PRefazione
“Trascendenze” è il titolo suggerito dal Vescovo della Diocesi di Albenga-Imperia, sua Eccellenza Monsignor Mario Oliveri, dopo aver letto le bozze prima che andassero in stampa. E’ raro e insolito che una personalità ecclesiastica si confronti con il testo poetico complesso e articolato di un linguaggio intimo, seppure dettato in uno stato di grazia nel quale viene a trovarsi un seminarista, e che ne dia un giudizio sorprendente: “Con la sua poesia ed ancor più con la sua scelta di vita muovere gli animi al Vero e al Bene”.
Ma d’altra parte non è forse vero che il Vescovo è anche il Pastore di tutte le anime e l’umile ascoltatore delle voci, anche le più semplici, che umilmente esprimono il loro amore verso Dio? “Come si identifica in Dio anche il Bello, il Vero ed il Bene che si manifesta in tutto il suo splendore!” Ma è anche prezioso, nella complessità dello studio, nel rigore del Seminario, nel valido insegnamento dei Dottori, nella guida del Rettore, che una voce del coro abbia la forza di esprimere qualche tonalità in più, quasi un’iterazione dei Salmi, un controcanto ai Vangeli. Fabio aggiunge qualche semicroma al pentagramma delle magnifiche letture Sacre. E non è l’unico e non sarà l’ultimo a creare tensioni illuminanti nelle varie sfumature delle trascendenze e ad aggiungere colori e valori rafforzativi all’estetica del Vero.
Siano perciò tutti benvenuti a questa mensa del sapere! E se scrive, “Le memorie nel vago sembrano/ un’incerta favola, che fatica/ a reggersi nel timpano./ Pare un fraterno mistico richiamo/ e nell’udir si resta come/ perduti fra le rime/ colgo l’inaudito senso/ e mi ritrovo”, è semplicemente perché vagare nel tempo senza comprendersi significa smarrirsi, perdersi.
Cercare il senso trascendente o il consenso, è ciò che qui Fabio intende, ed è merito di tutti quelli che nel suo cammino lo hanno accompagnato e gli hanno suggerito versi e dato conferme e gli suggeriranno altri versi, altre conferme. Nel piacere di leggerlo così com’è... semplicemente.
F. V.
INTRODUZIONE
Occorre innanzi tutto – in questa breve introduzione – aprire un cerchio comprensivo, sia per cogliere il senso del titolo, sia per intuire meglio il contenuto di quest’opera.
Il titolo “Trascendenze” svela subito il desiderio viscerale dell’intera opera presente. Essa, infatti, desidera svincolarsi dal sensibile, che immediatamente sta, per salire (scandere) verso “Qualcosa” che pure sta sebbene come oltre (trans-). E poiché questo “Qualcosa”, si offre e si “presentifica” alla mente umana – l’Essere che va pensato, che sta come ideale, indeterminato e universale, e che risulta essere oggettivamente Vero per la mente che lo pensa, la quale non può far altro che affermare che è. Poi questa notizia dell’Essere, come afferma il Beato Rosmini: “conduce alla cognizione dell’esistenza di Dio...”. In altre parole, offre alla ragione umana l’opportunità di affermare, con certezza, l’esistenza di Dio –, ecco che questo testo, in forma poetica, tenta umilmente di corrispondere a questa stella mattutina, che s’annuncia come il Divino nella natura umana, come aurora di una realtà trascendente, appunto, che se colta e accolta, brilla nel profondo dell’animo umano per aprirlo alla Speranza.
È proprio ciò che qui avviene, nel segno di un’eccedenza, che desidera aprirsi a questo Mistero. I versi qui contenuti, infatti, bramano scagliare gli occhi al Cielo affinché poi alati possano contemplare ciò che, appunto, trascende l’uomo: “La fronte s’arrampica sui meravigliosi monti del Nord, che Aura!”. Questo testo vuole bussare, a colpi di versi, su porte serrate, dislocate ai confini della ragione, affinché spiragli di luce divina penetrino, in usci ora dischiusi, a raggiungere il cuore, cosicché questo povero cuore umano s’apra a possedere una visione del mondo un po’ meno fatalista, nichilista e immanentista.
Il sottotitolo, invece, qui tradisce il suo ruolo di chiarificatore e dunque occorre spiegarne il senso. Perché Poestetica e non invece Poesia? Perché del Vero? Inoltre spiegheremo anche perché i testi all’interno non possiedono ciascuno il suo titolo. Sono domande a cui è necessario rispondere.
Invero qui non si esprime pura Poesia, poiché dal punto di vista tecnico della prosodia, che è l’insieme dei principi e degli elementi fondamentali della versificazione – infatti un testo poetico è un testo strutturato in versi e il verso è soprattutto un’unità fonica e non un’unità grammaticale o logica –, balza subito evidente, che i singoli versi, delle singole strofe, dei singoli testi, all’interno presenti (che qui son detti poestetici), non onorano, se non in povera misura, i principi, le norme o regole – come chiamarli si vuole – che definiscono la Poesia classica e più tradizionale o tradizionalmente conosciuta. Cosi è, anche, dal similare punto di vista della metrica.
Di seguito, bisognerebbe innanzi tutto chiedersi se ciò basti a definire la Poesia e finalmente a domandarsi che cos’è la Poesia in verità? È sufficiente obbedire a semplici precetti formali per determinare un opera poetica e quindi un’opera d’Arte?
Detto questo, si aggiunge che il contenuto presente si può includere – indubbiamente – nella categoria poetica, tipicamente contemporanea, dei “versi liberi”, sennonché questo lavoro non vuole avere la pretesa d’esser detto specificatamente poetico, comprendendo la straordinaria magnificenza che tale Arte raggiunge quando essa è Vera e nel contempo la sua incapacità ad afferrare, appunto, tale magnificenza.
Questo lavoro dunque non aspira a donarsi come opera d’Arte – qui espressa nello scritto – tout-court, e perciò come pura Poesia, ma quasi stando d’un gradino sotto, grazie (e in forza di essa) alla sua raffinata forma bella – bellezza, beninteso, non superficiale ma significativa, che ha cioè la pretesa, qui sì, di possedere come un riflesso della Bellezza/Bontà Assoluta; riflettiamo allora che cosa potrebbe e dovrebbe essere l’Arte poetica – che si ritiene qui presente, vuol darsi appunto come un’opera estetica; esteticamente bella. Tuttavia – come già affermato – parte dei formali princìpi che fondano testi poetici son stati qui posti, e ciò giustifica, in breve, nel sottotitolo, la presenza dei due termini così congiunti. Se esso – in altre parole – non vuole essere detto esclusivamente poetico, può essere però detto certamente bello. Se qualcuno poi, lo ritenesse invece una pura opera poetica e da ciò ne traesse giovamento, tale sia.
Con tutto ciò, si può affermare che – nel voler dipanare la gravosa matassa dell’immanenza umana perché finalmente si sbrogli e s’apra alla trascendenza, appunto – qui teologia, filosofia, metafisica, ontologia, antropologia, psicologia s’esprimono e s’intrecciano armoniosamente. Tali discipline, ora in intesa, desiderano scandagliare il mistero che avvolge la vita umana e snodandosi sul livello esistenziale (se pur quest’opera tratta solo una piccol...