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Testimone Della Verità
Informazioni su questo libro
Incontro con il grande filosofo tedesco Robert Spaemann che riflette con lucidità sul significato della storia della filosofia, sulla letteratura dell'antichità (Omero, Sofocle, Virgilio), sulla storia tedesca (la questione dell'olocausto), su temi di etica di grande attualità (aborto, eutanasia), ma anche su questioni teologiche e relative alla vita della Chiesa: la liturgia, il ruolo delle donne nella Chiesa, la pedofilia, il modernismo di alcune posizioni reazionarie nella Chiesa. A cura di Roberto Graziotto
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Informazioni
Storia della Filosofia
Roberto Graziotto:
La Storia della Filosofia è il prossimo grande argomento del nostro colloquio. Grazie all’allora proposta di Giovanni Gentile su questo punto, viene insegnata ancora in Italia, nella Scuola Secondaria Superiore, la Storia della Filosofia. Nella mia scuola in Sachsen-Anhalt (la Christophorusschule del CJD a Drojssig) ho impostato le “norme” su questo modello (senza togliere all’insegnante la libertà di insegnare anche tematicamente). Mi piacerebbe tentare con Lei un breve percorso attraverso la Storia della Filosofia. Non mi interessa qui tanto la completezza quanto l’abbozzo di un possibile percorso filosofico. Iniziamo dunque con i Pre-socratici.
Prof. Spaemann:
Posso fare qui un’osservazione? Mi sembra molto importante far notare il fatto che fare lezione di Storia della Filosofia non abbia come risultato il relativismo: si può pensare su tutto in un modo o nell’altro. Veniamo a conoscenza, attraverso la Storia della Filosofia, di molti modi diversi di pensare. Il relativista chiede quale a lui vada più a genio. Ma questo non ha a che fare con la verità. Il buon insegnante di Storia della Filosofia dovrebbe invece mostrare che in Filosofia ne va sempre della verità e noi abbiamo capito veramente un filosofo se abbiamo capito perché la ricerca della verità lo ha portato sui suoi specifici pensieri. Io questo l’ho sempre rivissuto anche quando ho letto il Gorgia di Platone con giovani studenti tanto da pensare che potrebbe essere stato scritto oggi. L’insegnante deve rendere comprensibile agli allievi l’autentica spinta del pensiero. Secondo me uno dei migliori libri sulla Storia della Filosofia sono le Vorlesungen über Geschichte der Philosophie1 di Hegel. Lui ha fatto esattamente questo. Non c’è quasi nessun libro che introduca così bene ed in breve alla filosofia di Aristotele.
Roberto Graziotto:
La ringrazio molto, questo è molto importante. Il mio obiettivo però non è il Relativismo. Vorrei piuttosto essere in tutto e per tutto al servizio della verità con la filosofia. Con l’introduzione alla Storia della Filosofia vorrei qui raggiungere l’obiettivo per cui gli alunni (e anche noi insegnanti) si sentano non solo come scopritori di chissà quale teoria ma inizino, grazie all’insegnamento dei grandi filosofi, a farsi dei propri pensieri ed a saperli formulare – specialmente oggi per controbattere a questa “dittatura del relativismo2”. Quando si spiegano i Pre-socratici, spesso viene presentato il primo passo nella Storia della Filosofia come “critica alla religione”, come un qualche congedo da Omero e dal suo mondo mitologico dualistico di dei e uomini. Il cammino “monistico” è forse per la filosofia una sorta di continua disposizione? È vero che la filosofia è innanzitutto “critica alla religione” che porta al “monismo”?
Prof. Spaemann:
Io credo che il pensiero filosofico porti ad un monismo, se con questo termine si intende il fatto che ci sia un terreno comune di tutta la realtà. Non una varietà ed un pluralismo di dei ma un principio originario dell’Essere. Per monismo si intende poi anche una teoria per la quale l’origine dell’Essere, dio3, che è fondamento dell’Essere e l’Essere stesso sono identici. Proprio perché non si trova nessun fondamento, ciò che chiamiamo fondamento è l’Unodio. Ma con monismo si può intendere anche monoteismo. E allora devo dire che è vero solo in un certo contesto che la filosofia sia all’inizio “critica della religione”. Si potrebbe dire anche il contrario, cioè che la filosofia è un approfondimento della religione. Quando Platone critica gli dei di Omero e in particolare vuole eliminare Omero stesso dai programmi educativi, ha un motivo prevalentemente religioso. Dice che non bisogna pensare così e così sulla divinità. Non possiamo anzi pensare affatto gli dei come ingiusti, passionali ed egoisti perché questo sarebbe sacrilego. Per questo anche i cristiani si sono uniti molto presto alla filosofia e non alle antiche religioni. Non volevano assolutamente avere niente a che fare con la religione romana ma molto con la filosofia platonica. Agostino ha una volta scritto: «Die Platoniker lehren fast dasselbe wie wir4». Ci sono naturalmente anche filosofi materialisti, Democrito e Lucrezio, per esempio, ma questa è solo una parte della filosofia. Vista dunque nella sua interezza la critica al Mito non è critica alla religione ma al contrario una critica del Mito religiosamente fondata.
Roberto Graziotto:
Rimaniamo ancora per un po’ con gli Antichi. Si può immaginare la prima discussione filosofica, a partire dall’epoca di Socrate, come una lotta tra la retorica (l’apparenza) e la filosofia stessa (la Verità)?
Prof. Spaemann:
Sì, è esattamente il caso di Parmenide fino a Platone, la filosofia si presenta sempre come una critica all’apparenza. E questo va avanti per i Greci fino a diventare così radicale da negare veramente ciò che l’uomo ha davanti agli occhi perché, secondo loro, ciò che si ha davanti non si lascia pensare. Prendiamo per esempio Parmenide che nega che esista il movimento. Noi tutti vediamo che c’è movimento intorno a noi. Ma lui dice che non ci può essere il movimento per il fatto che il movimento stesso non si lascia pensare. Da cosa si distinguono dunque i corpi in movimento dai corpi che non si muovono? La risposta è: il corpo in movimento, già mentre è in un determinato luogo, è contemporaneamente in un secondo luogo. Si muove da un luogo ad un altro e questo significa che non si può definire la sua posizione istantanea senza già anticiparne la successiva. Questa incapacità di cogliere il pensiero del movimento fa concludere che il movimento non esista. Adesso non voglio andare oltre ma è un esempio a favore del fatto che i filosofi hanno detto che tutto ciò che noi vediamo sia solo apparenza. Aristotele, rispetto a questo, ha di nuovo dato diritto e dignità a ciò che si mostra, nella misura in cui argomenta che il movimento si possa pensare. E per questo ha sviluppato una strumentazione per pensare il movimento. Non si è preso la briga di dire che, visto che il movimento non si lascia pensare, allora non esiste ed è solo apparenza. Ha detto invece che il movimento c’è, eccome, e che noi lo vediamo. Dobbiamo sempre porci le domande, come e quali sono gli strumenti concettuali per capire cosa succede. Essere ed Apparire sono i vecchi temi della filosofia.
Roberto Graziotto:
Può essere d’aiuto la retorica alla filosofia? Se, per esempio, il filosofo riesce a parlare meglio con essa, può poi parlare così da affascinare un certo pubblico. La retorica è veramente un aiuto per i filosofi? Oppure con essa si arriva a certe cose che non hanno niente a che fare con la cosa in questione5?
Prof. Spaemann:
Questa è la vecchia discussione – Platone lotta contro la retorica. L’argomento di Platone contro la retorica è il seguente: chi sa come convincere le persone con i discorsi, non ha bisogno di capire qualcosa sulla cosa in questione di cui stiamo parlando, non ne va di mezzo la verità ma il fatto che le persone condividano la sua stessa opinione, egli può quindi semplicemente convincere. Può, con il parlare, convincere. A questo risponde Platone: «Das kann doch auch der Mathematiklehrer6». Porta avanti una dimostrazione e se la sa presentare bene, allora gli alunni possono rendersi conto che il teorema di Pitagora è vero. Sì, o è un buon oratore o un buon matematico. Platone dice che la retorica insegnata dai sofisti è l’arte di convincere tutti. Qualche volta quest’arte può anche essere importante. Per esempio, quando un medico prescrive una medicina necessaria ad un paziente ed il paziente esita a prenderla, forse a causa dei suoi effetti collaterali, allora sarebbe naturalmente utile se il medico disponesse di quest’arte del convincere. L’argomento di Platone è semplicemente che la retorica potrebbe purtroppo essere usata per diversi intenti. La si può usare per buoni come per cattivi propositi. Non appartiene alla natura della retorica di portare al Vero ma solo di veicolare opinioni. Ed esse potrebbero essere vere come false. Dopo Platone la filosofia si è legata spesso alla retorica. Cicerone, per esempio, è un grande retore ma allo stesso tempo un filosofo. Lui voleva convincere gli uomini della verità per mezzo della sua arte di parlare. Platone su questo invece è estremo. Si potrebbe dire che ciò che insegnano i sofisti sia giornalismo. Il giornalista che commenta tutto molto velocemente, non deve capire assolutamente nulla della cosa di cui parla. Oggi non è più sempre così, infatti c’è, per esempio, del giornalismo scientifico molto ben fatto. E sono spesso delle persone altamente qualificate che lo fanno e che veramente conoscono la scienza ma allo stesso tempo riescono a tradurla in un linguaggio accessibile a tutti. Dopo Platone c’è anche un’altra forma di insegnamento retorico che pretende allo stesso tempo di essere filosofia: è, per esempio, il caso di Isocrate.
Roberto Graziotto:
E comunque anche Platone stesso, nel corso della sua vita, cambia le sue posizioni, inizialmente molto critiche.
Prof. Spaemann:
I suoi stessi dialoghi infatti sono frutto di retorica.
Roberto Graziotto:
Nello studio della lingua latina ho imparato una cosa, che mi ha particolarmente affascinato, e cioè la differenza di come si costruisce la parola “persuadere” e “convincere”. Persuadere si costruisce come una proposizione finale con l’ut7 mentre convincere con una proposizione infinitiva e con l’accusativo8. Questo vuol dire che in “persuadere” c’è in qualche modo già la domanda e il desiderio per qualcosa, che tu la pensi come me, mentre in “convincere” si tratta più di una dichiarazione. Non c’è in gioco cioè nessuna domanda ma una enunciazione, l’enunciazione di una verità per esempio.
Prof. Spaemann:
Se qualcuno cerca di persuadere qualcun altro allora c’è la probabilità che ci sia una resistenza interna negli uomini, per il fatto che ne va di mezzo la verità. Non posso cioè direttamente opporre qualcosa ma so dentro di me che è falso ciò a cui tentano di persuadermi. Anche io ho “resistito” a qualcosa quando, in gioventù, mi sono allontanato dal marxismo ed i miei amici marxisti (che successivamente sono diventati liberali mentre io non lo sono diventato) hanno cercato all’epoca di convincermi con argomentazioni. Non mi sono sentito per niente arricchito da tali argomentazioni e per questo mi sono ritirato dalla discussione, me ne sono praticamente volato via. Mezzo anno dopo ho approfondito la cosa e ho di nuovo discusso su questo. Ma il sapere inconscio che non può essere il Vero, precedeva l’argomentazione. E se qualcuno, parlando dell’istituzione di un campo di concentramento con tanto di torture e tutto il resto, si mettesse a dire che dipende dal sapere chi è in questo campo di concentramento e da chi lo ha costruito, e che si deve fare una grossa differenza tra Hitler e Stalin, allora mi viene semplicemente da dire che tutto questo ragionamento è sbagliato. Se qualcuno, su un determinato modo di trattare l’uomo, vuole ancora sapere a quale scopo serva questo trattamento, allora è già sul piede sbagliato. E allora c’è qualcosa come un istinto di verità, che deve a mala pena essere richiamato alla luce, ma che già anticipa9.
Roberto Graziotto:
Nella preparazione al mio itinerario attraverso la Storia della Filosofia mi sono accorto di aver saltato l’avvento di Cristo. Sono passato direttamente dagli antichi ai medievali e non ho speso nemmeno una parola sulla Patristica. Ma i Padri della Chiesa hanno in realtà esercitato la filosofia e hanno visto Cristo stesso come filosofo o mi sbaglio?
Prof. Spaemann:
Sì, c’è in effetti, nei primi anni del Cristianesimo, questa idea della Philosophia Christi10. Questa presuppone un preciso concetto filosofico che nell’Antichità era ancora in vita, cioè la filosofia come “modo di vita”, come “vita”. Tuttavia c’è da dire che la Philosophia Christi entra in concorrenza con il modo di vita che sentono i filosofi. Ha certamente delle somiglianze, profondamente radicate se si pensa per esempio alla Stoà, ma tuttavia qualcosa di diverso.
Roberto Graziotto:
Dove sta la differenza?
Prof. Spaemann:
Nel fatto che lo scopo non è l’autarchia, non è cioè l’assoluta sovranità di un soggetto che si libera da ogni dipendenza e quindi anche da ogni compassione, come gli stoici. Per i saggi stoici non c’è nessun timore, nessuna compassione, c’è solo la ragione, la vita secondo ragione. Il saggio non ride, il saggio non piange. Gesù invece ha pianto, ha gioito – che abbia riso non è escluso. Si può riflettere su questo. Questo mi sembra interessante: grazie all’influsso del cristianesimo la filosofia diventa solo una scienza p...
Indice dei contenuti
- Testimone Della Verità
- Titolo
- Copyright
- Indice
- Introduzione di Roberto Graziotto
- TESTIMONE DELLA VERITÀ Robert Spaemann
- Parole introduttive
- Educazione
- Storia della Filosofia
- Storia
- Politica
- Etica
- Teologia e Chiesa
- Conclusione
- Appendice all’intervista a Robert Spaemann. Ancora tre domande