1.
Il Marito e la signora Perrotta seduti a tavola. Mangiano poco, o hanno finito di mangiare. Un televisore acceso accentua le pause con la sua litania ronzante.
SIGNORA PERROTTA Ti ho raccontato di ieri?
MARITO Credo di sí. (Pausa)
SIGNORA PERROTTA Credevo di non avertelo raccontato. (Pausa) Sono arrivata stanca. (Pausa) Ieri sera sono uscita. Per questo volevo sapere se te l’avevo già raccontato. Non hai mai pensato all’adozione?
MARITO Sí.
SIGNORA PERROTTA Potremmo avere un figlio. Avere un figlio senza complicazioni. Ultimamente penso all’adozione.
MARITO Come vuoi.
SIGNORA PERROTTA Certo. Il padre preferisce sempre avere un figlio, uno vero.
MARITO Per me fa lo stesso.
SIGNORA PERROTTA Vuoi discuterne? Dopotutto penso che, essendo la madre, ho diritto a dire due o tre cose.
MARITO Non m’importa come sia. Può essere adottato. (Pausa) Bene. Di’ quello che stavi per dire.
Pausa.
SIGNORA PERROTTA Mi sta già passando. Mi sono entusiasmata stupidamente. Per un momento. L’idea dell’adozione, i tramiti, tutto. Quando uno adotta, per esempio, può scegliere il sesso del bambino. Potremmo avere una bambina, che benedizione sarebbe. Ho pensato che potremmo discuterne.
MARITO Va bene.
SIGNORA PERROTTA No, lascia stare. Ho una fame!
MARITO No, se la pensiamo in modo diverso bisogna affrontarlo. Prima o poi. Qualcosa di cui io penso sí e tu no, ecco. Non sono nello stato d’animo di posticipare niente.
SIGNORA PERROTTA Che eccentricità. Non voglio arrivare al divorzio.
MARITO Non c’è bisogno di arrivare a tanto. Non esagerare. Una coppia deve necessariamente discutere di certe cose. È normale. Anche se sono dolorose, dico. Dopotutto stiamo parlando di adottare un figlio e non della guerra in Bosnia, no?
SIGNORA PERROTTA Avevi detto che per te era lo stesso.
MARITO No. Ho detto che andava bene. Ho anche ammesso di aver pensato molte volte all’adozione.
SIGNORA PERROTTA Allora? Di cosa stai parlando?
Pausa.
MARITO Va bene, mi era sembrata una discussione possibile.
SIGNORA PERROTTA Sí. (Pausa) In Bosnia o in Serbia? (Pausa) Scusami. Allora siamo d’accordo e possiamo adottare.
MARITO Sí. (Pausa) Hai ancora fame? Cos’hai detto?
SIGNORA PERROTTA Mi mangerei un chierichetto ripieno.
MARITO Posso preparare degli spaghetti. O un altro po’ di omelette.
SIGNORA PERROTTA No, lascia stare. Ho mangiato troppo.
MARITO Anch’io.
SIGNORA PERROTTA È Jugoslavia, no? (Pausa) Ci sono delle arance.
MARITO Mm, che buone. Ex Jugoslavia.
SIGNORA PERROTTA Vuoi?
MARITO No, no va bene cosí. Dopo mi compro della cioccolata.
SIGNORA PERROTTA Ce n’è.
MARITO Mm.
Pausa.
SIGNORA PERROTTA Quando hai pensato all’adozione?
MARITO Penso a molte cose.
SIGNORA PERROTTA Quando?
MARITO E fra queste, ho immaginato questa casa con uno o due bambini, minuti. Piccolini. Che vanno al parco, che si laureano, che si prendono cura di noi quando siamo vecchi. E che ci danno da mangiare.
SIGNORA PERROTTA Io sono ancora giovane.
MARITO Certo. Ho anche pensato ad altre cose.
SIGNORA PERROTTA Tu dovresti fare qualche sport. Tennis, qualcosa. Per questo pensi tanto. Perché non fai niente di utile.
Pausa.
MARITO Esci?
SIGNORA PERROTTA (lo guarda sorpresa e in silenzio. Dopo un po’) Esco. Esco. Bene. Esco.
2.
La signora Perrotta, in un ufficio.
UN IMPIEGATO Vuole sedersi?
SIGNORA PERROTTA Fa lo stesso.
UN IMPIEGATO Lei voleva vedermi?
SIGNORA PERROTTA Sí. Guardi questa bolletta. È vostra.
UN IMPIEGATO Sí.
SIGNORA PERROTTA Bene, ecco.
UN IMPIEGATO Non capisco.
SIGNORA PERROTTA Capisce perfettamente.
UN IMPIEGATO (chiude la porta) Mi hanno detto che ha fatto uno scandalo allo sportello. Ma questa bolletta è corretta.
SIGNORA PERROTTA Lo so che è corretta! Me la dia, per favore, che non si perda. (La ripone nella borsa. Pausa)
UN IMPIEGATO E allora?
SIGNORA PERROTTA Ecco. Sono qui.
UN IMPIEGATO Non c’è stata sovrafatturazione, l’indirizzo coincide, il suo nome è corretto... lei è la Signora Perrotta.
SIGNORA PERROTTA Non importa il mio nome. Preferisco l’anonimato, in questi casi.
UN IMPIEGATO In quali casi?
SIGNORA PERROTTA Non lo renda piú difficile. Io so già chi siete voi, e quindi lei dovrebbe sapere cosa voglio.
UN IMPIEGATO Noi?
SIGNORA PERROTTA Non parlerò piú. Se mi fossi sbagliata, mi avrebbe già potuto far sbattere in strada. Voglio sperimentare. So che accettate nuovi membri.
UN IMPIEGATO Perché non dice cosa vuole?
SIGNORA PERROTTA No, non parlerò piú. Per pudore. Aspetto che mi dica cosa devo fare. Immagino che il posto non sia qui, nell’ufficio.
UN IMPIEGATO Vuole un caffè?
SIGNORA PERROTTA Sí.
UN IMPIEGATO (chiama con l’interfono) Sara. (Si siede con le braccia conserte sulla scrivania e la testa appoggiata sulle braccia. Pausa)
SARA Salve.
SIGNORA PERROTTA Salve.
SARA Io sono Sara.
SIGNORA PERROTTA Molto lieta.
Pausa.
SARA Bene, quindi?
UN IMPIEGATO Non lo so. Lei...
SIGNORA PERROTTA Non è facile per nessuno dei tre parlarne. Il che mi tranquillizza un po’. Venivo con una gran paura. Io sono una donna normale. Come tutti voi, immagino. Io vivo con mio marito. E la mia famiglia. A volte esco di casa. Ho delle amiche. Anche loro sono normali. Abbiamo tutte pudore. Anche le mie amiche sono sposate, e a volte sono state infedeli ai loro mariti. Non abbiamo fatto sesso di gruppo. Mio marito è un po’ all’antica. Scusate, ma qualcuno doveva pur cominciare a parlarne.
SARA No, prego, continui.
SIGNORA PERROTTA Comunque, siamo molto indipendenti. E cresciamo anche i nostri figli con molta indipendenza, perché loro scelgano ciò che è bene e ciò che è male. Oltretutto, quando si tratta...