De Ente et Essentia
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De Ente et Essentia

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De Ente et Essentia

Informazioni su questo libro

«Noi dobbiamo arrivare alla conoscenza delle realtà semplici partendo da quelle composte, e dobbiamo giungere a quelle che in sé vengono per prime partendo da quelle che vengono dopo: infatti è più conveniente dal punto di vista didattico iniziare dalle cose più facili. Per questi motivi è opportuno iniziare discutendo del significato del termine "ente" per passare poi a quello di "essenza"».

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Informazioni

CAPITOLO I

Bisogna sapere che, come dice Aristotele nel quinto li­bro della Metafisica, l’ente per sé si dice in due sensi: il primo è quello per cui si divide nelle dieci categorie, il secondo è quello che esprime, nelle proposizioni, il loro essere vere.
Sciendum est igitur quod, sicut in V metaphysicae philosophus dicit, ens per se dicitur dupliciter, uno modo quod dividitur per decem genera, alio modo quod significat propositionum veritatem.
La differenza sta nel fatto che nel secondo senso può essere detto «ente» tutto ciò su cui può essere formulato un giudizio affermativo, anche se ciò non pone nulla come esistente nella realtà. In questo senso anche le negazioni e le privazioni si dicono «enti»: infatti diciamo: «l’affermazione è opposta alla negazione», oppure: «la cecità è nell’occhio».
Horum autem differentia est quia secundo modo potest dici ens omne illud, de quo affirmativa propositio formari potest, etiam si illud in re nihil ponat. Per quem modum privationes et negationes entia dicuntur; dicimus enim quod affirmatio est opposita negationi et quod caecitas est in oculo.
Ma nel primo senso non si può dire ente se non ciò che ponga qualcosa come esistente nella realtà, e di conse­guenza, secondo questo modo di intendere il termine ente, la cecità e le realtà di questo tipo non sono enti.
Sed primo modo non potest dici ens nisi quod aliquid in re ponit. Unde primo modo caecitas et huiusmodi non sunt entia.
Il termine «essenza» non deriva quindi dall’ente inteso nel secondo senso, poiché in riferimento ad esso sono dette enti delle realtà che non hanno essenza, come è evidente nelle privazioni: piuttosto, il concetto di essen­za deriva dall’ente inteso nel primo senso. Perciò Aver­roè, nello stesso luogo, nota che l’ente inteso nel primo senso è ciò che indica l’essenza della cosa. E poiché, come si è detto, l’ente inteso in questo senso si divide nelle dieci categorie, è necessario che il termine «essen­za» si riferisca a qualcosa di comune a tutte le nature, per le quali i diversi enti vengono collocati nei diversi generi e specie, come l’umanità è l’essenza dell’uomo e così via. E poiché ciò per cui le cose sono costituite nel proprio genere o specie è ciò che indichiamo con la de­finizione che dice cosa è quella realtà, i filosofi trasfor­mano il termine essenza in quello di «quiddità»: è questo ciò che Aristotele spesso chiama quod quid erat esse, ossia ciò per cui qualcosa è qualcosa di determinato.
Nomen igitur essentiae non sumitur ab ente secundo modo dicto, aliqua enim hoc modo dicuntur entia, quae essentiam non habent, ut patet in privationibus; sed sumitur essentia ab ente primo modo dicto. Unde Commentator in eodem loco dicit quod ens primo modo dictum est quod significat essentiam rei. Et quia, ut dictum est, ens hoc modo dictum dividitur per decem genera, oportet quod essentia significet aliquid commune omnibus naturis, per quas diversa entia in diversis generibus et speciebus collocantur, sicut humanitas est essentia hominis, et sic de aliis. Et quia illud, per quod res constituitur in proprio genere vel specie, est hoc quod significatur per diffinitionem indicantem quid est res, inde est quod nomen essentiae a philosophis in nomen quiditatis mutatur. Et hoc est quod philosophus frequenter nominat quod quid erat esse, id est hoc per quod aliquid habet esse quid.
L’essenza viene anche detta forma, in quanto con questa parola si indica l’essere determinato di ogni cosa, come dice Avi­cenna nel secondo libro della sua Metafisica. Infine può essere detta anche «natura», assumendo il termine nel primo dei quattro sensi che Boezio, nel De duabus naturis, gli assegna, secondo il quale natura è ciò che in qualun­que modo può essere colto dall’intelletto. Infatti una realtà non è intelligibile se non attraverso la sua essenza e la sua definizione: e infatti Aristotele dice, nel quinto libro della Metafisica che ogni sostanza è «natura».
Dicitur etiam forma secundum quod per formam significatur certitudo uniuscuiusque rei, ut dicit Avicenna in II metaphysicae suae. Hoc etiam alio nomine natura dicitur accipiendo naturam secundum primum modum illorum quattuor, quos Boethius in libro de duabus naturis assignat, secundum scilicet quod natura dicitur omne illud quod intellectu quoquo modo capi potest. Non enim res est intelligibilis nisi per diffinitionem et essentiam suam. Et sic etiam philosophus dicit in V metaphysicae quod omnis substantia est natura.
Il termine natura, assunto in questo significato, sembra indicare soprattutto l’essenza di una certa cosa in quanto è essa è indirizzata all’operazione che le è propria (nessuna realtà infatti può essere priva di una capacità di agire che le sia propria e connaturata).
Tamen nomen naturae hoc modo sumptae videtur significare essentiam rei, secundum quod habet ordinem ad propriam operationem rei, cum nulla res propria operatione destituatur.
Il concetto di «quiddità» deriva dal fatto che in esso viene espresso il «quid» che è indicato dalla definizione, mentre l’«essenza» si chiama così in quanto con essa e in essa l’ente ha l’essere.
Quiditatis vero nomen sumitur ex hoc, quod per diffinitionem significatur. Sed essentia dicitur secundum quod per eam et in ea ens habet esse.
Ma poiché l’ente è in senso assoluto e primario la sostanza, e solo secondariamente e in senso relativo gli accidenti, l’essenza in senso vero e proprio è nelle sostanze, mentre negli accidenti si trova solo in un certo senso e relativamente a un certo punto di vista.
Sed primo modo non potest dici ens nisi quod aliquid in re ponit. Unde primo modo caecitas et huiusmodi non sunt entia.
Sed quia ens absolute et per prius dicitur de substantiis et per posterius et quasi secundum quid de accidentibus, inde est quod essentia proprie et vere est in substantiis, sed in accidentibus est quodammodo et secundum quid.
Tra le sostanze alcune sono semplici e altre composte: in entrambe c’è l’essenza, ma in modo più vero e più nobile in quelle semplici, per il fatto che possiedono un essere più nobile.
Substantiarum vero quaedam sunt simplices et quaedam compositae, et in utrisque est essentia, sed in simplicibus veriori et nobiliori modo, secundum quod etiam esse nobilius habent.
Sono infatti causa di quelle composte, per lo meno quella sostanza semplice e prima che è Dio. Ma poiché le essenze di quelle sostanze sono per noi più nascoste bisogna iniziare dall’essenza delle sostanze composte, in quanto è più conveniente dal punto di vista metodologico e didattico partire dalle cose più facili.
Sunt enim causa eorum quae composita sunt, ad minus substantia prima simplex, quae Deus est. Sed quia illarum substantiarum essentiae sunt nobis magis occultae, ideo ab essentiis substantiarum compositarum incipiendum est, ut a facilioribus convenientior fiat disciplina.
Nelle sostanze composte, quindi, forma e materia sono note: nell’uomo, per esempio, noi possiamo distinguere l’anima e il corpo. Non si può però sostenere la tesi che l’essenza sia una sola di queste due realtà.
In substantiis igitur compositis forma et materia nota est, ut in homine anima et corpus. Non autem potest dici quod alterum eorum tantum essentia esse dicatur.
È facile da capire, infatti, che la materia da sola non è l’essenza, poiché una realtà è conoscibile proprio in virtù della sua essenza e viene classificata in genere e specie proprio grazie ad essa, mentre la materia non è principio di conoscenza, e neppure può essere il punto di partenza per distinguere qualcosa secondo il genere o la specie: ciò è possibile solo grazie a ciò per cui quel qualcosa è in atto.
Quod enim materia sola non sit essentia rei planum est, quia res per essentiam suam et cognoscibilis est et in specie ordinatur vel genere. Sed materia neque cognitionis principium est, neque secundum eam aliquid ad genus vel speciem determinatur, sed secundum id quod aliquid actu est.
Ma neppure si può identificare l’essenza con la sola «forma» della sostanza composta, sebbene alcuni si sforzano di sostenere questa tesi. Da quanto è stato detto è evidente, infatti, che l’essenza è ciò che viene indicato attraverso la definizione della cosa, e la definizione delle sostanze naturali contiene non solo la forma ma anche la materia: se così non fosse, non ci sarebbe alcuna differenza tra le definizioni delle realtà fisiche e quelle delle realtà matematiche.
Neque etiam forma tantum essentia substantiae compositae dici potest, quamvis hoc quidam asserere conentur. Ex his enim quae dicta sunt patet quod essentia est illud, quod per diffinitionem rei significatur. Diffinitio autem substantiarum naturalium non tantum formam continet, sed etiam materiam; aliter enim diffinitiones naturales et mathematicae non differrent.
E neppure si può affermare che la materia, nella definizione della sostanza naturale, sia qualcosa di aggiunto alla sua essenza, o come un ente indipendente dalla sua essenza: questo tipo di definizioni infatti è tipico degli accidenti, che non hanno un’essenza in senso proprio, e la cui definizione perciò deve comprendere anche il soggetto cui ineriscono e che è esterno al loro genere. È evidente quindi che l’essenza comprende sia la materia sia la forma.
Nec potest dici quod materia in diffinitione substantiae naturalis ponatur sicut additum essentiae eius vel ens extra essentiam eius, quia hic modus diffinitionis proprius est accidentibus, quae perfectam essentiam non habent. Unde oportet quod in diffinitione sua subiectum recipiant, quod est extra genus eorum. Patet ergo quod essentia comprehendit materiam et formam.
Tuttavia non si può neppure sostenere che l’essenza indichi la relazione tra la materia e la forma, o qualcosa di aggiunto ad esse: infatti ciò sarebbe, necessariamente, qualcosa di accidentale o comunque qualcosa di estraneo all’ente concreto in questione, e non sarebbe possibile conoscere, attraverso di essa, l’ente stesso. Tutto ciò, invece, è proprio quello che fa l’essenza: attraverso la forma, che è atto della materia, quest’ultima è resa ente in atto e realtà determinata. Perciò ciò che si aggiunge non dà alla materia semplicemente l’esistenza effettiva (esse actu), ma un modo particolare di esistere, come fanno anche gli accidenti: la bianchezza, per esempio, fa esistere in atto una cosa bianca. Perciò quando viene acquisita una forma di questo tipo (cioè accidentale) non si può dire che essa generi qualcosa e basta, ma fa esistere questo qualcosa in una modalità particolare.
Non autem potest dici quod essentia significet relationem, quae est inter materiam et formam vel aliquid superadditum ipsis, quia hoc de necessitate esset accidens et extraneum a re nec per eam res cognosceretur, quae omnia essentiae conveniunt. Per formam enim, quae est actus materiae, materia efficitur ens actu et hoc aliquid. Unde illud quod superadvenit non dat esse actu simpliciter materiae, sed esse actu tale, sicut etiam accidentia faciunt, ut albedo facit actu album. Unde et quando talis forma acquiritur, non dicitur generari simpliciter, sed secundum quid.
Resta stabilito quindi che il termine «essenza» nelle sostanze composte indica ciò che è composto dalla materia e dalla forma.
Relinquitur ergo quod nomen essentiae in substantiis compositis significat id quod ex materia et forma compositum est.
Anche Boezio è d’accordo con questa affermazione quando dice, commentando le Categorie, che «ousia» significa com­posto. «Ousia» infatti presso i Greci ha lo stesso significato di «essen­za» per i Latini, come egli stesso spiega nell’opera Le due nature. Anche Avicenna ...

Indice dei contenuti

  1. Indice
  2. PROEMIO
  3. CAPITOLO I
  4. CAPITOLO II
  5. CAPITOLO III
  6. CAPITOLO IV
  7. CAPITOLO V
  8. CAPITOLO VI