Si dice? Non si dice? Dipende
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Si dice? Non si dice? Dipende

L'italiano giusto per ogni situazione

Silverio Novelli

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  1. 220 páginas
  2. Italian
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Si dice? Non si dice? Dipende

L'italiano giusto per ogni situazione

Silverio Novelli

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Un dubbio ci attanaglia su un a me mi piace, un ma però, un penso che sei, un sù o un do, un sono dovuto andare o ho dovuto andare? Niente panico: basta una guida sicura.

Novelli, abile lessicografo, traccia con competenza e arguzia i confini, spesso elastici, della correttezza della nostra lingua. "Il Venerdì di Repubblica"

Tre dimensioni: quella del sì (bisogna dire o scrivere proprio così, facciamocene una ragione), quella del no (così non va e non ci pensare più!), quella del dipende, dove l'errore non è un dogma inderogabile ma è da leggere sempre alla luce dell'intenzionalità dello scrivente e della situazione comunicativa. Accettare il dipende significa accettare una profondità linguistica ricca di stratificazioni di usi, storie, bisogni di parlanti e scriventi, che continuano a sedimentarsi dentro ogni parola del nostro italiano. Elisa Tonani, "L'Indice"

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Información

Año
2015
ISBN
9788858121801

1. La pronuncia e la grafia

1. In viaggio con l’accento

Viaggiare nello spazio della lingua significa, a volte, imbattersi in certe nebbioline pulviscolari fastidiose, esiti di instabilità della norma ma anche della nostra vista affaticata, che possono ogni tanto metterci in imbarazzo. Personalmente, non faccio un dramma se mi capita di non ricordare lì per lì dove cade l’accento sul nome della località siciliana Cinisi. L’importante, per me, è ricordare che lì la mafia uccise il giovane Peppino Impastato, nel 1978 (il 9 maggio, lo stesso giorno in cui fu ritrovato a Roma il corpo senza vita di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse). O, volendo parlare anche del bene, anzi, del buono, ricordo i deliziosi sfinci di San Giuseppe (dolcetti a base di ricotta e cioccolata, cosparsi di granelle di pistacchio), che mi capitò di mangiare proprio a Cinisi. Insomma, mi verrebbe da dire: badiamo alla sostanza. Peraltro, uno studioso di geografia o, per altri versi, un politico in viaggio elettorale, o, in definitiva e in ogni caso, una persona che ci tiene alla precisione, dovrà essere informato sul condensarsi del pulviscolo in un accento che soltanto lì, su quella vocale, in quella sillaba, deve andare a cadere. In fondo, pensandoci meglio, è un iniziale atto di rispetto per il territorio del nostro Paese conoscere prima di tutto le vesti linguistiche con cui si presenta. Perciò, al lavoro.
Prendiamo atto che ci sono nomi di località italiane che spesso vengono pronunciati facendo cadere l’accento sulla vocale sbagliata. Per chi viaggia su e giù per l’Italia, ho allestito un breve elenco di nomi a rischio, individuati tra quelli che designano le uscite e i caselli autostradali.
A 3 Napoli-Reggio Calabria
Laìno Borgo non Làino
In provincia di Cosenza, a un passo dal confine tra Calabria e Basilicata, il “borgo”, alla destra del fiume Lao (dal quale probabilmente prende il nome), è vicino a un sito in cui sono stati ritrovati i resti di uno stanziamento locale, che gli archeologi presumono essere l’antica Lao o Tebe lucana. Il nome risulta accentato sulla i fin dal XII secolo, come ci si può aspettare a causa del suffisso -ino, molto presente nei nomi di luogo, derivante dal latino -inus: quest’ultimo era tipico degli aggettivi e indicava una relazione di appartenenza con la prima parte della parola cui si legava. Insomma, Lainus e poi Laino significano ‘di Lao’, ‘del fiume Lao’.
Laurìa non Làuria
Il nome del centro in provincia di Potenza conserva l’accento originario che aveva nel greco bizantino, in cui significava ‘complesso di celle in cui vivevano separatamente i cenobiti sottoposti a un abate’. Il problema, con questi nomi in -ia (non soltanto nomi di luogo), sta nel fatto che si suddividono in due serie parallele: quella, più diffusa, che mantiene l’accento sulla i del suffisso originale greco (come in pazzìa); quella che sciacqua i panni nel latino, con l’effetto di ritrarre l’accento dalla penultima breve (-ĭa) alla terzultima (come in accìdia, concòrdia). Insomma, con questi nomi in -ia confondersi sull’accentazione è possibile.
Per fare un esempio: si dice leccòrnia o leccornìa? Si dice leccornìa, anche se tanti dicono leccòrnia. Leccornìa peraltro mantiene l’accento dell’antica parola italiana, ora scomparsa, da cui proviene, che era lecconerìa (dal verbo leccare: le leccornie sono robe da leccare, o da leccarsi i baffi...). Si dice codàrdia o codardìa? Codardìa, nonostante la tentazione di dire codàrdia, con la stessa accentazione dell’aggettivo codàrdo.
Tornando a Lauria, qui nacque nel Duecento il barone Ruggero, ammiraglio aragonese. Qui è nato, nel 1958, l’attore, cantattore e regista Rocco Papaleo.
Padùla non Pàdula
Il centro si trova a circa 100 chilometri da Salerno. Il nome deriva dal latino palude(m) ‘palude, acquitrino’, con metatesi (scambio di posizione) di consonanti. Nel dialetto locale, la palude si dice a parula (la d tra vocali o all’inizio di parola diventa r; chi parla o conosce i dialetti campani sa che madonna diventa maronnə, denari diventa renarə). Perché penso che qualcuno potrebbe decidere di pronunciare *Pàdula? Perché spesso, davanti a una parola non trasparente nella sua forma o significato, che sia o non sia un nome di luogo, può scattare nel parlante una sorta di senso di inferiorità culturale. Che si fa...

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