La meglio Italia
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Le mobilità italiane nel XXI secolo

  1. 240 pagine
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Le mobilità italiane nel XXI secolo

Informazioni su questo libro

Negli ultimi anni in Italia è ripresa l'emigrazione giungendo a superare, secondo le statistiche ufficiali, le centomila unità annue. L'attenzione dei media, nel denunciare i tagli alla ricerca, le cattive condizioni del mercato del lavoro e la mancanza di meritocrazia diffusa nel paese, si è focalizzata sulla perdita di giovani talenti verso l'estero. A lasciare l'Italia, però, non sono più solo lavoratori altamente specializzati, o cervelli in fuga, ma anche studenti, professionisti, tecnici, imprenditori, ricercatori, pensionati, cooperanti e altre figure, qualificate e non, che partono da ogni regione. Questo soggetto difficile da definire – emigranti, expat, cervelli in fuga? – non ha nemmeno una dimensione precisa. Come calcolare infatti il numero di chi si muove nell'Europa di Schengen o che attraversa frontiere con un visto turistico o di studio e che poi decide di fermarsi? Cosa differenzia la nuova emigrazione che alle guide dell'emigrante ha sostituito blog e social network, che al posto del telefono usa Skype, da quelle del secolo scorso? Rispetto alle migrazioni del passato cambiano anche le motivazioni, oltre alla ricerca di lavoro, si emigra per studiare, cercare una migliore qualità della vita o per amore.L'inchiesta del Centro Altreitalie intrecciando fonti diverse – statistiche, un questionario e interviste – traccia lo spaccato del nuovo e complesso fenomeno migratorio italiano.

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1. Fuga da quale Italia

1.1. Crisi e lavoro

1 Dall’inizio dell’ultimo millennio si è assistito, oltre che al consolidamento dei flussi migratori tradizionali, all’affermarsi di nuovi tipi di mobilità dettate da una pluralità di motivazioni di cui quella economica è solo una; vi vanno aggiunte la ricerca di una migliore qualità della vita, il desiderio, e la possibilità, di studiare all’estero, la voglia di lasciare un paese afflitto da scandali e corruzione, per citarne alcune.
2 Tuttavia l’aumento dei flussi in uscita, in concomitanza con la crisi del 2008-2013, sta spostando di nuovo l’attenzione sulla situazione economica e occupazionale che si riflette in particolare sulle fasce d’età più esposte alla scelta migratoria. Di fatto, con l’avvento della crisi il tasso di disoccupazione registra un’impennata verso l’alto: nel 2008 si attestava al 6,7%, supera nel 2011 la soglia del 10% e raggiunge quota stimata del 12,7% nel 2013. A subire le maggiori conseguenze sul piano del lavoro sono i giovani: le cifre riguardanti la disoccupazione giovanile (15-24 anni), che non erano rosee nemmeno prima della crisi (intorno al 20%), con la recessione e i suoi riflessi sul mercato del lavoro iniziano a crescere a partire dal 2008 (vedi figura 1), fino a raggiungere l’incredibile quota del 41,9% nel primo trimestre 2013 (stabilizzatisi poi a quota 37,3% nel secondo trimestre). Drammatica è la situazione nel Meridione dove un giovane su due non lavora.
Figura 1. Tasso di disoccupazione giovanile in Italia 2005-2013* (valori in percentuale)
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Fonte: elaborazione Altreitalie su dati istat
* I dati del 2013 fanno riferimento al secondo trimestre
3 A soffrire del calo di occupazione non sono però solamente i giovanissimi. Anche la classe d’età che va dai 25 ai 34 anni (i cosiddetti under35) è fortemente coinvolta nella spirale recessiva. Sono anni in cui si intraprendono scelte familiari importanti e sulla propria formazione e carriera che implicano anche l’opzione di lasciare il paese alla ricerca di migliori condizioni formative, o professionali.
4 I dati istat rilevano che nel secondo trimestre del 2013 il tasso di occupazione per quella classe d’età ha subito un crollo dal 65,9% al 60,2%. Di conseguenza su dieci persone nell’età attiva per eccellenza solamente sei lavorano. E se per i maschi del Nord la situazione è ancora tollerabile, con l’81,4% al lavoro, erano l’86,6% nel secondo trimestre 2010, al Sud la situazione è drammatica con appena il 51% degli uomini della fascia 25-34 anni che lavora, e solo il 33,3% delle donne (S.A., 2013a). Negli ultimi due anni il numero dei disoccupati sempre in quella fascia d’età è aumentato di quasi 300.000 unità. Dai 521.000 nel 2007 si è passati ai 935.000 nel secondo trimestre del 2013. Un aumento di oltre il 40%!
Figura 2. La disoccupazione nella fascia d’età tra i 25-34 anni 2005-2013* (valori assoluti, in migliaia)
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Fonte: elaborazione Altreitalie su dati istat
* I dati del 2013 fanno riferimento al secondo trimestre
5 Alle cifre molto alte della disoccupazione vanno poi aggiunti i numeri riguardanti il fenomeno dei cosiddetti neet (Not in Education, Employment or Training) che comprende al suo interno giovani tra i 15 e 29 anni. Osservando i dati suddivisi per ripartizioni geografiche salta subito all’occhio il trend in crescita e allarma il fatto che riguardi tutte le regioni, incluse quelle più produttive. Dal 2004 al 2011 l’aumento è stato più marcato nel Centro e nel Nord (4 punti percentuali) a fronte di un Meridione ove il problema dei neet assume caratteri quasi endemici con una crescita più ridotta, ma con una percentuale altissima di quasi il 32% di giovani scoraggiati dal mondo del lavoro e dell’istruzione, e spesso impiegati nel settore sommerso.
Tabella 1. Persone di 15-29 anni che non lavorano e non studiano per ripartizione geografica 2004-2011 (valori in percentuale)
Ripartizioni geografiche
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Nord
11,4
11,6
11,1
10,8
11,7
13,7
15,6
15,4
Centro
14,9
15,3
14,8
13,9
14,0
15,3
17,1
18,9
Mezzogiorno
29,3
...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Informazioni bibliografiche
  3. Pagine introduttive
  4. Indice
  5. Prefazione
  6. Introduzione
  7. 1. Fuga da quale Italia
  8. 2. La guerra dei numeri
  9. 3. Il questionario. Nuove mobilità o nuove migrazioni italiane
  10. 4. La voce dei protagonisti
  11. 5. Conclusioni
  12. Fonti
  13. Bibliografia