Compito per le vacanze
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Compito per le vacanze

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Compito per le vacanze

Informazioni su questo libro

Una studentessa adolescente appassionata di gialli si ritrova alle prese con un compito per le vacanze estive alquanto arduo: la professoressa di italiano ha chiesto agli alunni di scrivere nientemeno che un romanzo.
Sperimenta dunque il quotidiano fuori dal comune dello scrittore, intessendo con cura e dedizione la trama del proprio racconto poliziesco, tra mille dubbi, esitazioni e lampi di genio, divertendosi nell’inventare e nel far apparire un ampio spettro di personaggi ai quali si affeziona, e creando un’atmosfera nella quale si immerge completamente, come rapita per incanto dal proprio racconto. L’entusiasta apprendista scrittrice affronta anche (molti) momenti scoraggianti, rendendosi finalmente conto (quasi con sollievo) che la sua storia nasce, prende forma, che è viva e che le sfuggirà di mano per scriversi quasi da sola, capovolgendo le aspettative dei lettori nel presentare loro l’abominevole crimine e lo svolgimento di un’indagine palpitante e ricca di sorprese, sullo sfondo della Londra di metà Novecento.

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Informazioni

CAPITOLO 11
Mrs. Bassington, elegantemente seduta in una poltrona, scoppiò in una risata cristallina, scoprendo i suoi denti bianchi.
Come avevo già detto, questi ultimi erano perfetti. Non so perché, ma secondo me questo particolare completa e descrive bene il personaggio. Le mie accuse sembravano verosimili? Speriamo… Servivano a far crescere la suspense…
«Che messinscena. – disse infine, con la sua voce profonda, affascinante e vellutata – Veramente, sergente, sta quasi convincendo anche me della mia colpevolezza. Ha recitato perfettamente la sua parte, Wright, tuttavia sono molto spiacente di comunicarle che non ha azzeccato il colpevole.»
Wright continuò, ignorando il suo sarcasmo: «Chi ha portato i cioccolatini? Lei, secondo Parker. Chi è rimasta nell’appartamento della defunta per più di quattro ore? Di cosa avete parlato, mrs. Bassington? Perché l’avete uccisa, al termine della vostra piacevole conversazione? O forse neanche tanto piacevole, se l’avete uccisa… Perché siete uscita come se niente fosse, dopo averla condannata alla morte più atroce?»
Il sergente fece una lunga pausa, per dare il tempo a tutti i presenti di afferrare pienamente il senso delle sue parole.
«Perché? Il movente. Era l’unico elemento mancante. Inoltre, incolpando lei, avrei tralasciato molti dettagli per me fondamentali. Per prima cosa, la macchia sulla poltrona rossa sulla quale è stato trovato il cadavere. Con cosa è stata macchiata, quella poltrona? Sangue? Non quadra con l’ipotesi, ormai confermata dall’autopsia, che la vittima sia morta per aver ingerito una dose troppo alta di stricnina. Il medico legale non ha trovato nessuna lesione sul collo di mrs. Fernandez. Perché mrs. Bassington avrebbe macchiato la poltrona con una sostanza non definita dopo, o prima, aver ucciso la vittima? Non aveva senso. Un altro particolare non quadrava: il biglietto da visita. Perché la colpevole avrebbe dovuto autoincolparsi? O, altra possibilità, sarebbe stata così distratta da lasciare il proprio biglietto da visita sul tavolino vicino alla defunta? Nessuno di questi due atteggiamenti corrispondeva alla personalità di mrs. Bassington. Quest’ultima mi è sembrata una persona intelligente, furba e piena di buonsenso. D’altronde, aveva un alibi perfetto, molto solido, che non sarei mai riuscito a smentire.»
Ci fu una lunga pausa.
«Ma – cominciò James con una voce incerta – allora vuole dire che non c’è stato nessun colpevole? Come è possibile? Mrs. Fernandez è stata avvelenata con della stricnina, questo è un dato sicuro! Non può smentire gli esperti che hanno fatto l’autopsia…»
«La stessa deduzione che ha fatto lei adesso, l’ho fatta io qualche giorno fa. Mi ero perso. Avevo dimenticato la seconda regola fondamentale per dar la caccia al colpevole in un’indagine: non avevo ragionato in modo logico e razionale. Stavo annegando in un mare di congetture senza senso. Dovetti tornare all’inizio, e ripartire da zero, dall’unico elemento sicuro di questa faccenda: l’arma usata dal colpevole. Cominciai a considerare l’altro indizio che mi offriva l’uso di questo veleno e cioè la sua provenienza. A partire da quel momento iniziai a intravedere la verità.»
In realtà, più Wright parlava, più la mente delle persone che lo ascoltavano diventava nebbiosa e più i loro pensieri si facevano confusi.
No, non stavano cadendo in uno stato di torpore dovuto alla stricnina o al soporifero che Wright aveva aggiunto nel tè che tutti avevano bevuto prima di iniziare. Avete un’immaginazione troppo fertile…
«Vedete, la stricnina viene ricavata dal frutto di un albero che cresce in Asia e in Africa. Escludendo la possibilità che il colpevole se lo fosse procurato viaggiando in quelle contrade lontane, in che altro modo il criminale avrebbe potuto procurarselo? Come avevo detto all’inizio, questo veleno viene usato, in quantità minime, per stimolare il sistema nervoso e il cuore, ovvero per rianimare in casi di emergenza. Ora, chi poteva possedere una tale sostanza?»
Erano tutti un po’ perplessi.
«Una sola persona: mrs. Fernandez stessa, naturalmente! Soffriva di problemi cardiaci, mi sembra naturale che il suo dottore le avesse dato un’autorizzazione per comprare stricnina e tenerla in casa a scopi medici.»
James assunse un’espressione molto scettica: «Vorrebbe insinuare, quindi, che si è suicidata».
«No, per niente. – rispose Wright molto semplicemente – Vorrei solo insinuare che la defunta non sia mrs. Fernandez.»
Un silenzio di tomba piombò nella sala. I sospetti si guardarono tra di loro, la mente consumata, gli occhi vuoti e le facce pallide.
«Vedete, mrs. Fernandez stessa è l’unica persona che ha veramente avuto l’occasione di uccidere la vittima. Ma noi tutti, io incluso, non siamo stati abbastanza furbi da chiederci se la defunta fosse veramente chi si credeva che fosse. Siamo stati ingannati dalla nostra stessa mente, che ci ha portati a considerare una semplice supposizione come un fatto sicuro e provato. Ma non era affatto provato, poiché a nessuno è venuto in mente di controllare l’identità del cadavere! Chi era la vittima? Mrs. Kelsey. Perché la finta mrs. Kelsey è fuggita solo tre giorni dopo l’omicidio? Perché non voleva farsi vedere dalla nipote che l’avrebbe sicuramente riconosciuta.»
A questo punto del discorso, James cominciò seriamente a sospettare che il suo capo fosse diventato pazzo per aver riflettuto troppo in questi ultimi tempi.
«Ma, mi scusi, capo, come ha fatto mrs. Fernandez a uccidere mrs. Kelsey che è stata fuori casa tutta la giornata?»
«Quello era il colpo da maestro: aver fatto credere a tutti che mrs. Kelsey fosse uscita. Ma in realtà non è uscita affatto. Infatti, non era il suo giorno libero, come ci ha detto miss Hunt stessa. Allora, mi chiederete, come ha fatto Parker a vedere la cuoca uscire dal palazzo? Semplice: Parker non ha visto la cuoca uscire, ma l’ha intravista e in più di spalle. Come faceva a essere sicuro che fosse la cuoca? Poiché era una donna vestita come la cuoca. Ma non ha visto la sua faccia: si sarebbe accorto, altrimenti, che si trattava di mrs. Fernandez e non della cuoca. Inoltre, per non farsi riconoscere, la zia di miss Hunt non è passata a prendere le lettere e il giornale da Parker come la cuoca faceva ogni mattina: è questo il primo dettaglio che mi ha fatto dubitare del fatto che fosse stata veramente la cuoca a uscire quella mattina. Credo di poter ricostruire i fatti del 4 aprile in modo soddisfacente: ho trovato una spiegazione plausibile per ogni elemento. In altre parole, solo questa alternativa forma un puzzle completo e risolve tutti i dubbi. Verso le nove, mentre miss Hunt dorme, mrs. Fernandez annucia alla sua cuoca che esce, si veste di nero, prende una cuffia di mrs. Kelsey e una borsa nera non troppo costosa e sguscia fuori. Porta con sé nella borsa un ricambio: un vestito verde alla moda, una borsetta più piccola in tinta e del trucco. Sul pianerottolo si infila la cuffia, in modo che, se Parker la vedesse, non la riconoscerebbe per il colore dei capelli. Infatti, lei aveva i capelli neri, mentre mrs. Kelsey biondi. Così vestita, si avvicina rumorosamente alla porta d’entrata, perché Parker dia un’occhiata fuori e la noti mentre è di spalle. Questo le fornirà un testimone perfetto che potrà confermare che la cuoca è veramente uscita alle nove dal palazzo. Una volta uscita, chiama un taxi, si reca dal parrucchiere, dove si fa tingere i capelli di castano. Compra, sempre dallo stesso parrucchiere, una lozione per tingere i capelli di nero da applicare in casa, senza dover prendere un appuntamento in un salone di bellezza. A questo punto, in un bagno pubblico, lontano dagli occhi indiscreti, si cambia, indossa il vestito verde, elegante e costoso, si trucca in maniera pesante, al contrario delle sue abitudini, e compra un cappello verde e ampio in un negozio del centro. Quest’ultimo ornamento le nasconderà parzialmente il viso, contribuendo a ingannare Parker. Fa un salto in una pasticceria e compra delle praline alla mandorla. Alle undici e mezza, certa che sua nipote è ormai partita, ritorna. Suona, dice al portinaio di chiamarsi mrs. Bassington: egli, inesperto in materia di bellezza femminile, non riconosce la zia di miss Hunt, che d’altronde conosceva da soli tre mesi e non vedeva uscire spesso. Sale su fino all’appartamento.»
Il sergente sospirò. «Se qualcuno mi avesse descritto subito l’aspetto esteriore della cuoca, avrei capito subito che qualcosa non quadrava. La vera mrs. Kelsey aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi. Infatti, è questo, credo, che volesse dirmi miss Hunt, il giorno in cui ha telefonato da una cabina telefonica per informarmi di un indizio importante: probabilmente io o James avevamo menzionato davanti a lei il fatto che mrs. Kelsey avesse gli occhi scuri, o i capelli castani, e si era accorta che lei e noi non stavamo parlando della stessa persona
Esther assentì.
Il sergente, soddisfatto, proseguì con la sua ricostruzione dei fatti.
«Bussa, la domestica le apre: forse si è effettivamente meravigliata dell’aspetto della padrona, ma questa le avrà detto qualcosa come “Ero stanca di sembrare vecchia, triste e malata, quindi sono andata in centro per migliorare un po’ il mio aspetto, sono passata dal parrucchiere e in un negozio di abbigliamento… Cosa le pare?” Credo che, a questo punto, dovrò chiarire un dettaglio: il movente. Perché mrs. Fernandez avrebbe voluto uccidere la cuoca? L’unica risposta che mi sembrava possibile era questa: mrs. Kelsey era, in realtà, Ewa Jankowsky. I motivi che la spinsero a farsi assumere da miss Hunt non sono chiari: forse voleva scoprire se la zia possedesse un altro scialle, o forse voleva essere sicura che questa non parlasse. La seconda mi sembra più probabile: secondo me, mrs. Kelsey ricattava o minacciava mrs. Fernandez, impedendole così di rivelare il misterioso segreto dello scialle. Sono giunto a questa conclusione dopo aver notato che, una volta tornata dall’os...

Indice dei contenuti

  1. COPERTINA
  2. CAPITOLO I
  3. CAPITOLO 2
  4. CAPITOLO 3
  5. CAPITOLO 4
  6. CAPITOLO 5
  7. CAPITOLO 6
  8. CAPITOLO 7
  9. CAPITOLO 8
  10. CAPITOLO 9
  11. CAPITOLO 10
  12. CAPITOLO 11
  13. RINGRAZIAMENTI