
- 128 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Myia e la Storia delle Storie
Informazioni su questo libro
Myia, personaggio-persona del romanzo, intreccia una serie di conversazioni con Xenia, la propria scittrice.Si creano in tal modo occasioni per poter narrare nuove storie
Domande frequenti
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Informazioni
Franca Adelaide Amico
Myia e la Storia delle Storie
Romanzo

Prefazione
Cari Lettori,
seguitemi, seguendo le orme delle mie parole. Nulla vi svelerò, ma vi indicherò l’ingresso di un bosco misterioso, dove, talvolta, vi è stato proibito addentrarsi.
Guardate: ho lanciato un sasso nell’acqua.
Cerchi concentrici, rapidamente, ne conseguono.
Dal più piccolo al più grande, come tutti originati dal big bang di un Demiurgo, non tradiscono la propria natura tondeggiante, dove l’inizio e la fine si nutrono della propria osmosi.
Sono microcosmi infiniti, racchiusi dentro l’abbraccio di una epopea universale.
La struttura del romanzo “Myia e la storia delle storie” ricalca proprio quest’immagine, snodandosi fra racconti e favole che conducono lontano, fino al Timeo di Platone e ai miti di civiltà lontane e sommerse, per portarci, infine, nel luogo più recondito: la nostra anima.
“La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell’anima umana è la storia del mondo”.
Benedetto Croce, La storia come pensiero e come azione, 1938.
Ci sono personaggi in cerca di autore.
Li conosciamo quei sei, sui quali abbiamo a lungo fantasticato, nella bramosia di leggere o, perfino, di cimentarci a scrivere.
Ma ci sono anche autori che diventano meri tramiti di “persone” le quali accettano, sua sponte, di essere “personaggio”, per calcare la scena di carta e inchiostro finché vorranno, per poi far rientro nel mondo parallelo dell’immortalità, che a loro appartiene.
Nel romanzo di Franca Adelaide Amico, Xenia, la scrittrice, e Myia, il personaggio-persona, si ritrovano a conversare sui misteri della Vita e della vita, ossia sulle energie che muovono cosmo e memoria e sulle problematiche che si agitano in una quotidianità dove lo specchio del Tutto si frantuma.
Entrambe si servono, per comunicare, della forma arcaica ed arcana del racconto, per palesare, storia dopo storia, la natura di un Destino che non è un libro già scritto, ma una mappa che richiede di intraprendere un viaggio.
Lasciate i bagagli e le zavorre: non vi serviranno.
Leggete, finché, all’improvviso o progressivamente, non capirete che il sasso è stato lanciato nell’acqua amniotica in cui vi cullate, ignari.
Buona avventura.
Emma Fenu
Incipit
Il mio nome è Myia. Sono scappata, un attimo, dalle mani della mia creatrice ed eccomi qui, adesso, a presentare me, un pizzico del mio mondo e... qualche segreto.
Inizio dai segreti perché mi piacciono e perché voglio subito approfittare dell’assenza della mia “mamma”, Xenia, che da un momento all’altro, potrebbe arrivare e con la sua presenza sconfessare quanto sto per confidarvi.
Segreto numero uno
Sono il personaggio protagonista del romanzo; e finora niente di speciale.
Ma se aggiungessi che sono viva? Che ho una vita mia, concessami una volta per tutte da Xenia e da me acquisita come bene definitivo e inalienabile?
La novità della cosa vi lascia interdetti. Lo sento.
Lascia interdetta anche me che, spesso, sento questa vita traboccare dentro le mie fibre di personaggio e mi chiedo come e se cambierò nel corso della narrazione e cosa avverrà, una volta catapultata nella selva ignota della vita.
Già, ecco, mentre pronunzio queste parole, io cresco, divento, mi trasformo. Mi conosco.
Segreto numero due
I personaggi non hanno bisogno di un autore. Noi esistiamo, come tutto preesiste sul piano mentale.
Il nostro autore, o creatore che dir si voglia, un bel giorno, alle luci dell’alba, si sveglia e capta la nostra essenza, la coglie appena, quando è pronta per nascere.
Il concepimento è avvenuto, tempo prima, nella Mente del mondo dei libri in nuce e, adesso, finalmente, dopo il travaglio notturno, la luce dell’alba ha regalato al mondo un personaggio neonato protetto dalla culla di un nuovo libro.
Il mio nome: Myia
Xenia si diverte a coniare nuovi nomi insoliti.
Mi sono compagne: Eusina, ormai di poco più giovane della mia creatrice; Selima, una splendida ragazza etiope; Kabu ed Elexel che Xenia vi presenterà nel corso di questa stessa narrazione e poi ci sono io, con questo nome impossibile da pronunciare ma al quale mi sto affezionando.
Per quanto strani siano i nomi affibbiati da Xenia ai suoi personaggi, devo dire che, però, sempre bene ci rappresentano.
Il mio nome si pronuncia Mai-ìa. Non è Mia e nemmeno Maia. Ma è in assonanza con entrambi i nomi. E ricorda un po’ anche il nome “Maria”.
E siccome ogni cosa che avviene sembra un caso ma un caso non è, Xenia ha trovato il mio nome (pensate un po’) in un display di cellulare.
Storia lunga da raccontare e da spiegare. Fatto sta che quello era proprio il mio nome e penso che, ad oggi, nessun altro nome potrebbe meglio rappresentarmi.
La mia vita.
Appartengo all’Africa e al mondo.
Appartengo all’Italia e al mondo.
Imparerete a conoscermi leggendo.
Io sono Myia e questo romanzo racconta la storia delle storie raccontate.
Ora è il momento di Xenia.
Appartengo all’Italia e al mondo.
Imparerete a conoscermi leggendo.
Io sono Myia e questo romanzo racconta la storia delle storie raccontate.
Ora è il momento di Xenia.
Camminare. Imparare. Insegnare
A volte si è integerrimi con se stessi, quando bisogna con fervore ribadire l’esattezza di una tesi, quando la tesi diventa assioma e quando l’assioma diventa regola di vita. Difficile mantenere la giusta flessibilità in tali circostanze. Difficile. Ma non impossibile.
Una ragazza, poco più che ventenne, ha lasciato la sua terra.
Non è trascorso molto tempo da quando si è allontanata in cerca di un futuro più roseo. Eccola, adesso; non è la prima della sua famiglia, né la prima e neanche l’ultima della sua gente: altri e altre, come lei, hanno chiuso nella valigia abiti e sogni.
Si è dovuta adattare a climi e stagioni diverse, ha avuto a che fare, per la prima volta, con il mare che, per la prima volta, ha attraversato; e pure col mal d’aria e i check-in... Ma questo è avvenuto qualche tempo fa. Quando Myia era ancora una ragazzina. Ancora lo è, anche se, forse, è cresciuta in fretta.
I suoi capelli lunghi, bruni con riflessi ramati; i suoi occhi neri ombreggiati da lunghe ciglia; le sue labbra piene, sono labbra, occhi e capelli di giovane donna.
E le sue speranze e i suoi rimpianti hanno il fuoco di quando si è ancora bambini.
È stata dura. Difficile. Difficile imparare una lingua straniera, padroneggiare ambienti e dimore sempre diversi, persone intolleranti o sfacciatamente amichevoli o semplicemente ignoranti...
Ma tu hai conservato te stessa, Myia. Hai compiuto il miracolo che chi lascia la propria terra dovrebbe compiere: salvare la propria identità ed acquisire il nuovo.
Hai scremato quelle cose, poche e grandi cose, degne di essere salvate e apprese; hai conservato i tesori delle tue tradizioni.
È bello vederti così, con l’impronta della tua terra nello sguardo dei tuoi occhi. È bello sentirti parlare e discutere come potrei sentire parlare un’amica e discutere con lei.
Tu capisci il nostro mondo.
A volte ho l’impressione che tu lo capisca più di noi che lo padroneggiamo ogni giorno.
Ascolti, confronti, elabori un tuo parere. E ogni cosa che fai ha il sentore di un’estrema serietà.
Con serietà vuoi conoscere ciò che ancora non sai, con serietà apprendi la nostra lingua e ne impari anche i vocaboli più desueti destando in noi meraviglia. Insegni a noi l’amore per questa nostra lingua che, forse, dovremmo amare un po’ di più.
Quanto è immenso il sapere che offre un viaggio nello spazio! La distanza ti ha insegnato il distacco, la prospettiva, l’obiettività.
E un viaggio nel tempo? Cosa ti insegnerebbe, Myia?
Un viaggio attraverso la storia Universale, un abbraccio che potesse comprendere ogni più piccola briciola dell’operato umano. Perché venga meglio compreso.
Per questo, adesso che sei qui, seduta di fronte a me, al tavolo da pranzo, voglio raccontarti una storia, Myia.
È la storia di un lungo viaggio.
Fiordicaramella
C’era una volta, tanto, tanto tempo fa una tenera fanciulla dal cuore semplice; fiocchi, caramelle e festoni ben la raffiguravano: quando lei arrivava si spandeva nell’aria odore di canditi.
Fiordicaramella la chiamavano tutti.
Ogni mattina, al levar del sole, Fiordicaramella si svegliava, lasciava il giaciglio di paglia dalle lenzuola bianche di bucato appena fatto, si toglieva di dosso la camicia da notte rosa tutta a rose e nastrini cuciti sulle balze ampie della gonna e indossava il vestitino rosso fragola e bianco panna; rosso fragola era il corpetto aderente in vita, bianco panna erano le maniche a sbuffo e la gonna ampia.
Fiordicaramella possedeva solo quell’abito come possedeva solo la camicia da notte rosa ma abito e camicia erano sempre perfettamente puliti, la gonna a crinolina perfettamente inamidata. E il profumo di caramella? Quello era davvero un mistero.
Ma era un mistero anche come facesse a vivere da sola in quella casa di legno al margine del bosco, che sorgeva proprio al limite, proprio dove gli umani, si diceva, un tempo avessero segnato il confine tra il mondo degli spiriti, delle fate e dei folletti e quello dei comuni esseri umani.
Eh, Myia! A questo punto so già cosa stai pensando; eccola, finalmente! È una storia di fate e folletti che irrompono nel mondo dei vivi, è la magia nel quotidiano, è il quotidiano intriso di magia.
Una stupenda favola nella quale possiamo riposare in fuga dal mondo.
Mi dispiace, Myia, e non voglio deluderti: io racconto di storie vere, di storie che sono talmente straordinarie e insolite da sembrar fiabe; semmai... ecco. Impara con me ad interpretare i simboli, le metafore, i segni visibili e invisibili di cui è costellato il nostro mondo.
Vedrai che, così, anche questa storia che sto per raccontarti, sarai convinta dichiarerai vera.
Abbiamo lasciato la nostra Fiordicaramella sulla soglia dell’uscio della propria casa, pronta per andare. Nel bosco? Oltre il limite? Dove? Seguiamola. Ma che dico? Seguirla, in realtà, è impossibile e perciò tutto quello che ora ti dirò sarà frutto della rivelazione confidenziale della stessa Fiordicaramella la quale, al ritorno della sua piacevole escursione, un bel giorno, senza che neanche glielo chiedessi, mi rivelò tutto ciò che aveva visto, fatto, osservato e ricordato.
Mi disse che a nessuno, prima di quel momento, aveva confessato alcunché e che avrebbe voluto farlo solo perché, così lei diceva, il mio racconto sarebbe stato in grado di rivelare un segreto.
Tutto ciò, tanti anni fa.
Da allora non ho mai raccontato nulla, lo faccio adesso perché, per me e per Fiordicaramella, è arrivato il momento.
Il velo deve essere rimosso. Ciò che appare, dunque, si tramuta in ciò che è.
Ciò che appare. Bene. Cosa c’è oltre la soglia della porta? Il bosco, abbiamo detto. Ma siamo sicuri si tratti proprio di un bosco? Ascoltiamo, intanto, quello che altri (a parte Fiordicaramella, la nostra eccentrica eroina) hanno da dirci.
Vata, un trentenne viaggiatore abituale, che due o tre volte l’anno prende l’aereo per recarsi all’estero per lavoro o per svago e che afferma di aver sorvolato svariate volte, per puro diletto, con il suo elicottero privato, lo spazio cosiddetto “proibito”, ha descritto con dovizia di particolari ciò che ha visto dall’alto.
Dice che, in maniera del tutto singolare, uno spazio infinito, forse di centinaia e centinaia di chilometri, pare si estenda al di là del bosco con una fisionomia straordinaria, che contravviene ad ogni logica topografica o geografica o climatica.
Ecco quello che Vata dice di aver visto: alle spalle della linea limite, si estendono i boschi di pini e di querce; si può ammirare ogni vegetazione tipica del clima montano; incorniciata da tale splendido paesaggio, in mezzo ad alberi e nuvole soffici che sembrano di panna, si trova la dimora di Fiordicaramella. Come ho già detto, la casetta di legno della bambina si trova proprio al limite tra il “conosciuto” e il “proibito”
Tra il bosco prima descritto, dunque e... e lo spazio senza nome. Uno spazio che nessuno mai ha attraversato facendo uso delle proprie gambe ma, tuttavia, ben visibile dall’alto.
Perché così straordinario?
Seguitemi. Con la mente, almeno.
Succede che, oltre alla casa di Fiordicaramella, oltre il “limite”, insomma, il bosco, improvvisamente, ceda il posto ad un’estensione vastissima di ulivi, poi di viti cariche di grappoli d’uva dorata, in successione immediata, gli uni alle altre senza soluzione di continuità. Ruscelli e cascate si intravedono poi, oltre, più avanti, quale stupendo preannuncio di colori diversi. Intensi. Di una bellezza lussureggiante e aggressiva, infuocata. S’intravede dall’alto uno spazio enorme altrettanto rispetto al precedente. Si tratta, questa volta, di alberi altissimi, dalle grosse dimensioni, robusti, all’interno dei quali s’indovina la presenza di uccelli dai colori più sgargianti; si può, senza ombra di dubbio, immaginare la presenza dei sentieri intricati della foresta pluviale. Chiazze di sabbia rossa del deserto, ogni tanto, si vedono qua e là, come una diffusa calvizie in una capigliatura folta.
Per centinaia e centinaia di chilometri...
Ad un tratto, bruscamente, nuovo cambio di scena.
E questa volta, la scena cambia davvero perché non c’è alcunché che possa essere paragonato all’ultima estesa porzione di spazio della zona proibita.
Una lastra trasparente di ghiaccio ricopre un ampio spazio circolare. È spessa, tanto che appena appena, l’occhio umano vede ciò che si nasconde sotto: costruzioni che vagamente ricordano le strutture dei templi per la loro imponenza e maestosità, disposte circolarmente a formare anelli concentrici; non si riesce a vedere con chiarezza se la linea curva che traccia tali anelli sia una e continua, e in tal caso l’agglomerato sarebbe quello di una enorme spirale, o s...
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- Myia e la Storia delle Storie