Cristiani in Pakistan
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Cristiani in Pakistan

Nelle prove la speranza

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Cristiani in Pakistan

Nelle prove la speranza

Informazioni su questo libro

«Il mio primo viaggio [...] mi ha portato ad incontrare Shahbaz Bhatti, [..] figura coraggiosa, che non esiterei a definire testimone, presidente dell'APMA, che il Vescovo di Islamabad, Mons. Anthony T. Lobo, mi aveva indicato come colui che agiva, anche per conto della Chiesa Cattolica, nelle zone terremotate, zone disperse tra i monti che confinano con l'Afghanistan e nella regione del Kashmir Pakistano. Ciò che mi ha colpito dell'azione di Bhatti era la profonda motivazione di fede: l'aver scelto di spendere la propria vita a servizio delle fasce più deboli in nome della croce di Gesù Cristo.» L'autore: Shahbaz Bhatti, nato in una famiglia cattolica, è sempre stato impegnato nell'aiutare le comunità emarginate e le minoranze religiose del Pakistan. Consigliere di Benazir Bhutto, Bhatti è stato assassinato il 2 marzo 2011: questo volume riporta il suo testamento spirituale.

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Informazioni

INTERVISTA
A SHAHBAZ BHATTI

Le mie radici

Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono il direttore dell’Alleanza di tutte le Minoranze in Pakistan (APMA, “All Pakistan Minorities Alliance”), un’organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan, che opera in sostegno dei bisognosi, dei poveri, dei perseguitati, degli oppressi, soprattutto dei cristiani e delle altre minoranze religiose del Pakistan.
Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione ed ora presidente del consiglio parrocchiale, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Divenni chierichetto ed assistetti i parroci locali nella messa, il che mi diede l’opportunità non solo di visitare con loro diversi villaggi, ma anche di conoscere in prima persona i problemi della congregazione e della Chiesa in Pakistan.
Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. Mi ritrovai così a riflettere sull’amore di Gesù per noi e pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle. Ciò mi condusse ad essere testimone per la vita dell’amore e del sacrificio di Cristo, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Al fine di condividere in maniera tangibile e significativa la forza dell’amore di Cristo, insieme ad alcuni amici fondai un gruppo giovanile parrocchiale. Cominciammo a studiare la Bibbia e ad aiutare gli studenti indigenti a continuare i loro studi. Leggevamo la Bibbia, recitavamo il credo ed invitavamo anche altri studenti cristiani ad unirsi al nostro gruppo di studio per acquisire maggiori conoscenze bibliche e trovare maggiore ispirazione.
Poi mi iscrissi all’università, dove creai un’organizzazione cristiana con l’intento di riunire i giovani cristiani e di aiutare gli altri. Molti studenti cristiani all’università erano discriminati, venivano picchiati e torturati perché malvisti dalle organizzazioni estremiste islamiche che non li volevano all’università. Si sentivano molto isolati, ma noi li aiutammo. In quel tempo anch’io fui picchiato dagli islamici. Mi minacciarono di morte qualora avessi creato un’organizzazione cristiana. Ma io risposi: “No, io non vi sto dando noia. Sto solo formando un’associazione per le mie sorelle e i miei fratelli cristiani”. Replicarono che non potevano permettermelo. Dopo quel giorno mi hanno torturato molte volte e hanno minacciato di uccidermi se avessi continuato nel mio intento.
Voglio condividere con voi la mia testimonianza: in un’occasione, dopo che fui picchiato, mi rivolsi ad un professore, il quale rispose di non poter fare nulla. Ancora una volta organizzai un incontro di studenti cristiani all’università ed ancora una volta venni picchiato. V’era una bacheca universitaria, dove ogni organizzazione affiggeva i propri avvisi. Così, il giorno successivo anch’io vi misi un mio annuncio: “Posso morire per il mio Gesù, ma non posso smettere di riunire le mie sorelle e i miei fratelli cristiani, specialmente gli studenti”.
Questo mio messaggio richiamò molti altri studenti cristiani, che divennero membri della nostra organizzazione e ne sposarono le idee e le finalità, ossia di liberare i cristiani oppressi dalle catene della persecuzione, della discriminazione e del pregiudizio dominante nella maggioranza della società musulmana. Così unimmo i nostri sforzi in questa lotta: davamo lezioni gratuite agli studenti indigenti e regalavamo loro libri; tutto per incoraggiare gli studenti cristiani a proseguire gli studi scolastici ed universitari, in modo da divenire buoni cittadini del paese ed aiutare la loro stessa gente.

Nasce e si sviluppa l’APMA

In seguito capimmo che avremmo dovuto estendere il nostro sostegno ed aiuto all’umanità sofferente ed alle altre minoranze religiose emarginate ed oppresse. Così nacque l’organizzazione APMA, come una forza unificante di tutte le minoranze religiose del Pakistan. Inizialmente percorrevamo lunghe distanze a piedi, in autobus ed in bicicletta per raggiungere la gente un po’ ovunque, per aiutare i cristiani sofferenti e per pregare con loro. Il messaggio che trasmettevamo loro era che non erano soli, ma parte della nostra famiglia. Così, di villaggio in villaggio, di paese in paese, di città in città, abbiamo raccolto i cristiani in un’unica piattaforma. L’obiettivo era di riunire i cristiani del Pakistan in un’unità cristiana tale che potessimo divenire un’unica famiglia e condividere le sofferenze ed il dolore di ciascuno; avremmo potuto sostenerci vicendevolmente e glorificare il nome del Signore in questo paese.
Durante il regime militare di Zia-ul-Haq vennero costituite molte organizzazioni di militanti islamici allo scopo di imporre le leggi islamiche della shari’a, come ad esempio le leggi Hudood, la legge sulla blasfemia ed altre ancora che divennero armi nelle mani dei radicali per perseguitare ed opprimere i cristiani e le altre minoranze religiose. Da allora, molti cristiani sono stati ingiustamente implicati in casi inesistenti, imprigionati in attesa di giudizio o uccisi. In simili circostanze l’APMA ha sempre denunciato le ingiustizie perpetrate ai danni dei cristiani e ha richiesto l’abolizione di tali leggi.
Il regime di Zia continuava intanto a cercare strumenti per discriminare le minoranze. In quei tempi, il governo voleva introdurre carte d’identità nazionali di colori diversi per distinguere le minoranze religiose ed i cristiani. L’APMA, comprendendo appieno le implicazioni di un tale atto, lanciò una campagna per fermare una simile politica discriminatoria. L’APMA riunì tutte le chiese e le genti attorno ad un’unica piattaforma e con l’aiuto di Dio bloccò la manovra del governo.
Notando il peggioramento della situazione dei cristiani, l’APMA lanciò un’imponente campagna contro l’uso improprio che si faceva delle leggi della shari’a islamica e contro le leggi discriminatorie, in particolare la legge sulla blasfemia, sulle prove, le leggi di Hudood ecc. Raccogliemmo tutte le chiese, le minoranze religiose e le organizzazioni per i diritti umani in una conferenza che organizzammo nel 1994. I vescovi cattolici, quelli protestanti ed i leader delle altre chiese ed organizzazioni ci assicurarono tutti il loro sostegno e si unirono a noi in questa lotta per liberare le minoranze dalle maglie di simili leggi draconiane.
Nel 1995 organizzammo un grande raduno pubblico e pacifico di fronte al parlamento di Islamabad, la capitale del Pakistan. L’obiettivo era di rivendicare l’uguaglianza per i cristiani e le altre minoranze e di dar voce alle nostre richieste di giustizia, pace ed armonia. Richiedevamo che tutte le leggi discriminatorie venissero abrogate e che il governo proteggesse i cristiani del Pakistan. Molti cristiani di diversa provenienza ed estrazione presero parte a questo raduno pacifico.
Nel 1996 lanciammo una campagna per promuovere unità e solidarietà tra i cristiani e per educarli sui loro diritti. Furono creati comitati di p...

Indice dei contenuti

  1. Cristiani in Pakistan
  2. Titolo
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Prefazione NATALINO BONAZZA
  6. Introduzione DINO PISTOLATO
  7. Intervista a SHAHBAZ BHATTI