Cronache dalla radura
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Cronache dalla radura

Riflessioni ed esperienze sulla complessità delle relazioni di coppia

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Cronache dalla radura

Riflessioni ed esperienze sulla complessità delle relazioni di coppia

Informazioni su questo libro

Arriva un momento della nostra esistenza in cui la vita all'interno del castello che ci siamo costruiti non ci appaga più e si sente il bisogno di uscire ad esplorare la radura che ci sta attorno. Quel luogo simbolico ci disorienta e ci espone a pericoli, ma sentiamo che solo lì possiamo trovare relazioni autentiche e incontrare "nostri pari" che come noi hanno avuto lo slancio di mettersi in gioco e di esplorare nuove terre.In questo libro (completamente diverso dalle sue precedenti opere) Aliprandi ci accompagna in un viaggio ideale nel mondo delle relazioni di coppia come sono oggi, partendo dalla sua personale esperienza e da alcuni interessanti spunti bibliografici. L'opera ci offre una panoramica sui vari livelli di complessità che mettono alla prova le relazioni di coppia in età adulta, sia dal punto di vista individuale sia dal punto di vista sociale; e non perde l'occasione per raccontare qualche storia emblematica di fughe, sabotaggi e incontri magici avvenuti proprio lì, tra i sentieri della radura.

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Informazioni

Capitolo 3
Le relazioni nel tempo; il tempo nelle relazioni
Cercare e saper riconoscere chi e cosa,
in mezzo all’inferno, non è inferno,
e farlo durare, e dargli spazio.
(Italo Calvino)
1. Tempi e ritmi delle relazioni
Se già trovare un compagno di viaggio con cui esplorare la radura è difficile per i vari motivi che abbiamo illustrato, ancora più difficile è trovarlo nel momento giusto. E qualora si riuscisse a trovarlo nel momento giusto, bisognerebbe fari i conti con i suoi diversi ritmi, con i suoi diversi “tempi”. Noi abbiamo un passo mentre lui ne ha un altro; noi siamo più propensi ad esplorare la radura alla mattina presto e riposarci nel pomeriggio, mentre lui preferisce dormire fino a tardi per poi mettersi in viaggio nel pomeriggio; noi preferiamo fare lunghe esplorazioni e poi fermarci a riposare per qualche giorno, mentre lui preferisce procedere per piccole tappe.
Nel costruire una relazione, può esserci il “diesel” che ha bisogno di carburare con calma per sentirsi a suo agio in una relazione; può esserci chi invece ha dei tempi più compressi e ha bisogno di sentire un certo ritmo. Non tutti siamo uguali su questo piano e quindi effettivamente un altro livello di criticità per la costruzione di una relazione è proprio riuscire a capire e accettare i tempi del partner e possibilmente impegnarsi per arrivare a una progressiva sincronizzazione.
Certo, la pazienza, il saper aspettare, il lasciar sedimentare fatti e sentimenti, il seminare e rimanere serenamente in attesa per vedere sbocciare qualcosa di buono, sono traguardi che si raggiungono con l’avanzare dell’età. Ma indubbiamente le coppie che hanno progetti a lungo termine devono imparare a gestire questo aspetto, a qualunque età. Non sentire e non comprendere i tempi del partner è un altro forte segnale di mancanza di empatia e di intelligenza emotiva. Imporre i nostri tempi al partner, forzare il partner a seguire i nostri ritmi, senza passare attraverso il dialogo, la condivisione e la negoziazione, è solo un altro modo per cercare di portarlo dentro il nostro castello e addomesticarlo.
Di storie di persone che hanno forzato i tempi di una relazione rovinando tutto ne avrei a bizzeffe, e ci vorrebbe un libro a sé per raccontarle. Dagli uomini che per andare al sodo sessualmente sviliscono la bellezza di un sentimento che si stava radicando; a donne che ossessionate da traguardi come il matrimonio, la convivenza, la maternità iniziano a irrigidirsi e a mettere il partner di fronte a prove e ultimatum inutili e inopportuni.
Sono tutti comportamenti figli dell’insicurezza e della debolezza; perché in fondo è proprio vero che la pazienza è la virtù dei forti, anche nelle dinamiche relazionali.
2. Le persone ci mettono tempo per manifestarsi
Un proverbio popolare dice che le persone sono come le scarpe; prima di capire se sono giuste per noi bisogna farci un po’ di strada. Infatti, benché l’istinto e le dinamiche dell’attrazione inconscia ci illudano del contrario, facendoci percepire quella persona particolarmente familiare e affine, ci innamoriamo di perfetti sconosciuti; salvi forse i rari casi di lunghe amicizie convertitesi poi in relazioni sentimentali. Non possiamo davvero conoscere il vissuto e la personalità di un partner che frequentiamo da qualche mese; e tantomeno possiamo conoscerlo nella fase del corteggiamento e innamoramento, perché in quella fase da un lato le persone mostrano al partner solo il meglio di sé, tenendo nascosti i lati oscuri; dall’altro tendono a vedere nel partner solo gli aspetti positivi, in virtù della classica idealizzazione.
In altre parole, prima ci si innamora e si entra in relazione, e solo poi si conosce la persona, proprio essendo entrati in relazione con lei. Non conosco nessuno che sia riuscito a fare il contrario, a innamorarsi e a entrare in relazione con una persona solo dopo averla conosciuta e compresa profondamente. E chi pensa di esserci riuscito, solitamente è chi rimarrà ancor più deluso e disorientato quando farà i conti con la realtà.
Come abbiamo diffusamente spiegato, le persone presentano luci e ombre, vestono maschere e ricoprono ruoli, hanno vari meccanismi di difesa verso i pericoli della radura; meccanismi spesso attivati improvvisamente e inconsciamente capaci di rovinare mesi di lavoro per conoscersi e di avvicinarsi.
A volte semplicemente alcune persone per tutta la fase iniziale di una relazione (fase che può durare molti mesi), riescono a tenere a bada alcuni aspetti “tossici” della loro personalità o pesi mai rielaborati del loro passato, e questi prima o poi emergono, mostrando la persona per quella che è realmente.
3. Tempi duri per le relazioni?
Non vi è dubbio che il mondo occidentale e la società post-industriale abbiano messo in secondo piano alcuni tessuti fondamentali della società che avevano impiegato secoli per strutturarsi, privilegiando invece l’individualismo, il consumismo, la cultura dell’apparenza, l’alto livello competitività, i ritmi frenetici. I comportamenti anti-sociali e anti-relazionali trovano quindi terreno fertile, mentre l’autenticità dei rapporti rimane evidentemente penalizzata.
D’altro canto non possiamo non considerare le evoluzioni più radicali nel campo della gestione delle relazioni di coppia si sono verificate nell’arco degli ultimi decenni. Separazione e divorzio sono figli della rivoluzione culturale degli anni 60; il concetto di parità tra i sessi è un traguardo recente e per certi aspetti non ancora del tutto raggiunto. Gli stessi matrimoni celebrati “per amore” e non per interesse o per “riparazione” sono un ritrovato moderno, risalente forse al ventesimo secolo. Per non parlare dell’accettazione sociale delle relazioni omosessuali e infine delle relazioni “virtuali” legate alle nuove tecnologie. Queste innovazioni sono quindi relativamente recenti, ma comunque vanno a incidere su un orizzonte, quello delle relazioni, che invece è il risultato di un’evoluzione di millenni, con dinamiche antropologiche e psicosociali difficilmente modificabili in qualche decennio.
Sono molti gli autori (sociologi, psicologi, antropologi) che si sono occupati di questi argomenti, ed è difficile fornire una panoramica esauriente delle opinioni più autorevoli. Bauman ad esempio sottolinea che lo stesso concetto di “amore” sia profondamente cambiato. Scrive:
la definizione romantica dell’amore come vincolo che dura “finché morte non ci separi” è decisamente fuori moda resa obsoleta dal radicale sconvolgimento delle strutture di parentela su cui fondava e dalle quali traeva vigore e rilevanza. Ma la caduta in disuso di tale nozione ha finito inevitabilmente con l’abbassare il livello di difficoltà delle prove che un’esperienza deve superare per fregiarsi del titolo di “amore”. Non sono le persone che raggiungono gli alti standard dell’amore ad essere aumentate: sono gli standard ad essersi abbassati; di conseguenza, l’orizzonte dell’esperienza in cui si attribuisce la parola amore si è espanso a dismisura.28
Anche Francesco Alberoni si è espresso sul tema e nell’articolo “Consigli per amarsi come una volta” si chiede se in fatto di relazioni sentimentali i tempi siano cambiati e se addirittura i meccanismi psico-
emotivi dell’innamoramento ne siano usciti profondamente modificati. E questa è la sua interpretazione:
Io credo invece che la gente continui a innamorarsi come prima, ma oggi le circostanze della vita, le tentazioni, la facilità degli incontri indeboliscono e spezzano questo innamoramento iniziale e ne impediscono lo sviluppo [...]. Teniamo presente che il processo di innamoramento è un percorso prefissato che si è formato nel corso delle centinaia di migliaia di anni della nostra evoluzione e che è stato rafforzato da istituzioni millenarie, per cui resta identico anche ora. Lo abbiamo dentro di noi nella nostra mente, come circuiti neuro-ormonici e si attivano non appena ci innamoriamo. In quel momento ritorniamo esclusivi, possessivi e gelosi come i nostri antenati. Ma questa potenza trasfigurante che un tempo era socialmente incanalata verso la costruzione di una famiglia, di una casa, di una città, oggi può essere sbarrata da mille fattori come la promiscuità, la competizione, la seduzione, il desiderio di successo e di potere. E poiché nell’innamoramento nascente la nostra sensibilità è esasperata e fragile, bastano pochi errori, offese inconsapevoli ed incomprensioni per creare fratture dolorose e a volte insanabili.29
Secondo Alberoni, quindi, seppur le dinamiche sociali e i fattori culturali abbiano davvero inaugurato un nuovo senso delle relazioni affettive, i meccanismi psicologici che ci portano alla ricerca dell’altro e quindi di una relazione rimangono per lo più invariati.
Nei prossimi paragrafi vedremo se la cultura contemporanea e la nuova percezione di tempi e luoghi che ne deriva in qualche modo acuisce le criticità che abbiamo già illustrato.
4. Troppe aspettative sulle relazioni?
Più sono gli anni passati all’interno del castello e più diventiamo avvezzi alle comodità della vita di corte e insofferenti alla dura vita della radura. Perciò, pur avendo fatto la scelta di uscire dal castello e vivere nella radura, inconsciamente cerchiamo nella radura gli stessi comfort del castello. O addirittura – come spiega Hollis in Progetto Eden – attraverso le relazioni cerchiamo spasmodicamente di ricreare quel paradiso terrestre (che era il ventre materno e le cure materne dei primi anni di vita), in cui tutto ci è dato per diritto o per grazia divina, dove regna l’armonia degli opposti e la contraddizione è bandita.
La percezione delle relazioni e la consapevolezza in campo affettivo ed emotivo sono ovviamente migliorate negli ultimi decenni, come conseguenza della civilizzazione, della maggior istruzione, di una cultura più moderna e paritaria, della diffusione della psicoterapia e del coaching. Ciò ha sicuramente portato un miglioramento generale, ma al prezzo di maggiori difficoltà e di standard sempre più elevati da rispettare.
Utilizzando il classico metodo del Rasoio di Occam viene quindi da chiedersi: se le relazioni si sono fatte più complicate, non sarà perché semplicemente dalle relazioni vogliamo troppo? Facciamo qualche riflessione a riguardo.
Avete mai chiesto ai vostri nonni o anche solo ai vostri genitori come si sono conosciuti e perché avevano deciso di sposarsi? Le risposte solitamente sono di questo tenore: “Eh sai, era una brava persona... Eh sai, era tanto dolce e carina… Eh sai, mi ha scritto una bellissima lettera d’amore… Eh sai, eravamo cresciuti insieme… Eh sai, aveva una buon lavoro…” Motivazioni semplici, che ora come ora difficilmente riusciremmo a percepire come sufficienti.
Io ricordo un racconto di mia nonna, quella paterna, l’unica che ho avuto il piacere di conoscere. Nata nel 1913 e sposatasi poco più che ventenne (quindi tra le due guerre) con mio nonno che era invece del 1890 e che io non ho mai conosciuto. Quelli erano davvero “altri tempi”; tempi che sembrano così lontani (quasi un secolo fa) ma che in realtà coinvolgono solo due generazioni precedenti alla nostra. Tempi in cui ci si corteggiava ancora dandosi del lei e in cui il contatto fisico era qualcosa di assolutamente eccezionale.
Ecco, ricordo che quando ero alle scuole medie, nell’ambito di un progetto di educazione sessuale attivato nella mia classe, i docenti ci chiesero di intervistare i nostri familiari sul tema della sessualità e dell’affettività. Dovevamo in sostanza chiedere come avevano appreso le loro prime “nozioni” in materia e quando avevano avuto le loro prime esperienze. La risposta di mia nonna mi stupì e mi rimase in mente, tanto da poterla raccontare ancora adesso con una certa dovizia di dettagli. Mi disse che tutto quello che lei sapeva sul sesso l’aveva scoperto proprio da mio nonno dopo il matrimonio. E parliamo di anni in cui separazione e divorzio non erano contemplati.
Quindi rendiamoci conto del rischio che si correva a legarsi per la vita con una persona presa “a scatola chiusa” in tal modo. E se poi il sesso non avesse funzionato?! Che fare? Nulla. In fondo l’importante era essere fertili e fare almeno un paio di figli; e avere sufficienti mezzi e salute per poterli allevare. Il resto era solo superfluo contorno, “grasso che cola” di una vita di coppia che non può pretendere anche la sintonia erotica come ingrediente fondamentale. E se chiedevate a mia nonna perché avesse sposato mio nonn...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Citazione
  6. Presentazione
  7. Castello, radura e altri luoghi simbolici delle relazioni
  8. Cinquanta sfumature di complessità
  9. Le relazioni nel tempo; il tempo nelle relazioni
  10. Sabotaggi, fughe, imboscate e altre storie dalla radura
  11. Riflessioni finali e ringraziamenti
  12. Bibliografia
  13. Note
  14. Dello stesso autore