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Benessere Lavoro Correlato
Esperienze di promozione del benessere organizzativo
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Benessere Lavoro Correlato
Esperienze di promozione del benessere organizzativo
Informazioni su questo libro
Il benessere organizzativo non è una concettualizzazione recente: negli ultimi anni una cospicua letteratura ha prodotto numerosi manuali su questo costrutto multiforme, trasversale alla prospettiva sociologica, psicologica ed economica.
Lo scopo di questo volume, però, non è delineare l'ennesimo modello teorico, ma sostenere l'importanza di una gestione progettuale dello Stress Lavoro Correlato come occasione irrinunciabile di sviluppo organizzativo. Nato dalla passione e dall'impegno dei consulenti di Eupragma — società leader nella consulenza di direzione per lo sviluppo strategico, organizzativo e delle risorse umane —, esso inquadra il tema dello Stress Lavoro Correlato e delle relative Linee guida nazionali ed europee, per arrivare a illustrare Eu.Stress Management®, un innovativo modello di valutazione e gestione completa della salute organizzativa nei contesti aziendali. Grazie ai case studies presentati e alle riflessioni di interlocutori illustri, i lettori troveranno inoltre pratiche indicazioni applicative dei modelli descritti, facilmente generalizzabili ai diversi scenari.
Pensato per responsabili delle Risorse Umane, professionisti della Salute e Sicurezza, imprenditori, ma anche studenti, psicologi e ricercatori, Benessere Lavoro Correlato intende contribuire allo sviluppo di una cultura condivisa sulla salute organizzativa che concepisca il benessere come perno di un'organizzazione efficace e motore sociale, etico e ambientale delle aziende.
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Informazioni
Argomento
Crescita personaleCategoria
Miglioramento personaleCapitolo primo
Il benessere organizzativo e i principali modelli di riferimento
Prima di iniziare il nostro percorso sul benessere organizzativo può essere utile soffermarsi sul significato comunemente attribuito al termine «benessere». Il vocabolario Treccani, ad esempio, lo definisce come uno «stato felice di salute, di forze fisiche e morali» (Treccani, 2014). L’uso comune incorpora accezioni diverse, ovviamente assunte dal sentire soggettivo. Le difformità si amplificano quando si cerca di focalizzare e definire i fattori che promuovono o influenzano negativamente il benessere; questo perché alla variabilità individuale si aggiungono anche fattori legati al contesto. Come sottolineato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (2012, p. 84): «Il benessere è un fenomeno dinamico, che dipende in primo luogo dalla soddisfazione dei bisogni dell’individuo e quindi si modifica al mutare delle esigenze delle persone. Questa condizione si verifica, ad esempio, passando in contesti socio-culturali diversi, oppure prendendo in considerazione le diverse fasi di vita di uno stesso individuo».
Passando al contesto organizzativo ci rendiamo conto che l’espressione «benessere organizzativo», così come viene normalmente intesa, presenta dei confini non ben definiti. Se si ripercorre l’evoluzione nel campo della letteratura scientifica si può notare come il tema si collochi in un contesto sicuramente complesso e fortemente articolato. Ci si trova in presenza di costrutti in parte sovrapponibili (ad esempio i concetti di benessere, clima e cultura organizzativa); in alcuni casi si assiste alla presenza di molteplici definizioni attribuite allo stesso costrutto, frutto dell’eterogenea adozione di prospettive disciplinari (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2012). Avallone e Bonaretti (2003, p. 24) sottolineano infatti come con benessere organizzativo solitamente si indichi «lo stato soggettivo di coloro che lavorano in uno specifico contesto organizzativo, altre volte invece l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora». A loro va il merito di aver sviluppato la definizione comunemente condivisa dalla maggior parte degli studiosi intendendo con benessere organizzativo «una capacità espressa dall’organizzazione nel promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione» (Avallone e Bonaretti, 2003, p. 24). Anche in questo caso, comunque, il significato che ne deriva è volutamente ampio comprendendo il benessere come una relazione tra organizzazione e lavoratori inscritta in un ventaglio di dimensioni particolarmente diversificato in senso fisico, psicologico, sociale.
Oramai in letteratura c’è un ampio accordo nel ritenere che questa capacità espressa dall’organizzazione derivi da un insieme di parametri, tra i quali non possono non essere considerati il cosiddetto clima organizzativo e la cultura organizzativa. Gli studiosi che hanno approfondito nel corso di decenni il costrutto del benessere organizzativo hanno focalizzato l’attenzione su aspetti tra loro diversi in discipline che vanno dalla medicina alla sociologia, alle scienze del management e alle scienze politiche oltre che alla psicologia (Jaffe, 1995). Ecco perché può essere utile fornire un rapido excursus storico finalizzato a comprendere i significati a cui si è pervenuti, tenendo conto dei profondi mutamenti di contesto che, sino ad oggi, hanno caratterizzato il mondo del lavoro. Questi, per fare qualche esempio, si sono di certo palesati nel marcato spostamento dal lavoro fisico a quello mentale, nell’intensificazione dei ritmi di lavoro, nella richiesta di maggiori competenze, nell’ampio ricorso a forme contrattuali temporanee, nella alta frequenza di ristrutturazioni, fusioni e incorporazioni tra aziende a fronte di crescenti turbolenze di mercato.
L’evoluzione storica del concetto di salute e benessere lavorativo
L’interesse nei confronti della salute dei lavoratori è un tema relativamente recente. Senza la pretesa di fornire un quadro esaustivo delle teorie e degli studi riguardanti il benessere organizzativo, in questo capitolo si dà sintesi dell’excursus che ha portato alle più recenti riflessioni e concettualizzazioni.
Le scuole classiche affermate sul limitare del XIX secolo si sono basate su due principali approcci teorici, Principles of Scientific Management di Taylor del 1911 e Administration Industrielle et Générale di Fayol del 1916 (Gabassi, 2003). Abbracciare quest’arco temporale permette di comprendere come l’interesse per la salute dei lavoratori sia andato gradualmente modificandosi passando da una prevalente focalizzazione sul tema della sicurezza sino ad ampliarsi accogliendo numerosi altri aspetti, tra cui quello della prevenzione (Health Prevention) e successivamente della promozione della salute (Health Promotion).
Di seguito (figura 1.1) viene raffigurata l’evoluzione del concetto di benessere organizzativo in relazione ai differenti momenti storici.

Fig. 1.1 Riadattato dal testo di Avallone e Paplomatas, 2005.
Gli inizi del Novecento
Partendo dalle prime concettualizzazioni sul tema, agli inizi del XX secolo si era diffusa l’immagine di un lavoratore appendice della macchina, del tutto in simbiosi con essa, al punto da non poter esprimere bisogni diversi da quelli strettamente connessi alla tecnologia. L’azienda era fortemente guidata dal principio di efficienza, cosicché ciascun risultato si prestava inderogabilmente a soddisfare il miglior rapporto tra costi e benefici economici. La dimensione economica sopravanzava nettamente, sino ad escludere l’importanza dell’ambiente lavorativo e della salute del lavoratore (Avallone e Paplomatas, 2005).
Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta
Successivamente, dai primi anni Trenta agli inizi della Seconda guerra mondiale, ci fu una maggiore attenzione ai fattori che potevano essere causa di infortuni e malattie in ambito lavorativo.
La concezione prevalente divenne quella meccanicistica che imponeva una lettura causale e lineare dell’infortunio del lavoratore, calato in un determinato ambiente e in specifiche condizioni lavorative. L’attenzione degli studi e degli interventi si limitò a valutare i rischi, cercando di correggere le condizioni lavorative. Furono introdotti strumenti di assistenza per i lavoratori infortunati durante l’attività e favorita l’istituzione di enti e comitati preposti alla sorveglianza e al miglioramento della sicurezza delle condizioni di lavoro (Avallone e Bonaretti, 2003).
Già all’inizio del secolo, tuttavia, l’approccio taylorista fu oggetto di forti critiche da coloro che compresero il paradosso insito nel paradigma della cosiddetta organizzazione scientifica del lavoro. Infatti la pretesa efficientista, affermata ad esempio da alcune modifiche come il cronometraggio dei tempi di lavoro e la separazione del lavoro intellettuale da quello manuale, s’infrangeva non solo nel non raggiungimento di obiettivi di produzione prefissati, ma anche nel logorio indotto dalla ripetitività dei compiti, presupposto di «distrazioni» e infortuni sul lavoro (Gabassi, 2003).
Dalla teoria meccanicistica dunque si aprirono nuove prospettive di ricerca che portarono a rivalutare le condizioni di malessere dei lavoratori. L’interesse si spostò maggiormente su alcune dimensioni di analisi quali l’alienazione, la motivazione dei lavoratori fino a far emergere una visione dell’organizzazione che, agli antipodi dell’approccio meccanicistico, assegnava centralità al fattore umano in azienda.
Il secondo approccio classico che solitamente viene presentato in contrapposizione a quello di Taylor, che tra l’altro venne sviluppato negli stessi anni, è relativo alla teoria di Fayol.
Secondo questo autore era necessario focalizzarsi sulla funzione del management e sull’importanza dell’amministrazione (pianificazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo). La sua visione, che integra strategia a teoria organizzativa e sottolinea la necessità di far evolvere la funzione di comando e sviluppare le qualità di leadership, si rivela precorritrice di tempi (Avallone e Bonaretti, 2003).
Il contributo di Fayol fu sicuramente decisivo; le sue teorie sono state apprezzate quali cardini di direzione aziendale e feconda premessa, negli anni a seguire, a nuove scuole di pensiero. Lungo questo solco è d’obbligo ricordare la scuola delle relazioni umane, dove la figura più rappresentativa è di certo Elton Mayo. Egli tentò di superare i limiti della prospettiva taylorista denunciando le condizioni di malessere dei lavoratori causate dalla routinizzazione e dalla dequalificazione. Enfatizzò invece quei fattori che secondo lui erano costitutivi della buona organizzazione e che erano stati precedentemente trascurati: la natura sociale della persona, il clima lavorativo, le motivazioni psicologiche del lavoratore, il desiderio di autoaffermazione personale che anima ogni individuo, le dinamiche relazionali e i fenomeni di gruppo all’interno dei luoghi di lavoro. Come si può notare, una dimensione fondamentale comune a questi concetti è il fattore umano e più in particolare la soggettività della persona. Come ben esplicitato da Oriana Ippoliti «con questo approccio, quindi, inizia ad emergere una specifica attenzione nei confronti del tema della sicurezza non solo per ciò che riguardava la dimensione fisica, ma anche per tutti gli aspetti legati al benessere psichico del lavoratore» (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2012, pp. 15-16).
Dagli anni Cinquanta agli anni Sessanta
Gli anni tra il 1950 e il 1960 furono caratterizzati da un interesse sempre maggiore per lo stato mentale del lavoratore, considerando le conseguenze psicologiche che la routinizzazione e l’insoddisfazione potevano produrre.
I cambiamenti del contesto culturale industriale ed economico videro la figura del lavoratore come un interlocutore attivo che interagiva con il proprio ambiente di lavoro. In questo scenario prese piede una nuova corrente di studi (Early Ergonomics) finalizzata a trovare delle soluzioni organizzative per portare al soddisfacimento dei bisogni dei lavoratori (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2012).
Dagli anni Settanta agli anni Novanta
I cambiamenti socia...
Indice dei contenuti
- Gli autori
- Prefazione
- Introduzione
- 1. Il benessere organizzativo e i principali modelli di riferimento
- 2. I cambiamenti del contesto lavorativo
- 3. Eu.Stress Management®
- 4. Eu.Stress Management®: case studies
- Considerazioni conclusive
- Guida operativa
- Appendice
- Ringraziamenti
- Bibliografia