Capitolo 3
Fare Open Access e farlo correttamente
di Elena Giglia
1. Perché è nato l’Open Access e quali vantaggi offre a chi fa ricerca (e alla società intera)
«L’Open Access rimuove le barriere economiche e le restrizioni legali della letteratura scientifica», scriveva Peter Suber, uno dei padri del movimento, nel 2004, sottolineando il valore fondamentale di inclusione e partecipazione: la libera circolazione della letteratura scientifica, non più chiusa dietro abbonamenti inavvicinabili o diritti troppo restrittivi, «rende il lavoro scientifico utile in due sensi, primo perché è disponibile per un numero maggiore di persone, secondo perché queste persone sono libere di utilizzarlo e riutilizzarlo». Chiariamo di nuovo che la rimozione delle barriere legali non significa né plagio né mancata protezione della paternità intellettuale né violazione dei diritti di utilizzazione, perché come abbiamo visto la corretta attribuzione della paternità intellettuale è l’unico vincolo richiesto anche dalla Dichiarazione di Berlino, ed è, in sostanza, oltre al minimo comune denominatore di ogni etica scientifica, un diritto garantito dalle principali legislazioni in materia di diritto d’autore.
Dal panorama che abbiamo cercato di tracciare finora risulta evidente che l’editoria scientifica attuale non è funzionale all’avanzamento della scienza, perché di fatto chiude i risultati entro riviste inaccessibili ai più, né offre più garanzie di qualità a causa delle logiche perverse introdotte da una valutazione distorta, né consente un equilibrio fra i diversi attori coinvolti, con evidente vantaggio dei grandi gruppi editoriali internazionali a scapito dei lettori, delle biblioteche, degli enti di finanziamento della ricerca.
L’Open Access è nato dai ricercatori per cercare di riguadagnare possesso della comunicazione scientifica, oggi nelle mani di pochi grandi gruppi editoriali, e per cercare di riequilibrare i diritti di tutti gli attori coinvolti. Le sue logiche sono diametralmente opposte a quelle in vigore: se, ad esempio, il prestigio delle riviste scientifiche si basa sulla scarsità artificiale del contenuto, ottenuta mediante il famoso rejection rate (indice di rifiuto degli articoli proposti), l’Open Access, al contrario, dà valore alla conoscenza diffondendola il più possibile.
Ciò non significa pubblicare lavori scadenti. Rendere la conoscenza aperta per tutti significa non solo diffondere liberamente i prodotti finali, ma anche adottare come vedremo logiche di inclusione, partecipazione, trasparenza, in ogni passo del processo di comunicazione scientifica. L’accesso aperto pone le quindi le basi per una scienza più solida, che sia al contempo maggiormente legata alla società e all’innovazione.
1.1. Quali i vantaggi per i ricercatori?
I vantaggi diretti dell’Open Access per coloro che fanno ricerca sono molteplici.
Innanzitutto, le idee circolano prima, perché spesso vengono diffuse sotto forma di preprint, prima della pubblicazione, negli archivi aperti (tipo ArXiv, usato dai fisici dal 1991).
Le idee circolano di più, perché sono accessibili a tutti; non dimentichiamo che gli archivi Open Access sono visibilissimi su Google, ovvero dove ognuno di noi inizia la propria ricerca.
La creazione di conoscenza risulta quindi accelerata, in perfetta consonanza con la ragione per cui nacquero le riviste scientifiche, ovvero la condivisione dei risultati per permettere di “salire sulle spalle dei giganti”, come recita la famosa citazione di Newton.
Inoltre, più i lavori circolano liberamente, maggiore è il riconoscimento delle competenze degli autori, che – se ricordiamo – è esattamente il ritorno atteso al momento della pubblicazione di un lavoro.
Le citazioni dei lavori scientifici crescono in modo esponenziale, perché va da sé che un accesso libero si traduce in un numero maggiore di lettori e quindi di potenziali riutilizzatori; anche questo in perfetta consonanza con il ritorno atteso al momento della pubblicazione e – se vogliamo –anche con gli attuali criteri di valutazione della ricerca.
Sui testi e i dati liberamente accessibili tutti possono utilizzare le nuove tecniche di estrazione del contenuto (text mining e data mining): si tratta di software che leggono testi e dati estraendone in automatico concetti ed entità, arrivando in pochi secondi dove l’occhio umano non arriverebbe mai, e creando collegamenti inediti fra le informazioni. L’estrema utilità di queste tecniche è stata dimostrata dal progetto britannico The Content Mine nel caso del virus Zika. Notiamo per inciso che proprio sul text e data mining si è consumato uno scontro fra un ricercatore e i grandi gruppi editoriali, che, nonostante fossero già stati pagati gli abbonamenti alle riviste, hanno cercato di impedire il download dei testi necessario all’estrazione dei dati.
Infine, molte riviste Open Access pubblicano anche i risultati negativi, che sono importanti al pari di quelli positivi, ma non troveranno mai spazio sulle riviste prestigiose legate ai canoni tradizionali di pubblicabilità.
In Open Access si pubblicano poi anche i dati delle ricerche, e non solo gli articoli che ne costituiscono le conclusioni; in questo caso si parla di “open data” o più precisamente di “open research data”. E questo porta con sé altri innumerevoli vantaggi:
- una scienza più solida, perché basata sui dati anziché sulla loro interpretazione;
- una scienza...