Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo del pensiero di Gioacchino da Fiore si sa ben poco e quel poco viene sempre alterato. Al termine del XVIII secolo si impone una nuova forma di pensiero, più decisamente secolarizzato, che, insieme all’impressione «di essere di fronte a un punto di svolta nella storia, che avrebbe portato a un ulteriore o definitivo stadio di progresso nello sviluppo dell’umanità [...] progresso fondato sulla ragione, frutto dell’illuminismo» [1] , preannuncia una nuova speranza in un futuro messianico. Questa speranza, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, si manifesta sotto diverse forme, riconducibili tutte all’attesa di una nuova religione dell’umanità, sullo sfondo della quale risulta evidente l’importanza di Gioacchino da Fiore e della sua idea messianica. Nel XIX secolo, difatti, vi è una vera e propria ossessione per l’idea di una nuova religione, sebbene i rivoluzionari e i visionari del tempo siano molto vaghi nel chiarirne l’essenza. Nondimeno,
erano tutti d’accordo nell’enfatizzare l’elemento di novità, sia che fosse cristiano sia che significasse un superamento del cristianesimo. Questo elemento era rappresentato da quella nuova Chiesa, quel nuovo Evangelo che stavano aspettando o che speravano di creare [2] .
I gruppi mistici degli Illuminés di Avignone (Joseph de Maistre, Pierre Simon Ballanche, Hugues-Félicité-Robert de Lamennais) annunciano un nuovo regno e la fede in una nuova rivelazione dello Spirito. In questa atmosfera, inoltre, si affermano esperimenti di “nuove Chiese”. Primo tra tutti, Henri de Saint-Simon si ritiene il fondatore di un nuovo cristianesimo che si sarebbe sviluppato in tre epoche: la prima, che arriva fino al XV secolo, è l’epoca degli universali e della generalizzazione; la seconda, dalla Riforma protestante fino al suo tempo, tende al particolare e all’individualismo; la terza epoca, che deve ancora arrivare, condurrà a una sintesi finale ad opera dello Spirito Santo e ad un cambiamento nella storia cristiana.
Pierre Leroux, repubblicano e contrario ad ogni forma di Chiesa istituzionale, già negli anni ’20 dell’Ottocento pensa in termini di religione del futuro: la sua religione dell’umanità avrebbe dovuto trascendere le religioni esistenti, compreso il cristianesimo, e abbracciare la scienza moderna. In Leroux l’Umanità prende il posto di Dio e ciò che consente il progresso è la forza collettiva del genere umano.
Sono, dunque, in molti a sostenere che
questa era, agli inizi del XIX secolo, rappresentava un’epoca di transizione cruciale verso un nuovo – per alcuni il terzo ed ultimo – stadio della storia dell’umanità, considerato il culmine di un lungo progresso, la realizzazione della perfettibilità in questo mondo. Cosa ancora più straordinaria, questa visione veniva spiegata nei termini di una nuova religione, facendo continuo ricorso a un linguaggio religioso. Per alcuni la nuova religione sarebbe stata un cristianesimo rigenerato; per altri, il nuovo Evangelo sarebbe sbocciato dal vecchio; per altri sarebbe stata una religione dell’umanità creata de novo [3] .
In ogni caso, il clima culturale e intellettuale è maturo per la riscoperta del gioachimismo. Coloro che proclamano una nuova religione, rifiutando le istituzioni religiose contemporanee, si ispirano all’eresia dell’Evangelo eterno medievale. In questo modo, alla metà del XIX secolo, riprende l’interesse per l’abate calabrese, sebbene non ci siano prove che la teologia della storia di Gioacchino fosse direttamente conosciuta o studiata [4] .
La crisi illuministica delle fedi religiose porta ad un riassetto dell’impostazione filosofica: il pensiero filosofico prende consapevolezza dell’insufficienza del proprio impianto logico-ontologico e sviluppa una filosofia della storia che traspone in chiave storica la sua ricerca dei fondamenti ultimi. Il motivo conduttore è dato dal concetto di “messianismo filosofico” [5] , ovvero dalla credenza in una destinazione ultima dell’uomo che deve realizzarsi attraverso il processo storico-evolutivo di tutta l’umanità. È dunque proprio
riflettendo sul suo rapporto critico con la tradizione religiosa che la filosofia illuministica è costretta ad affrontare in termini radicali il problema della storia, alla quale riesce ad attribuire un senso solo facendo riferimento ad un orizzonte escatologico collegato al divenire temporale collettivo dell’umanità [6] .
Il primo a formulare in termini consapevoli questo modo di pensare, nonché a rimettere in moto il processo di reviviscenza gioachimita, è Gottold Ephraim Lessing [7] con la sua opera L’educazione del genere umano [8] (1780). Lessing si trova al centro di differenti visioni del mondo e pone in modo consapevole la domanda su come il cristianesimo razionale astorico si rapporti con il suo sviluppo storico. Nel 1774 Lessing pubblica uno scritto dal titolo Frammenti dell’Anonimo di Wolfenbüttel, il cui autore è Hermann Samuel Reimarus, dove viene operata una dissociazione tra Cristo della storia e Cristo della fede. Il secondo è il risultato della divinizzazione dell’uomo Gesù, post mortem, da parte del clero.
Dopo l’edizione dei Frammenti di Reimarus, Lessing pubblica nel 1780 L’Educazione del genere umano, l’opera che rappresenta «la Magna Charta del chiliasmo filosofico» [9] . In essa egli si pone «sulla scia dei più grandi pensatori della teologia cristiana: Origene e Gioacchino» [10] . Origene è la base de L’educazione, in quanto i temi della sua teologia, la prónoia e la paidéusis [11] , si ritrovano in modo rilevante anche nell’escatologia di Lessing. Infatti, in Origene la via della salvezza coincide con la via dell’educazione: come anche per Lessing, prónoia e paidéusis sono la stessa cosa, nel senso che l’educazione degli esseri liberi e razionali attraverso la Provvidenza costituisce il nucleo centrale della cristianità.
Origene ha trasformato il cristianesimo in “idealismo pedagogico”, definizione che, secondo Taubes, si adatta anche all’escatologia di Lessing, il quale, in L’educazione, delinea un idealismo pedagogico nel momento in cui afferma che «la rivelazione è per l’umanità ciò che, per il singolo, è rappresentato dall’educazione. L’educazione è una rivelazione rivolta al singolo individuo e la rivelazione un’educazione destinata, in ogni tempo, all’umanità intera» [12] .
Lessing si propone innanzitutto di giustificare l’importanza storica della rivelazione divina. Per “rivelazione” egli intende, alla maniera tradizionale, il rapporto tra Dio e uomo che ha per fine la salvezza umana. La salvezza non è però intesa da Lessing come salvezza dal peccato, ma come salvezza della verità. La rivelazione, in questo senso, è un’educazione impartita da Dio all’umanità e viene pertanto interpretata come un’educazione del genere umano. Sia la rivelazione sia l’educazione garantiscono la libertà all’uomo:
L’educazione dona all’uomo ciò che da solo potrebbe ugualmente ottenere, ma con maggior sforzo e minor rapidità. Dunque la ragione umana, lasciata a se stessa, potrebbe anche raggiungere le mete a cui è condotta dalla rivelazione; ma l’aiuto che la rivelazione le ha offerto, e tuttora le offre, le permette di evitare i passaggi più tortuosi [13] .
Ogni educazione, compresa quella impartita da Dio all’umanità, procede per gradi [14] . L’individuo e l’umanità, alle origini, non possono trovare in se stessi i presupposti per un uso razionale delle proprie potenzialità. Per questo un’educazione è tanto più perfetta quanto più educa l’individuo a farne a meno e anche la rivelazione non è altro che la reggente del regno della ragione. In questo senso si può distinguere un valore assoluto e un valore relativo dei contenuti della rivelazione: il valore assoluto della rivelazione può essere enucleato sottoponendo a un’analisi razionale le tesi precedentemente accettate per fede; il valore storico viene individuato riconoscendo, prima di tutto, le difficoltà affrontate dall’umanità nel corso della storia con un’esperienza morale ancora minima.
L’idea di educazione caratterizza anche lo sviluppo futuro: «L’educazione ha un suo fine, per il genere umano non meno che per gli individui. Chi viene educato, viene educato a qualcosa» [15] . La storia della civiltà come conquista graduale di giustizia, uguaglianza, libertà, verità si svolge attraverso i secoli come un processo naturale e necessario. Proprio a tal proposito, Taubes afferma che «più che riguardo a Origene, [...] è soprattutto di Lessing che si può dire che trasforma il cristianesimo in idealismo pedagogico» [16] .
In ogni caso, se il concetto di idealismo pedagogico si determina a partire da Origene, la meta dell’escatologia di Lessing prende forma sulla profezia gioachimita:
L’ ecclesia spiritualis gioachimita non è una civ...