I Greci e l'arte di fare i conti
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I Greci e l'arte di fare i conti

Moneta e democrazia nell'età di Pericle

Giovanni Marginesu

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I Greci e l'arte di fare i conti

Moneta e democrazia nell'età di Pericle

Giovanni Marginesu

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«I Greci dei tempi di Pericle», scrive Giovanni Marginesu parlando del V secolo a. C., «resero l'uso del denaro qualcosa di molto simile a un'arte, informandolo a principî improntati ad alcune leggi elementari e a una buona dose di etica e di estetica condivise». E poi il saggio cede il passo al racconto, parlandoci di come fosse famosa l'avarizia di Pericle, malvista in casa, ma molto gradita nelle occasioni pubbliche in cui si trattava di soldi pubblici, e di come acribia e democrazia, quando la prima significava estrema e fredda precisione e la seconda caldo sentimento etico, andassero a braccetto nella polis prima fra tutte, Atene, nell'epoca d'oro dell'arte, della letteratura, della potenza e della civiltà. Marginesu lavora da archeologo su frammenti e stele per narrarci la storia dei rendiconti greci, che venivano incisi con raffinata maestria sulla pietra ed esposti, in città e sull'acropoli, a uno sguardo quasi «ossessionato» dalla contabilità, in quanto gli Ateniesi erano ben consci di come fossero la «preziosa radiografia» del loro mondo. «I rendiconti sono l'architettura, l'arte, la guerra. Solo che, scarnificate dal genio artistico, dall'abilità tecnica, dall'eroismo, ne vediamo in dettaglio lo scheletro amministrativo e l'intelaiatura gestionale. Uno scheletro le cui cellule si chiamano monete». Da questa prospettiva, Marginesu narra una volta ancora, ma con grande novità e sorprendente ritmo, di vicende e personaggi che credevamo di conoscere bene: la protezione del tesoro della Lega delio-attica, la famosa statua crisoelefantina di Atena eretta da Fidia, che quasi rovinò per sempre l'artista e la sua fama, le guerre e i «prestiti a interesse» che gli dèi, ovvero i tesori dei loro santuari, facevano continuamente ad Atene. «Sappiamo ormai», scrive Marginesu, «che non c'è nulla di paradossale nel fatto che la razionalità del documento contabile sia una delle maschere che la democrazia ateniese indossa di fronte al mondo, e anche allo specchio, davanti a se stessa». Ecco perché, quando veniamo a sapere che Pericle amava essere ritratto mentre faceva di conto, proviamo la paradossale ma consueta sensazione che i Greci abbiano ogni volta qualcosa di nuovo da raccontarci.

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Información

Editorial
EINAUDI
Año
2021
ISBN
9788858437490
Categoría
History

Note

I. L’avarizia di Pericle.

La grandezza della figura di Pericle ha da sempre sedotto gli autori delle sue biografie, a partire da quella, maestosa, redatta da Plutarco fra I e II secolo d. C. Il profilo piú ricorrente di Pericle è quello di scaltro uomo politico e militare, ma i particolari sui conti e l’abilità nel campo della finanza sono spigolature non marginali dell’esistenza dello stratego. Un’ottima e recente biografia è quella di AZOULAY, Pericle. Utile per una rassegna delle fonti: TRACY, Pericles. Si veda anche la riedizione di DE SANCTIS, Pericle.
Sul metodo economico di gestione del patrimonio familiare da parte di Pericle, si rimanda a MUSTI, L’economia in Grecia. Sullo schiavo Evangelo, istruito alla gestione dei conti domestici: PLUTARCO, Pericle, 16.3-6. Per il mancato colloquio con Alcibiade a causa dell’impegno nella redazione dei conti: PLUTARCO, Alcibiade, 7.2.
Il discorso di Pericle precedente allo scoppio della guerra del Peloponneso, narrato da TUCIDIDE, 2.13, è un esempio avanguardistico di uso dei numeri nella retorica assembleare: si veda DAVIES, Athenian Fiscal Expertise.
Sull’accusa di aver sottratto oro e/o avorio e di aver falsificato i conti in occasione della costruzione della statua di Atena Parthènos, si veda FILOCORO, FGrHist 328 F 121. Per il rendiconto di guerra “segretato”, si rimanda a PLUTARCO, Pericle, 23.1.
L’interesse per la finanza ateniese del V secolo a. C. è testimoniato da lavori come quello di KALLET-MARX, Money; SAMONS, Empire of the Owl; FARAGUNA, Calcolo economico; RHODES, The Organization of Athenian Public Finance. Il tema del rapporto fra moneta e democrazia è toccato, da punti di vista diversi, in PARISE, Moneta e democrazia; TREVETT, Coinage and Democracy.

II. Il dopoguerra, la democrazia, l’Impero.

Il corpo della democrazia antica è stato variamente sezionato. Al lettore che venga a capo del groviglio bibliografico restano poche certezze. Anzitutto, gli strumenti di comprensione della democrazia moderna non sono efficaci per sviscerare quella antica, senza un ovvio farmaco comparativo. Inoltre, la democrazia antica come cosa in sé presenta lati oscuri. Il V secolo a. C. e Pericle ne sono certo il vessillo, ma le radici affondano in una sorta di preistoria e in un legame fra centro decisionale e territorio. È una costante. Sulla nascita della democrazia ateniese e sulle riforme che ne punteggiarono lo sviluppo, si veda, per tutti, MUSTI, Demokratia; GRECO, Venticinque secoli; GIANGIULIO, Democrazie greche. Fondamentale anche CANFORA, La democrazia.
Si comprende in ogni caso che la democrazia va intesa come un processo totale che interviene nelle forme mentali, innerva lo spazio politico di una forte reattività e rende efficaci le strutture militari e finanziarie. Non si esclude pertanto il contributo dell’assetto democratico nel successo organizzativo di Atene nell’àmbito della Lega creata alla fine delle guerre persiane: si veda, per esempio, LOW, The Athenian Empire; RHODES, Democracy and Empire; SICKINGER, The Bureaucracy of Democracy; MA, PAPAZARKADAS, PARKER, Interpreting the Athenian Empire, specie pp. 67-88.
Esiste una corrente storiografica che scava nei cunicoli oscuri dei regimi, per scoprire le radici comuni di guerra e democrazia: SAMONS, What’s Wrong with Democracy?
Riguardo a Temistocle e Aristide: per la ricostruzione delle mura di Atene e per lo sviluppo del Pireo: TUCIDIDE, 1.90-92; DIODORO SICULO, XI 39-40; PLUTARCO, Temistocle, 19. Per la determinazione del tributo nel 478/77: ARISTOTELE, Costituzione degli Ateniesi, XXIII 5. Si veda anche TUCIDIDE, 1.96; DEMOSTENE, XXIII 209; DIODORO SICULO, XI 47; PLUTARCO, Aristide, 24. Per la morte di Aristide e l’eredità: ESCHINE, III 258; PLUTARCO, Aristide, 27.

III. Il compromesso difficile.

Per la commedia, si veda ERMIPPO, I Facchini, fr. 63 Kassel-Austin. Sui possedimenti della classe dirigente, PRITCHETT, The Attic Stelai. Lo sviluppo di tecniche finanziarie, in ogni caso, riguardò la sezione piú all’avanguardia della classe dirigente (COHEN, Athenian Economy and Society). L’equilibrio fra massa ed élite è studiato da OBER, Mass and Elite in Democratic Athens.
Il meccanismo di sedazione alimentare è profondamente imparentato con il controllo del mare (CECCARELLI, Sans thalassocratie, pas de démocratie?) La sedazione attraverso le licenze concesse agli allestimenti teatrali è un altro aspetto ben studiato (SOMMERSTEIN, How to Avoid Being Komodoumenos), ma è il tribunale il luogo principe dove il demos è come anestetizzato, sia attraverso le accuse di delitti mosse all’aristocrazia dai sicofanti (DARBO-PESCHANSKI, Pour une poignée de figues; OSBORNE, Vexatious Litigation), sia attraverso il controllo formale sugli atti pubblici che prevedevano l’uso del denaro (DAVIES, Accounts and Accountability).

IV. I rendiconti e la moneta.

Sui documenti contabili e sulla contabilità in generale, resta fondamentale il lavoro di STE. CROIX, Greek and Roman Accounting, che esclude la conoscenza da parte dei Greci della partita doppia. Un recente riepilogo della bibliografia sul formato dei rendiconti ateniesi si legge in CARUSI, The Evolving Format.
L’etimologia di tamiai (ταμίαι) riporterebbe al concetto di «dividere» (τέμνω). Nel V secolo a. C., fra gli altri, erano attivi sia i tesorieri di Atena sia i tesorieri degli altri dèi (GUARDUCCI, Epigrafia greca/II, pp. 228-36). Anche i kolakretai (κωλακρέται) portano un titolo che richiama pratiche sacrali, ma l’etimologia è dubbia (CHANTRAINE, Dictionnaire, s.v., p. 605). Logisti (λογισταί) annuali in numero di trenta compaiono in vari testi epigrafici (GUARDUCCI, Epigrafia greca/II, p. 200). Nel IV secolo a. C. (ARISTOTELE, Costituzione degli Ateniesi, LIV 2) sono dieci, accompagnati da altrettanti synegoroi (συνήγοροι), e assumono la funzione di verificare la condotta finanziaria delle magistrature. I logisti per pritania (Ibid., XLVIII 3) sono eletti per sorteggio fra i membri del consiglio dei Cinquecento e controllano i conti delle magistrature (LISIA, XXX 5). Sui logisti, si veda ora ORANGES, Euthyna.
In relazione alla moneta, l’azione di colpire col martello per battere il metallo, evocata dal verbo kopto (κόπτω), esprime proprio la coniazione del denaro (IG I3 1453.D.13). Argyrion (ἀργύριον), derivato da argyros (ἄργυρος), «argento», è un singolare collettivo che finisce per indicare la moneta, senza piú un riferimento esclusivo al metallo. L’argyrion, coniato con un tipo simbolico, si distingue dall’argento non coniato, detto asemon (ἄσημον). Il termine chrema (χρῆμα), che definisce la moneta in qualità di sostanza fruibile, transita, senza soluzione di continuità, da «bene» generico a «denaro/moneta» al piú tardi nell’ultimo quarto del VI secolo a. C., prima in un’iscrizione arcaica di Eretria (GUARDUCCI, Epigrafia greca/I, pp. 220-21) e in Eraclito (fr. 90 Diels-Kranz), poi in un’iscrizione della fine del VI secolo a. C. da Ramnunte (IG I3 247bis.1). In pieno V secolo a. C. lo si ritrova in documenti finanziari (IG I3 52.A.3; FARAGUNA, «Nomisma» e «polis», p. 110). Il termine nomisma (νόμισμα) si afferma in tutta la sua valenza tecnica in età classica.
Il passo relativo agli oboli e alla dracma è in PLUTARCO, Vita di Lisandro, 17. Si veda anche BABELON, Traité des monnaies, p. 403; e Maria Gabriella Angeli Bertinelli, in PLUTARCO, Le vite di Lisandro e di Silla, p. 5. «Dracma» varrebbe dunque l’impugnatura di sei oboli che la mano riesce ad afferrare: si tratta di una figura etimologica in quanto presupporrebbe che drachma (δραχμά) e il verbo drassomai (δράσσομαι), ovvero «prendere una manciata», «afferrare», condividano la stessa radice (per il verbo si veda: LIDDEL, SCOTT, JONES, Lexicon, s.v., p. 448; CHANTRAINE, Dictionnaire, s.v., pp. 296-97). Per la sfera sacrificale: PARISE, La nascita della moneta; ID., Polluce e le origini della moneta, pp. 141-44; CACCAMO CALTABIANO, RADICI COLACE, Dalla premoneta alla moneta. In Omero, i talanta (τάλαντα) sono i piatti della bilancia (OMERO, Iliade, 12.433; CHANTRAINE, Dictionnaire, s.v., p. 1089); ugualmente lo statere (στατήρ), la doppia dracma, rappresenta l’equilibrio tra due pesi che, uguali, si controbilanciano. Per la mina (μνᾶ) si veda ibid., s.v., p. 707.
Le prime serie monetali ateniesi (550 a. C. circa) riportano varie immagini araldiche al diritto, e un incuso al rovescio. Intorno al 525 le prime “civ...

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