Anelli nell'io
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Anelli nell'io

Che cosa c'è al cuore della coscienza?

Douglas Hofstadter, Maria Paola Turina, Maurizio Codogno, Francesco Bianchini

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  1. 520 páginas
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Anelli nell'io

Che cosa c'è al cuore della coscienza?

Douglas Hofstadter, Maria Paola Turina, Maurizio Codogno, Francesco Bianchini

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Información del libro

Nel 1979 un giovane professore dell'Università dell'Indiana, Douglas Hofstadter, sorprese il mondo con un libro di enorme mole, labirintico, geniale e di immenso successo, Gödel, Escher, Bach, basato sulla tesi che la chiave dell'anima umana risiedesse in una struttura astratta in forma di anello. A trent'anni di distanza, molte cose sono cambiate, i computer hanno invaso le nostre vite e gli studi sul cervello hanno raggiunto un grado di dettaglio impressionante. Eppure, resta intatto l'ultimo mistero: dove si trova e come è fatta l'anima? Cos'è che chiamiamo "io" quando parliamo di - o con - noi stessi? Cosa resta (se resta qualcosa) dopo la nostra morte fisica?
Confermando in pieno le sue doti di scrittore originalissimo, capace di metafore illuminanti, di invenzioni lessicali dai molteplici livelli semantici, di giochi di prestigio e d'artificio linguistici e narrativi, in questo nuovo libro Hofstadter ci offre la summa dei suoi studi, una riflessione profonda e personale sui temi e i quesiti centrali della filosofia e della spiritualità, dall'anima alla volontà, dal libero arbitrio alla coscienza.

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Información

Editorial
Mondadori
Año
2021
ISBN
9788835708735

Note

Prefazione. Un autore e il suo libro

1. Questi libri erano Pfeiffer 1961 e Penfield e Roberts 1959. Un’altra influenza fondamentale di quel primo periodo è stata Wooldridge 1968.
2. Si trova nel Capitolo V di Hofstadter 1979.
3. Si veda il Capitolo 24 in Hofstadter e Dennett 1981.
4. Si vedano, per esempio, Hofstadter e Moser 1989, Hofstadter e FARG 1995, Hofstadter 1997 e Hofstadter 2001.
5. Si veda Hofstadter 2001.
6. Si veda la spumeggiante anglicizzazione di James Falen del classico romanzo in versi di Puškin Eugenio Onegin (Puškin 1995), oppure la mia traduzione (Puškin 1999). Non c’è matrimonio più sublime di forma e contenuto dell’Eugenio Onegin.
7. In questo libro, una delle mie principali preoccupazioni estetiche ha riguardato le interruzioni di pagina. Una regola cardinale è che nessun capoverso venisse spezzato in modo tale che ne rimanesse solo una riga a inizio o fine pagina. Un altro principio guida è stato quello di far sì che la spaziatura tra le parole in ogni riga apparisse piacevole, e in particolare non risultasse troppo ampia (un frequente e fastidioso pugno nell’occhio nei testi impaginati al computer). Per evitare queste imperfezioni, ho fatto ritocchi di scrittura, spesso piuttosto estesi, in quasi tutti i capoversi.
I vincoli estetici di cui sopra (oltre a svariati altri che non menzionerò qui) equivalgono a piccole frecce lanciate a caso su ogni pagina del libro, dove ogni freccia mi dice «Guarda qui – non pensi che potresti riscrivere questa frase in modo che non solo appaia migliore ma spieghi quello che vuol dire in maniera ancora più chiara ed elegante?». Ad alcuni autori tutto questo potrà sembrare noioso, ma io confesso di amare queste frecce casuali e le sfide a doppio taglio che mi offrono, e ho lavorato davvero molto per raccogliere queste sfide ovunque si presentassero. Non c’è la minima ombra di dubbio che i vincoli forma-contenuto – implacabili, intensi e impredicibili – hanno migliorato moltissimo la qualità di questo libro, sotto l’aspetto non solo visivo ma anche intellettuale.
Per una descrizione più dettagliata delle mie idee sul potere magico dell’interazione forma-contenuto, vedi Hofstadter 1997, soprattutto l’Introduzione e il Capitolo 5.
8. Della veste tipografica dell’edizione americana, l’edizione italiana ha cercato per quanto possibile di mantenere le caratteristiche principali. (NdT)

Prologo. Una cortese tenzone

1. Questa idea antiquata è il cavallo di battaglia di molti filosofi, tra cui per esempio John Searle. Si veda il Capitolo 20 in Hofstadter e Dennett 1981.
2. Questa è un’allusione all’idea che un «Grande Elaboratore Baluginante», la cui natura stessa è aritmetica, possa agire in modo indistinguibile da un cervello umano o animale modellando il comportamento aritmetico di tutti i suoi neuroni. Questo darebbe origine a una specie di intelligenza artificiale, molto diversa però dai modelli in cui le entità di base sono parole o concetti governati da regole che riflettono il flusso astratto di idee in una mente anziché il flusso microscopico di correnti elettriche e sostanze chimiche nell’hardware biologico. Il Capitolo XVII di Hofstadter 1979, il Capitolo 26 di Hofstadter e Dennett 1981 e il Capitolo 26 di Hofstadter 1985 rappresentano tutti elaborazioni di questa sottile distinzione, che avevo iniziato a indagare da adolescente.

1. Sulle anime e le loro dimensioni

1. Con qualche trepidazione, recentemente ho letto ad alta voce questa sezione di apertura del libro a mia madre, che, all’età di quasi 87 anni, può muoversi per la sua vecchia casa di Stanford solo su una sedia a rotelle, ma che è lucida come sempre e vivacemente interessata al mondo che la circonda. Ha ascoltato con attenzione e alla fine ha osservato: «Devo essere cambiata molto da allora, perché ora quelle fotografie significano tutto per me. Non potrei vivere senza di esse». Non credo che quanto le dissi quel triste giorno di circa sedici anni fa abbia giocato un qualche ruolo in questa evoluzione dei suoi sentimenti, ma mi fa comunque piacere sentire che abbia maturato questa convinzione.
2. D’altra parte, Rucker 1982 sostiene che siano coscienti anche i pomodori, le patate, i cavoli, i quark e la ceralacca.
3. In Dahl 1959.
4. Tutte le prefazioni che Huneker scrisse per le edizioni Schirmer si possono trovare in Huneker 1921.
5. Si veda Singer e Mason 2006.
6. Che i cervelli, ma non i computer, siano fatti «con il materiale giusto» è uno slogan di John Searle. Si veda il Capitolo 20 in Hofstadter e Dennett 1981.
7. Si veda, per esempio, Dennett 1987.

2. Questo vacillante bulbo di sogni e sospiri

1. Si vedano Churchland 1986, Dennett 1978, Damasio 1999, Flanagan 1984, Hart 1975, Harth 1982, Penfield e Roberts 1959, Pfeiffer 1961 e Sperry 1965.
2. Si vedano Damasio 1999, Kuffler e Nicholls 1976, Wooldridge 1968 e Penfield e Roberts 1959.
3. Si vedano Treisman 1980, Minsky 1986, Schank 1982, Hofstadter e FARG 1995, Kanerva 1988, Fauconnier 1985, Dawkins 1976, Blackmore 1999 e Wheelis 1958 per un’illustrazione dettagliata di queste idee astratte.
4. Si veda Judson 1979.
5. Si vedano Pais 1986, Pais 1991, Hoffmann 1972 e Pullman 1998.
6. Si vedano Hennie 1977 e Boolos e Jeffrey 1974.
7. Si veda il Capitolo 22 in Hofstadter e Dennett 1981.
8. Nella sua compiaciuta e sprezzante recensione (Searle 1982) di Hofstadter e Dennett 1981, Searle afferma: «Immaginiamo quindi che il nostro programma di simulazione della sete giri su un computer fatto interamente di vecchie lattine di birra, milioni (o miliardi) di vecchie lattine di birra manovrate da leve e alimentate da girandole. Possiamo immaginare che il programma simuli la scarica neuronale nelle sinapsi facendo sbattere le lattine di birra una contro l’altra, ottenendo così una precisa corrispondenza tra le scariche neuronali e gli urti delle lattine di birra. E alla fine della sequenza può saltar su una lattina di birra su cui è scritto “ho sete”. Ora, per ripetere la domanda, c’è qualcuno che può pensare che questo apparato in stile Rube Goldberg abbia letteralmente sete nel senso in cui potremmo aver sete voi e io?».
9. Si vedano Simon 1969, Pattee 1973, Atlan 1979, Dennett 1987, Sperry 1965, Andersen 2000, Harth 1982, Holland 1995, Holland 1997 e il dialogo «Preludio… e mirmecofuga» in Hofstadter 1979 o in Hofstadter e Dennett 1981.
10. Si veda Kuffler e Nicholls 1976.
11. Il libro era Applewhite 1981.
12. Preso da Sperry 1965.
13. Si veda Edson 1973, che è una piccola raccolta di poemi in prosa, quanto mai vivida, altamente surreale, spesso divertente, eppure profondamente triste.
14. Un eccellente e accessibile resoconto dell’emergere di fenomeni comuni (come il modo in cui la carta si strappa) a partire dallo strano e surreale substrato quantomeccanico del nostro universo si trova in Chandrasekhar 1998.
15. Si vedano Pais 1986 e Weinberg 1992.
16. Si vedano Kanerva 1988, Kahneman e Miller 1986, Margolis 1987, Sander 2000, Schank 1982, Hofstadter e FARG 1995, Minsky 1986 e Gentner et al. 2001.

3. Il potere causale dei pattern

1. Ho scelto il particolare numero intero 641 perché ha avuto un ruolo f...

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