Non è una gabbia vuota, è un animale libero
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Non è una gabbia vuota, è un animale libero

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Non è una gabbia vuota, è un animale libero

Informazioni su questo libro

«Ho mosso i primi passi su questo pianeta bizzarro nel millennio scorso. Sopravvivo, incredibilmente, dal 1977 a inquinamento, tempeste mediatiche, politici corrotti e malasanità scolastica.
Vegetariano per anni, ho poi intuito dolorosamente che lo sfruttamento animale è la più antica forma di oppressione istituzionalizzata e apre i battenti a tutte le altre (sessismo, razzismo, omofobia); sono così diventato vegano, scegliendo di non contribuire alla sofferenza di alcun essere senziente.
Vivere in simbiosi con la Natura ed eticamente, questo è il mio unico credo: di conseguenza rifiuto categoricamente qualsiasi perversione (dittatura) religiosa.
Sono un maestro elementare e adoro ogni genere di arte. Questo è il mio terzo libro. Ho troppo da dire perché sia l'ultimo.
La poesia e la lotta sono sorelle, e la libertà è un canto che non avrà mai fine.
Ora e per sempre: GO VEGAN!».
Alessandro Vettorato

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Informazioni

Anno
2012
Print ISBN
9788859104858
eBook ISBN
9788859105398
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

IL DETONATORE DELL’EMPATIA

di Luca Brambilla
Sono solo animali. Una frase che si lascia dietro quell’amaro retrogusto della giustificazione, senza troppi giri di parole rende chiare le ragioni per cui al mondo è in atto una guerra, combattuta senza trincee né linee di fuoco nemico. Una guerra che ci coinvolge tutti, dall’istante in cui ci solleviamo sui nostri cuscini imbottiti di piume, a quando ci sediamo a tavola per fagocitare i pezzi di qualche volto ridotto a pietanza. Animali, che siano gatti o maiali, formiche o elefanti, macachi piuttosto che salmoni. Sembra che il buon Demiurgo avesse un righello da geometra, nel momento in cui ha stabilito che le creature sulla Terra si sarebbero divise in maniera tanto netta: gli esseri umani da una parte, tutti gli “animali” dall’altra. Sarebbe il caso di dire, tutti gli “altri” animali. Nel mondo è in atto un massacro, ma le schiere di soldati che imperversano sotto la bandiera dello Specismo sono un esercito di zombie, troppo spesso inconsapevoli di quale sia la loro parte in questo mostruoso bagno di sangue. La distanza che intercorre tra le nostre bocche e la forchetta in cui è incastrata la carne delle nostre vittime, è forse questa la dimensione più inquietante dell’egoismo, una distanza che si accorcia rendendoci complici di un’inconfessabile frenesia: Sieg Heil! Lo sterminio è servito.
Ci sentiamo tutti innocenti, solo perché l’ignoranza dimezza il peso della colpa: eppure non stiamo sognando, stiamo solo sparando a occhi chiusi. Quelle urla che si levano dai macelli sono reali, il sangue che cola dalle bistecche quando hanno ancora gli occhi aperti, non è meno nauseante e prezioso di quello che ci scorre nelle vene. Ecco allora che aprire gli occhi segna il confine della nostra complicità, diventa un atto rivoluzionario, costretti a prendere posizione in questa carneficina degli oppressi. Per l’indigeno assassinato dalle multinazionali del petrolio, l’operaio “suicidato” dall’usura delle banche, la donna stuprata dalla violenza del machismo, il clandestino torturato dalla polizia. Per le grida inconsolabili delle mucche violentate, il fragore sinistro dei pulcini triturati, l’agonia dei pesci soffocati nelle reti, per quel maiale che si è visto sgozzare dopo pochi mesi di un’assurda prigionia, per il coniglio rinchiuso che non poteva chiedere pietà, mentre gli veniva portata via la dignità della vita.
Con gli occhi spalancati e una lucida rabbia, questo è il manifesto di un sentimento rivoluzionario: nel nome dell’etica e dell’empatia.
L’autore: Questo libro nasce dalla necessità che qualcosa cambi attorno a me. Sono diventato vegetariano a 19 anni, dopo aver sentito un’amica dire al cameriere che le chiedeva cosa volesse per secondo: “non mangio nulla che abbia avuto occhi per vedere”. Il giorno dopo ero vegetariano. Non mi sono nutrito per anni di animali (anche i pesci fanno parte del regno animale, ovviamente), sicuro così di fare del bene ad altri esseri viventi. In 13 anni di vegetarismo ho incontrato solo due persone che mi hanno parlato del veganesimo; non avevo contatti con nessun altro animalista, così non mi sono molto preoccupato di approfondire. Poi, due anni e mezzo fa, mi sono informato davvero su cosa accada agli animali sfruttati per le uova, il miele, la lana, la seta, la pelle, il formaggio, il latte, etc: il giorno seguente ero diventato vegano.
Essere vegani non significa solo eliminare ogni prodotto animale dalla propria dieta; purtroppo, l’immane sfruttamento compiuto ai danni degli animali si ramifica in mille altri tipi di sofferenza. Da ciò che vestiamo a ciò che usiamo per truccarci, da ciò che ci fa divertire (circhi, zoo, delfinari) a ciò che dovrebbe curarci, ma che in realtà ci fa stare ancora peggio. Da quei maledetti giochi al massacro chiamati sport (caccia e pesca) alle tradizioni laiche e religiose che mortificano il corpo, la dignità e la vita degli animali come fossero oggetti. Inutile nasconderlo, l’umano utilizza gli animali a suo piacimento, senza preoccuparsi minimamente della sofferenza a cui questi vanno incontro. Sono diventato un attivista per la liberazione animale sulla scorta di una questione etica: come posso considerarmi umano se contribuisco all’agonia e alla morte di altri esseri senzienti? Diventare vegani non è affatto difficile; nel momento in cui ti rendi conto di far parte di un sistema che tortura miliardi di esseri senzienti ogni anno per gli scopi più vari, come puoi non provare a far qualcosa per impedire tanta ingiustizia?
Ci dicono che il latte fa bene, ma non è così: fa male al nostro organismo e alle mucche sfruttate per produrlo. Siamo circondati da tutta una serie di falsità, semplicemente perché il falso paga bene in termini di denaro. Vi siete mai domandati da dove arriva la fettina di prosciutto che comprate al supermercato? Quella fettina era un animale che è stato fatto nascere in prigione, torturato, schiavizzato e infine ucciso; tutto questo per un’abitudine alimentare, per una “dieta”. Stesso discorso per gli animali nei circhi o negli zoo: portare i bambini ad assistere a questi spettacoli è diseducativo, perché alimenta la folle idea che un animale in gabbia possa divertirsi. Potrei andare avanti per ore a elencare ogni aspetto della vita umana che alimenta questa terribile industria di morte.
Il libro che avete fra le mani si compone di una selezione delle mie poesie, vi troverete aforismi antispecisti e antirazzisti scovati su internet oltre alle preziose collaborazioni di amici e amiche che hanno contribuito ad arricchire e rendere ancora più speciale quest’opera.
Così come sottolineato nella splendida prefazione realizzata per l’occasione dal mio amico Luca, ho provato a farmi portavoce di chi diritti non ne ha. Perché non umano, come nel caso degli animali o perché schiacciato da altre persone, come nel caso degli omosessuali, degli stranieri, di chi appartiene a una minoranza.
Invito chiunque abbia un po’ di sensibilità a informarsi, anche attraverso i siti che ho piazzato qua e là in calce alle poesie (mi spiace non aver potuto inserirne altri, ma il tempo era poco; provvederò nei volumi successivi. Chiunque non sia stato nominato, non se la prenda).
Essere vegani è qualcosa di doveroso. Di necessario. Di autentico.
Il titolo del libro è una frase che una mia collega di scuola mi ha riportato e che è diventata subito un motto animalista.
Una mattina questa collega (Giusy Noto) ha portato in classe una gabbia vuota, chiedendo ai suoi alunni di seconda elementare che cosa, secondo loro, rappresentasse. Dopo tante risposte ovvie, una bambina ha alzato la mano, dicendo: “Maestra, quella non è una gabbia vuota. È un animale libero”.
Durante una manifestazione anti pellicce a Milano, ho raccontato l’aneddoto a Maria Cristina Polzonetti che se n’è subito innamorata, facendone un vero e proprio tormentone e contribuendo a diffonderlo per il web, anche grazie all’ormai famosa immagine della gabbia aperta, con sfondo verde fosforescente. Immagine che la bravissima artista Silvia Di Mila Veg ha usato come spunto per la meravigliosa copertina nella quale compaiono la sua cagnolina cieca Mila, la mia gatta Euridice, una tartaruga (ne ho otto e le amo tutte moltissimo) ed un maialino. Uccelli liberi che solcano il cielo.
Questo libro è dedicato principalmente agli animali e a chi combatte, anche rischiando la libertà e la vita, per i loro diritti. Gente come Barry Horne che è morto, ribellandosi contro un sistema che tortura nei peggiori modi possibile gli animali non umani. Gente come Peter Daniel Young o Walter Bond, prigionieri perché “colpevoli” di aver distrutto proprietà di persone che lucravano sull’esistenza degli animali. Questo libro è dedicato alla gente comune che fa cose straordinarie. Gente che entra negli allevamenti di visoni a salvare anche solo due o tre vite, rischiando la libertà. Gente che ha fatto di questo modo di vivere una necessità primaria. Tutti possiamo far parte di A.L.F. (Animal Liberation Front) o E.L.F. (Earth Liberation Front), tutti possiamo combattere questo sistema, tutti possiamo dire basta: gli animali hanno un bisogno assoluto che sempre più persone difendano i loro diritti. Un tempo la gente con la pelle scura doveva sedersi in scompartimenti diversi, sugli autobus, per non mescolarsi alla gente con la pelle chiara. Vi sono state le rivoluzioni per i diritti delle cosiddette minoranze. Fino a pochi anni fa gli omosessuali venivano considerati dei malati (purtroppo anche adesso in molti lo pensano), ma si è lottato affinché cadessero le discriminazioni nei loro confronti. Ora tocca agli animali non umani. Scrivo animali non umani, poiché anche noi siamo animali: animali umani. La divisione fra l’essere umano ed il resto degli abitanti del pianeta Terra è simbolica, creata dal primo per sottomettere i secondi. Nel meraviglioso film Earthlings (Terrestri) viene spiegata l’assurdità nel definire solo gli umani come “terrestri”. Ogni essere vivente, dal moscerino alla balenottera, dal girasole all’otaria lo sono, e tutti, nessuno escluso, hanno diritto a vivere senza soffrire, senza venir perseguitati, senza essere imprigionati. Per questo rinnovo il mio pensiero: apriamo ogni gabbia. Liberiamo tutti gli schiavi. Pensateci bene. Che cosa differenzia realmente l’animale umano dall’animale non umano? Il linguaggio, forse? In realtà, ogni specie animale, dalla più semplice alla più complessa utilizza un proprio linguaggio. L’intelligenza? Dite che l’umano è l’animale più evoluto del pianeta? Beh, certo, secondo una scala di valori progettata da lui stesso e che lo pone al centro di qualunque piramide evolutiva, sicuramente sì. Ma paragonare il nostro modo di vivere, ritenendolo il migliore possibile, il più importante, l’unico da proteggere, è un azzardo. Uno sbaglio. Una fesseria. Un ragno non imparerà mai le tabelline, non scriverà mai un libro (chissà quante parole vengono ricamate sui fili delle ragnatele dentro ogni nido di cespuglio), ma di queste ed altre attività tipicamente umane l’aracnide non se ne fa proprio nulla. Viceversa, non troveremo mai un umano in grado di rivaleggiare in materia “ragnatelica” con un ragno, anche il meno abile. Questo per farvi capire che qualsiasi paragone è un’emerita sciocchezza: soprattutto perché l’essere umano si confronta con gli altri esseri senzienti per poi decidere della loro vita e della loro morte. Pensiamo che le emozioni siano tipicamente di nostra competenza. Pensiamo che gli animali non umani agiscano unicamente secondo il proprio istinto: in questo modo li sottovalutiamo. Gli animali non umani, afferma l’ignorante, non soffrono. Se difendono i loro piccoli dai predatori non lo fanno per amore materno, semplicemente per mero istinto: nulla di più sbagliato. Masson ha studiato a lungo la vita emotiva degli animali, pubblicando poi libri esemplificativi sull’argomento. Dopo averli letti, vi assicuro, non pensereste più agli animali non umani come stolti contenitori pregni di pura istintualità.
Molti animali schiavi negli allevamenti intensivi arrivano a suicidarsi, dopo che vengono loro tolti i piccoli. Le pecore si lasciano morire di fame, quando private dei loro cuccioli. Un’orsa della luna ha preferito uccidere, soffocandolo, il suo piccolo, prigioniero in uno di quei tremendi lager cinesi per l’estrazione della bile, piuttosto che sentirlo agonizzare; dopodiché si è suicidata. Un gruppo di pecore, fuggite in massa da un camion che le stava portando al mattatoio, si è gettata da una rupe, piuttosto che affrontare l’orrore della macellazione.
Tutti gli esseri viventi temono la morte. I maiali, animali intelligentissimi, sono consapevoli dell’assassinio dei loro compagni, mentre si trovano in una delle sale di tortura del mattatoio. avvertono l’odore del sangue versato. Impazziscono di paura. Nessun animale, essere umano compreso, desidera soffrire. Per questo gli animali nei circhi compiono gli stupidi giochi che voi applaudite. Gli aguzzini, travestiti da domatori, li torturano, affinché i prigionieri abbiano terrore di fruste e catene. 
È straziante rendersi conto di quanto male stiamo facendo al pianeta. Alla Natura, agli animali, a noi stessi. Viviamo in città sature di inquinamento, ci ammaliamo di malattie che noi stessi abbiamo provocato, cerchiamo rimedi torturando esseri indifesi con la scusa del progresso, nonostante sempre più medici (fra cui il dott. Cagno e il dott. Tettamanti) ribadiscano l’inutilità della vivisezione. Consapevoli dei danni che essa provoca. agli animali e a noi stessi. Viviamo in un’epoca olocaustica. Decine di miliardi di animali non umani ogni anno vengono assassinati. Stiamo desertificando la Terra, distruggiamo foreste, inquiniamo fiumi. Estinguiamo chissà quante specie animali e vegetali ogni anno. Al contrario degli altri esseri viventi, non siamo in grado di vivere su questo pianeta senza distruggerlo.
Gli altri animali si adattano, alimentando le sinergie esistenti con l’ambiente che li circonda. Noi non ne siamo capaci. Noi abbattiamo alberi, cancelliamo ecosistemi grandi o piccoli, accusiamo gli animali di essere nocivi e li avveleniamo, di essere feroci e li cacciamo, di essere preziosi e li rinchiudiamo dentro delle gabbie. Eppure, ogni forma di vita, dal moscerino della frutta all’enorme balenottera, merita di vivere. Noi non siamo che una specie vivente fra le milioni che abitano questo pianeta. La più invasiva. La più distruttiva.
Occorre davvero fermarci, prima che sia troppo tardi.

Lumachine al mattino

da un’immagine di Marina Panichi)
Restituisco al mare pezzi del tuo corpo,
dopo averli levigati col calore delle dita,
dopo averli amati con la chioma dell’acqua
che si prende i lamenti delle onde, li condensa
n quarzi e salgemma; come vasche di capelli.
Restituisco al mare la tua gola, dopo averla baciata,
dopo averne stretto il ruscello di pelle e le labbra
ricamano suoni di dita a cercare il cuore delle cose.
Pulso l’ombra delle onde sul selciato che mi veste
dei momenti che indosso, stringendoti a me,
le lenzuola sono ninnananne che bevo al buio,
mentre ascolto il tuo respiro mormorare sogni,
mentre lo ascolto ed il corpo diventa i...

Indice dei contenuti

  1. cover
  2. gerenza
  3. Non_e_una_gabbia_vuota_ma_un_animale_libero
  4. Non_e_una_gabbia_vuota_ma_un_animale_libero-1
  5. Non_e_una_gabbia_vuota_ma_un_animale_libero-2
  6. Non_e_una_gabbia_vuota_ma_un_animale_libero-3
  7. Non_e_una_gabbia_vuota_ma_un_animale_libero-4
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