Lo psicologo in Tribunale. Come effettuare una consulenza tecnica in separazioni, divorzi e affidamento di figli minori
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Lo psicologo in Tribunale. Come effettuare una consulenza tecnica in separazioni, divorzi e affidamento di figli minori

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Lo psicologo in Tribunale. Come effettuare una consulenza tecnica in separazioni, divorzi e affidamento di figli minori

Informazioni su questo libro

Le separazioni conflittuali che coinvolgono i figli minori determinano, da parte del tribunale, l'attivazione di percorsi di valutazione psicologica detta "C.T.U." La consulenza concorrerà a sostenere il giudice nella comprensione delle competenze di ciascun genitore, dello stato e dei bisogni del bambino e alla definizione di modalità idonee di frequentazione tra il minore, il padre e la madre.Ma cosa è la C.T.U.? Cosa possono aspettarsi i genitori e i bambini? Quali le richieste e le risposte che la Magistratura può attendersi dalla consulenza tecnica d'ufficio e, soprattutto, come può il tecnico svolgere questo delicato incarico contribuendo a restituire davvero giustizia?Attraverso l'esperienza di chi svolge da anni la professione, dall'incontro unico e irripetibile con tante coppie e i loro figli, dal confronto con colleghi e magistrati, questo libro vuole offrire un contributo necessario a tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nel processo civile.

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Informazioni


Strumenti

Elisa Manco



Lo Psicologo in Tribunale .La Consulenza Tecnica in materia di separazione, divorzio e affidamento dei figli minori








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Indice

Presentazione (Marino Maglietta)
Introduzione
Parte prima: le fasi del processo di consulenza e la valutazione delle parti
1. L’udienza di incarico e il giuramento
2. Il quesito del Giudice
3. Potestà genitoriale e affidamento del minore: riferimenti normativi e procedurali
4. Esame degli Atti e Procedimento Giudiziario
5. Il primo incontro con le parti
6. L’indagine sui genitori:
  • esame clinico area individuale
  • ricostruzione della vicenda familiare
  • dinamiche del conflitto
  • il colloquio sul figlio
7. La valutazione psicodiagnostica
Parte seconda: l’ascolto del minore
1. Riferimenti normativi, procedurali e deontologici
2. Il bambino nel conflitto genitoriale
3. Il maltrattamento infantile: indicatori, effetti, stili genitoriali
  • Pas: “Sindrome di alienazione parentale”
  • Maltrattamento fisico e psicologico
  • Violenza assistita
  • Patologia delle cure
4. L’abuso sessuale sul minore
5. Indicazioni metodologiche all’approccio del minore vittima di maltrattamenti familiari e abuso sessuale
6. Le azioni di tutela del minore vittima di maltrattamento familiare e abuso sessuale
7. Il colloquio con il minore:
Premessa
Protocollo peritale:
a) primo incontro
b) anamnesi clinica:
  1. Funzionamento della personalità
  2. Vissuto e comprensione degli eventi relativi alla separazione e alla conflittualità genitoriale
  3. Sintomatologia insorta successivamente agli eventi in oggetto
  4. Qualità delle relazioni affettive. Desideri, punti di vista e progettualità
8. L’interazione tra il minore e i genitori
9. La psicodiagnosi del bambino
10. Il colloquio di restituzione ai genitori
11. Casi
Parte terza: la stesura della relazione peritale
1. Frontespizio
2. Calendario delle operazioni peritali
3. Metodologia e strumenti
4. Esame degli atti del procedimento
5. Trascrizione dei colloqui effettuati
6. Protocolli e scoring dei test somministrati
7. Verbale di nomina dell’ausiliario e considerazioni tecniche prodotte
8. Indagine di tipo sociale sull’ambiente
9. Considerazioni peritali e risultanze testistiche
10. Conclusioni peritali e risposta al quesito
11. La relazione di consulenza tecnica di parte (C.T.P.) e la risposta del C.T.U.
12. La proposta di notula
Normativa di riferimento
Bibliografia

Presentazione

Definirei questo testo una lectio magistralis.
Dopo avere sperimentato per anni letture deviate delle norme in vigore, dopo avere seguito decine di casi in cui nessuno degli addetti ai lavori svolgeva correttamente il suo ruolo, leggere questo libro è stato per me ritrovare finalmente chiarezza di idee e ordine delle cose.
Tutto è al posto giusto. Ruoli e compiti sono rispettati. Lo si comprende immediatamente dalla sua impostazione, dall’invocato “principio guida”: “la cornice di riferimento è quella indicata dalle norme, in particolar modo dal primo comma dell’art.155 che sancisce: “il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Questo vuol dire tante cose. Vuol dire anzitutto richiamare gli interessati alla centralità non solo del “l’interesse del minore” (concetto abusatissimo), ma più che altro dei suoi diritti, letti all’interno di una normativa che non ne fa un imperativo a sé stante, avulso dal contesto generale, ma lo colloca all’interno delle problematiche della famiglia separata tutta intera, nella consapevolezza che il modo più corretto ed efficace di fare l’interesse del minore è quello di inserirlo in un quadro familiare dove si rispettano i ruoli e le aspettative di tutti, dove si è fatto il massimo per evitare delusioni e scontentezze.
Affermazioni come “Riteniamo che l’applicazione dell’istituto dell’affidamento condiviso garantisca il minore rispetto al suo bisogno di relazionarsi con entrambi i genitori e, quindi, ad un sano sviluppo psicofisico e al diritto alla salute e al benessere sancito dalla Costituzione; che l’istituto in egual misura tuteli gli stessi genitori all’accesso con il figlio e alla esplicazione della cogenitorialità” ne sono la evidente dimostrazione.
Elisa Manco ha perfettamente compreso l’inscindibile legame tra “salute”del bambino e adeguata impostazione delle relazioni familiari. Il concetto di scelta tra i genitori, di ricerca del “più idoneo”, così cara alla visione monogenitoriale, le è del tutto estraneo. E lo conferma in ogni affermazione, anche a costo di andare decisamente contro corrente: “l’affidamento condiviso deve essere suggerito… sempre, anche e soprattutto, in casi di alta conflittualità, qualora sia in atto una dinamica che tende ad escludere un genitore o che determini un rapporto difficile tra questi ed il figlio: la equa ripartizione di funzioni, tempi e responsabilità tra gli ex coniugi permette di interrompere o rendere difficoltose dinamiche di strumentalizzazione, esclusione o recisione della relazione genitore-figlio”.
Né sfugge ai suoi contenuti, così come pensati e voluti dal legislatore, prendendo robuste distanze dalla opzione sbilanciata e asimmetrica di molti suoi colleghi, nonché dalla maggior parte degli operatori del diritto, a partire da avvocati e magistrati:”il consulente dovrebbe definire i tempi di permanenza del minore presso la abitazione paterna e materna più equamente suddivisi ed equilibrati, in relazione alle esigenze e alle disponibilità effettive di ciascuno, tali da garantire una costanza della relazione che determini una ripartizione dei compiti di accudimento e, dunque, la reale garanzia di accesso del minore ad entrambi i genitori”. Con il che si manda in soffitta, per gli aspetti sostanziali, il concetto di “genitore collocatario”, del quale diffida anche sotto il profilo terminologico: “Come il termine genitore “affidatario”, anche quello di genitore “domiciliatario o collocatario” deve essere utilizzato dal consulente in “toni cauti e solo se necessario”. E, con totale chiarezza e impossibilità di equivoci, completa il ragionamento pronunciandosi anche sull’affidamento esclusivo: “l’indicazione di un affidamento esclusivo, salvo casi di grave pregiudizio da parte di un genitore sul figlio, rappresenta infatti una evidente violazione del diritto indisponibile del minore a un rapporto equilibrato con i genitori”. Ma direi che ogni concetto innovativo, tuttora argomento di discussione o meglio di prevalente rigetto da parte degli operatori del diritto, viene sistematicamente ripreso e puntualizzato.
L’autrice non sfugge al confronto, non evita i punti scabrosi. Come quando afferma che: “La stabilità” da un punto di vista psicologico è quella di una relazione affettiva con entrambi i genitori caratterizzata da continuità e coerenza: in tal senso la stabilità non deve essere intesa come “abitazione prevalente”, quindi nella individuazione del genitore “collocatario”o“domiciliatario”, ma nella garanzia di tempi e modalità equilibrati della presenza del minore presso ciascun genitore.“Individuare” il “genitore collocatario o domiciliatario, ancorchè affidatario”, implica la attribuzione di competenze e diritti diversi tra gli ex coniugi, riattivando quella logica di potere, di vincitore-perdente, contraria agli interessi del minore e all’obiettivo dell’intervento peritale che, come quello delle giustizia, intende ristabilire l’equilibrio funzionale perduto in termini di diritto alla salute. Magistrale. Non può usarsi altro aggettivo. Ma, ovviamente, non siamo di fronte a un trattato di diritto. La materia specificamente professionale viene ampiamente discussa, con ricchezza di suggerimenti e di esempi, ancora una volta affrontando le tematiche più delicate, come la PAS o i condizionamenti in genere e ancora una volta controcorrente: “L’orientamento di chi scrive è quello di ritenere preminente l’interesse del minore alla relazione con entrambi i genitori: il genitore che esercita una influenza sul figlio tale da precluderne la relazione con l’altro dovrebbe, in prevalenza, essere il destinatario degli incontri protetti. È infatti questa la comunicazione disfunzionale da dover essere rieducata ed anche monitorata: la casistica insegna che altrimenti i risultati ottenuti in poche ore di relazione positiva tra il genitore escluso e il figlio negli incontri protetti, vanno costantemente vanificati dalla forza dei messaggi disconfermanti e alienanti operati dell’altro genitore.”
È questo che avviene nei tribunali? Tutt’altro e l’autrice ne è perfettamente consapevole, tanto che, dopo avere fatto lucido riferimento alle difficoltà attuali (“le tante resistenze ancora oggi presenti nella prassi giudiziale, ed anche, peritale”), getta verso il futuro uno sguardo fiducioso, che include anche lo strumento principe che vorrebbe vedere maggiormente utilizzato davvero nell’interesse del minore, la mediazione familiare: “nella speranza che il disegno di Legge n. 957 del 29 Luglio 2008 (nella stesura aggiornata n. 2454) venga approvato, facendo quindi divenire la Mediazione Familiare un passaggio informativo obbligatorio per le parti in disaccordo sui figli, prima di adire il Giudice”. Uno strumento che non esita a definire “di fondamentale importanza per il consulente.”
Da parte di chi persegue da sempre i medesimi obiettivi, l’augurio che la fatica di Elisa Manco possa essere conosciuta e apprezzata nel modo più ampio possibile.
Prof. Marino Maglietta 1

Introduzione

Il presente lavoro intende rivolgersi agli operatori coinvolti nel difficile e oneroso compito di coadiuvare il giudice ordinario o minorile nella valutazione delle competenze genitoriali degli ex coniugi e dello stato psicologico del minore coinvolto nella dinamica della separazione e della conflittualità genitoriale, suggerendo percorsi di sostegno e recupero nel rispetto dei diritti inalienabili dei soggetti coinvolti.
L’elaborato intende anche offrire un contributo conoscitivo agli stessi organi competenti della magistratura perché possano essere individuate e concordate metodologie e principi condivisi che permettano un dialogo concreto e funzionale tra la psicologia ed il diritto, al fine di restituire una giustizia che tuteli i soggetti in un processo, quello della separazione, così carico di sofferenze, di difficoltà ed anche di elementi soggettivi, tali da determinare la necessità di un giudizio tecnico sopra le parti.
La pubblicazione si rivolge, infine, a tutti coloro che, coinvolti nella dinamica giudiziale della separazione e del divorzio, possano trovare spunti utili di sostegno e di guida per intravedere, forse, una luce, un monito, un incoraggiamento che ne motivi la parola “fine”, in nome e per conto della parte più debole del sistema che è il figlio.
L’intento è quello di creare, pur nella varietà della casistica, una metodologia ed una deontologia che connetta sempre il dato umano con quello clinico e normativo, affinché il giudizio possa essere la interpretazione e l’applicazione della norma alla specificità e complessità di ogni singolo caso: la norma come cornice e riferimento, la psicologia come lente di comprensione della singolarità, del processo dinamico ed anche prognostico.
Riteniamo, infatti, che i due ruoli, quello del giudice e quello del consulente, siano complementari nei contenuti, nella metodologia e nei fini e che non vi sia una separazione tra sistemi conoscitivi, gnoseologici ed etici. Il fine di entrambi è ristabilire un equilibrio, quello di una genitorialità condivisa e funzionale ad un sano sviluppo psicofisico del minore, rotta dalla separazione che è, sì conflitto e incapacità, ma anche e soprattutto, perdita, sofferenza e crisi di quella “normalità” che deve essere ascoltata, accolta, reindirizzata e rieducata, attraverso anche la esplicitazione degli intenti, della metodologia dell’intervento peritale e dei principi normativi.
L’approccio metodologico proposto intende suggerire una deontologia che, applicando la norma, restituisca il valore educativo dell’intervento e del fine reale della giustizia, non solo quindi quello giudicante: la diagnosi indirizza i suggerimenti, ma non può essere il solo fine della consulenza.
Essa deve necessariamente restituire alle parti, con coraggio, quei principi universali di diritto dei singoli, sostenendoli nella riappropriazione di competenze, ruoli e funzioni necessarie al reale superamento degli ostacoli rilevati.
Le criticità e le mancanze non sono il fine di un giudizio clinico, ma la base per un intervento educativo, quello sancito dalla funzione di pubblico ufficiale della quale è investito il C.T.U., che accoglie e restituisce nuovi significati per valorizzare e stimolare anzi le risorse proprie ad ogni specifico sistema, per attivare il cambiamento e motivare i suggerimenti richiesti dal quesito nella singolarità e soggettività di ogni caso.
In un’ottica di dialettica e complementarietà tra psicologia e diritto il lavoro ripercorre, nelle sue tre parti, i momenti costituivi della consulenza, come elemento del processo e del giudizio, ed anche della interpretazione e della applicazione della gerarchia delle norme e della funzione propria della magistratura.
La norma posta all’art.101 della Costituzione riferisce che “Il giudice è soggetto solo alla legge”, per quanto possa residuare il rischio c...

Indice dei contenuti

  1. Lo Psicologo in Tribunale .La Consulenza Tecnica in materia di separazione, divorzio e affidamento dei figli minori