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Solo perché ti senti bene
Informazioni su questo libro
Nick, il protagonista di "Solo perché ti senti bene", è un manager rampante, che si muove disinvolto e sicuro di sé sullo sfondo appena accennato dell'Europa della crisi economica, collezionando conquiste e travolto dall'effimera vita notturna tra feste, club, alcol e amici. Una spirale da cui si allontana per un lavoro all'estero dove incontrerà una donna che sembra conoscere le regole del suo gioco, che userà a proprio vantaggio.Il protagonista precipiterà così in un vuoto dal quale tenterà di uscire cercando in sé le proprie inconfessate risposte.
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
Letteratura generaleSalvatore Gagliarde
Solo perché ti senti bene
Romanzo

Prefazione
La seduzione è un’arte che si può apprendere o è appannaggio esclusivo di chi possiede determinate caratteristiche per genetica fatalità? L’innamoramento è un processo randomico e inesorabile o è identificabile da precisi momenti che possono farcelo riconoscere ed eventualmente interrompere? La capacità di attrarre e di sedurre può essere sufficiente a trasformare un colpo di fulmine in una relazione? Può una relazione “riempire i vuoti” personali di uno o entrambi i partner?
Prova a cercare e, anche solo con una veloce consultazione online, vedrai che a queste domande ci sono poche risposte e, purtroppo, ben confuse.
Per trovare una risposta vera e vissuta, una risposta frutto di tentativi e di sbagli, ho provato a tenere un diario e, se stai leggendo queste righe, voglio condividere queste esperienze, e le risposte a cui mi hanno portato, con te.
Poiché le risposte che cerchiamo sono universali, ho volutamente omesso informazioni e riferimenti che avrebbero contestualizzato in modo fuorviante ciò che ti racconto. In breve, non importa che tu sia alto, basso, biondo o con l’apparecchio ortodontico, non importa dove vivi e nemmeno che lavoro fai. Sono partito dal presupposto che mangiamo e dormiamo tutti in modo analogo, quindi anche attrarre, sedurre, innamorarsi e costruire relazioni avrebbe dovuto essere soggetto a leggi naturali valide per tutti.
Se non ci hai mai pensato, forse avresti dovuto.
Nick
Prologo
26 luglio ʼ08
«Sei proprio un tipo in gamba» spara decisa Pam. «Un ragazzo sveglio, forse anche troppo».
Strano, quando una donna prova attrazione per te, dice che sei «troppo». Troppo sveglio, troppo furbo, troppo sicuro di te. Troppo in gamba, troppo tutto. L’attrazione non è una scelta. L’attrazione è incontrollabile e quello che è incontrollabile fa paura.
«Non sono un ragazzo, sono un uomo».
Alla mia età, o sei un uomo o non lo sarai mai più. Mentre lo dico ci credo davvero. Non è questione di etichette o di avere un lavoro e dei figli. Né Tarzan né James Bond soddisfano i requisiti, ma non per questo ti lasciano spazio a dubbi in proposito. Roba che non ti insegnano a scuola.
«Un uomo, eh? Bene, cercherò di tenerlo presente. E che cosa, di grazia, farebbe la differenza?»
Ci fissiamo negli occhi, qualche secondo di troppo, e vedo una scintilla che conosco. È la sfida. Crudele, spietata e sensuale. Mi sta “testando”. La chiamano selezione naturale. Quello che risponderò non cambierà nulla. È come risponderò, che le dirà chi sono. Il linguaggio non verbale. Nervosismo, eccesso di spavalderia, postura; inconsciamente la tua risposta viene da lì.
Sostengo lo sguardo. «La differenza è che io so dove sto andando. E anche da dove vengo». Anche questo era vero. Fino a quel momento almeno.
«Già, e chissà perché mi fai sorridere... Peccato che domani parta, sarebbe stato bello conoscersi meglio».
Una donna dovrà pur decidere chi ha di fronte. Scremare gli esemplari Beta dal maschio Alpha. L’esemplare dominante, sicuro di sé, che riesce a tenerle testa, a farla sentire rilassata e a suo agio ma anche protetta. E allora a una sfida segue un’altra. Anche due. E poi di più, in modo esponenziale. Alzare la posta, e ancora. Sempre.
È un programma installato dagli albori dell’umanità. E continua a scorrere in background da millenni.
«Puoi scappare ma non puoi nasconderti, bella». Il fatto è che Pam mi piace. È almeno la quindicesima che incontro quest’estate, a piacermi. Sono un tipo molto selettivo. E quello che mi piace, di solito me lo prendo. È solo la più alta, ha il portamento più elegante, gli occhi più azzurri. Ma questo lo avrei capito solo molto più tardi.
«Ah sì? E cosa avresti intenzione di fare, venire a cercarmi in Svezia?»
La ragazza ama il gioco duro. Ma non mi impressiona.
«No, mi basterà aspettare il tuo ritorno. Perché sarà molto presto». Un sorriso tagliente mi attraversa il viso, e lo sguardo da belva in caccia la fa arretrare di un paio di passi. È una mia impressione o è anche leggermente arrossita?
Resto lì in piedi con il bicchiere in mano, perfettamente a mio agio e con un’espressione divertita, mentre lei vaga a cercare il gruppo degli amici dai quali ci eravamo di colpo allontanati cercando di non dare troppo nell’occhio. Ma non senza voltarsi prima a darmi un’ultima sbirciatina da sopra la spalla, nascondendo a malapena un sorriso imbarazzato.
Tornerà, tornano sempre.
Questo succedeva sette mesi fa. Sette mesi dopo, sono seduto di fronte a una strizzacervelli, senza nemmeno sapere bene perché o che cosa dire. Sono sull’orlo di una crisi di nervi.
Mi chiamo Nick, e questa è la mia storia.
Non te lo insegnano a scuola a essere uomo. Sarebbe un compito delegato alla tua famiglia, nel periodo dell’adolescenza. Se tuo padre non fosse sempre assente. Per lavoro, per distrazione o per vocazione. Per sfuggire a madri troppo presenti. A mogli troppo pressanti. A donne troppo stressanti.
Ai padri di solito viene meglio il ruolo del censore. Poi a forza di censurare tutto, ti trasformano in un bambolotto Voo-doo. Se solo avessi un fratello maggiore che lo è già (uomo, non bambolotto Voo-doo) o se ci fosse qualcuno a farti da libretto di istruzioni. E invece no, ti tocca fare tutto da solo.
La mamma, quella lasciamo perdere. L’idea della mamma-tipo è che dovresti essere sempre gentile, carino ed educato con tutti. Possibilmente accondiscendente con le donne e con chiunque rivesta un seppur vago sentore di autorità. Gli adulti indiscriminatamente, i parenti, i professori, il medico, i colleghi di papà. Se hai un cane in casa, anche lì non si scappa.
Accondiscendenza.
Tu sei un bambino e non capisci, ma impari in fretta ad adeguarti. E ovviamente nel modello educativo mamma-centrico devi anche imparare, e in fretta, a farti manipolare dagli altri. Fai questo altrimenti dispiaci a quello. Fa’ in questo modo e noi siamo contenti. Non dispiacerci, comportati così.
Ok, state pensando anche alla religione, lo so. Ma non divaghiamo.
Come fai a imparare a difendere le tue idee se ti insegnano a essere accondiscendente e a farti manipolare sin da quando vieni al mondo? Va bene, un sacco di gente prima di me si è scervellata sul tema dello sviluppo libero della personalità, ma uno che non vi aspettate devo citarlo. Chuck Palahniuk fa dire a un suo celebre personaggio, a proposito di relazioni: “Siamo una generazione cresciuta dalle donne. Mi chiedo se un’altra donna è la soluzione che cerchiamo”.
Misoginia, si dirà.
Ma se hai il coraggio di guardare a te stesso e a quanto la tua storia condizioni il tuo presente, è una domanda inevitabile. E quindi tocca a te. Essere il padre di te stesso. Guardare gli amici più grandi. Ispirarti a James Bond, a Tarzan o agli eroi della letteratura. E fare tesoro della tua esperienza personale naturalmente, l’eterno metodo del tentativo e dell’errore. Pare che anche i polpi imparino così. Aprono un barattolo con dentro un mollusco impiegando alcuni tentativi e, se ripeti l’esperimento, vanno a colpo sicuro. Si ricordano come si fa.
Finanche alcuni tipi di muffe. Le metti in un labirinto e crescono proliferando in direzione dei vari corridoi, poi bloccano tutti i rami e continuano solo verso l’uscita.
Se ce la fanno loro, nessun problema.
Well, time slips away
and leave you with nothing Mister
but boring stories of glory days
(Bruce “The Boss” Springsteen – Glory Days)
PRIMA...
12 giugno ʼ08
Mi sveglio perché la luce del sole ormai estivo mi colpisce dritto in faccia. Affondo il viso tra i suoi capelli corvini e il lenzuolo candido. Nello stordimento mattutino (sarà già pomeriggio?) mi chiedo chi è; è solo un attimo, ma è un sensazione che ho già provato altre volte e non mi spaventa più. L’estate in riviera può essere molto piacevole, ma risvegliarsi e chiedersi chi sia la persona che hai accanto può essere uno shock, le prime volte. Ovviamente può capitare anche a chi dorme accanto allo stesso partner da alcuni decenni; ma lì il rimedio unico consiste nel recarsi nello studio del divorzista più economico della città.
A me basta fare un po’ mente locale. In quest’ultima settimana hanno dormito in questo letto almeno tre persone, me escluso. L’amica russa conosciuta in spiaggia l’anno scorso che ha deciso che l’amicizia è bella finché dura poco e si è invitata a cena da me; la commessa della profumeria, conosciuta in discoteca vestita con un francobollo e un paio di trampoli, che ha fatto un salto a casa mia per un drink e per dare prova nel contempo di grande coerenza in fatto di abbigliamento; e l’impiegata conosciuta in chat che, dopo aver scambiato chiacchiere svogliate per un intero inverno dal suo ufficio polveroso, ha deciso di darsi una scrollata e venire a trascorrere una settimana da sola in riviera, aprendosi a nuove esperienze, me incluso. C’è stata anche una signora della città bene, conosciuta in palestra e confortata qui delle continue assenze del marito. Ma forse era la settimana scorsa. E sicuramente era di pomeriggio, quindi non conta comunque.
Bene, la nebbia nella testa si è dissolta, le faccio una carezza distratta su un braccio e mentre mugola qualcosa metto i piedi a terra. Guardo l’orologio sul comodino che mi dice che è l’ora della merenda, quindi mi infilo un paio di boxer e vado a preparare il caffè. Accendo la radio sulla credenza e mi siedo al tavolo nella cucina bianca inondata dal sole. La musica riempie la stanza.
I’m a picker, I’m a grinner, I’m a lover and I’m a sinner. I play my music in the sun. I’m a joker, I’m a smoker, I’m a midnight toker. I get my lovin’ on the run.
Taglio a spicchi mezza crostata e la assaggio. Il Punk è diventato un asso in fatto di dolci. Quel Punk, che tipo... Me li scelgo bene gli amici. Svegli, simpatici e persino in grado di rendersi utili. Che si può chiedere di più a un compagno di sbronze?
Loro sono molto di più, i miei vecchi amici fidati. Ormai ci si ruggisce un po’ a distanza, come leoni distesi al sole, ma con la consapevolezza di averne passate di belle. Due sere fa abbiamo brindato al mio compleanno e commemorato la ormai quasi ventennale esistenza del branco.
Questa è l’ultima settimana che trascorrerò a casa.
Un mese fa l’azienda mi ha comunicato la necessità di individuare un responsabile per un nuovo progetto all’estero, per circa sei mesi, e sono stato scelto io. Hanno blaterato un po’ di stereotipi che vorrebbero essere lusinghieri e invece suonano solo sospetti: mirabolanti qualità professionali; insorpassata padronanza della lingua inglese; esemplare senso del dovere.
Io ho guardato le date: partenza a fine giugno e rientro in gennaio. Tutta l’estate e le feste di Natale. Sono uno dei pochi single e l’unico con precedenti esperienze del genere. Ci vuole poco a fare due più due, e io in questo sì che sono bravissimo. Ma in realtà il lavoro mi piace e ho accettato senza riserve. Ora siamo agli sgoccioli e ho già tutto pronto, quindi me la godo un po’.
Solo perché mi sento bene. In piena forma. Non sarà questo a fare di me una cattiva persona. Non solo questo, almeno.
Sotto il getto d’acqua fresca della doccia, penso a cosa organizzerò per celebrare la partenza. Niente di grandioso, certo, mai stato il tipo da ricevimenti in pompa magna, ma una serata con il branco di leoni è indispensabile.
20 giugno ʼ08
Ho pensato di portarli in un postaccio sulla spiaggia. In uno dei postacci sulla spiaggia. Ce ne sono tanti qui in riviera, tutti attaccati l’uno all’altro. Quei localacci pieni di gentaglia seminuda che si agita al ritmo della musica del diavolo, bevendo distillati e altri intrugli peccaminosi. Dio, quanto li adoro quei postacci. Sono ingannevoli però, e celano molti trabocchetti. Sono probabilmente i luoghi meno adatti alla caccia, anzi per un certo tipo di appetiti sono come il supplizio di Tantalo. Guardare e non toccare. Parlare, quello non ci pensare neanche, non si sentirebbe nemmeno un jet passare a bassa quota tanti sono mediamente i decibel sparati da casse delle dimensioni del monolite di “2001 odissea nello spazio”. Figuriamoci se riesci a far sentire la tua battuta d’esordio, che hai meditato per un paio d’anni e usato senza successo per almeno altri cinque. Peccato che la battuta d’esordio c’entri poco o niente nel fare colpo sul prossimo. O sulla prossima.
È quasi tutta una questione di atteggiamento mentale: chi non ha sperimentato giorni in cui, sentendosi irresistibile e carico di gud vaibbs, tutto filava via come un ingranaggio ben oliato? O, al contrario, giorni in cui l’umore nero o l’atteggiamento negativo precludeva qualsiasi contatto con, non dico una ragazza carina, ma con chiunque? Anzi, se dovessi dettare una regola generale direi che per fare colpo bisogna cercare di evitare di far colpo. Niente sdolcinature tipo “sei una stella che brilla in un cielo buio” o battute macho “sei venuta qui cercando me?”, magari ridacchiando nervosamente o giocherellando con le proprie mani. Meglio un saldo e tranquillo “Ciao, io sono Nick”, magari avendo l’accortezza di inserire il proprio nome al posto del mio, o “Ti stai divertendo?” ma mostrandosi calmi e sicuri di sé.
Ti sento. Hai chiesto come si fa se non si è calmi e sicuri di sé. Ho la capacità di leggere il pens...
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