Le associazioni, i gruppi, i collettivi, le famiglie e le aziende che decidono di intraprendere modi di produzione, di scambio e di uso di beni e servizi diversi da quelli convenzionali trovano grandi difficoltà nel collegarsi tra loro orizzontalmente, nel comunicarsi, nel mettersi assieme.
Le ragioni sono facili da intuire. Da una parte c’è la natura stessa delle esperienze di buona economia che sono contrassegnate da un forte radicamento territoriale e dalla partecipazione fisica delle persone, che hanno bisogno di vedersi, conoscersi, fiutarsi e fidarsi. La loro azione avviene sempre sulla piccola scala. I legami sono minuti e delicati. Perciò i percorsi seguiti da ogni singola esperienza sono diversi e non vi è motivo di copiare modelli di comportamento altrui. Ogni gruppo procede a suo modo, con i suoi tempi di maturazione, attraverso prove ed errori. Dall’altra parte il più delle volte mancano le risorse di tempo (oltre che di denaro) da dedicare ad attività che non sono immediatamente riferibili alla propria iniziativa. Tutto ciò è nell’ordine delle cose. Ma molto spesso per andare avanti è necessario non solo accedere a conoscenze allargate e specifiche, ma anche fare sistema e darsi forza l’un l’altro.
Il tema della informazione, dell’apprendimento e della socializzazione delle iniziative tra i movimenti dell’altra economia diventa quindi importantissimo. Se si pensa che le attività economiche solidali non debbano occupare solo nicchie ricavate negli interstizi (finora) gentilmente dimenticati dal mercato, non siano produttrici di “beni della domenica” o esotiche sfiziosità, per quanto equo-solidali, ma che possano invece sostituire stabilmente parti del nostro vivere, produrre e consumare quotidiano, allora diventa necessario che le persone che svolgono attività analoghe si riconoscano, si parlino e stringano tra loro patti di reciproca solidarietà e cooperazione.
L’obiettivo è quello di costruire filiere merceologiche, distretti territoriali, reti. I tentativi sono numerosi: tra quelli più strutturati segnalo il lavoro assiduo del Tavolo Res Italia, un coordinamento nato più di dieci anni fa sulla scia della stesura, nel 2002, della “Carta per la Rete Italiana di Economia solidale”, documento basilare - anche se non unico - che ne esprime le intenzioni (www.economiasolidale.net). Produttori agricoli, ma non solo, Gruppi di acquisto solidali, botteghe del commercio equo e solidale, cooperative della finanza etica, distretti territoriali di economia solidale si scambiano - come vedremo - esperienze e sviluppano strategie di consolidamento ed espansione.
Un primo grande tema è quindi la comunicazione, che qui si mescola all’informazione e alla narrazione. Le nostre tracce di lettura sono Marco Geronimi Stoll e il suo libro-manuale Smarketing, una ricca raccolta di consigli per piccole Ong, associazioni, comitati, produttori biologici, Gas e altre galassie; a seguire la scrittura di uno dei componenti del gruppo Wu Ming; la matita di un giovane illustratore, Paolo Castaldi; il viaggio di Daniel Tarozzi che ha cominciato a georeferenziare meticolosamente tutto quello che si muove nel mondo del “fare altro” e del vivere diversemente. In questo campo non poteva mancare la Chiesa di Bergoglio con le commissioni e gli uffici pastorali sui nuovi stili di vita sorti per iniziativa di due preti veneti: Gianni Fazzini e Adriano Piazza.
Vere e proprie reti cominciano a strutturarsi attorno a idee tematiche: il Laboratorio per promuovere il principio della sussidiarietà negli enti locali, l’associazione Salviamo il paesaggio e quella della Società dei Territorialisti, la Rete per la salute e la sostenibilità, le associazione per la decrescita e molte altre tra le quali, come detto, la Rete italiana di economia solidale.
Un’infinità di reti locali, bioregionali - infine - da anni producono mappe e prontuari del commercio equo e delle produzioni sostenibili, fiere e mercati.
1. L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO
Ignacio Ramonet, già direttore di “Le Monde Diplomatique” e autore di L’esplosione del giornalismo (Ramonet 2012), afferma che internet ha avuto sul mondo dell’informazione lo stesso effetto del meteorite che colpì la terra, provocando l’estinzione dei dinosauri (la carta stampata), senza però essere compensata dalla speciazione di esseri viventi più evoluti. I media digitali si diffondono grazie agli smartphone con cui siamo istantaneamente connessi, ma l’effetto è un frastuono che non migliora le relazioni umane. Per non parlare della pervasiva presenza della pubblicità.
Uno dei tanti casi in cui quantità e qualità non coincidono. Il giornalismo di inchiesta sparisce, mentre emergono nuove forme di accentramento e concentrazione attorno ai siti di vecchi e nuovi brand dell’informazione: il “New York Times”, “The Guardian”, “Huffington Post”, per dirne alcuni. Da noi, la solita “La Repubblica” e il “nuovo” “Fatto Quotidiano”. Eppure le potenzialità democratiche della rete sono enormi. Lo abbiamo visto da Seattle a Gezy Park, da Occupy Wall Street alle primavere arabe, dal Partito dei pirati di Berlino a Podemos. Senza i “giornalisti di strada” del Centro Media di Genova non avremmo mai saputo della “macelleria messicana” alla Diaz nel 2001. I social network possono creare reti includenti e interattive, conviviali, senza apparenti mediazioni. Producono linguaggi e appartenenze sociali. Aiutano l’organizzazione di campagne, eventi, mobilitazioni.
La sitografia dell’autoproduzione comunitaria delle notizie (gratuita e senza editori) è vastissima. Ecco alcuni esempi italiani: comune-info.net, dirittiglobali.it, eddyburg.it, redattoresociale.it, lavoroculturale.org, cronachediordinariorazzismo.org, globalproject.info, dinamopress.it, sbilanciamoci.info, comedonchisciotte.org, articolo21.org, eco-magazine.info, www.qcodemag.it; in ambito internazionale: zetanet.com, rebellion.co.uk, diagonalperiodico.net. Ma nel mondo delle buone pratiche indipendenti resistono anche baluardi di carta come i mensili Altreconomia e Aam Terra Nuova, oltre una galassia di periodici locali come L’Altracittà, il giornale delle Piagge di Firenze, L’Altrapagina in Umbria o i giornali con la redazione “in galera”, come Ristretti Orizzonti.
L’autorappresentazione non è sempre semplice: per questo Marco Geronimi Stoll ha scritto un manuale, Smarketing (Altreconomia), per tutti i “partigiani della comunicazione” (piccole Ong, comitati, associazioni ecc.) che spiega come essere se stessi per bene comunicare, usando metodi e canali ecologici, economici, etici.
2. ABBECEDARIO DI RESISTENZA
I Wu Ming (“senza nome” e - per scelta - anche senza volti mediatici) sono un notissimo, poliedrico collettivo di cinque - ora quattro - scrittori-autori di racconti e romanzi di successo, tra cui Q, Asce di guerra, L’armata dei sonnambuli, 54, Manituana, Altai e molti altri. Il loro frequentato blog si chiama Giap. Uno di loro, Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga per l’anagrafe) cura una “officina di narrazioni”, un percorso itinerante di scrittura conviviale collettiva. La prima produzione si intitola GODIImenti , acronimo di Grandi opere dannose inutili e imposte. Progetto lanciato e organizzato da Re:Common, associazione che sostiene le campagne in difesa dei beni comuni (www.recommom.org): per sei mesi, alcuni attivisti di diversi comitati locali territoriali (Spinta dal Bass No Tav della Val di Susa, Comitato No Tap del Salento, No Rigassificatore Offshore di Livorno, Monte Libero del Monte Amiata, Opzione Zero della Riviera del Brenta, Presidio Europa No Tav) si sono scambiati visite e materiali, hanno condiviso esperienze e confrontato metodi di azione, hanno provato a descriversi e a narrarsi. Ne è uscito un autoritratto collettivo dei “comitatini” (la sprezzante definizione è del premier Renzi) che tanto tengono in apprensione le lobby del cemento, dell’asfalto, delle trivelle, dei tubi... delle concessioni in project financing . Lo scritto (scaricabile gratuitamente in Creative Commons e rappresentabile in forma di reading concerto, con video visibili dal sito di Re:Common, www.recommon.org/godiimenti) è una vera e propria antologia della ricca umanità che ancora resiste alla devastazione del territorio, della memoria dei luoghi e delle relazioni sociali. Il lavoro si divide in due parti: una prima in cui i comitati descrivono chi sono, che cosa fanno e perché, una seconda parte è invece un Abbecedario delle forme di mobilitazione e di lotta praticate. Nella premessa scrivono: “Siamo persone comuni che si ribellano a quanti vogliono imporre il presente di pochi, e rubare il futuro di molti. Sentiamo una responsabilità grande: mettere a tutela i beni comuni. Siamo appassionati della bellezza, della storia e della natura, della cultura e dei territori. Se incontriamo la bruttezza, cerchiamo di cambiarla. Abbarbicati alla groppa nervosa dei mutamenti sociali, abbiamo percorso chilometri, superando barriere geografiche e labirinti mentali, inseguendo un filo fatto di parole, esperienze, volti”.
Il primo effetto di questa esperienza è l’aver creato una comunità trans-locale di “narratori resistenti”, pronti a interpretare e divulgare creativamente l’impegno civile e la difesa dei beni comuni.
3. IL NO PROFIT VA VERSO SUD
Da sette anni le associazioni del volontariato, le cooperative sociali e le imprese del Terzo settore delle quattro regioni del Sud e di Sicilia e Sardegna si riuniscono per scambiarsi le esperienze e per una importante attività di autoformazione. L’iniziativa FQTS (Formazione quadri terzo settore: www.fqts.org) è promossa dal Forum Terzo Settore, dal Coordinamento nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, dalla Consulta per il Volontariato, dalla Conferenza permanente delle reti di volontariato ed è sostenuta dalla Fondazione con il Sud. Il progetto che oggi è diventato FQTS 2020, riunisce qualche centinaio di operatori di diversi rami d’attività (salute, istruzione, lavoro) e si propone di accrescere le loro capacità di co-progettazione in forme partecipate, di cooperazione con le società locali e di indirizzare gli interventi in modo da accrescere la sostenibilità ambientale. Con uno sguardo rivolto verso il Mediterraneo. I loro meeting nazionali si svolgono in tre giorni, con svariate sessioni e laboratori. Occasione per presentare i lavori svolti durante l’anno precedente. Tra questi, L’altro Sud. Storie di straordinario meridione , un quaderno e un video curato dal Laboratorio di ComunicAzione sociale, che raccoglie esperienze di particolare significato.
A Lamezia una signora con disabilità racconta come le discriminazioni possono essere vinte attraverso le associazioni del volontariato e come le donne possano creare un’altra Calabria. In Sardegna nel Sulcis Iglesiente un’altra giovane donna è tornata a coltivare la sua terra (zafferano e piante da frutto di varietà autoctone) con l’aiuto di un vicino, vecchio contadino, e del Centro sperimentazione autosviluppo. S’ammentazzu, è il nome sardo del pugno di pasta madre che le famiglie si donano per fare il pane, preso come simbolo di legami sociali e condivisioni nel lavoro.
A Rutigliano in Puglia una associazione impegnata nella riabilitazione dei pazienti psichiatrici, attraverso collaborazioni varie, ha dato vita ad una web/tv dove Alfredo fa il conduttore di un’ascoltatissima e divertente rubrica sportiva sul calcio. A Palermo è sorta una sartoria sociale e interculturale d’“altra moda”, Al Reves (all’incontrario, www.coopalreves.it) è una cooperativa che lavora tessuto riciclato, organizza corsi di cucito, taglio e ricamo per donne immigrate e non. A Matera l’associazione Kafila (carovana) è un laboratorio che funziona da centro d’accoglienza e formazione per immigrati di ogni parte del mondo. Mentre a Caserta hanno recuperato un’altra reggia, il Real Sito di Carditello. “La cultura del fare - hanno affermato gli operatori del terzo settore - da sola non è sufficiente: bisogna prima saper immaginare per quale nuova realtà si intende adoperarsi”.
4. L’ALTRA ECONOMIA A FUMETTI
Per fare una comunità serve un Gruppo di acquisto solidale. Parafrasando una famosa filastrocca di Rodari sul tavolo, il legno e i semi delle piante, possiamo affermare che da un Gas può nascere - con un po’ di fortuna e molto impegno - una passata di pomodoro, un orto multietnico, la filiera del pane, un cohousing, una guida agroturistica e chissà quant’altro ancora. Paolo Castaldi è un giovane, premiato artista (il suo blog è: biancoruvido.com) che, armato di matita, ha attraversato l’Italia dell’economia solidale illustrando una decina di belle esperienze di diversi modi di vivere, consumare, lavorare. Il suo delicato e poetico diario di viaggio è stato pubblicato dalla casa editrice Becco Giallo con il titolo Chilometri zero (Castaldi 2015). Castaldi ha fatto con occhi d’artista ciò che anche noi stiamo facendo, anche se solo in prosa. E fa molto piacere sapere di non essere soli a provare meraviglia e interesse nei riguardi di pratiche connotate da valori umani e sociali fuori dal comune. Il viaggio di Castaldi parte da Biorekk, un Gas di Padova nato vent’anni fa, illustrato come tante formichine che, attuando “pratiche di condivisione e collaborazione in grado di costruire legami di fiducia” , riescono a sollevare il mondo.
Proprio loro ono riusciti a formulare un metodo contabile per stabilire il “giusto prezzo” dei prodotti coltivati dai fornitori: una specie di videogioco (scaricabile online dal sito www.apprezziamolo.it) che consente di conoscere con la massima trasparenza tutte le fasi e tutti i costi della produzione. Il prezzo esatto di un vasetto di passata di pomodoro è 2,12 euro. In Friuli, a San Marco di Mereto di Tomba hanno chiuso il ciclo del pane: dal frumento alla farina alla panificazione (a pag. 92). A Fidenza 13 famiglie hanno progettato e fatto costruire una palazzina di tre piani con tanti spazi comuni, un alloggio per ospiti, orto, locale dispensa collettiva, autonomia energetica. Tutto ad un costo un po’ più basso del mercato (www.ecosol-fidenza.it). Nel Parco Agricolo Sud Milano il progetto GenuinaGente (www.genuinagente.net) supporta filiere agroalimentari alternative per “Nutrire diversamente Milano”, una food policy precedente a EXPO e ben più coerente; mentre nella vicina Maflow, fabbrica recuperata e autogestita (www.rimaflow.it) spremono gli agrumi biologici e mafia-free di Rosarno (a pag. 89). A 1.300 chilometri, nel Parco dei Nebrodi (CT, EN, ME) è nato Terra Matta Lab, un laboratorio di ricerca per la promozione di economie reali a piccola scala (www.innesti.org).
5. UN KIT PER MISURARE LE PROPRIE ECONOMIE
Non sarà facile misurare ciò che anche per i filosofi rimane un mistero - il bene - ma può esiste uno strumento di autocoscienza per discutere in famiglia, in azienda, nel Gas e migliorare le proprie relazioni. Quattro gruppi che hanno la stessa missione - la sostenibilità e l’equità - ma partono da quattro punti di vista diversi (le famiglie, i gruppi di acquisto collettivi, le imprese, il risparmio e il credito) hanno lavorato assieme per più di due anni e il risultato è un “manuale” rivolto a tutti per un’economia giusta, etica e solidale. I Bilanci di Giustizia (www.bilancidigiustizia.it) sono un gruppo di un migliaio di famiglie che da più di vent’anni si confrontano in gruppi locali e meeting nazionali su come diminuire gli impatti ambientali e sociali dei propri consumi. La Rete dell’economia solidale (www.economiasolidale.net) è un network che associa imprese del terzo settore e gruppi di acquisto con l’intento di creare filiere e distretti di economia solidale. Il movimento dell’Economia del Bene Comune (www.economia-del-bene-comune.it) è una associazione nata in Austria attorno alle teorie di Christian Felber che raccoglie in Italia un centinaio di imprenditori che praticano un sistema di contabilità e valutazione delle prestazioni aziendali fondato sui valori dell’onestà, della fiducia, dell’empatia, della cooperazione, della solidarietà e della condivisione. Banca etica (www.bancaetica.it) è una banca cooperativa che opera da 16 anni pensando al “credito come diritto umano” e prestando “attenzione alle conseguenze no...