Secondo Casadei. "Romagna mia" e altre storie
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Secondo Casadei. "Romagna mia" e altre storie

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Secondo Casadei. "Romagna mia" e altre storie

Informazioni su questo libro

Nel 1954 nasceva una delle canzoni italiane destinate ad essere, ancora oggi, un successo a livello internazionale: "Romagna mia". 60 anni fa infatti, Secondo Casadei, lo "Strauss della Romagna", incise il brano che ha diffuso il liscio romagnolo nel mondo ed è diventato un vero e proprio inno.
Questo libro celebra l'importante ricorrenza con un testo che ripercorre le tappe fondamentali della carriera artistica di Secondo Casadei, e con una preziosa testimonianza della figlia Riccarda.

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IL DIARIO INEDITO
di Paola Sobrero
Il Diario è un racconto scritto da Secondo Casadei nel 1971, che va dall’anno di nascita (1906) al 1938, l’anno corrispondente all’apice della sua affermazione musicale che potremmo definire giovanile, antecedente alla pausa lacerante e forzata della guerra, che segna una demarcazione significativa, di carriera e di esistenza, rispetto al periodo che ne consacrerà la ripresa e il successo oltre i confini regionali dall’immediato dopoguerra alla scomparsa. Sono 78 pagine scritte in un quaderno di scuola con la spirale in una grafia regolare e pulita ma non premeditata, come si evince da correzioni, cancellature, qualche parola in margine sacrificata nello spazio della riga, pensato e redatto nel periodo di inattività poco precedente la sua scomparsa. Il Diario è rimasto sinora inedito e viene pubblicato nella sua integrità e nella fedeltà al manoscritto originale. Nel tempo vi hanno attinto i familiari, biografi, giornalisti, divulgatori, oltre all’ampio entourage di seguaci, musicisti, ballerini, cultori, estimatori, appassionati, al punto che molti brani e passaggi hanno contribuito a costruire e sedimentare una sorta di biografia condivisa e collettiva che si è codificata e tramandata – per lo più oralmente – proseguendo l’elaborazione del diario interrotto attraverso la memoria e i racconti del lungo periodo della guerra, di quello della faticosa ricostruzione, della crescente ascesa che da Romagna mia in avanti vede l’incalzante affermazione della musica di Secondo Casadei, di pari passo con la rapida trasformazione sociale ed economica dall’Italia contadina a quella del boom industriale. È così che questo Diario gelosamente e amorevolmente custodito dalla figlia Riccarda e dalla famiglia si è predisposto a diventare una storia paradigmatica, esemplare ed emblematica, di una vocazione perseguita a tutti i costi, di un destino tracciato e assecondato, la parabola di un successo divenuto riscatto e affermazione di una terra, la Romagna, e interprete della sua gente.
Come ci racconta lui stesso, Secondo nasce nella frazione di un piccolo paese corrispondente all’ombelico della Romagna. In Romagna Casadei è un cognome comune e diffuso, il nome di battesimo è Aurelio, come quello del console e dell’imperatore romano, coerentemente all’abitudine romagnola di scegliere, specie in ambito contadino, di attribuire ai figli nomi mitologici, di eroi e condottieri del mondo classico. In Amarcord di Fellini, Aurelio è anche il nome del padre del protagonista Titta, un capomastro dal temperamento e dalle prerogative romagnole: onesto, lavoratore, anticlericale, antifascista, anarchico, dall’indole sanguigna, generosa e impulsiva. A suo doveroso completamento, l’altra faccia della medaglia del carattere romagnolo è incarnata dallo zio Pataca, indolente, parassita, fedifrago, il vitellone di famiglia. Secondo è incline all’ottimismo, all’ostinazione, ad una ambizione che non è mai prevaricazione e tracotanza ma piuttosto caparbietà e rigore nel perseguire la propria vocazione, che si riverbera in seguito nella guida dei suoi orchestrali, a cui chiederà sempre il meglio e il massimo, nella professionalità, nel comportamento, nel modo di atteggiarsi e di presentarsi al pubblico.
La famiglia è di condizione modesta ma tale da consentire una sussistenza più che dignitosa, grazie al mestiere del padre, un sarto di campagna da cui Secondo avrebbe ereditato la solida posizione. Ma Secondo non ci sta. Alla irrequietezza dell’adolescenza unisce l’attrazione irresistibile per le musiche da ballo delle orchestrine che si esibivano nelle borgate lì attorno, non si riesce a costringerlo in casa e la notte scappa furtivamente per rientrare all’alba, finché ottiene dalla famiglia il consenso ad andare a scuola di violino. È bravo ed impara in fretta, ma invece di continuare ad approfondire e perfezionare lo studio, appena riesce a destreggiarsi e padroneggiare la musica comincia a cimentarsi nelle serenate, a farsi notare nei borghi e nelle campagne in occasione dell’Epifania, dell’uccisione del maiale, del Carnevale, delle veglie nelle stalle, delle feste per la fine dei raccolti e dei lavori agricoli.
Nel 1922 il debutto, a Borella di Cesenatico, in una di quelle orchestrine tante volte ascoltate e ambite di nascosto, quella di Aurelio Bazzocchi; due anni dopo l’ingresso in una delle orchestre allora più apprezzate e in voga, quella di Emilio Brighi, figlio del mitico Zaclèn. La prima composizione musicale, Cucù, è ispirata dal canto del cuculo mentre rientrava in bicicletta da uno dei suoi primi “servizi” serali. Nel 1928 il debutto a capo di una formazione tutta sua, il 21 giugno, alla Pensione, poi Dancing “Rubicone” di Gatteo Mare, con le novità musicali, strumentali, estetiche e comunicative apprese dalle orchestre che si esibivano in riviera: divise omologate e inappuntabili, l’introduzione della batteria, detta jazz, al posto del contrabbasso e della chitarra, del sax contralto, megafono di cartone per la voce solista. Presentatore e cantante è Giovanni Fantini, Secondo Casadei primo violino, Elmo Bonoli secondo violino, Guido Rossi clarinetto, Primo Lucchi sax, Olindo Brighi batteria. Sino a poco più di un decennio prima, nei polverosi e affumicati cameroni antesignani delle balere, l’orchestra eseguiva esclusivamente brani strumentali, su di un palco incollato al soffitto, con suonatori vestiti ciascuno a modo suo, in cui il contatto con il pubblico dei ballerini consisteva esclusivamente nella musica, i cui brani in successione erano annunciati da cartellini infilati sul leggio. Insieme all’orchestra si inaugura il filone della canzone, subito dopo arrivano le prime incisioni, poi le sfide con le più affermate orchestre romagnole che vedranno Casadei imporsi sull’autorevole formazione di Emilio Brighi e aprirsi le porte delle cittadine e dei luoghi di intrattenimento dell’intera Romagna. Nel 1935 sposa Maria, la fidanzata di sempre e la sera stessa delle nozze non riesce a declinare la richiesta di un club a tenere una serata musicale.
Il Diario si interrompe al 1938, in una fase della biografia corrispondente all’apice del crescente successo che aveva portato Casadei ad esibirsi con la sua orchestra nei più prestigiosi locali dell’entroterra romagnolo, ad essere ingaggiato per intere stagioni estive in sale e luoghi di ballo della riviera, ad incidere per diverse case discografiche molte delle 230 composizioni sino ad allora create.
La storia successiva la conosciamo attraverso le testimonianze dirette e indirette della stampa periodica, dei documenti custoditi dalla famiglia, dei ricordi di colleghi, musicisti, testimoni di un’epoca: il disastro della guerra e la sospensione forzata di ogni attività; la ricerca di qualunque lavoro per sopravvivere, la distruzione della casa di Sant’Angelo e il trasferimento a Savignano. Subito dopo la Liberazione la ripresa, dapprima con qualche concertino per i militari ancora stanziati in Romagna, poi per la gente che, non ancora uscita dalla disperazione e dall’emergenza, voleva a tutti i costi incontrarsi e far festa, ballare dove capitava sulle macerie ancora fumanti. Insieme alla libertà gli anglo-americani avevano portato con loro le novità musicali d’oltreoceano, l’irresistibile boogie woogie, la voglia di cambiare e di dimenticare. Arriva per Casadei l’umiliazione dei fischi e degli scherni perché suonare un valzer era come parlare di cose sconce davanti a una signora. Si era tornati a ballare nei vecchi cameroni, ce n’era uno anche a Sant’Angelo di Gatteo, da Carlein d’Imbrùs, l’osteria nota per la cacciagione. Un sabato sera di carnevale del ’48, con il camerone pieno di gente, Secondo viene fischiato e sbeffeggiato anche lì, proprio dove era nato, dove tutti lo conoscevano e gli volevano bene. Quando rientrava...

Indice dei contenuti

  1. Secondo Casadei. “Romagna mia” e altre storie
  2. Titolo
  3. Copyright
  4. Indice
  5. La Romagna di Romagna mia
  6. I luoghi di Secondo Casadei
  7. Il Diario inedito