Gli asini n. 33-34. Rivista di educazione e intervento sociale
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Gli asini n. 33-34. Rivista di educazione e intervento sociale

Informazioni su questo libro

Indice del numeroStrumentiDedicato a EmmanuelPrima allieva e poi maestra di Serena Vitale incontro con Giulia Bussotti e Giacomo PontremoliFine della scuola democratica di Adolfo Scotto Di LuzioUn'ignoranza di tipo nuovo di Claudio GiuntaCanali umanitari di Corrado Borghi e Agnese LorenziniAlta scuola, altra scuola di Alberto DelperoLa battaglia dell'aborto di Giorgia AlazrakiI doveri dell'ospitalitàIl no di Claudio Baglietto di Pietro PolitoFilm 1. Sulla scenaPer i bambini. Da un diario di lavoro di Chiara GuidiDiventare attore di Roberto Magnani incontro con Alex GiuzioBustric, storia di un mago di Sergio Bustric incontro con Goffredo FofiCon i ragazzi di Francesco TurbantiNé buono né cattivo di Luca Marinelli incontro con Nicola VillaIn primo piano "il fuori" di Daria Deflorian incontro con Rodolfo SacchettiniSolo la voce di Anna Antonelli e Lorenzo PavoliniFilm 2. In campoAttacco al calcio di Maurizio BraucciDifesa del calcio di Nicola VillaAllenatore di professione di Gianni De Biasi incontro con Nicola De CiliaLa tratta dei campioni di Stefano ScacchiImmaginiGiochi crudeli di Cyop&KafScenariL'evo moderno e il nostro, una storia di vocazioni di Goffredo FofiSimona Vinci va in manicomio di Sara HoneggerNon c'è pace per i Fiori di Davide MinottiTre anti-eroi a Bagnoli Jungle di Gianluca D'ErricoLavorare con la diversità di Carolina PurificatiAdulti che ridono con Peppa di Vincenzo SchirripaPanoramicheCrescere a Tel Aviv di Bianca AmbrosioCrescere in Palestina di Layaly HamayelCe la faranno i nostri eroiMartin Eden, una morte annunciata di Marcello BenfantePeter Pan è una storia per bambini? di Daniela Marchiotti

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Informazioni

dedicato a Emmanuel
Bimestrale · anno VI · n.33-34
maggio /agosto 2016
Redazione via Buonarroti, 39 - 00185 Roma
tel. 06.8841880
sito web: www.gliasinirivista.org
Editore Edizioni dell’asino
Stampa Booksfactory.it
Distribuzione Messaggerie libri
Direttore Luigi Monti
Vice-direttore Nicola Villa
Direttore responsabile Goffredo Fofi
Redazione Cecilia Bartoli, Maurizio Braucci,
Gianluca D’Errico, Vittorio Giacopini, Sara Honegger,
Federica Lucchesini, Nicola Missaglia, Ivan Pagliaro,
Fabio Piccoli, Nicola Ruganti,
Giulio Vannucci, Giovanni Zoppoli.
Collaboratori Vinicio Albanesi, Fulvia Antonelli,
Giuliano Battiston, Marcello Benfante, Stefano Benni,
Giacomo Borella, Beatrice Borri, Giulia Bussotti,
Marco Carsetti, Simone Caputo, Cecilia Cardito,
Roberto Catani, Domenico Chirico,
Francesco Ciafaloni, Francesco Codello,
Nunzia Coppedé, Costantino Cossu, Nicola De Cilia,
Dario Dell’Aquila, Danilo De Luise, Lorenzo Donati,
Enzo Ferrara, Marina Galati, Nicola Galli Laforest, Piergiorgio Giacchè, Grazia Honegger Fresco,
Nicola Lagioia, Stefano Laffi, Luca Lambertini,
Alessandro Leogrande, Franco Lorenzoni,
Lorenzo Maffucci, Emanuele Maspoli, Giulio Marcon,
Giorgio Morbello, Emiliano Morreale, Sara Nunzi,
Giacomo Panizza, Roberta Passoni, Mimmo Perrotta,
Giordana Piccinini, Ilaria Pittiglio,
Giacomo Pontremoli, Maria Chiara Rioli, Achille Rossi, Rodolfo Sacchettini, Alice Rohrwacher, Maria Salvati, Matteo Schianchi, Chiara Scorzoni, Serena Terranova, Manuela Trinci, Emilio Varrà, Cristina Ventrucci, Gabriele Vitello.
Progetto grafico orecchio acerbo
Abbonamenti annuale (6 numeri): 50,00 euro
Per informazioni: [email protected]
Si collabora su invito della redazione,
i manoscritti non vengono restituiti.
Finito di stampare luglio 2016
Registrazione presso il Tribunale di Roma 126/2012 del 3/5/2012
Hanno collaborato a questo numero:
Beatrice Borri, Giulia Bussotti, Franca Cavagnoli,
Gianna Di Bona, Giacomo Manconi,
Matteo Moca, Bruno Montesano, Maria Nadotti.
Strumenti
4 Dedicato a Emmanuel
4 Prima allieva e poi maestra di Serena Vitale
incontro con Giulia Bussotti e Giacomo Pontremoli
10 Fine della scuola democratica di Adolfo Scotto Di Luzio
16 Un’ignoranza di tipo nuovo di Claudio Giunta
20 Canali umanitari di Corrado Borghi e Agnese Lorenzini
27 Alta scuola, altra scuola di Alberto Delpero
32 La battaglia dell’aborto di Giorgia Alazraki
I doveri dell’ospitalità
37 Il no di Claudio Baglietto di Pietro Polito
Film 1. Sulla scena
43 Per i bambini. Da un diario di lavoro di Chiara Guidi
49 Diventare attore di Roberto Magnani incontro con Alex Giuzio
54 Bustric, storia di un mago di Sergio Bustric incontro con Goffredo Fofi
62 Con i ragazzi di Francesco Turbanti
67 Né buono né cattivo di Luca Marinelli incontro con Nicola Villa
72 In primo piano “il fuori” di Daria Deflorian incontro con Rodolfo Sacchettini
75 Solo la voce di Anna Antonelli e Lorenzo Pavolini
Film 2. In campo
78 Attacco al calcio di Maurizio Braucci
79 Difesa del calcio di Nicola Villa
82 Allenatore di professione di Gianni De Biasi incontro con Nicola De Cilia
88 La tratta dei campioni di Stefano Scacchi
Immagini
94 Giochi crudeli di Cyop&Kaf
Scenari
101 L’evo moderno e il nostro, una storia di vocazioni di Goffredo Fofi
102 Simona Vinci va in manicomio di Sara Honegger
105 Non c’è pace per i Fiori di Davide Minotti
108 Tre anti-eroi a Bagnoli Jungle di Gianluca D’Errico
110 Lavorare con la diversità di Carolina Purificati
115 Adulti che ridono con Peppa di Vincenzo Schirripa
Panoramiche
122 Crescere a Tel Aviv di Bianca Ambrosio
128 Crescere in Palestina di Layaly Hamayel
Ce la faranno i nostri eroi
138 Martin Eden, una morte annunciata di Marcello Benfante
145 Peter Pan è una storia per bambini? di Daniela Marchiotti
33-34
MAGGIO /AGOSTO 2016
Strumenti
Dedicato a Emmanuel. Non bastava a Chinyery, la giovane nigeriana vedova del trentaseienne Emmanuel Chidi Namdi, di aver sofferto quello che ha sofferto in patria, perdendo un figlio e i famigliari sotto il regime di Boko Haram; non bastava la traversata della Libia dove le è stata tolta la speranza di un altro figlio per le violenze di un gruppo di incappucciati; non bastava la traversata del mare su un barcone che portava 140 persone. Passati dalla Sicilia e giunti a Fermo, lei ed Emmanuel sembrava avessero trovato un po’ di pace e la possibilità di un futuro di qualche serenità grazie all’aiuto della Caritas e di don Vinicio, e di quella Comunità di Capodarco della cui amicizia molti di noi siamo da anni orgogliosi. Le è stato tolto anche il marito, quando infine pareva fossero giunti a buon porto, per mano di un balordo, di uno di quei bulli di cui è piena l’Italia ed è piena l’Europa che danno sfogo ai loro istinti e alle loro frustrazioni, alla loro infinita stupidità, aggredendo i più deboli di loro. Mascalzoni del tipo più quotidiano, essi sono convinti di una superiorità etnica offesa che certi giornali e certi uomini politici sanno alimentare in questo modo diffondendo quotidianamente la loro ignobile ideologia, per i loro sporchi interessi. Vicini a Chinyery e a tutte le vittime di razzismo palese o nascosto, a tutte le vittime di persecuzioni etniche, religiose, politiche, ci spaventa la pesante coltre di pregiudizio che si sta diffondendo nel nostro paese, che è favorita dalla fiacchezza delle risposte istituzionali e in primo luogo da chi dovrebbe, per tradizione e per vocazione, contrastarne l’arroganza, proponendo ben altro. Non solo gli organi di uno Stato che è ancora repubblicano e democratico e ha una carta costituzionale che parla chiaro, anche e soprattutto quel che resta della sinistra, gruppi partiti sindacati. E quel che resta di una intellighenzia attiva e degna. È questo vuoto a spaventare, e a darci responsabilità che sono certamente maggiori delle nostre forze, ma che diventeranno col tempo più gravi e sottrarsi alle quali è da complici. (Gli asini)
Prima allieva e poi maestra
di Serena Vitale
incontro con Giulia Bussotti e Giacomo Pontremoli
Sono vissuta, da -9 a 0 mesi, in una giovane madre che si preparava – privatamente – agli esami di licenza magistrale. Sposata a soli quindici anni, non aveva potuto finire gli studi e aveva già tre figli. Voleva, doveva lavorare. Eravamo tutt’altro che ricchi. Venni al mondo già tabagista: mamma studiava di notte e si teneva sveglia con caffè e molte, molte sigarette. Per fortuna da lei non ho ereditato solo nicotina: le devo anche, credo, la passione pedagogica. Promossa, mia madre venne subito assunta in una (l’unica, in realtà) scuola elementare di Brindisi, la mia città natale. Già quando avevo poco più di un anno mi portava con sé in classe (altri tempi, allora si poteva) perché non poteva lasciarmi sola a casa: niente bonnes e neppure babysitter, ovviamente… Così, cresciuta in una scuola, sono diventata una specie di enfant prodige – la leggenda vuole che a due anni già computassi. A tre anni pare che abbia scritto la prima poesia. Mia madre conservava quel foglio tra le cose più care e mostrava a tutti le due righe in stampatello: “Il treno passa tu-tu-tu-tu-tu/ così passiamo noi” – un pessimismo che non mi appartiene. Misteri dell’infanzia. Quando, a cinque anni, mi iscrissi regolarmente in prima classe, venni trasferita d’ufficio in seconda. Facevo disperare l’insegnante per l’irrequietezza: mi annoiavo, tante cose le conoscevo già, aste e sillabari appartenevano ormai al mio piccolo passato… Il pomeriggio, ancora, mia madre dava ripetizioni private a una decina di bambini delle elementari e delle medie, e io stavo lì con loro intorno al tavolo da pranzo – ascoltavo, imparavo, disturbavo. Il mio destino era segnato: non avrei potuto fare altro, da grande, che insegnare. In pratica sono nata in un’aula scolastica e da un’aula (più grande, universitaria) sono uscita soltanto nello scorso dicembre (2015), quando – con molto sollievo, confesso, vista la deplorevole situazione in cui oggi versa l’università italiana – sono andata in pensione dopo quarantadue anni di insegnamento.
Finite elementari e medie, il ginnasio – in un ottimo liceo, con professori bravissimi quanto severi che mi fecero amare il greco, il latino, la matematica. Ma dopo una serie di disastri familiari seguii mia madre e mio fratello a Roma. Del Liceo Giulio Cesare non ho un buon ricordo. Studiavo poco, o meglio vivevo di rendita con quello che avevo già appreso, agli inizi soffrivo quando i compagni mi prendevano in giro per l’accento meridionale, i professori della mia sezione mi sembravano mediocri, privi di entusiasmo. In terza liceo ci fu il primo incontro con la politica. Intorno al Giulio Cesare gravitavano (con base al Tortuga, il bar di fronte al liceo che dieci anni più tardi avrebbe avuto come habitués gli assassini del Circeo) molti fascisti. Avevano preso di mira il gruppetto di cui facevo parte anche io: leggere “Paese sera”, ad esempio, era ritenuto “di sinistra”, comunista, e dovevano averci visti mentre qualcuno lo consultava per vedere dove andare al cinema la sera. Questi simpatici giovanotti ci aspettavano all’uscita – per sfotterci, nella migliore delle ipotesi. Cercando di evitare grane, entrammo in un gruppo di canto (canti alpini, nella fattispecie). Il testamento del capitano, Il Piave mormorava, Quel mazzolin di fiori eccetera ci permettevano di uscire dal liceo molto tardi, quando “i ragazzi del Tortuga” se ne erano già tornati a mangiare nelle loro case parioline.
L’università
Mi ero iscritta a matematica perché ero brava in quella materia, adesso, lo giuro su Yorick (il gatto), non saprei dire quanto fa sette per otto… Capitò che una mia coetanea mi dicesse, nell’autobus che andava all’università e dove ci eravamo conosciute: “Perché non vieni a sentire Ripellino?”, “Chi?”, “Ripellino, letteratura russa. Prova, ne vale pena”. Da lì è cominciato tutto. Cambiai immediatamente facoltà. Stavamo intorno a un tavolo ovale, eravamo quindici, al massimo venti studenti, non di più (di matematica, invece, ricordo ancora l’aula gigantesca in cui svolsi non so più quale prova in inglese, c’era qualcuno che dal microfono dettava qualcosa di misterioso, non si sentiva nulla, eravamo in due o trecento). E davvero Ripellino “valeva la pena”. Fui subito incantata dalle sue lezioni: la precisione filologica, l’immensa conoscenza del mondo slavo, ovviamente, ma anche le straordinarie qualità di attore, incantatore. Non “spiegava” – raccontava con passione, senza risparmiarsi, catturandoci in una prodigiosa ragnatela, in un girotondo di muse, stabilendo continui collegamenti fra le arti, o fra scrittori lontani per secolo, paese. Durante una...

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