Che cos'è il vegetarismo?
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Che cos'è il vegetarismo?

Informazioni su questo libro

Un percorso attraverso la letteratura, la religione, la medicina, le scienze naturali e l'arte culinaria, passando per i concetti di pacifismo e nonviolenza. Marcucci analizza e spiega "cos'è il vegetarismo", parole di ieri che ancora oggi trovano assoluta aderenza con la realtà di chi vede, nell'essere vegetariano, un giusto modo di reagire alle contraddizioni di una società crudele. Queste pagine sono state e rimarranno nel tempo una base importante per i movimenti nonviolenti, animalisti, antispecisti che vedono nella sensibilità animale tutte le somiglianze con quella umana, la capacità di intrattenere rapporti sociali, la facoltà di esprimere la propria volontà.

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Informazioni

Che cos’è il vegetarismo? | Edmondo Marcucci

In nome di ciò che è sacro nelle
nostre speranze per il genere umano,
io scongiuro quelli che amano la
felicità e la verità di fare un ragionevole
esperimento del sistema vegetariano.
Shelley, In difesa della dieta naturale, 1831

Definizione e vari tipi

Per vegetarismo s’intende il regime alimentare che non fa uso di carni di animali, compresi i pesci, i crostacei, le conchiglie, eccetera Vegetarismo (o vegetarianismo), vegetariano derivano da una radice linguistica indoeuropea VAG = spingere, aumentare, far crescere, rendere gagliardo. Essa si vede nel latino VEGetus = sano, gagliardo, e VIGor. Anche il nostro aggettivo frugale deriva da frugale = prodotti della terra, connesso con fructus, frumentum, frui (= godere di qualche cosa). La sanità si è sempre rappresentata più connessa col regime vegetariano che con quello carneo. E siccome noi mangiamo carni di cadaveri animali, il vegetarismo è l’opposto dell’alimentazione cadaverica (necrofagismo).
Si distinguono:
1. Il regime vegetariano, che non è propriamente regime di erbivori, nè ristretto ai soli vegetali. Comporta anche alimenti non cadaverici: uova, latticini, miele. La carne viene sostituita con altri alimenti ottenuti senza uccidere l’animale produttore o con vegetali e frutti di ogni specie. È il tipo di vegetarismo più, diffuso, perché più facile ed il più conveniente per una larga massa di persone.
2. Il regime vegetaliano, limitato agli alimenti di sola origine vegetale, con esclusione delle uova e dei latticini. Regime più severo, più difficile ad essere osservato da tutti e a lungo, per quanto anch’esso praticato. Gl’inglesi chiamano attualmente Vegan questo vegetarismo senza prodotti animali (non-dairy vegetarianism) e c’è chi lo reputa la riforma vegetariana più conseguente e più benefica.
I vegetariani dicono che le difficoltà pratiche che si sogliono obbiettare al regime da essi propugnato sono più immaginarie che reali e le paragonano a quelle che la fisiologia e medicina ufficiale faceva e fa al regime vegetariano – quindi, superabili. Affermano la validità degli argomenti fisiologici in loro favore (accusano specialmente il latte, al quale attribuiscono parecchi misfatti) più il lato morale del maggior grado di non violenza rispetto agli animali, essendo questi non solo non uccisi, ma neppure sfruttati, indeboliti, tormentati in vari modi col togliere ad essi latte, uova e persino miele, con lo sforzarli ad una vita innaturale.
3. Il regime fruttariano o di soli frutti. Più rigoroso e più difficile dei precedenti, quantunque abbia anch’esso seguaci che vi si trovano bene.
Secondo gl’igienisti, solo il primo è il più sano, quello che può creare razze forti. Prendiamo qui occasione per denunciare ancora una volta il pregiudizio che le razze forti sarebbero quelle carnivore. Anche senza ricordare che gli animali più forti e più resistenti a sforzi continuati sono appunto i vegetariani[1], moltissime constatazioni etnografiche, di gruppi e di individui esercitanti i più vari mestieri lo smentiscono. Si è bene paragonata la carne ad un vigoroso combustibile, ma che alla lunga brucia anche il forno!

Vegetarismo e natura umana

Contrariamente all’opinione comune, l’alimentazione carnea non è la più cònsona alla natura umana, cioè all’istinto, alla struttura fisiologica ed anatomica dell’uomo, ai nostri bisogni vitali. È un prodotto dovuto essenzialmente all’abitudine e all’organizzazione della vita sociale che per un complesso di circostanze esteriori ha preso vie diverse da quelle che una più accurata riflessione avrebbe mostrate migliori.
Grandi naturalisti proclamarono da tempo che l’uomo va classificato per i suoi caratteri anatomici (denti; mani, unghie, vie digestive) non nella categoria dei carnivori, né degli erbivori, né degli onnivori (questa è un’espressione corrente nei manuali scolastici), ma tra i frugivori. I denti dell’uomo sono uniti e taglienti e servono a staccare i cibi che poi i molari macinano. Invece, nei carnivori (felini) i denti triangolari, lunghi ed acutissimi, distanziati, con il ferino che spicca tra i molari a punta, sono atti ad afferrare e trattenere la preda, a lacerare e tagliuzzare la carne cruda, fibrosa ed ancora palpitante.
Spesso, la minore lunghezza dell’intestino umano in confronto di quella dell’intestino degli animali erbivori è argomento contro il vegetarismo. Ma osserviamo, seppure ce n’è bisogno:
l’intestino umano non è quello dei carnivori che lo hanno assai corto affinché possa eliminare rapidamente i residui tossici della carne. Non è nemmeno quello assai lungo degli erbivori che permette una sosta prolungata degli alimenti erbacei i cui residui sono molto meno tossici dei carnei. Insomma, l’intestino e gli organi digestivi dell’uomo sono quelli degli animali frugivori o granivori.
L’uomo zoologicamente è un vertebrato della classe dei Mammiferi, ordine dei Primati. Con le scimmie antropomorfe ha grande affinità per un complesso di caratteri generali e di dettagli: morfologici, anatomici, istologici, fisiologici e biochimici. Le scimmie sono essenzialmente frugivore e si nutrono di frutti, cereali e vegetali in genere mostrando predilezione per i primi. Anche se non disdegnano insetti ed altri alimenti animali (il gorilla e lo scimpanzé sono resi dalla necessità carnivori e persino antropofagi, almeno il primo). La scimmia non attacca altro animale (uomo, vacca, porco, capriolo, eccetera) per mangiarlo.
La relazione esistente tra la struttura ed il comportamento degli antropoidi e dei quadrumani e la struttura ed il comportamento dell’uomo può dimostrare la natura frugivora di quest’ultimo.
C’è una dibattuta questione: l’uomo primitivo fu soltanto frugivoro, soltanto carnivoro o tutte e due le cose insieme? Sappiamo quanto d’incerto e d’ipotetico è in questa definizione “uomo primitivo”, quanto è difficile stabilire termini cronologici, per dare una risposta sicura. Ma nel coro delle opinioni non mancano quelle di autorevoli studiosi, moderni (naturalisti, sociologi) che sostengono essere stato l’uomo in preponderanza frugivoro (anzi vegetaliano poiché l’uso costante del latte, delle uova, eccetera presuppone l’addomesticamento degli animali), ch’egli visse della raccolta dei frutti, attaccato a questi come il bambino al seno materno... Poi, divenne, per varie cause esteriori, cacciatore, cannibale e guerriero. Del resto, c’è la legge della minor resistenza, per cui gli animali cercano le prede più deboli di loro, ed i frutti vegetali erano appunto le prede più facili.
Parecchi scienziati contemporanei attribuiscono al primitivo la duplice caratteristica dell’abito pacifico e del regime vegetariano, ammettendo che vi fu realmente “una sorta di età dell’oro pacifica come fu descritta da Esiodo. L’uomo non fu spinto alla guerra dagli istinti di pugnacità, ma dalla cupidigia di ricchezza e potenza che lo sviluppo della civiltà fu responsabile di creare”[2].
È un errore, profondo quanto universale, pensare che gli uomini quando erano raccoglitori di frutti fossero dediti a combattere. Tutti i fatti disponibili mostrano che l’epoca della raccolta dei frutti nella storia deve essere stata di perfetta pace. Lo studio degli artefatti dell’età paleolitica non rivelano segni definitivi di guerra umana. Un’analisi critica dell’industria di questa età nelle sue varie fasi mostra che le menti degli uomini erano occupate nel procurare il cibo e nel modellare utensili ed altri mezzi per esercitare le loro capacità artistiche che erano considerabili[3].
L’inizio del regime carnivoro implica l’invenzione delle armi e del fuoco: l’invenzione del fuoco è uno dei caratteri differenziali dell’uomo, nessun animale, nemmeno la scimmia antropoide sapendo produrre e mantenere il fuoco. Perché la carne dell’animale ucciso potesse divenire mangiabile, dovette avere avuto bisogno di essere cotta e di subire inoltre varie manipolazioni. Forse, al cambiamento del regime alimentare contribuirono le speciali condizioni di esistenza durante la grande invasione glaciale dell’èra quaternaria, con la riduzione della ricchezza della flora causata dal raffreddamento del clima. Se così, fu un grande cambiamento che decise dell’avvenire dell’uomo sulla terra. Ma specialmente questo avvenne dopo l’invenzione della pastorizia, al principio dell’età neolitica (Cuvier). Il fatto è che l’uomo divenne anche carnivoro senza possedere le armi naturali caratteristiche degli animali carnivori e predatori, invece i robusti denti incisivi e la grande forza muscolare non resero carnivora la scimmia antropoide.
In accordo al regime vegetariano devono essersi sviluppati gl’istinti sociali dell’uomo, mentre i grandi carnivori vivono solitari e non in gruppi e famiglie come gli erbivori e fruttivori (dagli elefanti alle scimmie).

Vegetarismo e Pacifismo

Checché ne sia stato nel passato, si ammette senza difficoltà lo stretto rapporto tra vegetarismo e pacifismo. Quindi, il significato ed il valore etico-sociale del primo che non è solo una questione di dieta igienica, ma si eleva ad una visione, una pratica spirituale e religiosa, ad una concezione del cosmo, della sua natura e delle sue finalità. La riforma vegetariana è, deve essere, in primo luogo, riforma morale e religiosa; deve significare un incontro tra Natura e Spirito, o, meglio, togliere il carattere antagonistico che il nostro linguaggio suole attribuire ai due termini.
È persuasione generale che il regime vegetariano favorisce una stabilità ed un equilibrio tra il fisico ed il morale, con il risultato di un carattere più armonico, più lontano dagli eccessi, più disposto alla mitezza, alla vera fortezza spirituale che supera la forza impulsiva e passeggera, la violenza – vere espressioni di debolezza. Siamo lontani dal fare classificazioni sommarie, ma l’esperienza storica ed etnografica ci mostra l’aggressività spettar più alle genti carnivore che alle vegetariane. Il carattere mite e non guerriero degli Eschimesi, divoratori di pesci e di animali marini, si può spiegare col bisogno di una stretta solidarietà umana nella lotta contro l’inclemente natura. Quanta poi alla salute degli Eschimesi – obbiezione contro il vegetarismo – ci sarebbe molto da ridere. Il loro fisico è buono finché sono giovani, al 30° anno appaiono gia vecchi, e la loro media di vita è molto bassa.
Anche senza accettarlo nel senso di un crudo materialismo, di un assoluto determinismo, il celebre aforisma di Ludovico Feuerbach (1804-1872) “l’uomo è ciò che mangia” contiene una verità confermata dall’esperienza. Si potrebbe convertirlo in: “Dimmi che cosa mangi e ti dirò chi sei”. Nell’unità cosmica, nei rapporti fra individuo e mondo esterno – che a sua volta diviene interno – tutto si ripercuote e produce effetto, e noi dobbiamo fare una scelta che renda più puri, più liberanti, più proficui i detti rapporti. Regolare moralmente il primario bisogno – la nutrizione – è lo scopo del vegetarismo.
Con l’alimentazione carnea nella quale è facile anche eccedere, vanno di solito insieme altri eccitanti, come l’alcool, i cui danni fisici, morali e sociali non hanno bisogno di essere illustrati. Appetiti e passioni sensuali si dominano meglio col regime vegetariano, per cui Gandhi disse: “L’uomo che desidera controllare le sue passioni animali lo farà più facilmente se controlla il suo palato”. Ma dire che questo regime “mortifica la carne”, secondo la vecchia espressione ascetica, non è esatto: è l’organismo umano che, pur non perdendo nulla della sua forza, viene adattato alle esigenze morali, sottratto a certi piaceri avvelenati: è un’applicazione più intensa del proverbio mens sana in corpore sano, è un’alimentazione più liberante, più gioiosa.
I benefici effetti morali del vegetarismo come freno all’impulsività e all’aggressività hanno condotto il medesimo alla sua convergenza col pacifismo, a farne un complemento. Chi parte dal vegetarismo non inteso e praticato, unicamente dal punto di vista igienico è logicamente condotto al pacifismo e viceversa, sebbene nella gradazione delle cose umane i due possano essere, nel fatto, separati. Il pacifismo integrale, della non-violenza, della persuasione interiore, dell’apertura fraterna a tutti gli esseri è qualcosa di più del pacifismo utilitaristico, contrattualistico e politico, relativo, in una parola, e quindi di scarsa durevole efficacia. Il pacifismo integrale si conforma in una visione religiosa che intende realizzare una storia nuova de...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Il dolore degli animali | Goffredo Fofi
  3. Che cos'è il vegetarismo? | Edmondo Marcucci
  4. La zoofilia e il vegetarianesimo | Aldo Capitini
  5. Dichiarazione universale dei diritti dell’animale
  6. Manifesto per un’etica interspecista
  7. Criteri informatori del movimento antispecista
  8. Nota sul tempo presente | Annamaria Manzoni