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Immagini del mondo e forme della politica in Max Weber

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Immagini del mondo e forme della politica in Max Weber

Informazioni su questo libro

Palcoscenico della Provvidenza; materia plasmabile dalla creatività umana, diretta verso il progresso; giungla, in cui la competizione molecolare è insieme strategia di sopravvivenza e garanzia di un ordine meritocratico; «tutto ciò che accade», affastellarsi di accadimenti senza un fine oggettivo e predefinito. Immagine del mondo (Weltbild nel lessico weberiano) è tutto questo, è il set di assunti cognitivi sul mondo come totalità che l'umanità si costruisce come criterio di orientamento pratico. Quello che un'immagine ci dice del mondo ha effetti sul modo di comportarsi nel mondo: le immagini del mondo indirizzano l'agire verso certe direzioni, decidono gli obiettivi, le speranze, le aspirazioni; indicano chi sono i nostri, separano gli accadimenti significativi da quelli secondari. Plasmano cioè diversi tipi umani, costruiscono le soggettività che agiscono nella storia e nella società. Il dispositivo-Weltbild usato da Weber, di cui qui si ricostruiscono struttura e funzionamento, permette di tenere in un unico campo visivo la dimensione ideale degli orizzonti di senso e la costellazione dei condizionamenti materiali; fornendo una chiave di lettura politica e sociale nuova, in grado di valorizzare il ruolo svolto tanto dalla componente ideale dell'immagine quanto dall'elemento materiale del mondo.

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Informazioni

Argomento
Storia

III. Atlanti politici Immagini del mondo e forme della politica

Atlanti astronomici e atlanti geografici: in questi due passaggi si è finora cercato di individuare lo spazio proprio delle immagini del mondo, le loro caratteristiche, le loro funzioni, la loro osmosi complessa con la dimensione materiale. Quest’ultimo capitolo non è solamente il banco di prova dei capitoli precedenti; piuttosto è il fine dell’intero lavoro, la messa a valore del dispositivo-«immagine del mondo» nel concreto dell’analisi storica e politica. Lo studio del concetto di Weltbild è infatti weberianamente importante solo se strumentale, se concepito come preparazione al suo utilizzo pratico.
Il focus principale di questo capitolo sarà decentrato, parzialmente diverso rispetto a quello della Sociologia della religione: la galleria di immagini del mondo approntata da Weber in quel testo, infatti, era indirizzata all’analisi – ça va sans dire – dell’etica economica delle religioni universali, e quindi valorizzava ed evidenziava il rapporto tra immagini religiose del mondo e sistemi economici, tra etiche religiose e organizzazione del lavoro, del commercio e del processo produttivo; invece in questo contesto si proverà a individuare e sottolineare la relazione che si instaura tra Weltbild e forme politiche – e il grado di spessore e di importanza ricoperto dalla politica – di una determinata società in un preciso momento storico. La politica quindi – con le sue istituzioni, i suoi movimenti e le sue parole d’ordine – e la sua interconnessione con la dimensione ideale delle immagini del mondo sono l’oggetto di studio di questo capitolo.
Il punto di ingresso, la chiave di volta che collega e stabilizza la relazione tra politica e Weltbilder è il soggetto stesso, in quanto contemporaneamente agito da e agente di un particolare scenario storico; è la soggettività come interscambio, la cui fisionomia è plasmata da una determinata immagine del mondo e allo stesso tempo impatta, crea, modifica o subisce le forme politiche della società e del tempo in cui vive. Definendo gli obiettivi salvifici e i mali da evitare, individuando timori e speranze, buoni amici e cattive compagnie, l’immagine del mondo modella la fisionomia della soggettività, fornendole indicazioni e aspirazioni, motivazioni per l’azione o per l’omissione; in questo modo impatta necessariamente anche con l’ambito politico, rivelandosi uno strumento imprescindibile per l’analisi delle forme politiche, dei movimenti, delle istituzioni e delle loro metamorfosi1.
Rispetto al capitolo precedente, però, sarà molto meno ampia la zona geografica interessata da questa ricostruzione: per evitare confusione, infatti, si è deciso di concentrarsi unicamente sull’Occidente e sul suo Sonderweg, lasciando in ombra quanto succede tra l’India e la Cina. D’altronde nur im Okzident è la locuzione ripetuta quasi come un mantra lungo tutta la Premessa al lavoro weberiano di sociologia delle religioni: fenomeni tipicamente e geneticamente occidentali sono la scienza nel suo significato moderno e la musica armonica razionale, la burocrazia di tipo tecnico-specialistico e la forma statuale di organizzazione della convivenza. Tipicamente e geneticamente occidentale è, buon ultimo, il capitalismo – ovverosia la «forza più fatale della nostra vita moderna»2. Ma non è solo questo: tipicamente e geneticamente occidentali sono anche alcune delle tradizioni e degli ideali politici che più hanno rivoluzionato il corso della storia e che, tradotti in tutte le lingue del mondo, hanno suscitato ovunque imitazioni ed emulazioni; tra liberalismo e socialismo si snoda la storia della modernità occidentale e, come si cercherà di dimostrare in questo capitolo, il concetto di immagine del mondo è uno strumento fondamentale per comprendere questa storia.
Focalizzare l’attenzione sui legami che corrono tra immagini del mondo e forme della politica non è solamente una scelta di tipo contenutistico, di interesse: è anche una scelta strategica, in senso esegetico e teorico. In primo luogo consente di sfatare il mito di un Weber accecato dall’importanza delle religioni e concentrato unicamente sui Weltbilder religiosi; nelle pagine seguenti infatti si presenteranno tre fermo-immagine, tre carotaggi della storia occidentale in tre momenti significativi: la nascita dei diritti di libertà, l’affermazione del liberalismo e dell’armonia degli interessi e da ultimo il sorgere e il diffondersi del socialismo. È una sorta di anti-climax: nel primo caso si tratterà di perimetrare le conseguenze politiche di un’immagine religiosa del mondo, secondariamente si vedrà la progressiva perdita di presa e di valore di tale Weltbild, l’autonomizzarsi parziale e contrastato del liberalismo dalle sue origini religiose, e da ultimo, con il socialismo, sarà la politica a farsi immagine del mondo – e in un certo senso a farsi religione moderna. È certamente un anti-climax sui generis, per cui alla perdita di importanza della religione si accompagna una persistenza del religioso – inteso weberianamente come il postulato che il corso del mondo esibisca un senso etico oggettivo; ciononostante consente di dimostrare che le religioni sono solamente un sottoinsieme delle immagini del mondo3.
In secondo luogo, i tre affreschi storico-politici che verranno tratteggiati nelle prossime pagine non saranno solamente la messa in pratica di quanto postulato in astratto finora; vedere all’opera le immagini del mondo consentirà di individuare altre loro prestazioni non ancora esplicitate e per di più, essendo una carrellata diacronica sulla modernità occidentale, si potranno vedere le costellazioni in movimento. In questo modo si proverà ad isolare dapprima una meccanica astrale, che consiste nell’analisi delle traiettorie di spostamento dei vari pianeti e i diversi output politici che ciò causa; il secondo paragrafo sarà invece dedicato alla chimica astrale, ossia alla metamorfosi interna, al mutamento di composizione, di natura e di significato di ciascun singolo pianeta della costellazione; da ultimo sarà il turno della fisica astrale, intesa come radicale cambiamento della costellazione, che obbliga a rinnovare e aggiornare le carte astrali. E tra meccanica, fisica e chimica applicate alle immagini del mondo si apre lo spazio possibile per uno studio di ingegneria politica.

1. Weltbild puritano e diritti di libertà. Appunti per una meccanica astrale.

Bildad non solo era stato originariamente educato secondo la più osservante setta del quaccherismo natuckettese, ma tutta la sua vita oceanica successiva e la vista al di là del Capo Horn di molte creature isolane nude e bellissime non erano bastato a smuoverlo di un dito, quest’indigeno quacchero: non gli avevano nemmeno alterato di una piega il panciotto. Pure, con tutta questa sua incrollabilità, c’era una certa mancanza di comune coerenza nell’ottimo capitano Bildad. Malgrado rifiutasse, per scrupoli di coscienza, di levar armi contro invasori di terraferma, pure lui aveva illimitatamente invaso gli oceani Atlantico e Pacifico e, malgrado fosse un nemico giurato dello spargimento di sangue umano, pure aveva, vestito del suo stretto giubbone, spillate lui stesso tonnellate di sangue dal Leviatan.
Herman Melville, Moby Dick
Bildad il quacchero, sterminatore del Leviatano. Se si andasse alla ricerca di figure letterarie in grado di sintetizzare esemplarmente i tratti dell’incrocio tra un’immagine del mondo e le sue ricadute politiche, Bildad il quacchero sarebbe indubbiamente il campione della prima modernità, il residuato storico dell’epoca delle grandi rivoluzioni puritane, un figlio dimenticato del XVII secolo. In realtà il personaggio di Bildad è solo accennato da Melville, scompare quasi subito – sostituito semmai da Starbuck, cui viene lasciato il ruolo di rappresentante esplicito del quaccherismo a bordo del Pequod; eppure la sua forza descrittiva rimane intatta, condensata esattamente nella fortunata e forse fortunosa sinonimia presente nella frase posta in esergo di questo paragrafo: Bildad il quacchero, storico baleniere di Nantucket – la stessa isola su cui nacque la madre di Benjamin Franklin, fra l’altro – ha quasi l’epiteto di «sterminatore di Leviatani», reali o metaforici che siano.
Se infatti il termine Leviatano ricorre in tutto il libro a indicare le balene – strizzando l’occhio alle reminiscenze bibliche –, chiunque abbia una formazione filosofica non può non pensare a Hobbes e al suo capolavoro, scritto proprio durante la temperie delle guerre di religione. Nella ricostruzione di Weber, infatti, Bildad il quacchero potrebbe a buon diritto vantarsi di aver sconfitto e ucciso entrambi i Leviatani, quelli reali e quelli metaforici; baleniere sanguinario e rivoluzionario pacifico, Bildad non è affatto incoerente, come pure sospettava Ismaele: è semplicemente l’alfiere della libertà dei moderni, il simbolo della soggettività che ha agitato America e Nord Europa nel XVII secolo, l’eroe-borghese plasmato dall’immagine puritana del mondo.
The last of our heroism: con queste parole, prese in prestito da Carlyle, Weber descrive il momento di genesi e affermazione rivoluzionaria dei diritti di libertà; l’ultimo eroismo borghese si sviluppa paradossalmente per difendere una tirannia autoimposta: «proprio le classi “borghesi” […] non soltanto lasciarono che si estendesse su di loro quella tirannia puritana, ma svilupparono in sua difesa un eroismo che proprio le classi borghesi in quanto tali hanno conosciuto di rado prima, e mai in seguito»4. Un eroismo eccezionale nel quale si radicano e dal quale sorgono alcune tra le più grandi conquiste politiche della modernità occidentale: secondo Weber è infatti l’avvento di un modello di soggettività scolpito dall’ascetismo puritano a imprimere una svolta fondamentale nella traiettoria della modernità, causandone una torsione in senso individualista e liberale5; è nelle teorie del Protestantesimo ascetico e nelle pratiche delle sette puritane che vanno cercate tanto le radici dei diritti di libertà – della libertà di coscienza, della tolleranza, dell’impersonalità razionale, persino alcuni prodromi della futura democrazia – quanto gli incentivi, il contesto di pensabilità e di praticabilità di un simile eroismo. Non è infatti un caso che gli inglesi brillino per pietà, commercio e libertà – in quest’ordine: è la loro particolare pietà a spiegare e in un certo senso fondare il loro acume commerciale e le loro libere istituzioni politiche6. Giusto per anticipare alcuni dei risultati più eclatanti, dalle pagine di Weber emerge un quadro particolare, quasi il «dietro-le-quinte» osceno delle decantate vittorie liberali; non è solo l’ultimo eroismo borghese, ma anche l’ultima volta in cui, per Weber, l’eterogenesi dei fini ha riservato sorprese positive: così, ad esempio, dietro la tolleranza si svela anche il disprezzo dell’altro, dietro l’obiezione di coscienza c’è il fanatismo, dietro la libertà negativa si nasconde – nemmeno troppo velatamente – l’antipolitica.
È bene comunque seguire i passaggi della ricostruzione weberiana, nascosti spesso nelle note a piè di pagina dell’Etica protestante. In primo luogo anche in ambito politico Weber invalida l’autopresentazione secolare della modernità: non solo il capitalismo ha trovato sponde religiose, anche l’affermazione politica dei diritti di libertà è avvenuta con parole d’ordine mutuate principalmente dalla Bibbia; la traiettoria della modernità non è quindi coincidente con quella della secolarizzazione. Seguendo il ragionamento weberiano, è solo nella religione che si poteva trovare, all’epoca, la profondità di senso in grado di rendere una battaglia insieme radicale e socialmente ampia; la forza di resistenza nei confronti del potere politico sviluppata dai santi puritani, il loro spregiudicato rifiuto di ogni tradizionalismo, la loro innaturale condotta di vita, si basa e trae linfa da un’immagine del mondo che rende simili atteggiamenti pensabili, praticabili, addirittura “razionali rispetto allo scopo”.
Più volte Weber mette in guardia da indebiti anacronismi: lo sguardo disincantato e il sorriso supponente con cui la tarda modernità accoglie le promesse religiose di un altro mondo, non devono far dimenticare che quella era «un’epoca in cui l’aldilà era tutto»7, un periodo storico per cui «l’aldilà era non soltanto più importante ma, sotto diversi aspetti, anche più sicuro di tutti gli interessi della vita terrena»8. Cambiare la propria vita per avere la certezza di un posto riservato in paradiso, rinunciare al pane terreno per la prospettiva di banchettare eternamente col pane celeste, era uno scambio considerato perfettamente razionale: «il pensiero dell’aldilà […] dominava in modo assoluto gli uomini di quel tempo più capaci di interiorità, e senza la [sua] potenza irresistibile non si operava allora nessun rinnovamento etico che influisse seriamente sulla pratica della vita»9. La radicale svalutazione del mondano e l’assoluta centralità del trascendente rendeva – appunto – pensabile, praticabile e razionale una condotta di vita dai tratti fortemente onerosi in termini di felicità materiale e di comodità, in cui si fonda la carica politicamente rivoluzionaria del Protestantesimo ascetico.
È il Weltbild protestante che rende possibile l’ultimo eroismo borghese. Ultimo, perché, secondo Weber, l’illuminismo e il liberalismo non sono in grado di garantire la stessa forza motivazionale, sono intrinsecamente più deboli proprio in quanto tendenzialmente immanenti. Ma a ben guardare è anche il primo eroismo borghese, imparagonabile da un punto di vista sociologico e psicologico alle dottrine di letterati e umanisti che hanno caratterizzato il Rinascimento italiano. Pensando proprio alle opere di Alberti, Weber si chiede: «come si può ritenere che una siffatta dottrina da letterati possa sviluppare una forza capace di rivoluzionare la vita, nello stesso modo di una fede religiosa che collega premi di salvezza a una condotta di vita determinata?»10. Non può, infatti, perché «un’etica ancorata a una base religiosa promette per il comportamento da essa provocato premi psicologici (di carattere non economico) ben determinati e quanto mai efficaci […], di cui non dispone una semplice dottrina dell’arte di vivere come quella di Alberti»11. A un’estetica di vita che cambia i politici e gli intellettuali, Weber contrappone il ruolo svolto da un’immagine del mondo carica di contenuto etico capace di cambiare la politica perché modifica la condotta di vita delle masse, prospettando pr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Abbreviazioni
  6. Introduzione
  7. I. Atlante astronomico. Il concetto di immagine del mondo in Max Weber
  8. II. Atlante geografico. La materia dell’immagine
  9. III. Atlanti politici. Immagini del mondo e forme della politica
  10. Conclusione