Il pianeta nuovo
eBook - ePub

Il pianeta nuovo

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il pianeta nuovo

Informazioni su questo libro

Una flotta di aerei che raggiunge la stratosfera per formare un «velo» di solfati intorno al mondo e riflettere la luce del sole. Navi fabbrica-nubi che seminano nuclei di condensazione sopra gli oceani per ispessire e imbiancare le nuvole, rendendole più riflettenti. Fertilizzanti a base di ferro sparsi nei mari per rinfoltire la presenza di alghe avide di anidride carbonica. Speciali «lenzuola» plastiche che ricoprono i ghiacciai a rischio di scioglimento e i deserti troppo caldi. Tecniche per catturare l'anidride carbonica emessa dagli impianti a energia fossile e immagazzinarla sotto terra. È la geoingegneria climatica: non è fantascienza, ma una possibilità concreta. Che forse si rivelerà inevitabile.I rischi del cambiamento climatico sono accertati e potenzialmente catastrofici, ma gli sforzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera faticano a produrre risultati, o anche solo a essere avviati. La riconversione da un modello di sviluppo alimentato dai combustibili fossili a una società fondata sulle energie rinnovabili sta incontrando forti ostacoli politici, economici e tecnici: ecco perché bisogna rivolgersi alla geoingegneria, non come alternativa salvifica, ma come opzione complementare. In questo libro Oliver Morton, con sensibilità e appassionata competenza, esamina i pro e i contro, i dubbi e le certezze scientifiche, i dilemmi morali e sociali di tale opportunità.Intervenire in modo così deliberato e diretto sul clima globale è un'ipotesi che spaventa molti. Ma è da secoli che gli esseri umani interferiscono più o meno involontariamente con gli equilibri del pianeta che li ospita: le trasformazioni subite dai mari, dai venti, dai suoli, dai grandi cicli dell'azoto e del carbonio sono molto maggiori di quanto si pensi. E allora perché rinunciare al tentativo di sfruttare le grandi conquiste della scienza e della tecnologia per un'azione volontaria, volta a ristabilire un migliore equilibrio tra il mondo umano e il sistema Terra? Il pianeta nuovo non descrive un pianeta ideale, ma un futuro prossimo in cui l'ingegno umano sarà chiamato a prendersi cura del pianeta.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il pianeta nuovo di Oliver Morton in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Technologie et ingénierie e Ingénierie. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

parte prima
Energie
1. Il tetto del mondo

L’immensità si potrebbe definire come una categoria filosofica della rêverie. La rêverie, certo, si alimenta di spettacoli vari, ma, per una sorta di spontanea inclinazione, contempla la grandezza. Tale contemplazione della grandezza determina poi un atteggiamento tanto speciale, uno stato d’animo tanto particolare, che la rêverie colloca il sognatore fuori del mondo circostante, davanti a un mondo che reca il segno di un infinito.
Gaston Bachelard, La poetica dello spazio (1975)
Il Sole splende ma il cielo che gli sta sopra è di un nero profondo. Prende colore solo più giù, prima un violetto cupo, poi, appena sopra l’arco dell’orizzonte, una striscia azzurra e bianca. La luminosa distesa di colore, digradante, incurva dolcemente il cielo.
Stretta nell’abbraccio di questa striscia biancoceleste, anche la Terra che luccica di sotto è curva, tesa in ogni punto verso l’orlo azzurro.
La sola linea retta in questo mondo vasto, arcuato, vuoto, è l’ala.
Siete a 22 chilometri di altitudine, nel mezzo della stratosfera che, per quanto periferica, gioca un ruolo centrale nella nostra storia. Se mai la geoingegneria climatica dovesse vedere la luce, con ogni probabilità lo farà qui, nell’attico della Terra. Se ciò non accadesse, sarebbe per il timore dei danni che si rischia di infliggere a questo deserto luminoso.
Anche se non fosse uno spazio fondamentale per i progetti geoingegneristici, la stratosfera sarebbe comunque il punto di partenza migliore per un libro sull’ambiente, sulla sua protezione e sulle politiche che lo riguardano. Nel corso della sua breve storia – è stata scoperta solo nel 1902 – ha intrecciato insieme i fili dell’esplorazione scientifica, dell’ambizione militare e delle preoccupazioni ambientali. Inoltre la stratosfera, come luogo di confine, mi sembra in ogni caso uno scenario perfetto dal quale far cominciare un libro che si occupa del funzionamento del sistema Terra e delle strategie per modificarlo, un libro sui confini tra pianeti fisici e mondi immaginati.
Come abitanti della superficie terrestre, probabilmente, avrete visto più luoghi del pianeta di quanti i vostri antenati abbiano mai osato sognare; siete forse il tipo di persone che immaginano di attraversare l’oceano per una vacanza: perciò credete di conoscere la Terra. Ma a meno di una giornata di cammino in verticale, il pianeta presenta un ambiente che supera la vostra comprensione, un regno privo di punti di riferimento e di aria respirabile, un mucchio di strati atmosferici sovrapposti, ventosi ma stranamente privi di intemperie, che ruotano tra l’Equatore e i poli senza nubi né tempeste. Qui sopra, le regole che governano l’atmosfera negli strati più bassi sono capovolte, e le idee di senso comune sul mondo che avete appreso sulla sua superficie non hanno alcun valore. Quando si tratta di comprendere il mondo di sotto, la scienza può sembrare un semplice optional. Qui è indispensabile.
La stratosfera è chiusa, occupa un volume di circa 15 miliardi di chilometri cubi con confini ben definiti sopra e sotto di lei. Pur essendo un’entità finita, avvolge tutto: ogni centimetro del mondo sottostante ha il suo tetto di stratosfera, non è possibile viaggiare oltre i confini del pianeta senza attraversarla. Da questo punto di vista, non è solo un luogo da descrivere scientificamente, ma ha anche una strana affinità con la scienza stessa: è limitata, ma abbraccia tutto. Come la stratosfera, la scienza è a suo modo estranea a tutti, ed è, allo stesso tempo e in egual misura, comune a tutti, accoglie il giusto come anche l’ingiusto. Offre una visuale da cui il mondo si mostra più grande e strano di quanto non appaia in superficie. Il mondo così rivelato è più astratto, oltretutto, e non si può negare che perda qualcosa. Eppure, guadagna universalità, e un liberatorio senso di sradicamento.
Apprezzo lo sradicamento ma ne sono anche preoccupato. Per questo non voglio che, nei ragionamenti che affronteremo, le nostre fantasie scientifiche volteggino per quell’ampia sala da ballo senza freni, come giganti del pensiero ballerini. Per questo, quando guarderete fuori verso il luminoso orizzonte biancoceleste, insisterò perché osserviate anche l’ala, dritta e leale, solidale al vostro punto di osservazione. Perché deve esserci un’ala. Salvo qualche raro pallone aerostatico, è solo con le ali che le persone raggiungono le altitudini della stratosfera. E non vi chiederei di immaginare questo quasi luogo, questo luogo vuoto ma fondamentale, prima che abbiate riconosciuto l’importanza dei mezzi grazie a cui le persone possono esplorarlo.
Ci sono stratosfere anche intorno ad altri pianeti. Marte ne ha una e così Giove e Saturno; anche Titano, luna di Saturno, è della compagnia. I veicoli spaziali ne hanno misurato altitudini e temperature, inviandone i profili alla Terra, proprio come i più vicini satelliti hanno fatto con la stratosfera della Terra stessa. Ma la stratosfera terrestre non è stata analizzata solo dall’esterno come si fa con quella degli altri pianeti; lassù, sull’ala, la si vede dall’interno, nel modo in cui si conosce il mondo. Nessuno è nato in questa parte di mondo, anche se qualcuno vi è morto, e pochi vi hanno trascorso molto tempo. Ma i traguardi raggiunti da quei pochi hanno avuto ricadute su tutta l’umanità. Ciò che è stato possibile vedere lassù ha determinato i primi sviluppi della Guerra fredda. Il danno che forse è stato inferto a questo sottilissimo strato d’aria ha influito molto nel definire l’evoluzione della consapevolezza ambientalista negli anni settanta e ottanta. Non c’è bisogno di entrare in questo regno delle altezze per partecipare, almeno un po’, al suo splendore. Chiunque mai abbia apprezzato la qualità della luce dopo il tramonto, quando il riverbero azzurro della stratosfera è al suo apice, è entrato in contatto con i confini del pianeta. Come ogni stratosfera, quella della Terra è legata a tutto ciò che sta sotto a causa della gravità, dai meccanismi del trasporto radiativo e dalle dinamiche atmosferiche. Ma esistono anche legami radicati nella storia, nella politica e nel senso di meraviglia.
La rappresentazione migliore di tali legami è l’ala, insieme a ciò che essa implica: le persone che hanno lavorato allo stampaggio e alla rivettatura, quelle che ne hanno progettato la sezione trasversale, quelle che hanno stabilito la missione, quelle che hanno creato l’azienda costruttrice del velivolo, quelle che hanno eletto i politici responsabili dell’appalto per la costruzione del mezzo. Senza tutti loro, non potremmo vedere nulla. Anche in un sogno a occhi aperti di vastità sconfinata, ribadisco questo principio: non è possibile immaginare il traguardo senza immaginare gli strumenti per raggiungerlo. E gli strumenti sono umani.
L’ala punta verso l’alto. Il Sole, penetrante, disegna un arco delicato lungo il cielo.
Alla scoperta della stratosfera
L’ala è disegnata così, lunga, larga ma sottile, perché solo in questo modo può sollevarvi a una quota simile. Tra voi e un normale aereo di linea c’è più distanza di quella che separa quell’aereo dal suolo. La superficie sotto di voi si distende in un’ampia circonferenza. L’orizzonte dovrebbe distare 600 chilometri, se non oscurato da foschie e nuvole. Anche questi ostacoli sono molto più in basso di voi. Nessuna nuvola normale può arrivare a queste altezze, nessuna montagna potrebbe; la crosta terrestre si deformerebbe sotto il peso di una vetta tanto alta. Se una catena montuosa sorgesse sopra a nubi temporalesche estive, con i loro estesi profili a incudine a formare le sue radici nascoste, ne sorvolereste comunque le vette senza difficoltà.
Non solo siete molto più in alto della terra, del mare e delle nuvole. Siete anche al di sopra di gran parte dell’aria. Nove decimi dell’atmosfera sono sotto di voi. Ciò che resta è troppo rarefatto per essere respirato, troppo rarefatto per trattenere il calore e illuminare un cielo scuro come la notte. Il cielo diurno degli strati sottostanti è azzurro perché le molecole dell’atmosfera scompongono la luce solare. Le lunghezze d’onda più lunghe, quelle del rosso, del verde e del giallo, attraversano l’aria piuttosto indisturbate; ma il blu, che ha una lunghezza d’onda breve e incostante, viene diffuso. Mentre il resto della luce compie un percorso diretto dal Sole alla superficie terrestre, parte di quella blu si diffonde nella volta celeste. Lassù, però, a 22 chilometri dal suolo, la luce solare non incontra abbastanza molecole perché il fenomeno della diffusione ottica si realizzi. È per questo che il cielo è nero e le stelle brillano ferme e centrate, senza tremare. Siete proprio sulla soglia dello spazio.
Non è questa la sola differenza. Negli strati più bassi dell’atmosfera, man mano che ci si allontana dal suolo, l’aria si raffredda. Per secoli gli scienziati hanno creduto che si trattasse di un andamento costante: l’aria diventa più rarefatta e più fredda fino a esaurirsi del tutto nello spazio vuoto. A causa di questa radicata convinzione, Léon Teisserenc de Bort, che all’inizio del xx secolo scoprì e diede un nome alla stratosfera, rimase di stucco quando gli strumenti che aveva spedito in cielo su dei palloni sonda gli mostrarono che, a una certa altezza, l’aria smetteva di raffreddarsi. In alcuni punti diventava addirittura più calda: c’era forse un errore? Ma quando decine di palloni sonda gli dissero la stessa cosa, lo studioso giunse alla conclusione che di errori non ce n’erano.
La scoperta di de Bort, annunciata nel 1902, finì per essere considerata «la più grande scoperta meteorologica», secondo uno studioso inglese della generazione successiva, perché il modo in cui l’atmosfera cambia temperatura con l’altitudine è fondamentale per comprendere il suo comportamento. L’aria calda è più leggera e va verso l’alto. L’aria vicina alla superficie, riscaldata dal basso, è instabile a causa di questa maggior leggerezza; l’aria calda risale continuamente verso quella fredda che sta più in alto, rimescolando tutto e scatenando le intemperie. Ma, nello strato dell’atmosfera in cui de Bort aveva inviato i suoi palloni sonda, la tendenza al raffreddamento non solo cessava, si invertiva. L’aria più calda si fermava sopra quella fredda e non c’era movimento che creasse instabilità; nella stratosfera, si scoprì, la circolazione era laterale, non dal basso verso l’alto. La disposizione a strati, in pratica, era inevitabile. Da qui deriva il nome che de Bort attribuì allo strato che aveva scoperto: la radice della parola stratosfera è appunto stratos. L’atmosfera sottostante, al contrario, è stata battezzata troposfera, da tropos, girare, rimescolare.
Alla fine del xix secolo era ormai di moda dividere la Terra in sfere concentriche alle quali erano assegnati nomi dai prefissi greci, che manifestavano, a livello terminologico, i profondi cambiamenti del modo in cui si pensava al pianeta e se ne parlava. I primi scienziati ad aver scelto lo studio della Terra come campo d’indagine privilegiato erano stati i geologi, che erano arrivati al pianeta attraverso le rocce, rocce da poter ammirare nei paesaggi, raccogliere nei musei ed estrarre per denaro. Per loro la Terra era prima di tutto una storia, perché, cominciavano a capire, era la storia a spiegare quali rocce potevano essere trovate in un determinato luogo. I geologi hanno tagliato a fette sempre più sottili la storia del mondo, nello spazio e nel tempo, discutendo ogni volta la sequenza e la natura degli eventi di cui pensavano di aver trovato traccia.
I fisici che, verso la fine del xix secolo, rivolsero le proprie fantasie al pianeta nel suo complesso (e anche agli altri pianeti) scelsero un approccio diverso. Solo ponendo l’accento sul tutto anziché sulle parti, e sulle astrazioni ideali anziché sul particolare, potevano applicare al nuovo oggetto di studio l’approccio matematico a loro tanto caro. Trovarono molto più congeniale dividere la Terra in sfere semplificate che dividere la sua storia in periodi di difficile definizione. Così, al di sotto dell’atmosfera (nome che, caso volle, era stato attribuito per la prima volta ai gas che si pensava circondassero la Luna, e solo in seguito utilizzato per indicare l’aria intorno alla Terra) c’erano una litosfera (il rigido involucro della superficie terrestre) e un’idrosfera (gli oceani). Agli inizi del xx secolo, qualunque specialista voleva una sfera per sé; i glaciologi chiamarono criosfera le zone ghiacciate, gli studiosi del suolo scelsero come oggetto la pedosfera. I sismologi scoprirono nuove sfere all’interno della Terra, i fisici dell’atmosfera ne trovarono altre nel cielo, aggiungendo alla fine tre nuovi involucri, ancora più rarefatti, al di sopra della stratosfera: la mesosfera, la termosfera e l’esosfera.
Presto, tuttavia, questi strati ancora più lontani sono diventati ultraterreni. Non possono essere raggiunti dagli aerei e a malapena ci arrivano gli aerostati: non sono mai stati esplorati prima dell’era dei missili. La stratosfera è il mondo più alto che l’essere umano abbia visitato senza limitarsi ad attraversarlo. I primi a farlo, trent’anni dopo la sua scoperta, la sbirciarono da piccole finestre, da cabine di metallo attaccate a grossi aerostati. Salirono fin lassù un po’ per spirito d’avventura, un po’ per la gloria, un po’ per la scienza. In cima al mondo c’erano strane radiazioni: forti raggi ultravioletti assenti nella bassa atmosfera e «raggi cosmici» appena scoperti, considerati da alcuni «le doglie» che generavano nuova materia. Le cronistorie più fantasiose raccontavano di «stratonauti» catapultati verso i confini dell’angusta dimensione umana; Gerald Heard, che negli anni trenta scriveva le cronache scientifiche della Bbc, parlò di uomini pronti a percepire «l’indomita energia dell’universo cosmico», ad avvicinarsi «a quell’oceano di energia nel quale i soli e le stelle meravigliose non sono che bruma e vapore».* La sensazione di trovarsi sull’orlo dell’immensità è il cuore dell’esperienza del sublime, una risposta alla potenza e alla libertà della natura che, per dirla con Edmund Burke, «affolla la mente di grandi fantasie e ripiega l’anima su sé stessa». La stratosfera, allora come oggi, offriva sorsate inebrianti di sublime.
Dopo la Seconda guerra mondiale, i voli nella stratosfera divennero molto più comuni e, per giunta, supportati da ali. Cominciarono a occuparsi meno di ciò che si estendeva oltre, e più di ciò che si trovava in basso; infine divennero soprattutto di pertinenza statunitense. Addomesticando qualche goccia del selvaggio oceano di energia caro a Heard, il Progetto Manhattan cambiò il modo in cui gli strateghi pensavano al potere su scala planetaria. Trovarono nella stratosfera un terreno ad alta quota e senza frontiere dal quale i combattenti responsabili dei nuovi arsenali nucleari potevano guardare di sotto: per questo la prima grande manifestazione della potenza americana, il bombardiere B-52, fu chiamato Stratofortezza. Anche l’era atomica pose sullo stesso piano interessi militari e scientifici. I geofisici, consapevoli di avere, a differenza dei colleghi, pochissimi laboratori a disposizione, cominciarono a pensare agli strati superiori dell’atmosfera come a una sorta di rimpiazzo, un laboratorio naturale, e le forze armate, colpite da ciò che i fisici avevano messo nel vano bombe delle loro Stratofortezze, furono ben felici di facilitarne il lavoro con razzi e nuovi modelli di aerei, offrendo così anche nuove opportunità di sperimentazione.
Se esiste un emblema di quella visione del mondo, è il Lo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sommario
  3. Introduzione
  4. Parte prima
  5. Parte seconda
  6. Parte terza
  7. Ringraziamenti
  8. Indicazioni bibliografiche, note e letture d'approfondimento
  9. Bibliografia