena rientrata.»
«Be’, grazie al cielo adesso avrai un po’ di tempo libero» dice Ella, prendendo il diario. «L’avevo portato qui ieri sera, dato che avevamo in programma di guardare insieme quel film cretino. Mi era venuto in mente di leggerti qualche brano. Ma poi David ha chiamato e sai com’è finita.» Fa una smorfia contrita e aggiunge, con tono colpevole: «Ti ho abbandonata, sono proprio una pessima amica».
David sarebbe il suo ragazzo supersexy, ed è un medico. Quello che David voleva da Ella l’ha ottenuto. Ora so fino a che punto. La studio per un attimo. Con la sua pelle giovane e lucente, i jeans sbiaditi e la maglietta viola sembra una delle mie studentesse più che un’insegnante venticinquenne. «Fa niente, tanto ero stanca» le dico, anche se ho paura che fatichi a gestire quell’uomo più grande di lei di dieci anni. «Avevo bisogno di andare a letto presto per affrontare le lezioni di oggi.»
«Meno male che sono finite, urrà!» Poi indica il diario: «E sono così felice di averlo ritrovato prima del mio appuntamento con David stasera...». Ha l’aria maliziosa. «Preliminari. A David farà impazzire. È troppo eccitante.»
La guardo incredula. «Hai intenzione di leggergli il tuo diario?» Io non avrei mai il coraggio di leggere a un uomo dei pensieri così intimi e privati, tanto meno se riguardassero lui. «E lo consideri un preliminare?»
Ella aggrotta la fronte. «Questo diario non è mio. Ricordi? Te l’ho detto ieri sera. Era nel magazzino privato che ho comprato a quell’asta a inizio estate.»
«Ah» dico, anche se non ricordo che mi abbia detto niente del diario. Anzi, sono sicura al cento per cento che in quel caso me ne sarei ricordata. «Capisco. Le aste che frequenti da quando ti è venuta la fissa per quel reality, “Storage Wars”, dove i concorrenti devono vendere gli articoli abbandonati nei depositi. Ancora fatico a credere che le persone accumulino le loro cose per poi abbandonarle e lasciarle al miglior offerente.»
«Invece succede» dice Ella. «E comunque io non ho nessuna fissa.»
La guardo storto.
«Okay, forse ce l’ho» ammette «ma guadagnerò più del doppio di quanto avrei guadagnato insegnando alla scuola estiva. Dovresti proprio considerare l’ipotesi di venire con me alla prossima asta. Ho già rivenduto a caro prezzo il contenuto di due dei tre box di deposito che ho comprato.» Sventola il diario. «Questo veniva dall’ultimo, che finora è il migliore. Ci sono dei quadri che posso vendere e farci un bel po’ di soldi. E poi ho trovato tre diari a dir poco avvincenti. Mio Dio, non riesco a smettere di leggerli. Questa donna era un tipo come me o te, e di colpo si è trovata coinvolta in questa oscura storia di passione, che è eccitante da morire.»
Ha ragione, sento ancora quel bruciore al basso ventre nel ricordare le sue parole. Posso quasi immaginare la voce vellutata e seducente di quella donna che mi sussurra la sua storia all’orecchio. Cerco di concentrarmi su quanto sta dicendo Ella ma non riesco a smettere di interrogarmi sull’autrice del diario, mi chiedo dove abiti, chi sia.
«Oddio» esclama Ella. «Stai arrossendo. Hai letto il diario, vero?»
Impallidisco. «Cosa? Io...» Non mi esce la voce. Sono completamente scombussolata, e mi lascio cadere su una poltrona imbottita color nocciola davanti a Ella, incastrata dalla mia precedente bugia. «Io... sì. L’ho letto.»
Ella si accomoda su un pouf e mi guarda incredula. «Pensavi che fossi stata io a scrivere quella roba?»
Le lancio uno sguardo esitante. «Ecco...»
«Caspita» dice, interpretando la mia mancata risposta come una conferma. «Hai pensato...» Scuote la testa. «Sono senza parole. Non è possibile che tu abbia letto le parti migliori, altrimenti non avresti mai potuto credere che fossi io. Eppure, a giudicare da come sei arrossita, devi averle lette!»
«Ho letto alcune parti che erano, come dire, abbastanza dettagliate.»
Lei schiocca la lingua. «E hai pensato che le avessi scritte io.» Scuote di nuovo la testa. «E io che pensavo mi conoscessi... In realtà vorrei tanto essere all’altezza della tua ipotesi, almeno per una sola notte di fuoco. Nella vita di quella donna c’è un erotismo misterioso, così...» rabbrividisce «così affascinante. Sì, mi ha davvero colpito.»
In qualche modo mi consola sapere che è stata colpita come me da quelle parole, anche se fatico a capirne il motivo. Perché diavolo ho bisogno di sentirmi consolata? Non è molto logico. D’altronde, nella mia reazione al diario di quella sconosciuta non c’è niente di logico.
«Quando io e David avremo finito con il diario» continua Ella, richiamando la mia attenzione «lui fotograferà alcune delle pagine più piccanti per i potenziali acquirenti e metteremo un annuncio su eBay. I diari ci frutteranno un sacco di soldi. Ne sono certa.»
Il suo piano mi lascia a bocca aperta. «Non puoi pensare davvero di vendere su eBay l’intimità di questa donna.»
«E invece sì, mia cara. Lo scopo del gioco è fare soldi. E poi, per quel che ne sappiamo, potrebbe essere tutta un’invenzione.»
Il suo tono è freddo, e questo mi sorprende. Non è la Ella che conosco. «Stiamo parlando dei pensieri più segreti di una donna, Ella. Non puoi voler lucrare sulla sua sofferenza.»
Mi guarda stupita. «Ma che sofferenza? A me sembra tutto molto piacevole.»
«Ha perso tutto quello che aveva a un’asta. Non c’è niente di piacevole.»
«Secondo me il suo amante ricco l’ha portata in qualche luogo esotico, dove ora sta vivendo nella bambagia.» Il suo tono si fa più serio. «Devo pensare così per farlo, Sara. Ti prego, non farmi sentire in colpa. Questi soldi mi servono, e se non lo facessi io l’avrebbe fatto qualcun altro.»
Faccio per protestare, ma lascio perdere. Ella è sola al mondo, senza famiglia a parte un padre alcolizzato che per la maggior parte del tempo non ricorda nemmeno il suo nome, figurarsi quello della figlia. So che vuole avere dei soldi da parte per le emergenze. Conosco fin troppo bene questa sensazione. Sono sola anch’io, ma in questo momento non mi va di pensarci.
«Mi dispiace» dico sinceramente. «So che per te è una buona cosa. Sono felice che tu abbia trovato questo sistema.»
Lei curva appena le labbra e, prima di alzarsi in piedi, annuisce come per dire che ha accettato le mie scuse. Mi alzo anch’io e la abbraccio. Sorride, e il suo umore si trasforma istantaneamente nel raggio di sole che così spesso porta nella mia vita. Adoro Ella. Le voglio davvero bene.
«Stasera anche io e David vogliamo lanciarci in qualche giochetto avvincente» annuncia, allusiva. «Devo correre.» Ride e mi fa un cenno di saluto. «Passa una buona serata. Io la passerò di certo.»
Risprofondo nella poltrona e guardo la porta che si chiude.
Il rumore di qualcuno che bussa alla porta mi fa passare dal sonno beato al panico. Mi siedo sul letto, disorientata e intontita, e guardo la sveglia. Sono le...

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