L'agricoltura è sociale
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L'agricoltura è sociale

Le radici nel cielo: fattorie sociali e nuove culture contadine

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L'agricoltura è sociale

Le radici nel cielo: fattorie sociali e nuove culture contadine

Informazioni su questo libro

Un viaggio inedito nell'agricoltura sociale in Italia
Una guida all'agricoltura sociale in Italia e alle sue storie. L'agricoltura è un'esperienza non solo produttiva ma sociale, nata per 'generare comunità' quando l'umanità diventa stanziale, da nomade che era. Oggi è "agricoltura sociale" non solo la fattoria dove lavora chi ha abilità differenti, la cooperativa che semina all'interno delle mura del carcere o l'impresa di migranti emancipati dal caporalato. È agricoltura sociale ogni filiera che porta dal campo alla tavola senza veleni e senza sfruttamento: sia essa biologica, biodinamica, equosolidale o da terreni confiscati alle mafie.
È agricoltura sociale la mano contadina che custodisce la biodiversità, la mente e la voce che porta nei teatri un discorso ben dissodato, l'amministratore che cura e preserva il territorio agricolo. È agricoltura sociale la resistenza di chi occupa le terre incolte pubbliche o private, i progetti di Community supported agricolture tra città e campagna, le filiere minime dei Gas, le aziende che scelgono la "piccola distribuzione". Questo libro racconta dunque – attraverso le parole di studiosi, attivisti della terra, teatranti e contadini – un modello economico e culturale innovativo, che restituisce felicità, o almeno un senso proprio, all'esistenza. Perché la terra non discrimina mai: concede i suoi frutti a chi si prenda cura di lei. Nota sugli autori e i contributi al libro
Il libro è curato da Roberto Brioschi, attivista della terra e membro di Rete dei Semi Rurali, già co-autore per Altreconomia de "I semi e la terra", "Dormire nell'orto" e "Biologico etico". Con i testi di alcuni tra i maggiori esperti di agricoltura sociale e della "nuova ruralità" in Italia: Massimo Angelini, filosofo, coltivatore d'idee, ruralista, è autore della prefazione. Alfonso Pascale, fondatore della Rete delle Fattorie Sociali e Marco Berardo Di Stefano, suo attuale presidente, raccontano lo stato dell'arte dell'agricoltura sociale in Italia. Con uno scritto esclusivo di Andrea Pierdicca, attore-narratore della contadinanza e importanti contributi di: Carlo Triarico, presidente dell'Associazione Nazionale Agricoltura Biodinamica; Federico Marchini, presidente dell'associazione Anabio; Claudio Pozzi, coordinatore di WWOOF Italia; Andrea Bomprezzi, Sindaco di Arcevia; Fabio Taffetani docente all'Università Politecnica delle Marche; Paolo Ciarimboli, libero zappatore; Paolo Cova, parlamentare che commenta la legge 141/2015 sull'agricoltura sociale. Schede su agricoltura carceraria e della legalità, resistenze agricole e usi civici, agricoltura migrante ed equosolidale curate da Massimo Acanfora, giornalista.

Domande frequenti

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Informazioni

Parte 1. L’agricoltura è sociale

Capitolo 1. C’era una volta l’agricoltura contadina

di Roberto Brioschi

Nel XIV secolo il Prodotto Interno Lordo (PIL) della somma dei piccoli regni, principati e ducati della penisola italiana era superiore a quello dell’intera Europa; la redditività delle economie italiane, storicamente durato dal XIII a tutto il XIV secolo, era consolidata grazie alle attività finanziarie e agli strumenti messi da queste al servizio del mercantilismo e dei regnanti europei. Primato che declinerà con il consolidarsi ed evolversi degli Stati nazionali continentali - anche alla stregua di imperi - e la scoperta delle rotte verso le Americhe e le sue ricchezze. I banchieri toscani, lombardi, liguri e veneziani come i Pierleoni, i Chigi, i Medici, gli Scrovegni, i Bardi, i Peruzzi, sorti come prodotto dell’associazione tra mercanti ne sovvenzionavano le attività attraverso il credito. Una finanza sùbito in grado di utilizzare la scienza, le arti e la cultura per proiettarsi sulla intera società e plasmarla al proprio servizio. Nel 1202 il Liber abaci del matematico Leonardo Pisano detto il Fibonacci fa conoscere lo 0 (zero) e i numeri arabi, fondamentali per l’attuale far di conto, rendendo possibile l’invenzione della partita doppia e il bilancio d’impresa; delle obbligazioni, delle cambiali, degli assegni, delle assicurazioni; dettando le condizioni per il sorgere della moderna scienza del calcolo, la base per l’edificazione della nostra modernità e dei suoi manufatti: l’ingegneristica delle costruzioni, i computer ed il web, l’automobile e il cellulare, ecc. Senza gli algoritmi con i numeri arabi non si costruirebbe né funzionerebbe più nulla, nemmeno una banale macchina fotografica digitale: il calcolo complesso esponenziale e sistemico non funzionano con la numerazione romana: non è un problema solo di scrittura ma di matematizzazione del pensiero).
Le famiglie dei banchieri, i cui membri divennero spesso anche Cardinali - i prìncipi della Romana Chiesa -, sono i committenti e gli ideologi delle arti; pittori, architetti e poeti lavoreranno alla creazione di opere somme la cui magnificenza (sostantivo femminile che significa “il fare in grande con convenienza”) dovrà insegnare ai popoli i linguaggi e i simboli della classe che domina il mondo per mezzo della Finanza; questa Economia determinerà i modi delle relazioni umane, riducendole a scambio che genera il profitto a beneficio di una sola delle parti (il profitto quindi scaturisce da una sottrazione). Al comparire della nuova società economica ci si preoccupò di abolire subito il peccato mortale dell’usura, nonostante che per secoli il denaro fosse stato “lo sterco del diavolo” e prestarlo con interessi comportasse ipso facto l’anatema con Inferno dantesco garantito (certezza di scontare eterna pena: rileggiamoci il “Mercante di Venezia” di William Shakespeare); poi rinchiuse la conoscenza entro un’inaccessibile e codificata Cultura, palesata con quelli che oggi chiamiamo “monumenti, capolavori insigni, patrimonio dell’umanità”, all’epoca i bigini illustrati del potere tramite l’utilizzo delle arti dispiegato ai fini del controllo sociale; infine condizionerà il divenire delle comunità umane, ne ingabbierà la spiritualità per mezzo della Religione, inventandone di nuove alla bisogna con il compito di giustificare eticamente l’ homo oeconomicus (dal Cristianesimo della Riforma di Lutero e Calvino sino al consumismo delle religioni “di condominio” made in USA e la spiritualità d’accatto delle sette New Age).
Tutti questi fattori costituiscono oggi più che mai le basi e le regole che fanno funzionare la “nostra” contemporaneità e la globalizzazione ( “world way of life”).



IL MONDO RUBATO
L’ imprinting dell’Economia del Capitalismo è - sin dagli albori - la Finanza, che nasce in Italia: la capacità di fare denaro attraverso la circolazione del denaro stesso (la ricchezza si autoalimenta svincolata dal valore d’uso dei beni, il denaro diviene “immateriale quanto astratto”, sino ai comici eccessi con capitombolo del bit-coin ).
La moneta e il suo possesso costituiscono la sola e universale unità di misura delle attività e relazioni umane nonché del loro valore.
La Finanza - evolutasi nel tempo in forma di governo sovranazionale, modificando istituzioni e strutture sociali che hanno così sottomesso i popoli, le comunità, gli individui alle sue regole - e l’Economia reinventeranno il Mondo, un altro Mondo a propria immagine e somiglianza e ai propri fini. Per realizzare questo scopo hanno dovuto sovrapporsi al reale sino ad abolirlo, ponendosi come l’unica realtà possibile, percepibile ed immaginabile. Hanno dovuto sfaldare, dissolvere le relazioni e interazioni umane, la memoria antropologica, culturale ed etica dei popoli, le loro identità; isolare nell’autoreferenzialità tanto le comunità quanto quanto i singoli che possono essere sì connessi in rete e costantemente comunicanti ma dentro ad una condizione di virtualizzazione totale (Facebook, Twitter, Whatsapp, sms, mms & Co. ove l’astratto diventa percezione fisica, certa, materiale e viceversa). Un’informazione mediatica ridotta a rappresentazione della convenienza, la produzione di un favolistico immaginario collettivo con ovvia manipolazione di massa (la prima televisione “pubblica” entrò sperimentalmente in funzione nella Germania del Nazionalsocialismo Hitleriano agli angoli di alcune piazze berlinesi con apparecchi che trasmettevano unicamente discorsi del regime, il quale aveva immediatamente compreso le potenzialità del mezzo proibendone severamente ogni diverso utilizzo); la deprivazione di ciò di cui si ha bisogno ed è necessario - diritti compresi -: ad iniziare dall’ insegnamento scolastico che abolisce la Geografia (la conoscenza fisica del proprio habitat), censura la Storia delle civiltà e delle religioni, del pensare umano e della filosofia; del linguaggio ridotto a non oltre 400 vocaboli e verbi comunemente usati (la Neolingua già intuita in 1984 da Orwell). Perseguire la sottrazione, disarticolazione di tutte le attività umane; rendere estraneo, fluido, immateriale e precario il lavoro, le relazioni tra individui, nella famiglia, inter generazionali, tra culture ed etnìe, che devono essere tutte ricondotte a pratiche di economia generanti profitto. Ad esempio il conseguimento del budget nel bilancio di esercizio degli ospedali-divenuti-aziende, che umilia il diritto alla salute dei cittadini trasformandolo in costo della salute, ottenuta solo attraverso il pagamento della cura necessaria).
È a fine degli interessi collettivi al bene comune e della partecipazione civile derivante e soprattutto dai diritti. Si smarrisce il senso della vita, si perde la vita stessa.
Ogni contratto sociale è dissolto d’imperio: lo Stato Democratico, che da un lato consente ai cittadini di riunirsi in una sola entità ma dall’altro di conservare la propria libertà ed eguaglianza divenendo così il Popolo Sovrano, è cancellato ( Du contract social, ou principes du droit politique Rousseau, 1762). Ma non basta. Devono oscurare la Natura, separare l’uomo dalla sua Terra natale, renderli l’un l’altro estranei, in guerra, nemici.
La casa del genere umano è il pianeta. La sua geografia fisica è conformata dalle pianure, le valli, i fiumi, i laghi, le colline, i boschi e le selve, le montagne, i mari e gli oceani, fatta di luce ed aria, circondata dal cielo e le stelle, il Cosmo. Abitata dalla flora, dalla fauna e dalle comunità umane che vi vivono, traggono il nutrimento, si riproducono, muoiono e rinascono (in entropia con la Natura di cui sono parte, avrebbero convenuto Filippo “Giordano” Bruno e Antoine-Laurent de Lavoisier). Il Paesaggio è l’architettura delle interazioni che l’uomo ha stabilito con la Natura nel corso dei millenni, principalmente per mezzo dell’agricoltura contadina che dell’ambiente ha stabilito i princìpi di manutenzione: con il reticolo dei campi a coltivo, dei filari di alberi e siepi, i canali irrigui, la regolamentazione delle acque, la pulizia dei boschi, il contenimento della selva, i paesi ed i borghi costruiti a misura d’uomo e secondo i climi con i materiali ricavabili dal territorio; che ha accordato i propri ritmi di vita con le stagioni, la propria alimentazione con il cibo che le risorse della terra consentono, incrementate dalla esperienza dei coltivatori che da sempre mescolano i semi, ibridano le piante per ottenere le varietà che meglio si adattano e sono maggiormente produttive senza depauperare o artefare la fertilità dei suoli (anche se la terra dà una buona base di partenza: come nelle regioni asiatiche del Kazakhstan sulle montagne del Tien Shan nella provincia di Almaty vi sono diffusi meli autoctoni, chiamati Malus Sieversii, che sono i padri di tutte le mele del mondo, con un DNA vecchio di 65 milioni di anni, resistenti ad oltre 2.500 metri di altitudine alle temperature di -40°, ai fattori inquinanti, ai parassiti; in spregio agli OGM e al Glifosate delle industrie scientifiche agroalimentari e alla presunzione delle loro multinazionali).
L’ agricoltura contadina, praticata da chi la terra la possiede, la abita, la coltiva con la famiglia prima di tutto per la propria autonomia alimentare, rivendendo il sovrappiù del raccolto; quando è moltiplicata per una comunità, per un popolo ne determina la sovranità alimentare, strettamente sinergica con il territorio di residenza.
Il lavoro naturale del coltivatore restituisce la padronanza degli atti e del senso di quello che si compie e dei frutti ricavati. Il cibo ha il valore della sapienza ottenuta, della fatica e del tempo impiegati.
Il cibo contadino trasportato in città rendeva edotti i cittadini delle sue origini, della sua provenienza, della sua filiera. Valori perfettamente compresi da tutta la comunità che mai avrebbe sprecato il cibo, centrale necessità del vivere e per vivere. Senza muori, se è scadente ti ammali: non a caso i celiaci, gli intolleranti al glutine, sono in aumento esponenziale nonostante che l’umanità tragga nutrimento dalle farine dei cerali da migliaia di anni: quindi il nostro organismo non è più in grado di assimilare i moderni cereali coltivati con la chimica della industria agroalimentare e gli organismi geneticamente modificati. Attraverso il cibo e il suo modo naturale di produrlo i popoli hanno mantenuto il contatto fisico e culturale con la terra, un lavoro e uno stile di vita di cui si ha la padronanza, che dà identità e ruolo sociale ma che ricorda anche quali siano le nostre origini nel mondo. Un’attività umana che necessita della diffusione del saper fare, della cooperazione e della solidarietà, che insegna a misurare capacità e forze, a essere leali con l’ambiente e rispettosi degli altri e dell’altrui siano uomini, animali o piante. Nulla si distrugge della Natura, tutto si trasforma, si adatta, utilizza secondo quanto necessita prendere e quanto si può restituire. L’ecosistema funziona e si mantiene in equilibrio se nessuno prevarica o si sostituisce ad un altro dei suoi elementi costitutivi (ricordiamoci dell’entropia e della seconda legge della termodinamica).
Nessuna delle civiltà ha mai sfruttato le risorse senza rinnovarle o sprecato quelle non rinnovabili imponendo il proprio egoismo alla Natura. Le eccezioni premonitrici del peggio nella storia ci sono sempre state intendiamoci: per secoli la Roma repubblicana e imperiale fu perennemente avvolta dalle colonne di fumo nero che si alzavano dalle terme a causa dei legnami che vi venivano ininterrottamente bruciati per l’esercizio dei bagni pubblici e privati; legname ricavato dal continuo disboscamento delle foreste della Romania e della Pannonia e fatto giungere nella capitale con un servizio di trasporti di linea terrestre-marittimo quotidiano, le coste del Nord Africa, una volta il granaio dell’Impero romano, vengono desertificate per il taglio degli alberi utilizzati nella cantieristica navale, alberi che fungevano da barriera alle sabbie del deserto. In Italia, negli anni 50 e 60 la distruzione della fascia della vegetazione costiera - pini marittimi e tamerici - a causa della speculazione edilizia, vera guerra alla natura, ha modificato significativamente in peggio il clima delle zone interne facendo evaporare il famoso “temperato clima mediterraneo”, che aveva reso la penisola il “Giardino d’Europa” tanto caro alla letteratura del ‘700 e dell’‘800.
Non basta ancora. Il paesaggio della Terra intessuto dell’opera contadina è divenuto armonia e bellezza, è fatto anche di distanze e le lontananze richiedono il tempo per essere percorse. Il tempo naturale dell’uomo si misura in battiti del cuore, la distanza in passi per sentire il ritmo, il respiro della Terra (Massimo Angelini) .
Dopo i rapporti tra umani e di questi con la Natura, il senso percepito e vissuto della vita, è necessario cancellare il Tempo affinché l’ homo oeconomicus sorga senza memoria e condizionamenti, nuovo automa replicante (un futuro già intuito persino dalla filmografia, in questi casi ricettrice della critica intellettuale, dal Metropolis di Fritz Lang al Blade Runner di Ridley Scott). Lo strumento per la sussunzione del Mondo come lo abbiamo conosciuto e frequentato è “l’area metropolitana”, l’espansione illimitata della città su scala mondiale ove rinchiudere l’80% della specie umana. L’area metropolitana, un continuum che salda le città esistenti inglobando tutta la geografia del territorio senza soluzione di continuità in un’ininterrotta sequenza di case, campi, capannoni, svincoli stradali, centri commerciali, boschetti, superstiti case coloniche, insediamenti industriali, del terziario, fabbriche del cibo a cielo aperto, palazzine a schiera, condomìnii che si affacciano sul nulla al posto dei borghi, ponti, cavalcavia, linee ferroviarie, aereoporti.
L’agricoltura contadina e il paesaggio scompaiono, come gli Indiani d’America nelle Riserve, relegati nei Parchi Nazionali e nelle Oasi Faunistiche. Trasformati in elementi decorativi dell’urbanesimo (il decoro è la Bellezza ridotta a forma e figlierà il kitsch che oggi ci invade) ricompaiono a mo’ di suggestione sulle facciate dei grattacieli (Milano), nei tratti dismessi e così riciclati delle linee ferroviarie in città (Londra, New York), ridotti a misura d’orto (gli orti urbani). L’area metropolitana è l’unico luogo ove si svolge il mondo. Ed il tempo viene contratto, abbreviato, velocizzato per annullare le distanze, le separazioni, le differenze tra le geografie e le genti: con l’alta velocità dei trasporti ferroviari ed aerei è possibile lavorare a Milano, mangiare a Torino e abitare a Bologna; fare i pendolari ogni giorno tra Roma e Milano, tra Londra e Parigi, trascorrere una giornata al mare volando low cost da Amsterdam a Rimini in 45’: si è ovunque e in nessun posto.



IL MONDO RITROVATO
Ma gli uomini hanno bisogno delle radici e del cielo a cui volgersi, il pensiero non cessa di interrogarsi sul senso della esistenza, la vita chiede di essere consapevolmente vissuta e condivisa.Il ritorno alla terra. Consapevoli dei propri diritti individuali e collettivi, i nuovi contadini utilizzano il lavoro per ricostruire una filiera che li ponga in assonanza con i modi ed i tempi della natura, li nutra fisicamente e spiritualmente, produca di nuovo i saperi e le culture derivanti dall’essere soggetti attivi ed autodeterminati.
Si prendono cura del bene comune quali la terra, il paesaggio, il cibo. Reinsegnano a prendersi cura di sé e dell’altro. Ricompongono economie basate sulla relazione, ricostruiscono i valori del rispetto e della solidarietà, valori di un compimento che dà senso e dignità alla vita individuale e sociale dei popoli. Nascono le culture corali che valorizzano sia le identità di provenienza (etnica, culturale, professionale) che le relazioni con l’altro in un’equa convivenza. L’agricoltura contadina è un percorso di apprendimento che coinvolge tutta la comunità umana ma anche il mondo della natura, la sensibilità “ecologica”; valore e pratica, essenziale per la comunione tra gli abitanti del pianeta, il criterio del senso dell’essere.
L’agricoltura contadina è sociale perché chi ci lavora ritorna padrone del proprio tempo di vita, costruisce modelli di comunità inclusivi, crea filiere corte legate al territorio, biologiche ed etiche. L’agricoltura - che nella sua dimensione sociale coinvolge ogni cittadino e comparto della società - diventa così uno dei motori dello sviluppo sostenibile, promuove integrazione e salute, sviluppa capacità collettive e individuali, produce lavoro e reddito, restituisce scopo, senso e felicità all’esistenza. La nuova economia delle relazioni umane si snoda in esemplari filiere e comunità sorte dalla agricoltura contadina disseminate ovunque in Italia. Massimo Angelini e Carlo Triarico ci aiutano a percepirne il senso profondo evidenziando la connessione tra mondo fisico rurale, bellezza e spiritualità, tra le metodiche della agricoltura biodinamica e gli esercizi dello spirito; Federico Marchini e Paolo Ciarimboli narrano come questa agricoltura con le sue comunità si prenda cura dell’altro; come questa contadinanza renda partecipe un altro troppo spesso emarginato, debole o diverso (i diversamente abili, i carcerati, i migranti). Claudio Pozzi ci introduce alla esperienza dei giovani woofers, i contadini del mondo.

Preziose schede ci guidano. Valli Unite in Piemonte, Interland Consorzio a Trieste e la Qbio Community del bio di Palermo: ci insegnano come la Contadinanza possa essere il fulcro, il Big Bang della creazione di un modello economico, culturale e relazionale liberatorio ed equo di società possibile che coinvolge tutti i soggetti della comunità. Che ha imparato a proiettare il proprio immaginario sulla intera società, a comunicare e trasmettere esperienze e valori, riproporre modelli compatibili: Andrea Pierdicca ne è portavoce e interprete con diverse voci. Paolo Cova disegna i confini - anche normativi - di partenza entro cui si muove l’agricoltura sociale e familiare; Fabio Taffetani illustra come agricoltura e contadini non abbiano bisogno dei confini nazionali e si scambino, mescolandoli, semi e saperi per il cibo dell’uomo. Esempi concreti, già in pratica ed in ottima salute, di come si riedifica il mondo, il nostro bene comune, di come si riannodino relazioni vere tra le persone, tra liberi saperi ed energie intellettuali, tra creatività e abilità manuali - l’ homo faber - e si piantino le radici nel cielo.

Capitolo 2. Agricoltura è comunità

di Paolo Ciarimboli

Luigi Bonaposta, da tutti chiamato Gino, era il fratello di Bruna, la nostra vicina di casa.
Nella nostra collocazione agricola quando si parla di “vicini” di casa dobbiamo considerare coloro che vivono anche a diverse centinaia di metri dalla nostra abitazione; viviamo infatti in un contesto rurale di montagna in cui tutte le case sono generalmente circondate da terreni, da boschi e pertinenze, quasi sempre - ancora e forse per poco tempo - condotte dai medesimi proprietari.
Bruna e suo mar...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'agricoltura è sociale
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione. la scelta agricola
  5. Prefazione. L’uomo e la terra: vivere con le mani
  6. Parte 1. L’agricoltura è sociale
  7. Capitolo 1. C’era una volta l’agricoltura contadina
  8. Capitolo 2. Agricoltura è comunità
  9. Capitolo 3. Le fattorie sociali
  10. Capitolo 4. Agricoltura e carcere
  11. La legge 141/2015
  12. Parte 2. Storie a tutto campo
  13. Capitolo 1. Tre storie di terre solidali
  14. Capitolo 2. Il cuore interno dell’italia
  15. Capitolo 3. Agricolture resistenti
  16. Parte 3. Le nuove frontiere rurali
  17. Capitolo 1. Radici nel cielo
  18. Capitolo 2. L’agricoltura salverà il mondo
  19. Capitolo 3. Il bio delle marche dà il buon esempio
  20. Capitolo 4. Woofers e relazioni rurali
  21. Capitolo 5. Agricoltura e migrazioni
  22. Capitolo 6. Agricoltura pop!
  23. Capitolo 7. l’agricoltura partecipata
  24. Appendice
  25. Bibliografia, siti web, repertorio giuridico, formazione
  26. Note